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domenica 27 ottobre 2013

Corpi da reato

Regia: Paul Feig
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 117'




La trama (con parole mie): Ashburn, un'agente dell'FBI osteggiata per la sua spiccata antipatia e l'eccessiva applicazione di norme e regole dalla maggior parte dei colleghi, è inviata a Boston per investigare sull'identità di un pericoloso ed ancora senza volto boss della droga.
Mullins, una detective della polizia di Boston, è osteggiata per la sua volgarità, i modi spicci e rudi e la totale noncuranza rispetto alle regole e alle norme dalla maggior parte dei colleghi, conosce le strade della sua città e deve far fronte ai guai che il fratello ha con la Legge a causa dei trascorsi di quest'ultimo legati allo spaccio.
Quando le due si incontrano unendo le forze, nonostante le prime scaramucce e le diversità, per la criminalità organizzata i guai subiranno un'impennata da record.




Un paio d'anni or sono, il territorio della commedia sguaiata e sopra le righe da decenni saldamente in mano alla metà maschile del cielo è stato sconvolto dall'arrivo di uno dei titoli di genere più apprezzati degli ultimi anni, Le amiche della sposa, che riscosse un discreto successo anche qui nella blogosfera, raccogliendo i consensi soprattutto del pubblico non in rosa, piacevolmente sorpreso delle affinità nascoste che si è trovato in grado di (ri)scoprire nel cosiddetto - ed assurdamente così definito - sesso debole.
Paul Feig, regista di quel riuscito esperimento, ritenta dunque sfruttando il traino del suo pezzo da novanta, Melissa McCarthy, esplorando la parte femminile del buddy movie di stampo poliziesco grazie ad una vicenda che ricorda il recente 21 Jump Street: il risultato, come fu per il già citato Le amiche della sposa, è forse al di sotto delle aspettative - e senza dubbio del lavoro precedente del regista - ma ugualmente in grado di intrattenere senza grosse pretese, seppur appesantito da un minutaggio decisamente troppo generoso e da due personaggi destinati a diventare presto macchiette - anche se alcuni siparietti come quello che vede protagoniste le due agenti ed il capo del distretto di Mullins, il fu Biff di Ritorno al futuro, riconosciuto al volo da Julez, è davvero niente male -.
Dunque, passando da una McCarthy che parla come Hancock - devo aver perso il conto delle minacce di schiaffare qualcosa nel culo di qualcuno - ad una Sandra Bullock come spesso e volentieri accade a ricoprire il ruolo della precisina rompipalle, si arriva tutto sommato indenni al termine della visione consci di non essere stati presi troppo per il culo - per l'appunto -, senza aver impegnato troppo il cervello e reduci da un'esperienza da spettatori che riesce a strappare anche qualche onesta risata di grana grossa.
In un periodo certamente non memorabile per le commedie - fatta eccezione per il già mitico La fine del mondo ed il quasi mitico e prossimamente su questi schermi Facciamola finita - made in USA e non solo Corpi da reato finisce per rientrare nella stessa categoria di Come ti spaccio la famiglia, ovvero di quelle pellicole innocue e solo apparentemente "di rottura" per nulla destinate a lasciare il segno ma senza dubbio in grado di compiere il loro dovere al botteghino così come agli occhi degli spettatori: nessuna incazzatura, buon umore, pacche sulle spalle, una volgarità giustificata da un finale che vede i buoni trionfare sempre e comunque, e tutti a casa.
Certo, per questa stessa serie di motivi titoli come questo potrebbero perfino essere odiati da una certa frangia radical chic estrema di spettatori, ma dato che qui al Saloon vige un eloquio McCarthiano direi che me ne sbatterò bellamente, e seppur non soddisfatto dalla visione come se avessi incrociato i bicipiti con i miei fidi Expendables o le bottiglie per un party selvaggio animato da McLovin e la sua cricca, mi godrò il pensiero di essermi concesso una gita in un territorio prevalentemente macho per una volta conquistato da due protagoniste femminili senza alcun impegno ed accompagnandola con una montagna di salatini e rigoroso rutto libero.
Mullins, altrimenti, potrebbe offendersi e dire in giro che da queste parti le palle sono delle stesse dimensioni delle mentine.


