Speravo di godermi una tamarrata senza ritegno.
Non pensavo mi sarei trovato di fronte alla versione poraccia e da sabato pomeriggio su Italia Uno nel giorno del Gran Premio o della partita di calcio di turno degli Avengers.
Per di più, prodotta e confezionata in Russia.
Neanche fossimo tornati ai tempi della Guerra Fredda.
E se neppure un tamarro come me riesce a promuovere questa roba che pare lo Sharknado dei supereroi, è difficile che ci siano speranze.
Ricordo quando, nel corso dell'estate duemilatredici dei tre mesi e mezzo a casa in paternità a godermi la bella stagione neanche fossi tornato ai tempi della scuola, durante la vacanza al mare guardammo, con la suocera Ford ed i tre cugini allora all'inizio dell'adolescenza di Julez il primo Sharknado.
E ricordo quanto nella sua infinita, clamorosa bruttezza, celasse uno spirito travolgente ed un'involontaria genialità.
Giunti - stancamente - al quarto capitolo della saga, non ci sono apparizioni di icone del passato, citazioni cinematografiche, trashate che tengano.
E' rimasta solo un'inesorabile tristezza.
Oltre ad un vero tornado di merda cinematografica.
Basterebbe soltanto un'affermazione sempre di Julez giunta dalla zona computer mentre ero sul divano a neppure metà visione - novantacinque minuti che paiono duecento -: "Non mi era mai capitato di vederti giocare al cellulare mentre guardi un film".
Del resto, tra "sabbianado" e soci, le alternative non erano davvero molte altre.
La trama (con parole mie): Fin Shepard, alle spalle le avventure a Los Angeles e New York che l'hanno fatto assurgere ad eroe assoluto antisqualo premiato anche dal Presidente degli Stati Uniti, in grado ormai di percepire anche fisicamente l'arrivo degli Sharknado è costretto a riprendere la motosega in mano per affrontare una nuova ondata di predatori piovuti dal cielo, viaggiando da Washington ad Orlando per mettere al sicuro la figlia adolescente e la moglie incinta.
Sulla strada incontrerà vecchi amici e nuovi alleati, e per affrontare la minaccia crescente si troverà costretto anche a rispolverare il rapporto con il padre, astronauta in pensione che con lui non ha mai avuto un buon rapporto: riusciranno i due a coesistere e salvare ancora una volta gli USA dagli squali?
Ricordo bene quando, nell'estate del duemilatredici, nel pieno del mio periodo lontano dal lavoro per la paternità, a casa per tre mesi come fossi uno studente, godendomi il mare come forse mai in vita mia, dedicammo una sera del soggiorno a Viareggio alla visione del primo Sharknado, in compagnia di una buona parte della tribù fordiana in trasferta: il risultato fu una visione talmente divertente e sguaiata da apparire a tratti geniale, e lasciare un'impronta indelebile nella mia carriera di spettatore e nel pubblico più in generale, tanto da generare una sorta di culto e di appuntamento estivo imprescindibile.
Peccato che, nonostante il livello di trash fosse irrimediabilmente alto, con il secondo capitolo l'operazione cominciasse a mostrare il fianco ed il suo reale valore, finendo per far sorridere, piuttosto che divertire senza ritegno, benchè la moda avesse attratto molti volti noti lieti di partecipare anche per pochi secondi alle riprese: la stessa dinamica si è ripetuta quest'anno, finendo di nuovo per far rimpiangere quella mitica "prima volta" del duemilatredici nonostante, di fatto, il livello complessivo sia risultato superiore a quello del capitolo precedente.
Di fatto, Sharknado è una porcata di proporzioni bibliche che soltanto armati di una buona predisposizione in termini di ironia e gusto dell'orrido è possibile affrontare, magari supportati da patatine, alcool a fiumi e rutto libero: vedere Ian Ziering, profugo di Beverly Hills reinventatosi, di fatto, grazie al personaggio di Fin Sheperd tagliuzzare squali a colpi di motosega come fosse la cosa più naturale del mondo finisce sempre per avere un effetto catartico, quasi esistesse un grande cuscino pronto a pararci il culo anche nel momento in cui tutto il Cinema dovesse crollare sbriciolato e senza speranza di essere ricostruito dalle proprie macerie.
Certo, svanito l'effetto novità del primo capitolo tutto ha comunque il sapore del già sentito - e dunque, sguaiato o divertente che sia, anche più triste -, eppure momenti come quelli che vedono le partecipazioni di Lorenzo Lamas, Chris Jericho - che dopo Kurt Angle nella pellicola precedente, diventa il secondo wrestler professionista ad entrare nel mondo di Sharknado -, George Martin e soprattutto David Hasselhoff riescono ancora a spolverare le risate delle grandi occasioni, un pò come la parodia della storica immagine dei marines ad Iwo Jima nella prima parte della pellicola, incentrata sulla tempesta di squali pronta ad abbattersi su Washington.
Personalmente, ho anche apprezzato l'ambientazione ad Orlando - ricordo benissimo la sfera della Universal all'interno della quale si rifugiano Fin e soci dai tempi della visita degli occupanti del Saloon ai parchi tematici della città della Florida - e l'assoluta mancanza di vergogna da parte di regista, troupe e cast, pronti, se non altro, con coraggio a premere forte sull'acceleratore del trash senza preoccuparsi minimamente di apparire davvero oltre, ed ugualmente portando sullo schermo un prodotto che, per quanto infimo, non offende o sconvolge forzatamente nessuno e, di fatto, invita a riderci sopra, senza alcuna pretesa.
L'unico, vero rischio - già in parte concretizzato - è che un'operazione iniziata come un vero e proprio fulmine a ciel sereno - in senso positivo - si trasformi in un'abitudine che tende allo scontato, specie considerato il già annunciato quarto episodio della saga con tanto di finale aperto - che non mi ha fatto impazzire, lo ammetto - e coinvolgimento "social" del pubblico in vista della prossima estate.
