Regia: Baltasar Kormakur
Origine: UK, USA, Islanda
Anno: 2015
Durata: 121'
Origine: UK, USA, Islanda
Anno: 2015
Durata: 121'
La trama (con parole mie): il dieci maggio del novantasei le spedizioni congiunte guidate da Rob Hall e Scott Fischer diedero inizio alla scalata volta alla conquista dell'Everest, il tetto del mondo, la cima più alta della Terra.
Responsabili delle vite di uomini e donne pronti a pagare profumatamente per vivere l'avventura alpinistica della loro vita, i due capigruppo, pur con approcci differenti, raggiungono il loro obiettivo nonostante le difficoltà organizzative e fisiche e la sfida ardua rappresentata dalla montagna: quando, però, all'inizio della discesa, una violentissima ed inaspettata tormenta coglie di sorpresa i gruppi di scalatori, la situazione finisce per delinearsi subito come drammatica.
L'impresa più ardua, a quel punto, non apparirà più quella di aver raggiunto - o aver tentato di farlo - la vetta, bensì riuscire a riportare la pelle al campo base e poter tornare a casa sani e salvi.
Per quanto sia profondamente attaccato e dedito alla vita, il confronto con la Natura e le sfide in grado di portare al limite l'Uomo hanno sempre finito per esercitare un fascino particolare, sul sottoscritto: e la montagna, così come le espressioni più impressionanti della forza e presenza del mondo rispetto a noi che lo popoliamo, ne sono una perfetta rappresentazione.
Da Alive a Cliffhanger, passando per La morte sospesa, dall'action tamarro al documentario, l'ambientazione alpinistica ha sempre stuzzicato e non poco l'emozione di questo vecchio cowboy, nonostante, di fatto, a parte la prova di scalata di parete agli Universal Studios in quel di Orlando o l'escursione al limite del grottesco ai tempi del liceo in Trentino quando ci ritrovammo riparati in un rifugio, tutti in pantaloncini e maglietta, con una mini bufera di neve all'esterno in pieno giugno, non mi sia mai cimentato in alcuna ascesa di vetta.
Everest, firmato dallo stesso Baltasar Kormakur che apprezzai per il discreto Contraband qualche anno fa, criticato sia alla Mostra di Venezia che dal pubblico più radical, ha reso bene il servizio a questo stesso fascino, portando sullo schermo una vicenda senza dubbio romanzata a favore di Hollywood e della resa finale del prodotto ma ugualmente efficace ed in grado di mantenere alta l'attenzione dell'audience dall'inizio alla fine, complici le suggestive riprese della montagna e la curiosità di scoprire - per chiunque non si fosse documentato in precedenza - il destino dei partecipanti alla drammatica ascesa di quel dieci maggio novantasei.
Nonostante, infatti, l'Everest non rappresenti la cima più minacciosa del pianeta - primato che spetta all'Annapurna, che vanta il terrificante record di un morto ogni quattro aspiranti conquistatori del traguardo, contro la statistica della vetta più alta del mondo che vede un decesso ogni trendadue -, il confronto con la furia che la Natura può scatenare contro noi peccatori è decisamente impari, e forse proprio per questo frutto di ispirazioni, imprese o tentativi di compierne altrettanto folli: sfruttando un cast di prim'ordine ed effetti in grado di rendere alla grande l'impressione che uno spettacolo di quel genere può suscitare Kormakur guida tutti noi dall'altra parte del grande schermo all'interno di un'epopea per nulla eroica e tremendamente umana, pronta a farci fare il tifo per i partecipanti alla spedizione e ad un tempo immaginare come ci saremmo comportati noi, al loro posto.
Certo, le caratterizzazioni sono delineate con l'accetta - fatta eccezione, forse, per Rob Hall e Beck Weathers, i due veri protagonisti della pellicola, rispettivamente interpretati dal sempre più presente Jason Clarke e dalla vecchia conoscenza del Saloon Josh Brolin -, l'escalation finale ottima per i fazzoletti e l'emozione facile, alcuni passaggi fin troppo veloci ed al servizio della conclusione, eppure l'idea è resa con grande efficacia, così come la tensione e la percezione che, in situazioni limite come quella descritta, non esistano passione, determinazione o voglia di imporsi che tengano, perchè l'ultima risposta è quella, di condanna o grazia, data dalla Natura stessa.
Non che con questo abbia intenzione di sminuire la titanica impresa umana, che nel successo come nel fallimento porta i contorni della leggenda e del mito, quasi potessimo tornare ai tempi dell'Antica Grecia, ma nonostante i nomi altisonanti del cast la vera protagonista di Everest è, sulla carta e nel concetto, proprio lei, la montagna.
