Regia: Sean Durkin
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 102'
La trama (con parole mie): Martha, una giovane allo sbando che vive in una sorta di comune gestita da un uomo più grande dedito a plagiare completamente i ragazzi che gli si accompagnano, dopo due anni di silenzio contatta la sorella in modo da fuggire da una realtà distorta e sempre più pericolosa.
Tornata in seno alla famiglia, la ragazza cerca di recuperare un passo alla volta il proprio equilibrio, ancora turbata dai ricordi del tempo trascorso sotto l'influenza di Patrick - questo il nome del "maestro" dal quale è fuggita -: ma la distanza con la sorella e suo marito pare essere incolmabile, ed i segni rimasti nella psiche di Martha troppo profondi perchè lei possa pensare davvero di lasciarsi alle spalle un'esperienza così traumatica.
La fuga, dunque, potrebbe essere ancora troppo poco per una prigione invisibile ma non per questo meno terribile.
Nel corso degli ultimi due anni, il Cinema americano indipendente - quello del Sundance style, per intenderci - pare aver conosciuto una sorta di rinascita legata al concetto di Frontiera nel senso più ampio del termine, regalando al pubblico pellicole che, seppur non sempre perfette, hanno colpito dritte al cuore scavando nel profondo dell'abisso più oscuro delle stars&stripes: da Red State a The woman, passando per Red, white and blue finendo a culminare con quella meraviglia di Winter's bone, hanno inferto alla nostra anima tagli da ferita aperta e carne viva davvero niente male.
La fuga di Martha si aggiunge a questo insolito club senza quasi per nulla sfigurare, considerato che si tratta di un'opera prima se vogliamo a tratti ancora acerba e grezza eppure decisamente - soprattutto dal punto di vista emotivo - potente.
Costruita attorno alla sorprendente protagonista - una clamorosamente brava Elizabeth Olsen, imparentata non si sa come o perchè con le irritanti gemelle cresciute dalla Disney - questa pellicola è la storia di una vittima e della sua lotta per riuscire ad uscire da una prigione impostale da un mondo per il quale lei finirà sempre per essere troppo fragile o fuori posto: in particolare, ho trovato estremamente drammatici, ancor più dei momenti passati nella comune "governata" da Patrick, quelli dei confronti con la sorella ed il marito, sconvolti per il bagno nuda della ragazza o irritati e feriti dalle frasi apparentemente irriconoscenti della fuggiasca tornata a casa.
La bravura del regista e sceneggiatore, in questo senso, sta nel porre lo spettatore in una condizione per la quale è difficile, pur riconoscendo lo stato della ragazza ed i traumi che porta dentro, non sentirsi chiamato in causa e schierato con la coppia che la ospita, che vorrebbe portarla all'interno del suo mondo, inconsapevole del fatto che per Martha non ci sarà mai spazio in una dimensione "normale" della vita: perchè, in fondo, per lei è sempre stato tutto in bilico, un "walking the line" doloroso e solitario, in grado di spingerla tra le braccia di un individuo come Patrick, personaggio aberrante - quasi un novello Manson - interpretato da brividi dallo stupefacente John Hawkes, già protagonista del succitato Winter's bone ed autore di una prova maiuscola, che ha al vertice la sequenza strepitosa della canzone eseguita per Martha - o Marcy May, come è ribattezzata alla fattoria -.
Proprio la pratica di spersonalizzazione messa in atto da Patrick - ribattezzare a suo piacimento ogni nuova arrivata, farla preparare dalle altre alla "purificazione" e alla prima notte di sesso con lui, essere padre e padrone - è alla base delle ferite più profonde di Martha, che soltanto di fronte alla parte più violenta della "setta" - la terribile sequenza del tiro a segno, la rapina finita nel sangue - riescono a scuotere la ragazza affinchè possa cercare un rifugio che, a conti fatti, rifugio non è, perchè non c'è fuga dai demoni che la vita le ha messo di fronte, e dentro.
Martha è una vittima, e in quanto tale avrà di fronte un percorso di sofferenza che potrà apparire senza fine, costellato dalla sensazione che Patrick e i suoi non l'abbiano mai lasciata, e siano sulle sue tracce come lupi, alle sue spalle mentre lei, di fronte, si trova costretta ad affrontare una realtà che non le appartiene più, e forse non le è mai appartenuta: il finale, non del tutto riuscito rispetto all'idea che pone di fronte allo spettatore, è il culmine di questo percorso, e l'inizio della vera battaglia che, se davvero vorrà, Martha si troverà ad affrontare.
Una battaglia di cui noi possiamo conoscere soltanto la superficie, che i continui flashback ed aggangi dello script - davvero ben scritto - possono solo trasmettere in una minima parte, che i "mi dispiace, abbiamo entrambe detto cose che forse non pensavamo" non riusciranno mai a celare, che le visioni continueranno ad alimentare, come un telefono che squilla e al quale non vorremmo più rispondere.
O aver voglia di stuzzicare componendo il numero sbagliato.
Quella di Martha non è una fuga.
E' il disperato tentativo di guardare il mondo in faccia e non pensare che questo ricambi lo sguardo come un cacciatore fa con una preda.
La fuga di Martha si aggiunge a questo insolito club senza quasi per nulla sfigurare, considerato che si tratta di un'opera prima se vogliamo a tratti ancora acerba e grezza eppure decisamente - soprattutto dal punto di vista emotivo - potente.