Staremo a vedere: per il momento, confido che Ferrante e Ziering possano stupirmi come due anni or sono, e magari osare nel portare in scena molti più squali e, perchè no, anche molti più wrestlers.
MrFord
"My body is burning it starts to shout desire is coming it breaks out loud lust is in cages till storm breaks loose just have to make it with someone I choose the night is calling." Scorpions - "Rock you like an hurricane" -
La trama (con parole mie): Cade Yeager, meccanico ed inventore, e sua figlia Tessa, vengono casualmente in contatto con il "cadavere" di un camion che si rivela essere Optimus Prime, leader degli Autobots ferito gravemente ed autoesiliatosi a seguito degli eventi dell'ultimo episodio della loro saga, intento ad avvisare i suoi compagni del pericolo incombente. Nonostante, infatti, la caduta di Megatron e dei Decepticons, cacciatori di taglie provenienti dal loro pianeta d'origine ed un accordo con gli stessi stipulato da una multinazionale e dalla CIA rischiano di mettere a repentaglio non solo le loro vite, ma anche quelle di chiunque deciderà di aiutarli e, forse, degli abitanti della Terra.
Riusciranno Yeager e Prime a tenere in piedi un'alleanza traballante e rimettere i pezzi del puzzle al loro posto? E riuscirà Michael Bay a spremere le creature della Hasbro per un quinto film?
Di norma, l'estate non regala mai troppe soddisfazioni, agli amanti della settima arte.
Non che possa dirmi totalmente in disaccordo, rispetto a questa regola non scritta: in fondo, anche il più radical tra i cinefili ha bisogno - per quanto rifiuterà sempre di ammetterlo - di mettere a riposo i neuroni, e dunque, approfittando di ferie e bella stagione, un periodo "off" anche in sala mi è sempre sembrato più che legittimo.
Peccato che, di fatto, quest'anno l'estate - che metereologicamente ha finto di non esserci - della settima arte sia iniziata a fine aprile e ancora rifiuti di lasciare il campo, consentendo a proposte come la qui presente quarta fatica di Michael Bay - uno degli antiCinema per eccellenza, fatta eccezione per Pain&Gain - legata ai robottoni trasformabili targati Hasbro e protagonisti negli anni ottanta di fumetti e cartoni animati che io stesso seguivo con grande interesse di prendersi tutto il possibile nell'ambito delle sale e degli spettatori.
In tutta onestà, speravo che la novità rappresentata dall'arrivo di Marc Wahlberg - un fordiano fatto e finito - potesse dare una svolta action tamarra tendenzialmente ridicola al brand finendo per rivitalizzarlo come fu per Fast&Furious con l'arrivo di The Rock, ma mi sono dovuto ricredere: certo, il buon Marky Mark e Stanley Tucci ce la mettono tutta per strappare due risate all'audience, e di sicuro non ci sono secondi fini - se non quello di fare cassa - dietro l'operazione gestita da Bay, ma a conti fatti il risultato è assolutamente uno dei più bassi raggiunti quest'anno dal Cinema pur nella sua accezione più popolare e blockbuster.
Marchette scandalose a nastro - da Tom Ford a Victoria's secret, senza contare quella vergognosa alle Beats, già sopravvalutate nel mercato dell'audio come cuffie e presenti con il pessimo diffusore bluetooth in una sequenza che pare essere stata inserita ad hoc -, logica non pervenuta - quasi peggio di un film horror di quelli che paiono girati apposta per essere sbeffeggiati nelle recensioni -, interpretazioni - esclusi i già citati Wahlberg e Tucci - oltre il limite dei cani maledetti ed un minutaggio che dovrebbe comportare sanzioni penali per sceneggiatori e produttori della pellicola: ora, io capisco che gli anni ottanta siano alle spalle e che i buoni, cari, vecchi film action della durata di un'ora e mezza scarsa non vadano più tanto di moda, ma vorrei capire come cazzo è possibile che una troiata gigante con robottoni trasformabili che si inseguono da una parte all'altra del mondo lottando per la salvezza dello stesso senza badare ai presunti milioni di morti considerati danni collaterali degli scontri - problema già ravvisato nel recente e pessimo Man of steel - tutto effetti speciali e poco altro debba costringermi a rimanere davanti ad uno schermo per la bellezza di centosessantacinque minuti sonanti senza per questo riuscire a fornire uno script degno almeno della scuola elementare.
Scandaloso davvero.
Giuro che, giunti al traguardo - per nulla semplice da conquistare - dell'ora e mezza, in casa Ford ci siamo chiesti se non fossimo stati vittime di una sorta di complesso meccanismo in grado di dilatare il tempo, e come fosse possibile che di fronte a noi si aprisse una finestra di un'altra settantina di minuti: un'Odissea, credetemi.
Certo, ci sono Marc Walhberg, i robottoni, le esplosioni, le sparatorie, le battutacce da film pseudo-macho, le astronavi, il cattivo gusto ed io sono un inguaribile tamarro: ma a tutto c'è un limite.
Michael Bay l'ha superato.
Ampiamente.
E per centoquaranta di questi centosessantacinque incredibili, assurdi minuti, ho pensato che l'estinzione cui si faceva riferimento nel titolo fosse la mia.
MrFord
"That I'm doing it all for you
I'm doing it all for you
I'm ready to go
I'm ready to go
I'm doing it all for you
I'm doing it all for you
I'm ready to go
I'm ready to go."
