La trama (con parole mie): Il buon vecchio Cetto, appena tornato al paese dopo quattro anni di latitanza in Sudamerica con annessa nuova famiglia, stupito dalla piega presa dalla legge in Italia - obbligo a pagare le tasse, controlli su territorio e licenze, tendenza al recupero della legailtà - decide, spinto dagli amici più cari, di candidarsi sindaco a scapito dell'integerrimo avversario De Santis. Vorrebbe essere una satira esasperata, ma praticamente, è una fotografia agghiacciante di quello che è l'Italia di oggi.
Personalmente, sono sempre stato tendenzialmente allergico ai lungometraggi dedicati ai personaggi da siparietto televisivo o cabaret, a mio parere mai davvero adattabili ad un minutaggio e ad una storia vera e propria come previsto dal grande schermo: Antonio Albanese, però, complici la sua intelligenza ed il talento, così come l'irresistibile carica della sua galleria di strampalate creazioni, ha senz'altro il merito di incuriosire anche uno spettatore scettico come il sottoscritto.
Devo dire che, cinematograficamente parlando, nonostante Manfredonia - già autore della buona prova di Si può fare - e il travolgente Cetto, Qualunquemente non è certo definibile come il film italiano dell'anno, e neppure del periodo: in effetti, più che una sequela di gag infilate dal terribile La Qualunque, spalleggiato per l'occasione dal finto milanese Sergio Rubini, poco si riesce ad identificare della struttura di quella che dovrebbe essere - ma non è - una commedia o, più sottilmente, una grottesca, satirica farsa.
Le possibilità, dunque, per non rimanere delusi dalla visione sono principalmente due, ed entrambe, a loro modo, un pò tristi: la prima è quella di considerare Qualunquemente un film da weekend al multisala alla stregua dell'ultimo dei cinepanettoni o dell'ennesima porcata di Michael Bay, ridere sguaiatamente - o almeno provarci -, ingozzarsi di caramelle, popcorn e bibite di vario genere e poi tornare a casa senza essersi bene resi conto di ciò che si è appena visto.
La seconda, invece, è quella di osservare le imprese del candidato sindaco La Qualunque per quello che dovrebbero essere, ovvero una critica feroce - che le risate possono mascherare solo parzialmente - al nostro sistema politico, ma anche ad una scala di valori che definire macchiettistica appare riduttivo.
Ma cosa ci sarà mai che non va, in questa visione? Cosa non mi avrebbe convinto, di questa più matura ipotesi di approccio al lavoro di Manfredonia e Albanese?
Risposta: la stessa cosa che, in più di un'intervista rilasciata a seguito dell'uscita, pare aver turbato lo stesso Albanese.
La realtà, di fatto, ha superato la fiction, rendendo impossibile, allo spettatore, cadere vittima dell'incredulità che il Cinema spesso richiede per poter essere vissuto nei suoi elementi più fantastici e lontani - almeno apparentemente - dalla vita di tutti i giorni.
La questione - triste, terribile, agghiacciante - che impedisce di godersi appieno Qualunquemente, e di arrivare alla fine un pò tristi e con una sensazione non troppo piacevole di imbarazzo e vergogna, è che quello che viene esasperato - ma neppure troppo, in fondo - dal personaggio di Antonio Albanese altro non è che la nostra realtà politica quotidiana.
Non sarà il Pilu, ma il Bunga bunga.
Non sarà il villaggio costruito sulle rovine etrusche, ma qualche nuovo quartiere nell'area metropolitana milanese o nelle zone distrutte dal terremoto nel centro de L'Aquila.
Non saranno tante cose, e invece sono.
Cetto La Qualunque è un personaggio fortissimo, ma dopo il primo quarto d'ora confesso che la risata ha cominciato ad essere soppiantata dalla pesante e poco piacevole sensazione di una vocina in pieno stile Grillo parlante che sussurrava, maligna, all'orecchio, che tutto quello che veniva mostrato in realtà era già successo, soltanto in scala molto maggiore.
E sulla scena del dibattito televisivo tra Cetto e De Santis, giuro, ho quasi avuto un moto di ribellione fantozziana, da capelli alle spalle e sassata alla vetrata dell'azienda guidata dal Direttore Galattico.
La colpa di tutto questo, però, non va imputata a Manfredonia e Albanese, che, semplicemente, si sono trovati surclassati da una realtà così incredibile da superare anche la fiction.
La colpa non è neanche del Cetto nazionale, che non fa nient'altro che portare avanti quello che farebbe qualsiasi compito gli venisse affidato.