La spinta che, anche a rischio della vita, ci porta a raggiungere la vetta, sacrificando tutto quello che possiamo, o ad abbandonarci.
E ci pone una domanda da non sottovalutare: è preferibile raggiungere la vetta a costo della propria vita, o non avercela fatta, e con tutti i limiti del caso, aver portato a casa la pelle?
Onestamente, una mia risposta ce l'ho.
MrFord
"From the depth of the Pacific
to the height of Everest
and still the world is smoother
than a shiny ball-bearing."
to the height of Everest
and still the world is smoother
than a shiny ball-bearing."
Ani DiFranco -"Everest" -
L'interesse per questo film è pari a zero, ma appena possibile una visione gliela concedo. Anche perché ho l'impressione che la critica a Venezia lo abbia maltrattato più di quanto meritasse in realtà. Comunque, a proposito della domanda che il film solleva, io sono per il "raggiungere la vetta a costo della vita".
RispondiEliminaAnche secondo me è stato troppo maltrattato, per quanto hollywoodiano sia.
EliminaIo sarei stato dello stesso parere da giovane. Adesso, invece, sono di ben altro avviso. ;)
Mi interessa così cosà,se capita lo guardo,ma non vado matta per i film sull'alpinismo.Mi attira Jake,questo sì.
RispondiEliminaNon è lo stesso Gyllenhaal di Southpaw, però.
EliminaE' bene che tu lo sappia. ;)
Southpaw non l'ho visto,intendi per la forma fisica o per la recitazione???
Eliminaun film abbastanza canonico ma non per questo privo di interesse. Mi è piaciuto molto il fatto che si sia puntato su una storia che parlasse non di grandi imprese individuali ma del desiderio dell'uomo comune di mettersi alla prova e di aggrapparsi a qualcosa da portare con sè per tutta la vita, di poter dire "ce l'ho fatta, sono arrivato in cima" senza che ci fossero dietro chissà quali spinte filosofiche o sociali. L'uomo contro i propri limiti e basta.
RispondiEliminaVerissimo: un'impresa - tendenzialmente fallita - di uomini comuni. Il bello, nonostante la confezione consueta, è proprio questo.
EliminaUomo vs Natura è un genere che apprezzo parecchio, vedrò di aggiungerlo alla collezione nonostante il tuo parere un po' tiepido. :)
RispondiEliminaUna visione ci sta tutta. Sono stato rimproverato da Julez per non essere stato di manica più larga. ;)
EliminaTu sei sempre di braccino corto ^^
EliminaMa se sono il magnanimo per eccellenza! :)
EliminaLo salterò, penso che lo recuperò quando arriverà in tv..
RispondiEliminaDovessi vederlo prima, comunque una visione la varrà.
EliminaOvviamente, da anti-Ford quale sono, a me l'ambientazione alpinistica ha invece sempre fatto parecchio schifo.
RispondiEliminaConsiderando poi che la regia è del tipo del penoso Contraband c'è ben poco da sperare.
Il fatto che ti sia piaciuto ma non ti abbia entusiasmato come immaginavo però rialza un poco la speranza. Anche se certo non alle stesse altezze dell'Everest... :)
A prescindere dal fatto che Contraband funzionava, tutto quello che è all'aria aperta mi pare ti faccia parecchio schifo. ;)
EliminaComunque sarei curioso di una tua recensione in proposito.
Patinato senza dubbio, così come è certa - al solito - la superiorità del romanzo. Eppure secondo me il suo porco lavoro lo fa.
RispondiEliminaUhm! Potrebbe piacermi. In ogni caso io scelgo la pelle da portare a casa, sia chiaro ;)
RispondiEliminaSu quello non ho alcun dubbio.
EliminaSiamo sulla stessa barca.
E secondo me ti piacerà.
Appena riesco a recuperarlo me lo sparo, che un po' di sano survival fa sempre bene.
RispondiEliminaAnche io scelgo il portare a casa la pellaccia e, anche io, fino a qualche anno fa avrei detto il contrario, ma con l'arrivo di Matilde tutto è cambiato. Per cui, ciaone Everest io me ne sto tranquillo sul tappeto a giocare con i pupazzetti degli animali.
O se vado sull'Everest e le cose si mettono male, tanti saluti e me ne torno a casa. E di certo, per rischiare la vita non spendo sessantacinquemila dollarazzi. ;)
EliminaNon mi ispira moltissimo, ma proverò a dargli una chance!
RispondiEliminaUna visione, secondo me, ci sta tutta. Almeno rispetto al genere.
EliminaUn film deboluccio come dici tu. Poteva esservi più sostanza. Me ne aspettavo di più almeno...
RispondiEliminaSenza dubbio la sostanza poteva essere molta di più, eppure non mi è affatto dispiaciuto, e me lo sono comunque goduto.
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