La trama (con parole mie): una stazione spaziale legata all'ex Unione sovietica in orbita attorno alla Terra, colpita da un meteorite, viene distrutta. Una delle sue parti, sopravvissuta all'impatto e al contatto con l'atmosfera, finisce per precipitare su New York, bloccando il traffico della rete metropolitana e portando in dono un ragno modificato a seguito di una scoperta che l'ex governo URSS fece nel Caucaso, legata a creature aliene parassite cui paiono resistere soltanto gli aracnidi.
Iniziata la riproduzione nei sotterranei della Grande Mela, i ragni cominceranno a preparare il nido per la loro regina, in barba all'esercito che spera di poterli controllare e alle misure di sicurezza prese per l'occasione: sarà la famiglia di Jason Cole, sovrintendente della sicurezza dei trasporti urbani, a rimettere le cose a posto come in ogni buon, vecchio film USA.
Sono molto, molto, molto deluso.
Davvero.
Ai tempi dell'uscita in sala - che poi, sarà davvero stato distribuito in qualche circolo anche solo di provincia!? - nutrivo davvero grandi aspettative rispetto a questo Spiders 3D, nonostante il suddetto 3D sia uno dei deterrenti maggiori quando si tratta di decidere oppure no se concedere una visione qui al Saloon: in un modo o nell'altro, mi aspettavo l'erede duemilaquattordici, indiscusso ed indiscutibile, di Sharknado, vera e propria meraviglia trash che la scorsa estate ha finito per essere una clamorosa rivelazione, un colpo di genio che illuminò la sera dell'otto agosto in quel di Viareggio, diventando un must assoluto che appena possibile farà fieramente parte della mia videoteca personale.
Magari addirittura in bluray.
E invece all'opera da zero in grafico Pritchard firmata da Tibor Takacs accade la cosa peggiore che possa verificarsi in questi casi: non si ride neanche per sbaglio, neppure per i clamorosi errori di regia, sceneggiatura e messa in scena, non si prendono per il culo gli attori - tra le altre cose, Patrick Muldoon deve essere abbonato agli insettoni, considerati i suoi trascorsi nel mitico Starship Troopers di Verhoeven -, non si ha la percezione giocosa - o sconvolgente, a seconda di quello che potete provare rispetto agli aracnidi - dei ragni a prescindere dalle loro dimensioni, o quella della meraviglia che soltanto le opere geniali "al contrario" riescono a regalare.
Non ho idea se l'origine di questo clamoroso fallimento sia da ricercare nella volontà di puntare sulla componente in pieno stile complotto degli autori, sulla seriosità dell'approccio o la totale mancanza di ironia anche involontaria - che, purtroppo per lo spettatore, sfocia spesso e volentieri nella noia mortale -, ma di fatto Spiders manca il bersaglio grosso centrato dal già citato Sharknado finendo per apparire come uno di quegli horror che si prendono troppo sul serio e, di norma, incassano il doppio - se va bene - delle bottigliate che meriterebbero proprio a causa della loro spocchiosità.
Dunque la speranza del sottoscritto di raccomandare a tutti i viaggiatori della Frontiera una visione di questo film quasi fosse una garanzia assoluta di meraviglia - per quanto distorta potesse essere la stessa - ha finito per tramontare già nei primi dieci minuti in pieno stile Pelham 123 rivisitato in chiave sci-fi di serie molto, molto infima: di consueto una delusione di questo genere meriterebbe le peggiori bottigliate, ma purtroppo per voi - e per il vecchio cowboy che se l'è dovuto sorbire - il lavoro di Takacs non merita neppure quelle, bensì la gradazione alcolica più bassa che il Saloon possa rimediare.
Un filmaccio pessimo neppure degno di essere associato alle grandi perle del trash di genere e non solo, destinato ad essere dimenticato, per nulla sconvolgente - sotto qualsiasi punto di vista - e più simile alle schifezzine da seconda serata - o terza, o del livello delle fiction pomeridiane - che non a qualche guizzo che potrebbe essere definito unico ed inimitabile uscito dall'oceano delle produzioni minori.
MrFord
"Sorry I'm not home right now
I'm walking in the spiderwebs
so leave a message
and I'll call you back
a likely story
but leave a message
and I'll call you back."
La trama (con parole mie): Checco Zalone, venditore di aspirapolveri schiavo dei finanziamenti, perseguitato dai debiti e lasciato dalla compagna promette al figlio che, in caso di una pagella perfetta, il premio sarà una vacanza da sogno.
Quando il piccolo raggiunge il suo obiettivo e Checco si trova a doverlo assecondare senza avere un soldo per poterlo fare, le cose si mettono male, anche perchè per i due non resta che fare rotta verso il Molise ospiti di una tirchia zia di Zalone.
Conosciuta per caso una ricca benefattrice francese moglie di un regista, quello che pareva un noiosissimo periodo trascorso in una località abitata solo ed esclusivamente da vecchi si trasforma in un'avventura che cementerà il rapporto tra padre e figlio e darà una nuova speranza anche alla fabbrica della madre, a rischio di chiusura a causa della crisi.
Mi dispiace.
Mi dispiace davvero.
Ho avuto un pessimo tempismo, e poca lungimiranza nel rimandare continuamente la visione di Sole a catinelle praticamente dai tempi della sua uscita in sala.
Ed ho clamorosamente sbagliato.
Perchè senza dubbio il prodotto firmato Gennaro Nunziante avrebbe conquistato di diritto e senza fatica il numero uno nella top ten dedicata al peggio del 2013, con buona pace de Il cecchino e After Earth, che sarebbero finiti distanziati di svariate lunghezze.
Perchè se già il precedente Che bella giornata aveva rasentato livelli di schifo che parevano praticamente fantascienza, con Sole a catinelle gli stessi vengono clamorosamente sbriciolati, liberando una cascata di trash di livello così basso da rimanere sconvolti a partire dalla ridicola canzoncina che fa da tema centrale della pellicola e definisce il suo intento di mostrare una sorta di divertente - !? - ritratto del rapporto tra padre e figlio.