MrFord


"Donne
in cerca di guai 
donne a un telefono che non suona mai 
donne 
in mezzo a una via 
donne allo sbando senza compagnia 
negli occhi hanno dei consigli 
e tanta voglia di avventure 
e se hanno fatto molti sbagli 
sono piene di paure."
Zucchero - "Donne" - 


martedì 22 ottobre 2013

Gravity

Regia: Alfonso Cuaron
Origine: USA, Messico
Anno: 2013
Durata: 91'
 



La trama (con parole mie): Matti Kowalski e Ryan Stone sono due membri dell'equipaggio di una missione in orbita attorno alla Terra con l'intento di effettuare alcune riparazioni su un'istallazione. Quando l'esplosione di un satellite porta su di loro una pioggia di detriti e lo shuttle viene distrutto, i due si ritroveranno ad affrontare, legati l'uno all'altra, una deriva che dovranno pilotare verso una stazione orbitante russa in modo da raggiungere un modulo di salvataggio e fare ritorno sulla Terra.
Il tentativo, però, risulterà ben più arduo di quanto non potessero già immaginare, ed il rientro sul pianeta comincerà ad assumere i connotati di un'utopia, più che di una speranza.





Alfonso Cuaron ha una storia strana, qui al Saloon.
Partito discretamente bene con il piacevole road movie stile Sundance Y tu mama tambien agli inizi del nuovo millennio, il regista di Città del Messico finì per perdere parecchie quotazioni con Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, a mio parere uno degli episodi meno riusciti della saga cinematografica del maghetto più famoso della letteratura: giunse poi I figli degli uomini a lasciare a bocca aperta il sottoscritto e rilanciare il buon Alfonso come riferimento della settima arte messicana pronto a soppiantare l'inaridito Inarritu.
L'hype per Gravity, dunque, accolto anche decisamente bene all'ultimo Festival di Venezia, era clamorosamente alto, considerate anche le opinioni di molti blogger cinefili pronti a spendere grandi parole per quest'epopea umana più che sci-fi come se fosse la cosa più naturale del mondo: onestamente, e non credo per colpa delle aspettative, devo dire che l'attesa è stata almeno parzialmente delusa.
Certo, è d'obbligo ammettere che a livello tecnico e visivo ci troviamo di fronte, con ogni probabilità, ad una delle opere più incredibili del passato recente - almeno per quanto riguarda il genere -, roba da avere l'impressione di precipitare nello schermo e perdere gli occhi per la meraviglia tra effetti speciali da togliere il fiato, piani sequenza da brivido ed evoluzioni della macchina da presa che probabilmente avrebbero lasciato a bocca aperta anche i pionieri dei "Viaggi nella Luna": un'esperienza da spettatori assolutamente incredibile, che vale la pena di vivere al pieno delle possibilità tecnologiche attuali - tanto odiato dal sottoscritto 3D compreso - e dal primo all'ultimo minuto, sostenuta da un'ottima idea rispetto al titolo - il riferimento alla gravità sulla Terra, e non alla sua assenza nello spazio - e da una Sandra Bullock in grandissimo spolvero, ma che, dal punto di vista emozionale e dell'originalità nella scrittura difetta come l'ultimo dei blockbusteroni hollywoodiani.
Non so se la produzione, lo stardom presente o chissà quale imposizione dall'alto abbiano influenzato il lavoro di Alfonso e Jonas Cuaron nel corso della stesura dello script, ma l'impressione è che tutto quello che è finito nella parte squisitamente tecnica e "meravigliosa" della pellicola abbia finito per succhiare il midollo della vita alla sceneggiatura, molto scontata e a tratti davvero al limite dello scivolone - il dialogo tra Ryan ed il miracolosamente rientrante Kowalski nella stazione orbitante russa -.
Per nulla una delusione da bottigliate, ma classico esempio di "bello senz'anima", dunque, questo Gravity trascinato con i piedi per terra si attesta, di fatto, ben lontano dall'Olimpo cinematografico cui certamente aspirava: un peccato, perchè quella che è una delle più incredibili avventure visive dell'anno finisce per essere associata ad un titolo destinato a transitare in un'orbita ben lontana dai primi posti della classifica dedicata al meglio del duemilatredici.


