venerdì 21 luglio 2017

Tom à la ferme (Xavier Dolan, Francia/Canada, 2013, 102')




Quando, sfruttando un regalo di Julez, decisi di affrontare finalmente Xavier Dolan, giovane regista canadese considerato un vero e proprio fenomeno da molta della critica radical del mondo, che già ai tempi di questo Tom à la ferme, suo quarto lungometraggio, e dunque a venticinque anni, aveva già fatto incetta di premi nei Festival più noti - Cannes in particolare -, ammetto di aver avuto una certa paura.
Ai tempi del mio personale periodo radical, infatti, un percorso di questo tipo avrebbe assunto le dimensioni di una sorta di manna dal cielo, ma considerati gli anticorpi sui "falsi miti" cinematografici cresciuti sani e forti nel sottoscritto nel corso degli ultimi anni, il rischio di una tempesta di bottigliate era davvero alto: fortunatamente, con la parte "storica" del suo percorso alle spalle, posso affermare che effettivamente, età o no, Xavier Dolan è un talento puro, forse incontrollato ed imperfetto - a ben guardare, fino ad ora nessuno dei suoi film è davvero ineccepibile - ma assolutamente impossibile da ignorare e dimenticare, che riesce a colpire a fondo neanche - come mi è già capitato di scrivere - portasse dentro la "furia" della giovinezza e la saggezza di qualcuno che la vita l'ha vissuta e provata sulla pelle per molto, molto tempo - è uno dei pochi autori "da grandi" che ho visto in qualche modo catturare, anche se principalmente per l'uso straordinario della musica, perfino i Fordini nel corso delle nostre sessioni di gioco pomeridiane, quando a prescindere dal film che metto mentre sono con loro ignorano tranquillamente quello che passa sulla tv, non rientrando nella categoria "animazione" o supereroi che spaccano tutto -.
Tom à la ferme, prima vera e propria variazione - nonostante i temi trattati restino simili a quelli dei tre film precedenti - del cineasta canadese rispetto al melò "anni novanta" che l'aveva lanciato è un esperimento curioso e a tratti molto disturbante, un thriller che, fosse uscito nel corso dei settanta, avrebbe fatto il paio con i lavori di Polanski, o nei primi ottanta, con l'Almodovàr nella sua versione più "oscura": il ruolo della madre - centrale nella poetica dell'autore -, quello della società con le sue variabili, del confronto tra città e campagna, la risoluzione - o tentativo di risoluzione - della propria sessualità, la ricerca di identità e libertà accompagnano in un viaggio a tratti quasi horror - l'inseguimento nei campi di granoturco, il racconto della rissa nel locale notturno - ma assolutamente passionale e magico - la strepitosa sequenza del tango, un pezzo di Cinema con due palle grandi come granai, roba da brividi veri - lo spettatore, che pur nella messa in scena decisamente semplice e scarna si ritroverà avvinto da una vicenda torbida ed inquietante dal primo all'ultimo minuto, complice il triangolo formato dalle figure di Tom e della madre e del fratello del suo amato, che nel proprio paese nascondeva le sue inclinazioni omosessuali.
Senza dubbio quello di Dolan è un Cinema che può spiazzare o destabilizzare - e subito torna prepotente alla mente l'immagine di chiusura dello sfregiato, che quasi ha riportato alla mente nel sottoscritto il miglior Lynch -, eppure solo apparentemente ostico, difficile ed "alto": in fondo, questo giovane autore porta sullo schermo passioni e pulsioni che vivono ed esplodono nel cervello come sotto l'ombelico di tutti noi, filtrandole attraverso la propria esperienza e sensibilità senza per questo privarle di una notevole universalità, proprio quello che un narratore non dovrebbe mai dimenticare.
Ed è questa, finora, la cosa che più mi ha colpito e conquistato di Xavier Dolan.
La necessità di raccontare storie.
La necessità di essere presente nel raccontarle.
Nel viverle.
Un pò come Tom, che prima di trovare la forza e la volontà di una fuga, del superamento di un dolore profondo, dovrà provare sulla pelle ogni singolo atomo delle sue prigioni, dei suoi sentimenti.
E farlo con la coscienza, stabile o no che sia, di essere lì per sua volontà.
E per sua volontà muoversi oltre.
Con lo stesso spirito resto in attesa di Mommy: per scoprire se, come in molti hanno scritto, detto, dichiarato, Dolan ed il suo Cinema possano compiere un ulteriore passo.
Perchè se così fosse, voglio compierlo al suo fianco.




MrFord




12 commenti:

  1. si, molto inquietante come film, un vero e proprio thriller ^_^

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    1. Assolutamente. Non sfigura accanto ai Polanski d'annata.

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  2. Fu il mio primo Dolan (visto in Concorso a Venezia, dove entusiasmò il pubblico ma non la giuria) e devo dire che mi colpì molto. A mio avviso, dal punto di vista prettamente stilistico, resta ancora il suo film migliore.

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    1. Forse in termini emotivi non il suo film migliore, ma stilisticamente anch'io l'ho trovato ottimo.
      Di sicuro parliamo di un grande autore.

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  3. Il mio primo Dolan, e non so, lo avevo trovato particolarmente strano. Dovrei rivederlo con il senno di poi. Certo, me lo ricordo - tipo il tango nel fienile, assurdo.

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    1. Assurdo senza dubbio, ma incredibilmente affascinante, per me.
      Rappresenta bene certi lati oscuri dei rapporti sentimentali.

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  4. Certo che stai diventando una groupie di Xavier Dolan molto peggio di me. :D

    Dici bene, una volta tanto, quando dici che il suo cinema è solo apparentemente ostico, difficile e "alto". In realtà i suoi film preferiti sono tipo Mamma, ho perso l'aereo e Titanic, quindi non è che abbia proprio dei gusti radical-chic. Come me. O come te. :D

    Tom à la ferme comunque per me è un Dolan medio, intrigante ma non del tutto riuscito...

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    1. A me invece è parso decisamente migliore di Laurence ed emotivamente più pieno degli "Amori".
      Di sicuro, un autore che riesce ad essere incredibilmente semplice e diretto, nonostante l'apparenza.

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  5. Pure per me il mio primo Dolan e direttamente a Venezia. Non fu amore, anzi, mi convinse gran poco ma almeno mi ha convinto a scoprirlo a partire dagli esordi. Forse, rivisto con gli occhi della sua filmografia completa e meno sonno addosso (programmato alle 8.30 del mattino) lo apprezzerei di più.

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    1. A me ha praticamente ipnotizzato, l'ho trovato straniante ma sentitissimo, come praticamente tutti i suoi lavori.

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  6. Per ora, tra quelli che ho visto suoi, il mio.preferito - ex aequo con "È solo la fine del mondo".

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    1. E' solo la fine del mondo ancora mi manca, ma spero di recuperarlo presto per completare il quadro. Ti saprò dire.

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