Costruita attorno alla sorprendente protagonista - una clamorosamente brava Elizabeth Olsen, imparentata non si sa come o perchè con le irritanti gemelle cresciute dalla Disney - questa pellicola è la storia di una vittima e della sua lotta per riuscire ad uscire da una prigione impostale da un mondo per il quale lei finirà sempre per essere troppo fragile o fuori posto: in particolare, ho trovato estremamente drammatici, ancor più dei momenti passati nella comune "governata" da Patrick, quelli dei confronti con la sorella ed il marito, sconvolti per il bagno nuda della ragazza o irritati e feriti dalle frasi apparentemente irriconoscenti della fuggiasca tornata a casa.
La bravura del regista e sceneggiatore, in questo senso, sta nel porre lo spettatore in una condizione per la quale è difficile, pur riconoscendo lo stato della ragazza ed i traumi che porta dentro, non sentirsi chiamato in causa e schierato con la coppia che la ospita, che vorrebbe portarla all'interno del suo mondo, inconsapevole del fatto che per Martha non ci sarà mai spazio in una dimensione "normale" della vita: perchè, in fondo, per lei è sempre stato tutto in bilico, un "walking the line" doloroso e solitario, in grado di spingerla tra le braccia di un individuo come Patrick, personaggio aberrante - quasi un novello Manson - interpretato da brividi dallo stupefacente John Hawkes, già protagonista del succitato Winter's bone ed autore di una prova maiuscola, che ha al vertice la sequenza strepitosa della canzone eseguita per Martha - o Marcy May, come è ribattezzata alla fattoria -.
Proprio la pratica di spersonalizzazione messa in atto da Patrick - ribattezzare a suo piacimento ogni nuova arrivata, farla preparare dalle altre alla "purificazione" e alla prima notte di sesso con lui, essere padre e padrone - è alla base delle ferite più profonde di Martha, che soltanto di fronte alla parte più violenta della "setta" - la terribile sequenza del tiro a segno, la rapina finita nel sangue - riescono a scuotere la ragazza affinchè possa cercare un rifugio che, a conti fatti, rifugio non è, perchè non c'è fuga dai demoni che la vita le ha messo di fronte, e dentro.
Martha è una vittima, e in quanto tale avrà di fronte un percorso di sofferenza che potrà apparire senza fine, costellato dalla sensazione che Patrick e i suoi non l'abbiano mai lasciata, e siano sulle sue tracce come lupi, alle sue spalle mentre lei, di fronte, si trova costretta ad affrontare una realtà che non le appartiene più, e forse non le è mai appartenuta: il finale, non del tutto riuscito rispetto all'idea che pone di fronte allo spettatore, è il culmine di questo percorso, e l'inizio della vera battaglia che, se davvero vorrà, Martha si troverà ad affrontare.
Una battaglia di cui noi possiamo conoscere soltanto la superficie, che i continui flashback ed aggangi dello script - davvero ben scritto - possono solo trasmettere in una minima parte, che i "mi dispiace, abbiamo entrambe detto cose che forse non pensavamo" non riusciranno mai a celare, che le visioni continueranno ad alimentare, come un telefono che squilla e al quale non vorremmo più rispondere.
O aver voglia di stuzzicare componendo il numero sbagliato.
Quella di Martha non è una fuga.
E' il disperato tentativo di guardare il mondo in faccia e non pensare che questo ricambi lo sguardo come un cacciatore fa con una preda.
MrFord
"I take a walk outside
I'm surrounded by some kids at play
I can feel their laughter, so why do I sear?
Oh, and twisted thoughts that spin round my head
I'm spinning, oh, I'm spinning
how quick the sun can drop away."
Pearl Jam - "Black" -
I'm surrounded by some kids at play
I can feel their laughter, so why do I sear?
Oh, and twisted thoughts that spin round my head
I'm spinning, oh, I'm spinning
how quick the sun can drop away."
Pearl Jam - "Black" -
grandissimo film, di gran lunga superiore a quelle schifezze di red state e red, white & blue, con cui per fortuna non ha nulla a che fare!
RispondiEliminaun film che rappresenta bene anche la fuga di ford di questi giorni :D
La fuga di Ford è finita, quindi attento! ;)
EliminaUn buon film, ma sono convinto che il regista sia ancora acerbo, e con molti margini di miglioramento.
I livelli di Red State e Red, white&blue - film che solo tu non hai compreso - sono ancora lontani.
Come cura le servirebbe andare a vivere in un'altra comune, diversa da quella, fatta di persone normali che non plagiano nessuno. Lascio le vesti di dottoressa e torno nei miei panni di tua lettrice: sembra un bel film :)
RispondiEliminaElle, non so quale cura servirebbe, ad una persona come la Martha mostrata nel film. Sicuramente il cammino verso un'eventuale guarigione sarebbe lungo.
EliminaDetto questo, se ti capita recuperalo: è un film davvero interessante.
Un film interessante ed enigmatico..
RispondiEliminaAffari, concordo in pieno.
Eliminamea culpa per aver visto questo film un po' di corsa e con disattenzione. Hai ragione, lei è bravissima, ma in generale mi sono piaciuti tutti gli attori. se ne vedessero di film così. una trama così semplice, ma così ben scritta da lasciare il segno.
RispondiEliminaGiulia, sono d'accordo.
EliminaNel cast John Hawkes si mangia tutti con la scena della canzone, ma in generale rende benissimo la protagonista.
Piacerebbe anche a me che fossero prodotti più titoli come questo.
Ma è uscito in Italia questo film??
RispondiEliminaAssolutamente sì, Marta. Una decina di giorni fa.
Eliminaappena visto..mi è piaciuto e mi ha coinvolto emotivamente anche il finale assai enigmatico...forse la sua fuga è appena iniziata...
RispondiEliminaBradipo, anche a me è piaciuto molto, anche se la fuga è appena iniziata.
EliminaSecondo me il regista ci regalerà ancora emozioni.