MrFord


"Oh twice as much ain't twice as good
and can't sustain like a one half could
it's wanting more
that's gonna send me to my knees."
John Mayer - "Gravity" - 


giovedì 3 ottobre 2013

Thursday's child

La trama (con parole mie): sarà il caso, sarà il Cannibale via in trasferta oltre confine, ma finalmente nelle sale italiane troviamo una settimana di uscite priva di assurde proposte made in Italy o di schifezze assortite.
Certo, forse non troveremo ugualmente i filmoni dell'anno, eppure le cose paiono mettersi decisamente meglio rispetto alle settimane appena trascorse: a questo punto urge una petizione che induca il mio antagonista a viaggiare un pò più spesso.

Diana Kid nel pieno di una giornata di shopping a Vicolungo.

Gravity di Alfonso Cuaron


 
Il consiglio di Cannibal: la cosa più grave che possiate fare è seguire un consiglio fordiano
Accolto da un grande hype e da critiche piuttosto positive all’ultimo Festival di Venezia, girato dal buon Cuaron e interpretato da un George Clooney che negli ultimi tempi è diventato una discreta garanzia di qualità, questo Gravity però non è che stia facendo andare in orbita le mie aspettative. Mi sembra un po’ troppo sci-fi per i miei gusti, così come Mr. Ford mi pare un po’ troppo schi-fi per i miei gusti.
Che si riveli uno dei film migliori dell’anno o solo uno dei più sopravvalutati dell’anno, dovrebbe essere quantomeno una visione interessante. Però boh, mi ispira pochino e se piacerà al mio blogger rivale mi ispirerà pure meno.
Il consiglio di Ford: Gravity Ford, Cannibal Zero.
Cuaron è un regista che ho sempre reputato interessante, e che con I figli degli uomini era balzato molto in alto nella mia classifica di gradimento.
Questa sua nuova fatica, molto sci-fi e molto duemilauniana nella sua "deriva", mi ispira parecchio, e data l'accoglienza avuta all'ultimo Festival di Venezia, potrebbe rivelarsi come una delle sorprese migliori di questo spento inizio autunno.
Speriamo di andare in orbita invece che perderci nello spazio vuoto che separa le due cavità auricolari del mio antagonista.

"Addio, Cannibal! Vai pure in orbita!"

Diana – La storia segreta di Lady D. di Oliver Hirschbiegel



Il consiglio di Cannibal: sarà meglio di Ford – La storia segreta di Lady F.?
Ahia, sento odore di film tv, o meglio di fiction tv. Lady Diana è stata tra i personaggi più discussi e a suo modo anche interessanti degli ultimi decenni, quindi ben venga una pellicola su di lei. Dal trailer mi sembra però che di grande cinema se ne respiri poco – manco ci trovassimo nel blog dei mio rivale – e siamo dalle parti di una rappresentazione televisiva. Non intendo in senso positivo. La cosa più interessante sarà vedere la sempre bravissima Naomi Watts alle prese con un personaggio tanto celebre, per il resto il rischio di trovarci di fronte a una porcatona è elevato quasi quanto quello di imbattersi in una opinione risibile su WhiteRussian.
Il consiglio di Ford: Peppa - La storia segreta di Lady Kid
Oliver Hirschbiegel, che qualche anno fa fece parlare di sè con La caduta, torna alla ribalta con un biopic ispirato dalla vita - e dalla morte - di uno dei personaggi più noti, amati e discussi della Storia recente, Lady Diana.
Onestamente, questo film mi ispira meno di una di quelle pippe da radical chic che il mio antagonista è solito presentare come Capolavoroni, dunque non credo che rientrerà nelle mie prossime visioni, senza contare che ultimamente Naomi Watts non è più la garanzia di un tempo e che l'ex Saiyd di Lost nel ruolo dell'ultimo compagno della Principessa è davvero agghiacciante a vedersi.

"Promettimi che quando non ci sarò più terrai tuo fratello lontano da Peppa Kid!"

