lunedì 2 luglio 2018
Saloon Mundial: porte e portieri
Il ruolo del portiere è decisamente scomodo.
In un certo senso, è un pò come quello del genitore.
Sei l'ultimo baluardo, quello che apre le braccia o chiude con una mandata in più la porta di casa.
Quello a cui si guarda quando si è nella merda, o cui si passa la colpa nel momento in cui tutto è compromesso.
Del resto, è sempre più facile e meno responsabilizzante guardare dietro piuttosto che davanti.
La seconda giornata degli ottavi di finale è stata senza dubbio segnata dal ruolo dei portieri.
E, per uno strano gioco del destino, dal rapporto tra genitori e figli.
Non sono state due belle partite, quella tra Russia e Spagna e tra Croazia e Danimarca, lontane entrambe anni luce dai match che hanno inaugurato la fase eliminatoria ieri, eppure le emozioni non sono mancate.
Nel pomeriggio la Russia padrona di casa si guadagna un posto storico - che mancava dagli anni settanta dell'Unione Sovietica - ai quarti di un Mondiale al termine di un match in cui ha lavorato dall'angolo, e messo a nudo tutti i limiti di un sistema di gioco - quello della Spagna del tiki taka - ormai superato: nel calcio attuale, legato a preparazioni fisiche rigorose, la leziosità paga sempre meno, e non sempre la tecnica individuale riesce ad avere la meglio su un'intenzione di squadra.
Poi, senza dubbio, se Akinfeev, portiere russo presente dieci anni fa all'ascesa degli iberici che vinsero due Europei ed un Mondiale di seguito, non si fosse opposto ai rigoristi della Roja, le cose ora sarebbero ben diverse: in realtà Koke aveva scritto in faccia l'errore, ma sull'ultimo rigore spagnolo, il "guardia di porta" russo compie un mezzo miracolo - assistito dalla fortuna - dimostrando che non sempre vince il più forte, per fortuna.
Questa sera, poi, dopo una partenza a razzo - due gol in quattro minuti, una cosa incredibile per una partita ad eliminazione diretta di un Mondiale -, è parso di assistere ad un match fotocopia di quello tra Russia e Spagna, con la Croazia tecnicamente superiore messa in difficoltà dalla determinazione e dalla fisicità danesi: almeno fino al centoquindicesimo, quando a cinque minuti dalla lotteria dei rigori Modric, stella croata ed eroe della vittoria contro l'Argentina ai gironi, va sul dischetto con la responsabilità di un match point sulle spalle.
E fallisce.
E qui si torna al principio.
Il ruolo del portiere è decisamente scomodo.
Ne sa qualcosa Kasper Schmeichel, numero uno danese, figlio del mitico Peter, che nel novantadue condusse a sorpresa la sua Nazionale alla vittoria di un Europeo che tutti avrebbero giurato già in mano a squadre decisamente più forti - l'Olanda di Van Basten su tutte -: il buon Kasper, che ha avuto le palle di seguire le orme paterne ed è salito alla ribalta delle cronache qualche anno fa quando il Leicester di Ranieri vinse la Premier League, si trova di colpo la responsabilità dell'intera competizione sulle spalle.
E para.
Stringe quel pallone come se fosse un figlio, raggomitolandosi in posizione fetale, con tutti i compagni che lo abbracciano.
Praticamente, porta la Danimarca ai rigori. Sotto gli occhi del padre, orgoglioso e commosso.
E succede che ai rigori Kasper replica per due volte ai tiratori croati. Una cosa davvero non da poco.
Peccato che Subasic, suo collega dall'altra parte, forse per non sentirsi in difetto, decide di pareggiare il conto totale, e alla fine della serie le sue parate sono tre.
Danimarca a casa, sogno sfumato, la favoritissima Croazia avanza, anche se a fatica.
Il ruolo del portiere, scrivevo in apertura, è decisamente scomodo.
Come quello di un genitore.
Questa notte, in casa Schmeichel, probabilmente si vivranno emozioni molto intense.
Di certo, fossi Peter, sarei orgoglioso di Kasper come se avesse vinto il Mondiale.
MrFord
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Schmeichel ha dalla sua il fatto che mette paura. Come suo padre negli anni 90. Lo guardi e pensi: fanculo questo lo para. E se gli segnano va dal rigorista dritto sparato e lo spacca in due con una Clothesline from Hell che neanche il figlio mutante di JBL & Seba Rossi.
RispondiEliminaUn'immagine davvero niente male, la tua, che rende molto bene l'idea.
EliminaAd ogni modo, ricordo benissimo anche l'intimidatorio Krug ai rigori di Olanda Costarica quattro anni fa. Mitico.
Solo ieri complice un certo hangover ho passato la domenica a seguire i mondiali appassionandomi non poco ai portieri in gara e soffrendo non poco per la lotteria dei rigori.
RispondiEliminaIl fascino verso quest'ultimo uomo l'ho sempre subito, vanto una cotta adolescenziale per Casillas che mi ha fatto tifare Real Madrid per due anni buoni, e pure un cugino che portiere lo è di professione.
Schmeichel padre e figlio, poi, mi sono sembrati un bellissimo momento di TV, con l'orgoglio, la gioia e le lacrime a ricompensare da una sconfitta e che sono diventati contagiosi.
I due Schmeichel sono stati una delle immagini più belle del Mondiale, finora, secondo me, e hanno raccontato bene il fascino di una figura mitica che spesso è sottovalutata rispetto a quelle degli attaccanti.
EliminaE in tutto questo leggo con grande piacere dell'hangover. ;)
da ex portiere, che pratica ancora a livello "scapoli vs. ammogliati" concordo con quanto hai scritto...
RispondiEliminail portiere è un ruolo scomodissimo e difficile, perché non puoi sbagliare... se sbagli uno stop su un retropassaggio in porta fai una papera colossale... se lo fai in attacco non succede nulla (diverso è se sbagli un goal, ma puoi sempre rimediare)...
detto ciò sui rigori c'è il fatto che il portiere non ha mai, diciamo così, il dovere di pararli, mentre la tensione si sposta tutta sui rigoristi...
ciao
Vincenzo
(l'unico portiere che è riuscito a procurarsi uno stiramento alla coscia durante una parata) :-D
Il portiere è un ruolo tosto, anche perchè unico per molti aspetti: è un pò il papà della squadra, quello che allarga le spalle e prova a fare da ombrello. Anche se si stira. ;)
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