Regia: Gilles Paquet-Brenner
Origine: UK, Francia, USA
Anno: 2015
Durata: 113'
Anno: 2015
Durata: 113'
La trama (con parole mie): Libby Day, quando aveva appena otto anni, scampò al massacro della sua famiglia nella casa di campagna dove viveva con la madre, le due sorelle ed il fratello Ben. Proprio quest'ultimo, già al centro di gravi problemi a scuola, socialmente poco inserito, apparentemente satanista e legato al losco Trey ed alla ricca ma poco equilibrata Diondra, che dovrebbe dare alla luce un figlio suo, è accusato degli omicidi e condannato.
Ventotto anni dopo, Libby è una donna vissuta nel rancore, isolatasi dal mondo grazie ai redditi delle donazioni a suo nome e di un libro pubblicato a proposito delle drammatiche vicende che l'hanno vista protagonista: quando Lyle, a capo di un'organizzazione di volontari specializzati in "cold cases" la contatta offrendole dei soldi per parlare della sua storia risolvendole in fretta problemi di liquidità, per Libby si riapre un capitolo creduto sepolto della sua vita.
Lyle e i suoi compagni, infatti, sono convinti che suo fratello Ben sia innocente, e pensano, attraverso lei, di poter trovare le prove necessarie per riaprire il caso prima che scadano i termini di legge.
Libby sarà disposta a rimettersi in gioco? A perdonare? A guardare nell'oscurità del suo passato per ritrovare la verità di quella notte di sangue?
E' ormai risaputo che, da queste parti, le storie da provincia americana profonda tanto quanto quelle legate ai morti ammazzati finiscono per sfondare praticamente sempre una porta aperta: quando, poi, le due cose vanno a braccetto, almeno sulla carta dovrebbero avere ancora più probabilità di guadagnarsi almeno un giro di bevute sul bancone del Saloon.
Prodotti come Killer Joe, Il cacciatore di donne, Joe o Mud hanno, del resto, segnato le visioni fordiane degli ultimi anni decisamente nel profondo, pur con le giuste differenze in termini qualitativi e di risultato: Dark Places - Nei luoghi oscuri, almeno in linea teorica, avrebbe avuto tutte le carte in regola per far parte del club.
Tratto da un romanzo della stessa autrice di Gone girl, però, il film che ha al centro l'indagine tardiva di Libby Day, che si vide privata dell'intera famiglia - o quasi - in una sola notte quando aveva otto anni, finisce per mancare il bersaglio clamorosamente: non che si tratti di un brutto film, o di qualcosa irritante da seguire, quanto più che altro di un prodotto che non aggiunge nulla alla storia del genere, sceneggiato - dallo stesso regista - in maniera piuttosto televisiva - e non lo scrivo in accezione positiva -, privo di particolari momenti di tensione, di sequenze memorabili e della scintilla in grado di far distinguere un prodotto artigianale che si guarda volentieri in tv o uno che, appena scorsi i titoli di coda, si desidera avere nella propria videoteca per poterlo non solo rivedere, ma mostrarlo ad amici, partners, familiari e chi più ne ha, più ne metta.
Di fatto il lavoro di Gilles Paquet-Brenner, che non è certo il nome più prestigioso cui si sarebbe potuto affidare il progetto, soffre della stessa mancanza di personalità del recente Black Mass, con l'aggravante rispetto a quest'ultimo di offrire pochi spunti anche in ambito tecnico: personalmente ho finito per gustarmelo in grande scioltezza, rendendomi però conto di essermi trovato di fronte ad una sorta di episodio pompato di Cold case, di quelli in cui tutto pare così facile e lineare per i protagonisti da far sembrare chiunque abbia messo mano al caso in precedenza come un povero stronzo incompetente.
E se le oscurità dei main charachters - in particolare di Libby e di suo fratello Ben, ma anche della loro defunta madre - risultano interessanti e ricche di potenziali spunti di riflessione, tutto il resto pare sbiadire e regalare soltanto un paio di twists interessanti - come quello che porterà alla risoluzione del caso - ma nessun vero momento di tensione in grado di mettere davvero alle strette ed inchiodare alla poltrona lo spettatore: onestamente non so se tutto sia originato dalla scarsa empatia che si finisce per provare con la Libby di Charlize Theron - sempre bellissima, ma in questo caso, a mio parere, poco in parte - o all'attenzione sommaria legata all'approfondimento delle motivazioni di ogni singolo personaggio, ma tutto pare ridursi ad una serie di facili e troppo veloci scoperte pronte a condurre dritte alla verità, e momenti come quelli che hanno visto, sul grande schermo, sconvolgere personaggi come Clarice Starling o Will Graham appaiono davvero fuori portata per quello che non sarà mai più che un onesto thriller da serata disimpegnata in televisione.
Non tutto il male viene per nuocere, comunque, considerato che la visione non finisce per essere nociva o irritante, ed alcuni spunti come quelli legati alla figura del giovane Ben - un sempre interessante Tye Sheridan, che ormai pare essersi specializzato in questo tipo di ruoli - ed alla verità sulla notte nella casa dei Day e sul loro massacro paiono regalare quantomeno una certa intensità e la promessa di non scomparire dalla memoria come la maggior parte del resto.
Non aspettatevi, dunque, da questo Dark Places il thriller dell'anno, quanto più che altro una semplice ma a suo modo solida opera di un mestierante del Cinema da destinare ad una di quelle serate autunnali nel corso delle quali avete bisogno soltanto di una scusa per stringere più forte chi sta accanto a voi sul divano.
E più per goderne, che per tensione o paura.