Corpi da reato di Paul Feig


Il consiglio di Cannibal: Ford da reato. E basta.
Sandra Bullock era da un po’ che non si vedeva in giro e mo’ sta settimana torna sui nostri schermi con ben due film: Gravity e Corpi da reato. A me la Bullock non fa impazzire, però nemmeno sta sulle balle come a tanti che la odiano e la considerano un’attrice da reato. Un po’ come io considero Ford da reato. Quale reato? Qualunque, basta che lo mettiate dietro alle sbarre e poi mi va bene!
Al fianco non di Ford ma della Bullock in questo Corpi da reato c’è Melissa McCarthy, rivelazione dell’ottimo Le amiche della sposa che però, dopo l’ultimo pessimo Io sono tu, mi sembra già in fase calante come attrice comedy del momento…
Nonostante il regista sia lo stesso del citato Le amiche della sposa, Corpi da reato mi sa che non sarà manco lontanamente a quegli spassosi livelli e quindi non mi ispira troppo manco questo. Non so, sarà la cattiva influenza fordiana, ma questa settimana mi sento molto pessimista.
Il consiglio di Ford: Cannibal da reato. Cinematografico.
Commediola diretta dal regista del divertente ma brevemente dimenticato dal sottoscritto Le amiche della sposa che non promette certo di rinverdire i fasti del genere, e che difficilmente ruberà la scena e gli incassi a Come ti spaccio la famiglia, che ancora impazza in sala.
Non che la Bullock mi stia particolarmente antipatica, ma preferisco schiaffarmela in un titolo decisamente più interessante come Gravity che qui.
Peppa Kid, invece, preferisco non schiaffarmelo affatto, ma al massimo prenderlo a schiaffi.

"Hai visto che razza di arsenale tiene Ford in frigo!? Quello è pazzo!"

Il cacciatore di donne di Scott Walker


 
Il consiglio di Cannibal: Ford, il cacciato (via) dalle donne. E pure dagli uomini.
Il cacciatore di donne è una sorpresa. Oddio, è un film parecchio modesto ed è la solita pellicola sui serial killer trita e ritrita. Per essere una roba con protagonista Nicolas Cage, il messo sempre peggio Nicolas Ford Cage degli ultimi tempi, è però ancora ancora una visione decente, o se non altro è meglio del finale di Dexter. Il merito?
Naturalmente non di Cage, ma tutto di Vanessa Hudgens. L’idola springbreakersiana Vanessa Hudgens. Non ci credete?
E allora attaccatevi alle opinioni fordiane.
Recensione cannibale in arrivo prossimamente…
Il consiglio di Ford: Ford, il cacciatore di Goi.
Thriller di ambientazione invernale al quale non avrei dato un soldo bucato ed ispirato alla reale vicenda del più prolifico serial killer mai vissuto in Alaska ed adattato con un titolo agghiacciante dai distributori italiani - l'originale è The frozen ground, tanto per capirci - si è rivelato una buona sorpresa, ricordando Insomnia e portando alla ribalta una tostissima e bellissima Vanessa Hudgens.
Non sarà il filmone del secolo, ma funziona ed avvince, e lascia più di un brivido nel finale.
Recensione fordiana a brevissimo.

"Ciao Nick, me ne vado da Ford: lui è l'unico che può proteggermi dai Cannibali!"

Anni felici di Daniele Luchetti



Il consiglio di Cannibal: anni felici, quelli prima che mi imbattessi in Ford
Tra i precedenti film di Andrea Lucchett… pardon, Daniele Luchetti ho visto Mio fratello è figlio unico, pellicola tratta dall’autobiografia scritta dal fratello di James Ford. Poi mi sono sempre ripromesso di vedere il suo film successivo, La nostra vita, ma è uscito tre anni fa e devo recuperarlo ancora adesso. Mi sa tanto allora che pure per questa sua nuova pellicola passeranno vari anni (felici) prima che la guardi.
Tra i film italiani recenti, comunque, potrebbe essere uno dei titoli in cima alla lista di quelli da vedere. Peccato che la lista dei film italiani tra le mie liste personali si sia orma persa persino dietro alla lista dei film consigliati da Ford…
Il consiglio di Ford: anni felici, quelli in cui finalmente Cannibal libererà la blogosfera dalla sua presenza.
Considerato il deserto offerto dalle produzioni nostrane recenti, questo nuovo lavoro di Luchetti - autore dei buoni Mio fratello è figlio unico e La nostra vita - potrebbe risultare come una delle cose più interessanti offerte dal non più tanto Bel Paese in sala.
Dovendo scegliere, comunque, una visione di questo titolo verrebbe comunque dopo Gravity e Il cacciatore di donne, e perfino di qualche recupero delle scorse settimane: segno che il nostro Cinema è messo ben peggio della psiche del Cucciolo eroico.