La colpa, ragazzi miei, è tutta nostra, che abbiamo permesso arrivasse lì dove si trova ora.
Ora, non è che guardandomi attorno io veda novelli Gandhi, o Martin Luther King, o anche brutte, bruttissime copie degli stessi, ma quasi tutto pare offrire un'alternativa migliore.
E la voglia di seguire l'esempio dei nostri vicini nordafricani e cambiare le carte in tavola è tanta, anche se mitigata, purtroppo, da un benessere di cui, inutile negarlo, tutti beneficiamo.
Così, senza dover finire a lottare tra noi per le strade mentre loro stanno beatamente nel pilu, facciamoci tutti una promessa: alle prossime elezioni - quelle sono come le tasse, tornano sempre - non permettiamo che succeda ancora.
Ma davvero, questa volta.
Il prossimo Qualunquemente, vorrei godermelo come se non fosse vero.
MrFord
"Compagni! Amici! Uniamo le voci!
Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!"
Daniele Silvestri - "L'uomo col megafono" -
Citazione musicale azzeccatissima, ma ci stava anche "Il mio nemico mi somiglia è come me lui ama la famiglia e per questo piglia più di ciò che da. E non sbaglierà e se sbaglia un altro pagherà. Il potere non lo logora, il potere non lo logora"
RispondiEliminaSono stato in dubbio fino alla fine se non mettere quella, ma quando ho ripensato a L'uomo col megafono mi è sembrata davvero perfetta per mostrare il disagio senza necessariamente arrivare al conflitto.
RispondiEliminaAd ogni modo, grande Silvestri!
prima o poi lo vedrò, ma tu hai confermato l'impressione che avevo che non si trattasse poi di questo gran capolavoro..
RispondiEliminadevo dire poi che cetto è uno dei personaggi di albanese che mi fa ridere meno, l'ho sempre trovato inquietante nella sua attualità (sebbene negli ultimi tempi la situazione politica sia degenerata, anche qualche anno fa era sempre molto più realistico di una semplice parodia)
e alle prossime elezioni temo che succederà ancora. e ancora. e ancora
la gente non impara mai niente, gli italiani tanto meno
Cannibale, effettivamente è ben lontano dall'essere un Capolavoro, e l'agghiacciante superattualità di Cetto lo rende anche parecchio triste.
RispondiEliminaSe dovesse succedere ancora, e ancora, e ancora, temo che io e Julez dovremo prendere seriamente in considerazione l'idea di trasferirci a Barcellona o in Australia. :)
Un film da weekend al multisala, tanto per passare un paio d'ore spensierate (fino a un certo punto), preferibilmente senza ingozzarsi di caramelle, popcorn e bibite di vario genere, in caso contrario rischierebbero di andare di traverso in occasione delle eventuali risate e soprattutto per il tema spinoso vestito di satira, che ci ricorda pur sempre le magagne del nostro Paese.
RispondiEliminaTizyana, secondo me, purtroppo, il tema spinoso viene addirittura prima delle risate.
RispondiEliminaAnche per questo non sono riuscito a godermelo fino in fondo dal punto di vista dell'intrattenimento.
Recensione ed analisi socio-storico-politica lucidissime, non credo si possa aggiungere altro, cowboy.
RispondiEliminaOra, però, genere comico per genere comico (che in effetti, come dici, non è pienamente ricollegabile a "Qualunquemente"), mi aspetto la recensione del altrettanto recentissimo "Una bella giornata" di Zalone, che a me qualche risata ha fatto fare.
O già l'hai fatta e mi è sfuggita?!? :P
* "Che bella giornata", pardon! :)
RispondiEliminaVince, muchas gracias, come sempre.
RispondiEliminaChe bella giornata è lì che mi guarda da un pò, nella cartella novità film del mulo.
Ma, lo ammetto, non ho ancora avuto il coraggio di guardarlo.
Dici che devo tentare!?
Provaci! ;)
RispondiEliminaSecondo me, il difetto principale di questo film è il fatto che si conoscesse già tutto dalla pubblicità/comparsate televisive et similia. Più cabaret che cinema in sostanza. E come hai detto tu, la realtà ha superato di gran lunga la fantasia.
RispondiEliminaEva, concordo sul fatto che fosse più cabaret che non Cinema, difetto comune per le pellicole di questo genere.
RispondiEliminaLa cosa peggiore, però, è stata la tristezza crescente che fosse, di fatto, non una parodia, ma una rappresentazione, per giunta in piccolo, di quello che accade nel nostro paese.