Prodotti come Killer Joe, Il cacciatore di donne, Joe o Mud hanno, del resto, segnato le visioni fordiane degli ultimi anni decisamente nel profondo, pur con le giuste differenze in termini qualitativi e di risultato: Dark Places - Nei luoghi oscuri, almeno in linea teorica, avrebbe avuto tutte le carte in regola per far parte del club.
Tratto da un romanzo della stessa autrice di Gone girl, però, il film che ha al centro l'indagine tardiva di Libby Day, che si vide privata dell'intera famiglia - o quasi - in una sola notte quando aveva otto anni, finisce per mancare il bersaglio clamorosamente: non che si tratti di un brutto film, o di qualcosa irritante da seguire, quanto più che altro di un prodotto che non aggiunge nulla alla storia del genere, sceneggiato - dallo stesso regista - in maniera piuttosto televisiva - e non lo scrivo in accezione positiva -, privo di particolari momenti di tensione, di sequenze memorabili e della scintilla in grado di far distinguere un prodotto artigianale che si guarda volentieri in tv o uno che, appena scorsi i titoli di coda, si desidera avere nella propria videoteca per poterlo non solo rivedere, ma mostrarlo ad amici, partners, familiari e chi più ne ha, più ne metta.
Di fatto il lavoro di Gilles Paquet-Brenner, che non è certo il nome più prestigioso cui si sarebbe potuto affidare il progetto, soffre della stessa mancanza di personalità del recente Black Mass, con l'aggravante rispetto a quest'ultimo di offrire pochi spunti anche in ambito tecnico: personalmente ho finito per gustarmelo in grande scioltezza, rendendomi però conto di essermi trovato di fronte ad una sorta di episodio pompato di Cold case, di quelli in cui tutto pare così facile e lineare per i protagonisti da far sembrare chiunque abbia messo mano al caso in precedenza come un povero stronzo incompetente.
E se le oscurità dei main charachters - in particolare di Libby e di suo fratello Ben, ma anche della loro defunta madre - risultano interessanti e ricche di potenziali spunti di riflessione, tutto il resto pare sbiadire e regalare soltanto un paio di twists interessanti - come quello che porterà alla risoluzione del caso - ma nessun vero momento di tensione in grado di mettere davvero alle strette ed inchiodare alla poltrona lo spettatore: onestamente non so se tutto sia originato dalla scarsa empatia che si finisce per provare con la Libby di Charlize Theron - sempre bellissima, ma in questo caso, a mio parere, poco in parte - o all'attenzione sommaria legata all'approfondimento delle motivazioni di ogni singolo personaggio, ma tutto pare ridursi ad una serie di facili e troppo veloci scoperte pronte a condurre dritte alla verità, e momenti come quelli che hanno visto, sul grande schermo, sconvolgere personaggi come Clarice Starling o Will Graham appaiono davvero fuori portata per quello che non sarà mai più che un onesto thriller da serata disimpegnata in televisione.
Non tutto il male viene per nuocere, comunque, considerato che la visione non finisce per essere nociva o irritante, ed alcuni spunti come quelli legati alla figura del giovane Ben - un sempre interessante Tye Sheridan, che ormai pare essersi specializzato in questo tipo di ruoli - ed alla verità sulla notte nella casa dei Day e sul loro massacro paiono regalare quantomeno una certa intensità e la promessa di non scomparire dalla memoria come la maggior parte del resto.
Non aspettatevi, dunque, da questo Dark Places il thriller dell'anno, quanto più che altro una semplice ma a suo modo solida opera di un mestierante del Cinema da destinare ad una di quelle serate autunnali nel corso delle quali avete bisogno soltanto di una scusa per stringere più forte chi sta accanto a voi sul divano.
E più per goderne, che per tensione o paura.
MrFord
"All of the things that I tried to explain,
how something inside of me started to break.
we were living proof, one by one we drifted away.
one by one we drifted away."
how something inside of me started to break.
we were living proof, one by one we drifted away.
one by one we drifted away."
The Gaslight Anthem - "Dark places" -
Io non ho bisogno di nessuna scusa per stringere chi mi sta vicino sul divano <3
RispondiEliminaSarà anche un filmetto,ma ci sono Charlize ed Eph!Si guarda ;)
Guardarlo lo si guarda.
EliminaSolo non aspettarti il nuovo Seven! ;)
Dimenticabile, anche per me la Theron poco a fuoco, ma non mi è dispiaciuto neanche un po'.
RispondiEliminaAnche a me non è dispiaciuto neanche un pò, ma è davvero dimenticabile.
EliminaAhi...non mi aspettavo le bottigliate!!E' in lista, vedremo...
RispondiEliminaNeanche io me le aspettavo, ma del resto, il film è un pò scialbetto.
EliminaBottigliato? Non me lo aspettavo, una visione penso che gliela concederò comunque! ;)
RispondiEliminaLa visione ci sta tutta, il film si fa guardare.
EliminaSolo si dimentica dopo poco.
Il giudizio alla fine è molto vicino al mio: thriller televisivo nel senso brutto del termine (alla True Detective 2, per intenderci ahahah), ma comunque guardabile.
RispondiEliminaLe bottigliate le hai messe così tanto per, visto che non mi è sembrata per niente una stroncatura pesante.
Ormai sei diventato un tenerone buonista, non c'è niente da fare. :D
Le ho messe perchè pensavo che si sarebbe rivelato molto più interessante, dunque è risultato una delusione. ;)
EliminaMassì dai, lo guardo lo stesso, i thriller di questo tipo alla fine mi piacciono (quasi) sempre!
RispondiEliminaGuardarlo, lo ripeto, lo si guarda.
EliminaPeccato che non resti quasi nulla.
I Gaslight spaccano!
RispondiEliminaIl film, purtroppo, molto meno.