Regia: Sam Peckinpah
Origine: USA
Anno: 1971
Durata: 118'
La trama (con parole mie): David Summer, giovane matematico americano, si trasferisce con la moglie Amy in un paesino della campagna inglese in modo da poter lavorare ad un importante progetto per il quale ha vinto una borsa di studio.
La popolazione locale, però, crea non pochi problemi e contribuisce alla crisi che sta andando incontro alla coppia: i ragazzi del posto, infatti, hanno tutti mire sessuali su Amy, che si sente trascurata dal marito, completamente assorbito dai suoi studi.
Quando la donna viene violentata dai lavoranti assunti dalla coppia ed il matto del villaggio trova rifugio nella casa dei Summer braccato dagli stessi, desiderosi di linciarlo a seguito di un incidente che ha coinvolto una ragazzina, da timido professore David si trasforma in letale killer, rispondendo all'assedio degli uomini con una violenza inusitata.
Non credo sia un mistero il fatto che Sam Peckinpah sia uno dei prediletti - almeno per quanto riguarda il Cinema USA - del Saloon, uno dei più grandi narratori ed interpreti della Frontiera come concetto, oltre che come luogo, e del Western.
Portano la sua firma Capolavori come Il mucchio selvaggio e vere e proprie poesie su pellicola - parlo de La ballata di Cable Hogue e Pat Garrett e Billy the kid -, nonchè uno dei cult assoluti del sottoscritto, L'ultimo buscadero, che ha un posto speciale nel cuore del vecchio Ford grazie ad un mitico Steve McQueen e ad un altrettanto leggendario passaggio legato al fatto di "tenere i cavalli".
Nel corso del viaggio - troppo breve, purtroppo - del durissimo Sam nel mondo della settima arte, però, trovò spazio anche questa parentesi di violenza decisamente oltre i limiti per il periodo, parente stretta del kubrickiano Arancia meccanica - come giustamente ha sottolineato Julez nel corso della visione - e dei di molto successivi Funny games firmati da Haneke: Cane di paglia, osteggiato dalla censura ai tempi e massacrato da montaggi troppo limitanti e numerosi - forse il solo Peckinpah conosce il segreto di quella che avrebbe potuto essere la sua versione -, è ancora oggi un film disturbante e cattivo, sottilmente ironico e mosso da una critica feroce che, per una volta, è diretta dagli States alla Vecchia Europa, e non viceversa.
Il giovane matematico David Summer, interpretato magistralmente da Dustin Hoffman soprattutto nella parte conclusiva - la sequenza dell'uccisione a sangue freddo a bastonate di uno degli assedianti della sua casa riesce ad anticipare la freddezza di Hannibal Lecter che finisce con il manganello uno dei suoi secondini ne Il silenzio degli innocenti -, personaggio tutt'altro che positivo - al pari di quasi tutti i protagonisti, dalla moglie Amy al gruppo di lavoranti, dal vecchio ubriacone Tom al povero Harry -, conduce lo spettatore in un viaggio attraverso i lati più predatori dell'essere umano, siano essi giudicabili eticamente giusti, oppure no.
E dalle frecciate neppure troppo velate al reverendo locale allo splendido, beffardo finale con quel "Non so la strada giusta" cui fa eco la risposta da brividi "Non fa niente, neppure io", l'audience finisce catapultata in un incubo a metà tra il grottesco ed il thrilling, The wicker man e il West sporco e sordido della suddetta Frontiera trasportato nella brughiera inglese - il confronto tra il Maggiore e gli assedianti di casa Summer ricorda la mitologia di un duello tra pistoleri vero e proprio -: Peckinpah si prende il suo tempo, libera l'inquietudine e non salva nessuno, chi per Destino - il bersagliato Harry - chi per una colpa - gli stessi Summer -, sfoderando una freddezza da entomologo senza dimenticare il lato malinconico che rese grandi i suoi Western, cullando il pubblico in una cornice a metà tra il bucolico e l'agghiacciante - la riunione della congregazione nella notte dell'esplosione della follia - fino all'escalation della parte finale, che vede Hoffman assoluto protagonista ed un uso del montaggio che ricorda i tempi migliori del regista - e di nuovo tornano i riferimenti a Il mucchio selvaggio -.
Un cult da pieno Ezechiele 25:17 che si apre a differenti interpretazioni e letture, ma che non lascia dubbio alcuno rispetto alla bestialità umana portata in scena dal granitico Sam, che con palle d'acciaio non risparmia nulla, neppure quando potrebbe: in fondo, se "homo homini lupus", ci sarà sempre da temere anche il can che dorme.
Di paglia o no.
MrFord
"You got to be crazy, you gotta have a real need
you gotta sleep on your toes and when you're on the street
you got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
and then moving in silently, down wind and out of sight
you gotta strike when the moment is right without thinking."