Per il resto, ci si trova di fronte ad un concentrato di comicità spicciola della peggior specie - alcune presunte battute sono al di sotto del livello che, di norma, un maschio medio considera divertente nel pieno dei confronti con i compagni di classe alle medie -, una confezione ridicola ed una morale a più riprese discutibile, senza contare l'ormai irritante protagonista, che se già prima facevo fatica a sopportare ora cerca con tutte le sue forze di insidiare Ceccherini e Martinelli, saldamente radicati nell'Olimpo del peggio del Cinema Italiano di tutti i tempi.
Sapere che Sole a catinelle è stato uno degli incassi di maggior successo della stagione scorsa e oltre è una vergogna non tanto per i produttori e distributori - che probabilmente avranno speso ben poco, per portare in scena quest'immondizia -, quanto per noi in quanto pubblico italiano, accorsi in massa a decretare il successo di una materia informe, volgare e neppure divertente - ora vorrei poter mettere le mani addosso a qualcuno di quelli che si sono giustificati, ai tempi, dicendo "è vero, non è un granchè, ma fa ridere" - che scarica una badilata consistente di merda sulla settima arte del Nostro Paese, cui serviranno un centinaio di La grande bellezza per riprendersi da uno shock come questo.
E badate bene: non sono neppure incazzato per aver buttato un'ora e venti della mia vita in questa visione. Quindi pensate cosa avrei potuto scrivere se solo mi fossi lasciato prendere la mano davvero.
Poi, certo, di solito scrivo post più lunghi ed appassionati.
Ma non c'è davvero altro che possa dire.
O meglio: non c'è davvero altro che Sole a catinelle meriti.
Se non di essere dimenticato in fretta.
MrFord
"Non senti sulla pelle
questo sole a catinelle
che ci fa star bene dai
ti prendo sulle spalle
stringi forte le bretelle
e voliamo via di qua."
La trama (con parole mie): e siamo giunti ad uno dei momenti più importanti dei Ford Awards, ovvero quello dedicato alle peggiori pellicole passate su questi schermi nel corso degli ultimi dodici mesi. Se lo scorso anno avevo dato ampio spazio alle delusioni d'autore, a questo giro ho deciso di tornare al caro, vecchio trash senza se e senza ma, anche perchè, privo dei cavalli di razza come Von Trier e per nulla stupito dal flop dell'ultimo Malick, restava ben poco da bottigliare rispetto ai fan del radicalchicchismo.
Largo dunque ad una decina davvero pessima, dove la qualità non è certo di casa.
Tappatevi dunque il naso e sperate di non averne visto neppure uno.
Non esiste decina dedicata al peggio, ormai, senza almeno un bell'horror di serie infima da piazzare per partire con il botto: se il Leatherface del primo, indimenticabile, Chainsaw Massacre vedesse questa roba, si farebbe a pezzetti da solo.
Decimo solo grazie alle grazie delle due protagoniste, davvero un bel vedere nonostante la qualità di tutto il resto.
Fuqua, che all'inizio del Nuovo Millennio stupiva con cose toste come Training day, è ormai ridotto ai minimi termini e ad una sorta di involontaria parodia di 24, che se non fosse stato per Gerardone Butler, un fordiano per eccellenza, sarebbe stata cestinata ancor prima di arrivare a metà pellicola.
Trash a stelle e strisce tronfio e gonfio per far contenti tutti i detrattori del Cinema USA.
Altro giro, altro regalo: da un regista pessimo come Gavin Hood una pellicola ispirata ad un romanzo cult per gli appassionati di sci-fi che pare un compendio di bushismo giunto decisamente fuori tempo massimo: interpreti affossati, sceneggiatura tagliata con l'accetta, sequenze improbabili ed una morale che avrebbe fatto felice il Verhoeven di Starship Troopers.
Praticamente, buono giusto per riderci sopra. A denti strettissimi.
Rileggendo i titoli di questa classifica dopo averla stilata, appaiono tutti perfino peggiori di quanto non lo siano stati durante le visioni, cosa certo non facile: non è da meno questa simil soap patinatissima e solo apparentemente pruriginosa che vede due cinquantenni scambiarsi felicemente e reciprocamente i figli come toy boys costruendo un quadretto di famiglia quantomeno desolante.
Non fosse stato per la splendida cornice australiana, probabilmente l'avremmo ritrovato più in alto in graduatoria.
La risposta del 2013 a Knockout - Resa dei conti dello scorso anno: azione da brividi - nell'accezione peggiore -, una trama agghiacciante, interpretazioni pessime e chi più ne ha, più ne metta.
Pensare che l'avevo approcciato sperando in una bella tamarrata delle mie rende ancora più grande la delusione: probabilmente il punto più basso dell'action thriller degli ultimi anni.
Se un tempo Harrison Ford era una sorta di garanzia di qualità e divertimento assicurato, ormai pare l'ombra di se stesso e perfino del parrucchino di Nicholas Cage: ne è la conferma questa porcata abissale che pare una versione dei poverissimi di Wall Street con tanto di lieto fine Disney e tutti felici e pronti a perdonare un protagonista che pareva uno stronzo da competizione fino alla scena precedente.
C'era una volta Rob Zombie, un regista cattivo, sopra le righe, grindhouse e molto, molto tamarro in grado di realizzare due cose più che pregevoli come La casa dei mille corpi e La casa del diavolo: presa una bella sbronza di successo, il vecchio Bob ha deciso di virare sul trash d'Autore.
Peccato che il risultato sia più imbarazzante del già terribilmente brutto Machete Kills, scampato a stento a questa stessa classifica.