"Quel tipo strano, Cannibal Kid, è perfino più Freddo di me!"

Las Acacias di Pablo Giorgelli



Il consiglio di Cannibal: las ciate perdere
Las Acacias è un film argentino/spagnolo che non si presenta molto bene. Il trailer è infatti uno dei più noiosi visti di recente. Non dico uno dei più brutti, quelli italiani sono imbattibili, è solo una lagna clamorosa, manco ci trovassimo di fronte a un trailer montato a 6 mani da Wong Kar-wai, Kim Ki-Duk e, ciliegina sulla torta, l’immancabile Ford Caz-wai.
Se non si era capito, lascio quindi a Ford e a tutti i temerari il piacere di scoprire se l’intera pellicola riuscirà a essere ancora meno entusiasmante del trailer.
Il consiglio di Ford: Las bottigliatas - Cronaca di una giornata del Cannibale in compagnia di Ford
In una settimana insolitamente priva di uscite di livello infimo, chiudiamo la carrellata con un titolo di quelli da saletta d'essai frequentata da soli radical chic che potrebbe risultare una sorpresa o una lagna di quelle che neanche Malick in pieno delirio di onnipotenza concepirebbe. Non credo correrò a vederlo mettendomi primo della fila, ma potrebbe comunque risultare una buona scelta "di panchina".
Al contrario di Peppa Kid. Lui dovrebbe filare dritto dritto in tribuna.

"Mi tocca bere l'acqua, visto che Ford si è scolato tutto l'alcool che era rimasto!"

mercoledì 18 luglio 2012

Molto forte, incredibilmente vicino

Regia: Stephen Daldry
Origine: Usa/UK
Anno: 2011
Durata: 129'




La trama (con parole mie): Oskar Schell è un ragazzino dalla fantasia fervida che ha perso il padre nel disastro del World Trade Center, chiudendosi di fatto in se stesso e nel ricordo del genitore, con il quale aveva un rapporto molto profondo.
Quando, per caso, scopre una chiave che potrebbe significare la rivelazione di qualcosa di più rispetto a quanto il giovane potesse conoscere del padre stesso, ha inizio una ricerca che ha il sapore della grande avventura e che porterà Oskar a conoscere le vite e le storie di decine di persone nell'area di New York, nonchè a riscoprire i ruoli di sua nonna e di sua madre e conoscere il nonno, rifugiato tedesco dato per scomparso.
Per quanto lo scopo di questa sua missione, però, potrà essere importante, mai potrà eguagliare lo spessore del percorso compiuto per giungere al suo compimento.