Pink Floyd - "Dogs" -
Non credo sia un mistero il fatto che Sam Peckinpah sia uno dei prediletti - almeno per quanto riguarda il Cinema USA - del Saloon, uno dei più grandi narratori ed interpreti della Frontiera come concetto, oltre che come luogo, e del Western.
Portano la sua firma Capolavori come Il mucchio selvaggio e vere e proprie poesie su pellicola - parlo de La ballata di Cable Hogue e Pat Garrett e Billy the kid -, nonchè uno dei cult assoluti del sottoscritto, L'ultimo buscadero, che ha un posto speciale nel cuore del vecchio Ford grazie ad un mitico Steve McQueen e ad un altrettanto leggendario passaggio legato al fatto di "tenere i cavalli".
Nel corso del viaggio - troppo breve, purtroppo - del durissimo Sam nel mondo della settima arte, però, trovò spazio anche questa parentesi di violenza decisamente oltre i limiti per il periodo, parente stretta del kubrickiano Arancia meccanica - come giustamente ha sottolineato Julez nel corso della visione - e dei di molto successivi Funny games firmati da Haneke: Cane di paglia, osteggiato dalla censura ai tempi e massacrato da montaggi troppo limitanti e numerosi - forse il solo Peckinpah conosce il segreto di quella che avrebbe potuto essere la sua versione -, è ancora oggi un film disturbante e cattivo, sottilmente ironico e mosso da una critica feroce che, per una volta, è diretta dagli States alla Vecchia Europa, e non viceversa.
Il giovane matematico David Summer, interpretato magistralmente da Dustin Hoffman soprattutto nella parte conclusiva - la sequenza dell'uccisione a sangue freddo a bastonate di uno degli assedianti della sua casa riesce ad anticipare la freddezza di Hannibal Lecter che finisce con il manganello uno dei suoi secondini ne Il silenzio degli innocenti -, personaggio tutt'altro che positivo - al pari di quasi tutti i protagonisti, dalla moglie Amy al gruppo di lavoranti, dal vecchio ubriacone Tom al povero Harry -, conduce lo spettatore in un viaggio attraverso i lati più predatori dell'essere umano, siano essi giudicabili eticamente giusti, oppure no.
E dalle frecciate neppure troppo velate al reverendo locale allo splendido, beffardo finale con quel "Non so la strada giusta" cui fa eco la risposta da brividi "Non fa niente, neppure io", l'audience finisce catapultata in un incubo a metà tra il grottesco ed il thrilling, The wicker man e il West sporco e sordido della suddetta Frontiera trasportato nella brughiera inglese - il confronto tra il Maggiore e gli assedianti di casa Summer ricorda la mitologia di un duello tra pistoleri vero e proprio -: Peckinpah si prende il suo tempo, libera l'inquietudine e non salva nessuno, chi per Destino - il bersagliato Harry - chi per una colpa - gli stessi Summer -, sfoderando una freddezza da entomologo senza dimenticare il lato malinconico che rese grandi i suoi Western, cullando il pubblico in una cornice a metà tra il bucolico e l'agghiacciante - la riunione della congregazione nella notte dell'esplosione della follia - fino all'escalation della parte finale, che vede Hoffman assoluto protagonista ed un uso del montaggio che ricorda i tempi migliori del regista - e di nuovo tornano i riferimenti a Il mucchio selvaggio -.
Un cult da pieno Ezechiele 25:17 che si apre a differenti interpretazioni e letture, ma che non lascia dubbio alcuno rispetto alla bestialità umana portata in scena dal granitico Sam, che con palle d'acciaio non risparmia nulla, neppure quando potrebbe: in fondo, se "homo homini lupus", ci sarà sempre da temere anche il can che dorme.
Di paglia o no.
MrFord
"You got to be crazy, you gotta have a real need
you gotta sleep on your toes and when you're on the street
you got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
and then moving in silently, down wind and out of sight
you gotta strike when the moment is right without thinking."
Pink Floyd - "Dogs" -
è uno dei miei prediletti : io gli avrei dato i quattro bicchierini...
RispondiEliminaSe avessi dato quattro a questo, avrei dovuto dare otto al Mucchio! ;)
EliminaStilisticamente superiore e piu' maturo degli altri suoi citati qui,a mio parere..
RispondiEliminaOttimo il commento intuitivo di Jules,proprio calzante! 4 tumbleretti pure per me.
Più maturo e stilisticamente perfetto de Il mucchio selvaggio o Pat Garrett? Difficile.
EliminaSecondo me questo è stato troppo penalizzato dalle potature di post produzione.