Cimentarsi con la visione di un qualsiasi Muccino regala la certezza di una posizione della worst ten di fine anno saldamente occupata, e a volte è davvero confortante avere questo tipo di sicurezze anche in negativo. Il Gabrielone nazionale, talmente pieno di se da essersi praticamente mangiato ed essere ingrassato di conseguenza, regala al pubblico una ciofeca pseudo romantica buona giusto per far registrare la seconda presenza in questa classifica di Gerard Butler, che per quanto mi stia simpatico finisce in qualche modo per bazzicare ogni anno da queste parti.
Dalle parti del Saloon, pochi registi sono detestati ai livelli di Shyamalan, un pallone gonfiato da competizione partito molto bene e sprofondato negli ultimi anni in una desolante mediocrità creativa peggiorata da una spocchia da grande autore - che, a questo punto, può solo sognare di essere -: se a lui si uniscono poi in pompa magna Will e Jaden Smith, coppia finto cool di padre e figlio amici amiconi che ha imperversato ovunque quest'anno, la frittata è fatta.
After Earth è pura immondizia cinematografica.
Ma c'è stato, purtroppo per me, anche chi ha fatto di peggio.
In un anno davvero terribile per il Cinema italiano, non poteva che essere una produzione firmata da un regista nostrano ad occupare la posizione più alta di questa classifica: senza se e senza ma, Il cecchino è uno dei titoli più terribili che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, un mix di pretese di Cinema alto e bassezze che neppure il più trash dei b-movies costruiti ad arte - volontariamente o no - potrebbe regalare.
Se non ci fosse stato Il mercante di pietre, perla inarrivabile del peggio tricolore, questo sarebbe stato un ottimo candidato anche per quel posto "d'onore".
I PREMI Peggior regista: Michele Placido per Il cecchino Peggior attore: Will e Jaden Smith per After Earth Peggior attrice: Sheri Moon Zombie per Le streghe di Salem Premio "parrucchino di Nicholas Cage" per il personaggio trash: Ben Kingsley/Mazer Rackham per Ender's game Effetti "discount": Le streghe di Salem Premio "dolcetto o scherzetto" per il costume più agghiacciante: la tunica di Mazer Rackham, Ender's game Stile de paura: Muccino obeso durante le riprese di Quello che so sull'amore Premio "veline": Alexandra Daddario e Tania Raymonde in Non aprite quella porta 3D Peggior scena d'amore: le madri si scambiano i figli, Two mothers Premio "pizza, spaghetti e mandolino": il film dall'inizio alla fine, Il cecchino
La trama (con parole mie): Adam Cassidy è un giovane di belle speranze pronto ad aggredire il mondo del lavoro nella speranza di fare successo come nuovo alfiere della telefonia mobile, nonostante l'apparente ostilità del suo capo, il magnate del settore Nicolas Wyatt.
Quando, licenziato, il giovane decide di sfruttare la carta di credito aziendale per una notte brava, diviene ricattabile, nonchè la pedina dello stesso Wyatt per mettere le mani sui progetti di un rivoluzionario smartphone creato dal suo storico rivale, Jock Goddard, che potrebbe conquistare non solo il mercato, ma anche la società dell'incattivito Nicolas.
Il rapporto con la direttrice marketing di Goddard e con la propria coscienza, però, muoveranno Cassidy verso una collaborazione con l'FBI che metterà i cattivi dove meritano e porterà al ragazzo tutte le opportunità possibili per un futuro da favoletta.
Neanche fosse un prodotto Disney.
Pensavo che sarebbe stato praticamente impossibile, almeno nel corso del duemilatredici, incappare in un'altra pellicola dello stesso livello di bruttezza assoluta di Dead man down, pronta a fare un figurone nella decina fordiana dedicata al peggio di fine anno, e invece sono stato contraddetto - e neppure poco - da Robert Luketic, regista di bassa lega che, comunque, in passato era perfino riuscito ad intrattenermi con il divertente La dura verità: Il potere dei soldi, infatti, riesce ad andare nettamente oltre alle già pressochè inesistenti aspettative che nutrivo in merito, attestandosi a schifezza galattica di caratura non indifferente, inutile cocktail di luoghi comuni, interpretazioni vergognose, miti più o meno solidi della settima arte caduti in rovina ed una serie di immagini da calendario di Chris Hemsworth girate principalmente per la gioia del pubblico femminile.
Un peccato per Gary Oldman, chiamato a recitare il ruolo del solito Gary Oldman schizzato, per Richard Dreyfuss - mito degli anni ottanta costretto a cucirsi addosso la figura del vecchio padre, triste eppure in qualche modo il migliore nel disastro generale - e per Harrison Ford, un tempo orgoglioso Indiana Jones e Han Solo, ed ormai solo un vecchio e pallido ritratto sbiadito di se stesso - e certo non per colpa dell'età anagrafica -, così come per Amber Heard, che non so se a causa della pochezza del film riesce a risultare perfino abbruttita ed ingrassata rispetto ai tempi di The rum diary o Drive angry, pellicole in grado di mostrare davvero tutto il suo potenziale.
Quello che resta oltre le critiche alle scelte di alcuni attori di fama mondiale di imbarcarsi in un'avventura di questo livello - portafoglio a parte - è davvero poco, se non un clamoroso mix di banalità e buchi di logica da far invidia ai peggiori horror ed una regia di un piattume da Guinness, alla quale finisce per essere preferibile quella amatoriale e che può pensare di vincere un confronto solo ed esclusivamente rispetto alle assurdità made in Italy portate in sala ogni settimana dai nostri lungimiranti ed acuti distributori.