Da parecchio tempo, ormai, l'ultima fatica di Stephen Daldry giaceva come sopita, in attesa di passare finalmente sugli schermi di casa Ford: in un certo senso, posso dire che fosse in stand by da giorno in cui, all'inizio di gennaio, in sala con Julez  poco prima dell'inizio di J. Edgar, trastullandoci con i consueti trailer e pensando a quelle che sarebbero state le pellicole candidate all'Oscar per il miglior film, ipotizzammo che Molto forte, incredibilmente vicino avrebbe incarnato il tributo alla retorica della rosa dei nomi fatti dall'Academy.
In realtà ci sbagliavamo, perchè i tributi sarebbero stati due: accanto alla pellicola in questione, infatti, ritrovammo War horse, polpettone made in Spielberg girato con una tecnica incredibile eppure troppo zuccheroso per fare davvero breccia nel cuore del sottoscritto.
In questo senso, la pellicola di Daldry - che aveva fatto un gran bene con The reader - patisce gli stessi limiti con l'aggravante di un'abilità a mio parere di molto inferiore dietro la mdp rispetto a quella del creatore di E.T., una spanna - e oltre - sopra per quanto riguarda i movimenti di macchina ed il senso di meraviglia comunque impresso ad ogni fotogramma.
In realtà, a dispetto dell'inizio del post e di quello che scriverò di seguito, non ho trovato questo film così terribile, o almeno non tanto quanto mi potessi aspettare: certo è lento, fa pesare ogni minuto allo spettatore, è colpevole di aver portato sul grande schermo uno dei bambini più odiosi della Storia della settima arte - quel tamburello modello Oasis, giuro, l'avrei spaccato sulla testa del piccolo Oskar ad ogni piè sospinto -, sfrutta quegli odiosissimi ralenti che solleticano come pochi altri vezzi registici le mie bottigliate più selvagge, è intriso fino al midollo - in barba alle origini del regista - di quell'americanismo di grana grossa che tanto si fatica a digerire, eppure le idee alla base - figlie del romanzo, immagino, che non ho letto - risultano assolutamente valide ed interessanti, e rendono il prodotto finito più simile ad un'enorme occasione sprecata che non ad uno di quei titoli da incazzatura feroce e pulsioni omicide.
La ricerca di Oskar, trasformata in una sorta di incredibile avventura dal sapore simile a quelle de I Goonies o Stand by me funziona, così come la riscoperta progressiva della figura del nonno - un ottimo Max Von Sydow, protagonista dell'unica sequenza davvero interessante di tutta la visione, il gioco degli ossimori con Oskar in metropolitana, rimembranza dei momenti felici passati dal bambino con il padre - e l'idea di una chiave che possa aprire "qualsiasi cosa" ma che, di fatto, altro non permette se non l'apertura alla città - e al mondo - di un ragazzino rimasto così profondamente ferito da chiudersi in se stesso.
Dovendo pensare ad una sorta di difesa rispetto al lavoro di Daldry, si potrebbe quasi associare a Oskar la stessa New York, colpita al cuore dagli avvenimenti dell'undici settembre oltre che storicamente e macroscopicamente, microscopicamente, nelle coscienze e nelle vite di ognuno dei suoi abitanti: e nel percorso verso la rinascita del giovane protagonista si ritrovano proprio la metropoli ed i milioni di suoi abitanti con le loro milioni di esistenze e storie, tutte una diversa dall'altra.
Se dovessi spararla grossa, mi verrebbe quasi da pensare che un film come questo sarebbe stato più adatto ad uno Spike Jonze o addirittura ad un altro Spike, che alla Grande Mela ha dedicato la quasi totalità della sua poetica: il buon, vecchio, Lee.
Purtroppo, però, queste restano soltanto speranze naufragate in due ore piene di Cinema per famiglie, ben attento a non osare mai e a viaggiare nel modo più lineare possibile verso una conclusione che, più che di crescita e ritratto di un evento visto per una volta da un punto di vista più umano e quotidiano che non come cronaca o fatto storico destinato a segnare un'epoca, appare come una pacca sulla spalla consolatoria capace di scontentare sia il grande pubblico - stroncato dalla progressione con il freno a mano tirato - che quello di nicchia - che urlerà allo scandalo di fronte a sequenze come il vaso caduto in tempi biblici, che è riuscita a snervare anche me quanto e più di una qualsiasi visione radical chic da bottigliare -.
Un netto passo indietro per Daldry, che pareva al contrario lanciato verso lidi decisamente più interessanti di questo, ed un peccato per un soggetto che, forse, avrebbe meritato una mano più coraggiosa in modo da guidare l'audience con la fantasia di chi riesce a tornare bambino e la profondità dettata dalla saggezza dell'età adulta.
Come Oskar e suo padre.
O suo nonno.
Un mondo che si chiude in seguito ad una ferita, e da quella ferita rinasce.
Purtroppo, non questa volta.


