mercoledì 31 marzo 2010

17-1

Wrestlemania XXVI è agli archivi.
E' stata una delle edizioni più attese degli ultimi anni, costruita benissimo e non altrettando ben eseguita. Molti incontri, troppi privati di un minutaggio adeguato, sprecato per momenti che sarebbero stati più utili se ridotti.
Ad ogni modo, grandi emozioni, e un crescendo che ha reso l'ultima parte dello show davvero notevole.
Al contrario di quanto pensavo inizialmente, però, mi dedicherò solo ed esclusivamente al match che ha chiuso l'evento, una perla per coinvolgimento e pathos pur se non tecnicamente perfetta come quella che i suoi stessi due protagonisti avevano regalato lo scorso anno, calcando le scene del Grandaddy of 'em all.
Ora, posso immaginare che, dopo una carriera stellare che lo ha portato a vincere tutto e in tutti i modi, e a regalare gli incontri migliori dell'ultimo ventennio, Shawn Michaels abbia tutta la voglia, a quarantacinque anni suonati, di dedicarsi alla famiglia e godersi i soldi che si sarà guadagnato e messo da parte nel corso della carriera senza più farsi sbatacchiare sul ring come l'ultimo dei ventenni.
E, rispetto a questa decisione, ha tutta la mia stima, comprensione e sostegno.
Vero sarà anche che le voci che vogliono la storyline che ha portato al suo ritiro altro non sia che una scusa per riprendersi dagli accacchi fisici, avere un periodo di riposo molto lungo e tornare, splendido splendente, per la prossima Wrestlemania.
Vero sarà che, prima o poi, l'ultimo grandissimo interprete del wrestling figlio degli anni '80 dovrà pur appendere la calzamaglia al proverbiale chiodo.
Vero sarà che domenica notte - per me ieri sera - Undertaker, altro grande mito del quadrato, ha posto fine alla carriera di Michaels.
Vere saranno tante cose.
Ma da queste parti, con il cuore in gola, e dopo aver visto cosa significa mettere tutto nella professione che si adora - perchè, gran soldi a parte, superata una certa età, ego o passione che sia, bisogna dover amare alla follia il wrestling lottato per tirare fuori certi numeri e richiedere uno sforzo così prolungato ed estenuante al proprio fisico -, l'incontro delle grandi speranze che ha reso unico un evento che altrimenti non avrebbe avuto neppure lontanamente lo stesso spessore non è finito come quello che potrebbe essere ammesso come vero.
Chi dice che non si può cambiare la realtà, in fondo? Specialmente scrivendo.
E chi dice che non si può continuare a sperare?
Io non ho mai smesso. Neppure di fronte all'evidenza.
Neppure di fronte a quell'ultimo Tombstone piledriver che ha fatto sobbalzare i cuori e distrutto le speranze che li avevano fatti tambureggiare fino a quel momento.
Neppure di fronte all'uscita dalla cosiddetta gimmick di Undertaker che, dopo aver apostrofato Shawn come "Il figlio di buona donna più tosto che abbia incontrato" lo abbraccia in barba ad ogni interpretazione del suo personaggio.
Neppure di fronte alla dichiarazione tutta umana dello stesso Michaels che, senza riuscire a piangere per il suo ritiro, e giustamente, di fronte al pubblico in delirio afferma, avviandosi agli spogliatoi, "vado a crescere i miei figli".
Neppure di fronte al Grandaddy of 'em all e ai suoi risultati.
Io non smetto di sperare.
Da queste parti, la realtà dei fatti sta tutta in una formula semplice semplice.
17-1.
Il vincitore è Shawn Michaels.

"Some will win, some will lose, some are born to sing the blues."
MrFord

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