Ogni spunto d'interesse che poteva essere legato all'utilizzo sempre crescente della telefonia come strumento di connessione globale associato ad internet o all'idea del "chi controlla i controllori" è letteralmente soffocato da una storiella di agghiacciante moralismo di fondo all'interno della quale il protagonista passa dall'essere uno squalo senza scrupoli mosso dal desiderio di denaro ed affermazione ad un vero e proprio boy scout al quale nessuno, alla fine, potrà rimproverare nulla, neppure la polizia, a capo della quale fa bella mostra di sè il rientrante Josh Holloway, che riesce a fare addirittura bella figura nella recitazione rispetto ai suoi ben più blasonati colleghi - ed è tutto dire -.
Pochezza a profusione, dunque, che unita all'approccio da Grillo parlante del redento "eroe" rende la visione ancora più indigesta, e senza dubbio forte la candidatura per Il potere dei soldi al podio dei "worst three" dell'anno: dimostrazione pratica del fatto che, quando pensi di aver incontrato il peggio, sei solo all'inizio del tuo percorso attraverso "una selva oscura".
A pensarci bene, sarebbe quasi stato più divertente passare un'ora e mezza a difendersi dagli attacchi dei gestori telefonici pronti a tempestare di chiamate per proporre questa o quella incredibile e vantaggiosissima offerta.
MrFord
"Money, get away get a good job with more pay and you're okay money, it's a gas grab that cash with both hands and make a stash new car, caviar, four star daydream, think I'll buy me a football team."
La trama (con parole mie): nella piccola cittadina di Summerset da generazioni una storia terrorizza i bambini, ed è legata ad una vecchia casa che si dice infestata da una strega. Rompere uno qualsiasi dei vetri delle finestre della stessa pare significhi liberare lo spirito maligno e scatenare la caccia rispetto al responsabile del gesto.
Alla scomparsa della piccola Amanda, rapita dalla strega stessa, un gruppo di adolescenti mossi dal desiderio di un brivido decide di affrontare l'oscura magione trovandosi coinvolto nella lotta per la salvezza della bambina, all'interno della quale si inseriscono le forze di polizia ed un'altra coppia di ragazzi: i protagonisti dello scontro diverranno a questo punto due fratelli, che si troveranno a mettere in gioco la vita per imporsi sulla presenza malvagia.
Evidentemente questo non è l'anno migliore, per le streghe.
Dopo i fallimenti clamorosi, infatti, della merda d'autore propinataci da Rob Zombie con Le streghe di Salem e la merda e basta di Tommy Virkola Hansel&Gretel - Cacciatori di streghe, tocca a The wicked proseguire nella ben poco illustre tradizione duemilatredici dedicata al genere: il lavoro - per qualificarlo in maniera fin troppo lusinghiera - di Peter Winther, infatti, è degno dei "fasti" dell'agghiacciante Within che io e Julez affrontammo mandando avanti veloce - una cosa che non accade praticamente mai, in casa Ford - qualche anno fa nel corso di una vacanza funestata solo ed esclusivamente da quella terrificante - in termini qualitativi - visione.
Una robetta per adolescenti sprovvisti di cervello con tanto di tentativo di inserimento nel cast di una presunta sosia della gettonatissima Megan Fox cui non è stato detto che l'appena citata cagna maledetta resta inarrivabile fosse anche solo per i suoi orripilanti pollici ed una serie di imbarazzanti tentativi di spaventare l'audience ridicola almeno quanto il make up fatto in casa della strega, che finisce per apparire come la brutta copia di una comparsa da video metal di provincia della provincia.
Trama trita e ritrita figlia della tradizione slasher degli anni ottanta ma senza la minima traccia di (auto)ironia, cast preso dalla strada - e neppure quella principale -, regia a livelli meno che dilettantistici, evoluzione ovvia ed inutile finale "aperto" sono gli ingredienti di una delle visioni più basse dell'anno, che seppur salvata dal fatto di essere sostanzialmente innocua - del resto un prodotto di questo genere non può avere pretesa alcuna - resta davvero oltre ogni ragionevolezza, e se si esclude l'ormai famoso e sopranesco riciclo del denaro della malavita viene da chiedersi come sia stato possibile che qualcuno possa avere investito dei soldi in un progetto di questo genere - e parliamo comunque di ottocentomila dollari, mica bruscolini -: un titolo che, tra l'altro, stranamente pare non avere ancora trovato una distribuzione qui nel Bel Paese - che per una volta le cose possano essere andate per il verso giusto nella Terra dei cachi? - ma che mi aspetto di vedere in sala nelle settimane centrali di agosto, quando l'horror da vacanza di turno viene dato in pasto agli adolescenti alle prese con gli ultimi giorni al mare e con una scusa per limonare in santa pace da trovare come alternativa ad un'eventuale affollata spiaggia la sera di fronte ad un falò.
Difficile approfondire ulteriormente senza citare le classiche situazioni che fecero la fortuna di Notte horror negli anni della mia infanzia - il lago di Venerdì 13, lo spirito maligno in caccia dei bambini di Nightmare, la casa infestata alla base della leggenda che nessuno si è ancora preso la briga di demolire o acquistare per costruirci sopra un campo da golf o un resort con spa ed effetti simili a quelli di Pet cemetary - e continuare a sottolineare la differenza in peggio che pesa come l'età su una signora che tenta di salvarsi dall'inesorabile scorrere del tempo riempiendosi di botulino.
Il problema, nel caso di The wicked, è che anche sotto il trucco e le operazioni di ritocco, non c'è davvero nulla che possa far passare per la testa una qualsiasi associazione alla bellezza.
E non basteranno migliaia di bambini a questa imbarazzante strega, per tornare ai fasti che immagina di poter sfoggiare in condizioni ottimali: brutture di questo tipo sono davvero senza ritorno.
Roba da far cagare sotto perfino l'horror stesso.
MrFord
"Someone stole the starlight from the backside of your hand
weak without the magic you lay passed out in the sand
with controls set for night flights when witches ruled the world
in a twinkling moment you see cockroaches and crows."