MrFord


"And if the darkness is to keep us apart
and if the daylight feels like it's a long way off
and if your glass heart should crack
and for a second you turn back
oh no, be strong."
U2 - "Walk on" -


mercoledì 17 agosto 2011

Speed

Regia: Jan De Bont
Origine: Usa
Anno: 1994
Durata: 116'

La trama (con parole mie): Howard Payne è un ex poliziotto rimasto ferito in azione cui non basta la pensione di invalidità che gli spetta. 
Anzi, diciamo che la pochezza della stessa lo fa talmente tanto incazzare da indurlo a progettare un colpo molto particolare: una serie di ordigni posti attorno ai freni dell'ascensore di un grande palazzo del centro di Los Angeles pronti a esplodere a seguito di un ultimatum, in modo da poter chiedere un riscatto per le vite dei passeggeri dello stesso.
Purtroppo per lui, il detective Harry Temple e l'agente Jack Traven sventano l'operazione riuscendo a salvare tutti gli ostaggi, rischiando addirittura di catturarlo: a questo punto l'uomo concentra la sua sete di vendetta in particolare su Traven, facendo in modo che si ritrovi intrappolato su un autobus che non potrà più scendere sotto le cinquanta miglia orarie una volta superate, o finirà per innescare la bomba che lo farà saltare in aria.
Il giovane poliziotto inizierà dunque una lunga partita contro il terrorista, cercando di salvare gli occupanti del bus, evitare di pagare il riscatto chiesto da Payne e, ovviamente, fargli un gran culo.


E' davvero un bene, a volte, aver visto alcuni film da bambini, o nella prima adolescenza, quando il Cinema era ancora soltanto un'alternativa alla già poca consistenza della tv e quello che si cercava, a parte il relax, era soltanto una dose massiccia di adrenalina.
E' davvero un bene perchè Speed, in questo senso, è certamente una garanzia.
E' davvero un bene perchè, se l'avessi visto ora per la prima volta, avrei giudicato questo film terribile, e neppure abbastanza tamarro per riderci sopra con gusto - una cosa in stile Transporter o Crank 2, citando due riferimenti del genere -.
Da anni non rivedevo la pellicola di De Bont, e in un certo senso ho scoperto anche perchè: è un film a cui ho voluto un gran bene, con un cattivo pazzo e ancora più pazzo - il mai dimenticato Dennis Hopper -, sequenze di grande ritmo - la prima parte con il salvataggio degli ostaggi in ascensore, la discesa con il carrellino sotto il bus per cercare di disinnescare l'ordigno - ed altre clamorosamente trash - il salto dell'autobus nel tratto di autostrada mancante, la resa dei conti finale tra il nostro futuro Neo e il suddetto cattivo con tanto di battuta in pieno stile Schwarzy rifilata all'allora giovanissima Sandra Bullock, "Dov'è Payne?" "Ha perso la testa!", di grande effetto -, il poliziotto razionale e quello tutto palle, la classica storia che nasce da una situazione estrema. 
Insomma, un vero classico della tamarrata con tutti i crismi.
Eppure, e mi duole dirlo, mi pare proprio che sia invecchiato male.
E' come se tutta l'ironia - volontaria o no, che sia - che di norma mi porta ad un divertimento da bambino quando rivedo una pellicola con Sly, Van Damme o il succitato Arnold qui venisse meno, e rimanesse soltanto quella spiacevole sensazione da ex ragazzetto ormai inesorabilmente cresciuto che accenna un sorriso osservando quel bus sospeso in aria, ma non riesce proprio più a provare la meraviglia che, allora, significava almeno una visione a settimana con grandi momenti di esaltazione ad ogni passaggio "sul filo".
Certo, è una cosa che può capitare, considerata la qualità di questo tipo di pellicole, eppure un pò di dispiacere resta, più che altro perchè una presa di coscienza di questo tipo pregiudicherà di certo le visioni future di questo titolo - e ce ne saranno, posso garantirvelo, nonostante tutto - rendendo le stesse più omaggi che non clamorose ed assolutamente goduriose immersioni in un passato ritmato dai passi che separavano casa dei miei dalla videoteca dell'ormai mitico Paolo - che, a questo punto, potrebbe essere più antagonista di Cannibale di quanto non sia io -, luogo quasi magico in cui bastava entrare e dire la parola d'ordine - che poteva essere "horror" o "azione", a seconda delle giornate - per avere il mio pezzo di meraviglia garantito.

MrFord

"E per un istante ritorna la voglia di vivere
a un'altra velocità
passano ancora lenti i treni per Tozeur."
Franco Battiato - "I treni di Tozeur" -


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