Tutti voi vecchi pirati che passate da queste parti dovreste ormai ben conoscere il concetto di Western che mi affascina, che tocca corde che passano dalla Leggenda alla Realtà, per dirla al solito come John Ford, tra i ricordi di mio nonno e John Wayne ed i nuovi confini posti da Eastwood, da Winter's bone, da Hell or high water.
Il Western non è qualcosa che riguarda solo ed esclusivamente cowboys e indiani, sparatorie e canyons, quanto l'idea tutta umana di arrivare a fronteggiare qualcosa di ignoto, sia esso l'amore, la violenza, un'avventura, una sfida, un dolore, la vita stessa.
Una cosa che riporta alla memoria le atmosfere delle canzoni di De Andrè, tanto per citare un autore assolutamente associabile al genere.
Quando Cannibal, e niente meno che lui, pochi giorni fa ha parlato di questo film con lo stesso entusiasmo del già citato Hell or high water, non ho saputo resistere alla sfida, e sono corso immediatamente a confrontarmi con il confine che aveva messo alla prova il mio rivale numero uno: e devo ammettere che quella linea immaginaria era davvero pane per i miei denti.
Wind River, uno di quei titoli che passano in sordina rispetto alle grandi produzioni o alle uscite da sala piena, è un Western nel senso più profondo e puro del termine, una storia di pancia ed umana, dolorosa e potente, pronta a colpire e lasciare segni importanti nel cuore.
E' una storia di padri e figli, di ferite impossibili da rimarginare, di riscatto, di prede e predatori, di guerrieri e di sciacalli: il lavoro di Taylor Sheridan si prende il suo tempo, proprio come un cacciatore appostato, in attesa che la bestia porti la testa allo scoperto, che il branco mostri le zanne, che il momento della resa dei conti prenda forma di lacrime e sangue.
Ed è un tempo da respiri a pieni polmoni, che riempie d'aria in preparazione alla tensione dell'apnea - e credetemi, la sequenza in cui viene mostrata l'aggressione è così forte da aver riportato alla mente del sottoscritto cose gigantesche come Mystic River -, che riesce a caratterizzare i personaggi in pochi e semplici passaggi - la visita dell'agente dell'FBI accompagnata dal capo della polizia tribale e dal main charachter a casa del padre della giovane vittima vive nello sguardo che cambia proprio di quest'ultimo, e nel gesto di protezione del poliziotto che si mette a protezione della porta nel momento in cui l'uomo distrutto si ritrova a dover sfogare il suo dolore -, ed anche quando i nodi vengono al pettine porta in scena un vero e proprio scontro a fuoco che per realismo, rapidità e thrilling merita senza dubbio un posto tra le sequenze più forti di quest'ultimo anno cinematografico.
Wind River è un film che racconta di confini oltrepassati, di prede e predatori, di padri e figli, e che, come giustamente ha scritto sempre il mio rivale Cannibale - che si becca addirittura una doppia citazione, cosa credo mai successa -, in alcuni momenti fa desiderare di avere dei figli, ed in altri spaventa per tutto quello che il mondo possa riservare loro.
Commuove, Wind River. E fa provare rabbia.
Una rabbia che mostra la Natura dell'Uomo, a prescindere dal fatto che possa stare oppure no dalla parte giusta.
Anche in questo caso, il confine, da Western, è labile.
Perchè un predatore di predatori resta pur sempre un predatore.
Perchè l'Uomo non cambierà mai.
Perchè il branco continuerà, in diverse forme, a cercare nuove prede.
Ma è dannatamente vero che quel confine rivela anche legami che non possono essere spezzati, e mostra prove di coraggio che superano - e devono superare - la Paura.
Perchè è in quel coraggio che si trova la forza di andare avanti.
E la forza di combattere.
E l'amore.
MrFord