La trama (con parole mie): la cosa curiosa - o forse ovvia - di questo film è che una trama non c'è. Le Spice Girls sono alla vigilia di un enorme concerto in diretta mondiale dalla Albert Hall, e per riempire novanta minuti scarsi prima di mostrare l'evento vengono infilate una serie di scenette imbarazzanti una dietro l'altra.
L'unica cosa interessante - anche se non certo lusinghiera per lui - è l'apparizione di Elvis Costello che prepara un gin tonic.
Forse, l'idea di una Blog Warincentrata sui film brutti non è stata poi l'idea migliore che io e il Cannibale potessimo avere: effettivamente visionare schifezze atomiche come questa è una tortura che non augurerei neppure al mio spocchioso antagonista.
Eppure, per lo spettacolo ed il divertimento delle platee, siamo riusciti a sopportare anche questo: e considerato che, quando iniziai l'avventura del blog mi ripromisi di dedicare un post ad ogni film, serie tv o romanzo passati dalle parti di casa Ford, non posso esimermi da regalare un pò di spazio anche agli inguardabili titoli figli della selezione del già citato Cucciolo Eroico per la nostra sfida dal sapore oltre il trash.
Personalmente non ho mai seguito - o digerito - le Spice Girls e la loro musica, anche se ricordo quando, nel pieno degli anni novanta, anche i più insospettabili tra i miei amici dediti al rock si dedicarono in segreto ad imparare Viva forever con la chitarra, forse nella speranza di riuscire a rimorchiare un pò di più alle feste.
Detto questo, c'è davvero poco da scrivere su un film che trova la sua collocazione ideale nei sabati pomeriggio delle reti Mediaset, luoghi di perdizione da brividi in cui pellicole di infima qualità si alternano a trasmissioni ancora più agghiaccianti.
Una sceneggiatura inesistente che mi ha riportato alla mente le geniali scene legate agli autori de Gli occhi del cuore in Boris, buttata a caso giusto per piazzare ogni cinque o sei minuti una sorta di videoclip della "band" in attesa di tirare i remi in barca con l'ovvio trionfo conclusivo fa da contorno ad una vicenda in cui l'unico barlume di decenza - parola grossa, in questo caso - è data dall'inspiegabile presenza di Roger Moore, probabilmente accecato da qualche promessa economica o di altro genere giuntagli ai tempi del successo planetario delle cinque ragazze british che imperversarono nel pieno degli anni novanta in tutto il mondo sconvolgendo il panorama del pop.
Il resto è nulla, dall'inguardabile siparietto ambientato a Milano con tanto di regista che pare uscito dagli scarti delle comparse di Gomorra alle protagoniste, volendo anche diseducative - oltre che cagne maledette nel ruolo di attrici - nelle sequenze che le vedono godersi una gita in barca con le piccole fan e la "distrazione" dell'amica incinta ormai sul punto di partorire, ovviamente portata in discoteca per non pensare allo stress dell'imminente nascita muovendosi un pò e schiaffandosi un bel gin tonic, per l'appunto.
L'unica cosa da dire è che, a suo modo, un film così brutto è talmente oltre da non essere neppure in grado di scatenare la furia delle bottigliate, quanto due risate e l'idea che, a questo mondo, c'è davvero speranza per tutti.
Perchè se un regista ed una manciata di - incapaci, sia chiaro - attori sono stati pagati per questo, allora ogni giovane dalle belle speranze può pensare che, un giorno o l'altro, l'occasione possa arrivare anche per lui.
Il giovane di cui sopra ha solo da pregare con tutto il cuore che non si tratti di un lavoro di questo genere.
MrFord
"If you want my future forget my past,
if you wanna get with me better make it fast,
now don't go wasting my precious time,
get your act together we can be just fine."
La trama (con parole mie): se lo scorso anno decisi di chiudere la carrellata delle classifiche con quella dedicata alle schifezze più orripilanti, per il 2011 ho deciso di togliermi subito il sasso dallo stivale e lasciarmi il più presto possibile alle spalle tutto il peggio che la sala abbia potuto offrire nel corso degli ultimi dodici mesi. Anche in questo caso parliamo solo ed esclusivamente di titoli passati sugli schermi di casa Ford - ce ne sono anche di più terrificanti, come ben saprete dai desolanti resoconti settimanali a proposito delle uscite al Cinema scritti con la consueta verve da rivali dal sottoscritto e dal Cannibale -, e solo ed esclusivamente delle vergogne cinematografiche. Sono stato combattuto fino all'ultimo se inserire oppure no una classifica che riguardasse le più grandi delusioni di quest'anno e le conseguenti bottigliate - e ce ne sono state, da The tree of life a Carnage, da Melancholia e This must be the place -, ma poi, riflettendoci bene, ho pensato che, nonostante tutto, in quei casi si trattava di film. Questa che segue è, al contrario, una sorta di top ten dell'immondizia.
Senza ombra di dubbio, uno dei peggiori film sui supereroi dai tempi terribili di Wolverine: le origini e, andando ancora più indietro, Spawn. L'inutile Ryan Reynolds affossa uno dei personaggi potenzialmente più affascinanti della DC Comics trasformandolo in una versione pacchiana, noiosa e bolsa dell'Iron man di Robert Downey Jr. Effetti speciali imbarazzanti, battute riciclate ed un seguito già potenzialmente in cantiere. Peggio di così non si poteva davvero fare.