Si, da servizio per sei... fastidioso forse ma propedeutico. Oggi gli horror splatter sono fastidiosi e basta. Roba da prurigine. Propedeutici al nulla.
RispondiEliminaRispetto agli equivalenti odierni, decisamente oltre.
EliminaPer me è un pò il Le iene di Peckinpah.
Grande film, Dustin favoloso e la scena dello stupro è disturbante ed eccitante insieme.
RispondiEliminaMa forse sono io che sono malato :)
Posso capire, Fratello: la linea tra la seduzione ed il disturbo è molto sottile, e Peckinpah la cavalca alla grande.
Eliminapermettimi un appunto, secondo me 4 bicchieri ci stavano troppo ;)
RispondiEliminaCome scrivevo sopra, Frank, per me è meno prepotente dei Capolavori di Peckinpah principalmente per le sevizie che ha subito con montaggio, distribuzione e post produzione.
EliminaIl quattro se lo tiene stretto il Mucchio.
ok, il mucchio è il mucchio, ma non posso dar torto a Frank...
EliminaStraw Dogs è da 4 calici ;)
Posso capirvi, ma secondo me nella filmografia di Peckinpah Straw dogs perde nettamente rispetto ai western, più completi sia tecnicamente che come impatto.
EliminaGran bel film, con un Hoffman da urlooooooooooo
RispondiEliminaPS Mi odiate molto se dico che x me il miglior Peckinpha di sempre è Sierra Charriba???
Grande Sierra Charriba, anche quello però massacrato in post produzione. Comunque Peckinpah è sempre una sicurezza!
Eliminainfatti si cavolo, quel film subì un trattamento vergognoso :-(
EliminaConcordo: scandaloso davvero. Ma del resto accadde anche con questo e con Voglio la testa di Garcia.
Eliminanon l'ho mai visto, sarà che dustin hoffman è uno degli attori, dopo tom hanks, che prenderei più a calci in culo. escludendo i tuoi eroi action, da cui me le prenderei solo... ahah
RispondiEliminaperò potrebbe non essere male, sempre che non si riveli una delle tue solite fordianate...
Se riesci ad avere qualcosa da dire anche su un titolo di questo genere, allora potresti davvero avere più bisogno di cure di quanto sembra! ;)
Eliminatra l'altro Hoffman è uno dei più grandi attori di tutti i tempi, anche se negli ultimi anni gigioneggia troppo :-/
EliminaUn pò come i suoi amici DeNiro e Pacino, del resto! ;)
Eliminaesatto :-)
EliminaCA-PO-LA-VO-RO!!! Uno dei film più disturbanti e misogini che io abbia mai visto.
RispondiEliminaSbaglio o nella tua recensione non citi il passaggio dell'I-ching da cui prende spunto il titolo?
Gran film davvero. Davvero disturbante.
EliminaNiente citazione del passaggio, alla fine il post è uscito così com'è! ;)
Di Peckinpah ho il sublime ricordo della visione di Pat Garrett e Billy the Kid, davvero poesia su pellicola come dici... questo film mi sembra decisamente forte da "digerire", in questo momento della mia vita non me la sento di vederlo quindi passo oltre. In futuro, chissà...
RispondiEliminaPrima o poi, secondo me, una visione la dovrai concedere: si tratta di un cult totale, che sta all'opera di Peckinpah quanto Le iene a quella di Tarantino.
EliminaDa molti poi viene erroneamente considerano un rape & revenge,quando in realtà è una ricognizione antropologica tra differenti culture,che sfocia in una lucida auto-difesa con tanto di raziocinio applicato alle avversità del momento.Non so,ma socialmente mi è parso un bel papiro.
RispondiEliminaCmq son d'accordo con te per quanto riguarda il giudizio: i capolavori dello zio sam mi paiono altrove.
P.S. ti seguo da parecchio con vivo interesse,non fosse altro che per quel FORD che campeggia fiero nel nick,tanto da riportare sempre alla mia mente il cinema del guercio Ford,del grande John Ford.
Sai che ultimamente mi sto sparando in ordine cronologico tutta la filmografia del burbero sam...sono giusto giusto a Junior Bunner..magari ci si può confrontare,giusto per condividere la grande passione per la settima arte.
Con stima,
Il Pastore.
Caro Pastore,
Eliminabenvenuto da queste parti, per prima cosa, almeno "attivamente".
In realtà il Ford del mio nick ha origini lostiane, anche se il mio amore per il Cinema passa senza dubbio dal grande John, che imparai a conoscere grazie a mio nonno, grande fan del West.
Concordo in pieno sia rispetto all'importanza antropologica più che violenta di questo film, comunque lontano dalle vette del vecchio Sam.
Per il resto, io sono sempre molto favorevole ad un confronto, se serve per accrescere interesse, passione e cultura. Quando vuoi.