Negli ultimi anni ho sviluppato una quasi naturale ostilità per il cabaret privo di comicità che continuano a propinarci in tv, così come per i film che vedono protagoniste le stelle di un alquanto discutibile firmamento del piccolo schermo: Checco Zalone non è da meno, e nonostante gli riconosca di essere un ottimo musicista ed intrattenitore, nel ruolo del Borat di noi poveracci il prodotto che riesce a confezionare è solo di poco superiore ai normalmente inguardabili cinepanettoni. E fino a quando roba di questo tipo verrà distribuita in centinaia di sale e grandi film stranieri resteranno a marcire nel dimenticatoio potremo scordarci di tornare agli anni d'oro dei nostri Fellini, Pasolini, De Sica e compagni.
In poche parole, il thriller più inutile, assurdo e prevedibile dell'anno. Presentato neanche fosse l'erede delle ottime pellicole di Del Toro, interpretato malissimo dalla sua protagonista esageratamente sopra le righe, privo di qualsiasi tensione ed involontariamente comico a tratti, è stato uno dei pochi film a costringermi a spezzare la visione in due parti per evitare di addormentarmi secco. Ed ero pure in vacanza.
Mi verrebbe quasi da volere bene a questo film ignorantissimo e pessimo sotto tutti gli aspetti, tecnici e non, non fosse altro che per la presenza del cast quasi al gran completo di una perla trash come Hercules - Kevin Sorbo rules! -, ma occorre riconoscere che il risultato dilettantesco di questo lavoro lo rende buono giusto giusto per una serata con gli amici, quando l'ora è già tarda e tutti sono completamente ubriachi. In condizioni estreme, infatti, si potrebbe addirittura rischiare di divertirsi parecchio.
Mel Gibson è una garanzia. Lo è sempre stato. Dai tempi in cui regalava cult action degni di molteplici visioni - qualcuno ha detto Arma letale o Interceptor? -, ad una convincente affermazione come regista - Braveheart - fino a La passione di Cristo, ancora oggi nell'Olimpo delle visioni peggiori mai affrontate dal sottoscritto. L'unione con Jody Foster ha provocato un ritorno al peggio del matto, fervente Mel, fornendolo di una sceneggiatura agghiacciante tagliata con l'accetta ed una storia degna del "miglior" sabato di Canale 5: una vera chicca del trash più profondo.
Se non fosse stato un anno davvero pregno di film girati così male ma così male da non crederci, I tre moschettieri sarebbe balzato senza troppa fatica in testa a questa speciale classifica, data la sua clamorosa bruttezza festeggiata da un cast all stars vittima di un collettivo attacco di gigionismo sfrenato: dalle navi volanti alle pallidissime imitazioni di Game of thrones, un prodotto di qualità così bassa da far pensare che la produzione abbia speso tutto il budget per gli attori e sia rimasta con il denaro giusto giusto per un comparto tecnico - e registico - "alla cazzo di cane".
Questo film è così brutto, ma così brutto, ma così brutto, da far sembrare I tre moschettieri quasi decente. Tentativo assolutamente non riuscito di mescolare le atmosfere de La guerra dei mondi con l'impatto dei più recenti Cloverfield o District 9, Skyline è riuscito a mettere addirittura d'accordo a proposito della sua pochezza anche la premiata ditta Ford&Cannibale, confermando la sua aura ormai quasi leggendaria di schifezza più o meno senza pari.
Non poteva mancare dal podio del peggio uno dei titoli più noiosi, lenti, ammorbanti e vuoti dell'anno, peggiore della serie - o franchise!? - prodotta ispirandosi ai best sellers di Stephenie Meyer. Per la prima volta, stando a quello che mi è capitato di leggere in giro, addirittura gli adolescenti cui questa robaccia è indirizzata paiono aver voltato le spalle ad Edward lo smorto e Bella la frigidina, probabilmente stroncati da narcolessia durante i passionali e potentissimi scambi tra i due protagonisti. Vampiri di questo genere si meritano solo Van Helsing.
Se Lanterna verde si piazza comodamente tra i primi posti dei peggiori film ispirati dai supereroi, Dylan Dog rischia di strappare la prima posizione rispetto a quelli tratti dai fumetti in genere: personaggio originale stravolto nel corpo - complimenti a Brandon Routh, ancora meno espressivo di Ryan Reynolds - e nello spirito, ambientazione strampalata, sceneggiatura ridicola e perfino un finale che fa rimpiangere a tutti noi il famosissimo spot cui è palesemente ispirato. Qui, più che le bottigliate, occorrerebbe un coma etilico: ed anche in quello stato, chiunque di noi riuscirebbe a fare meglio del regista.
A nulla sono valsi gli sforzi congiunti di Brandon Routh e Kevin Munroe: Tekken è stato inarrivabile. Niente di quello che potete immaginare - tranne, forse, un cinepanettone con le botte - potrebbe rendere l'idea di quello che vi trovereste di fronte affrontando questa visione. Gamer, primo in questa classifica lo scorso anno, in confronto pare degno della Palma d'oro. Una vera, incontrovertibile, incommensurabile merda gigante.
I PREMI
Peggior regista: Dwight H. Little per Tekken
Peggior attore: Brandon Routh per Dylan Dog
Peggior attrice: Belen Rueda per Gli occhi dell'assassino
Premio "parrucchino di Nicholas Cage" per il personaggio trash: Mr. Beaver per Mr. Beaver
Effetti "discount": Lanterna verde
Premio "dolcetto o scherzetto" per il costume più agghiacciante: Ryan Reynolds per Lanterna verde
Stile de paura: lo spot Nike imitato in Dylan Dog
Premio "veline": le protagoniste di Bitch slap
Peggior scena d'amore: la prima volta di Edward e Bella, Breaking Dawn parte 1
Premio "pizza, spaghetti e mandolino": la distribuzione italiana per Che bella giornata
MrFord
"I'm goin down down down down
trying to get away
I'm goin down down down
bitter melody
I'm goin down down
on my knees
I'm goin down down down down
stop to please. "