martedì 26 novembre 2019

White Russian's Bulletin



Settimana di ritardo e di grande magra al Saloon, complici due serate wrestling ed i crolli da divano sempre più frequenti in casa Ford. Proseguono, invece, i sabati sera Cinema con i Fordini, che paiono apprezzare molto l'iniziativa manifestando curiosità rispetto ai titoli scelti per l'inizio del loro percorso nel fantastico mondo della settima arte: a prescindere dalle novità in sala o sul piccolo schermo, direi che questa è la notizia migliore che questa passione potesse portarmi in dono.


MrFord



THE WAVE (Roar Utahug, Norvegia/Svezia, 2015, 105')


The Wave Poster


Ispirato ad eventi realmente accaduti e pescato a caso dal bacino di Prime in una di quelle serate da rischio tracollo da divano - come ben sottolineato poco sopra -, The Wave è l'interpretazione nordeuropea del disaster movie, la storia di una famiglia legata ai propri luoghi d'origine messa di fronte alla minaccia naturale più pericolosa degli stessi.
Potrebbe essere visto come un lavoro che sfrutta la cornice del disastro per raccontare i rapporti umani e gli equilibri all'interno di un nucleo famigliare, oppure come una versione Vecchio Continente dei tanto gettonati - al botteghino - film fracassoni a stelle e strisce.
In realtà, a mio parere, funziona meglio nella prima veste che nella seconda - che lo rende più prevedibile e retorico -, non rimarrà impresso a vita nella memoria di chi lo guarda e senza dubbio non diverrà un cult per i decenni a venire, ma svolge degnamente il suo lavoro di intrattenimento ed accompagna con una certa scioltezza lo spettatore anche attraverso le minacciose acque di una serata con rischio di tracollo da stanchezza.
Interessante, dal punto di vista culturale e scientifico, l'analisi di un fenomeno che non avevo mai preso in considerazione come quello degli tsunami originati da fenomeni di smottamento delle montagne che rendono così belli i fiordi per i turisti di tutto il mondo.




WILLOW (Ron Howard, USA, 1988, 126')


Willow Poster


I sabati sera Cinema dei Fordini questa settimana sono proseguiti con il recupero di un'altra delle pellicole cult della mia infanzia, Willow, che ai tempi delle elementari divenne fin dalla prima visione un'epopea divertente e coinvolgente condita da citazioni cult - "I topi! I topi! Tu e il tuo stupido incubo dei topi!" -, sequenze che avrei voluto vivere in prima persona - la discesa con lo scudo come slitta dalla montagna -, personaggi temibili ma a livello visivo affascinanti - il generale Kael - ed altri che ai tempi sognavo di diventare - il tamarrissimo Madmartigan -.
Ancora una volta, i piccoli del Saloon hanno manifestato interesse per tutti gli aspetti della vicenda, dall'ormai di moda questione dei "buoni contro cattivi" al gioco - che, ricordo bene, facevo ai tempi anche con mio fratello - del chi sono io e chi sei tu, passando attraverso due ore vissute con curiosità e partecipazione pronte a stimolarmi per la scelta dei prossimi titoli di questa rassegna particolare.
Willow, dal canto suo, con tutto il suo essere naif e semplice se confrontato con molti altri titoli e con il Cinema come lo si intende oggi, resta una piccola gemma, ed un passo che ogni bimbo che si approcci alla settima arte e alla meraviglia che può regalare è quasi tenuto a compiere.
Non sarà il Ron Howard delle grandi occasioni, ma resta una piccola magia.


lunedì 18 novembre 2019

White Russian's Bulletin



Nuova settimana per il Bullettin e, pur a fronte di un numero non altissimo di visioni, settimana di ottimi passaggi, che si tratti di piccolo o grande schermo, di novità o di recuperi legati ai sabati sera "Cinema" con i Fordini. Fosse sempre così, ci sarebbe da mettere la firma.
Perchè quando una serie, o un film, ti incolla allo schermo o finisce per essere presente per ore - o giorni - una volta terminata la visione nella testa e nel cuore, significa che il senso di essere qui ad amare la settima arte - all'interno della quale vanno ormai inserite anche le serie - trova il suo compimento.


MrFord



BILLIONS - STAGIONE 4 (Showtime, USA, 2019)

Billions Poster


Nel panorama delle serie televisive, anche tra i titoli che più ho amato negli anni, sono pochi quelli che sono riusciti a mantenere il loro standard qualitativo praticamente immutato stagione dopo stagione, risultando intriganti anche quando l'effetto novità si era affievolito. 
Fatta eccezione per il miracoloso Breaking Bad - a oggi, l'unico ad aver addirittura incrementato lo standard già elevato dalla prima alla quinta stagione -, si contano sulle dita di una mano le produzioni in grado di tenere botta: una di queste, ed una delle più solide degli ultimi anni, è senza dubbio Billions, shakespeariana storia della rivalità tra il procuratore Chuck Rhoades ed il miliardario e genio della finanza Bobby Axelrod portata sulle spalle, tra le altre cose, dalle ottime interpretazioni dei suoi protagonisti.
Giunta al quarto giro di boa, Billions mostra l'ennesima evoluzione del rapporto di questi due antagonisti, dapprima uniti per sconfiggere i rispettivi nuovi nemici e dunque, inesorabilmente, di nuovo dai due lati opposti di una barricata che, ormai, pare esistere più che altro nelle loro anime.
Un prodotto intenso, adulto, realizzato alla grande - dalla scrittura alla fotografia passando per una colonna sonora sempre pazzesca -, che tiene incollati dal primo all'ultimo episodio.
Ed alimenta l'hype per la stagione cinque neanche si fosse agenti di cambio in attesa dell'apertura dei mercati.




PARASITE (Bong Joon Ho, Corea del Sud, 2019, 132')

Parasite Poster

Sarebbe quasi superfluo andare ad analizzare l'etimologia del termine parassita. E, forse, anche riduttivo. Forse anche perchè, a conti fatti, noi esseri umani potremmo essere considerati i più grandi parassiti del pianeta in cui viviamo, essendo quelli che, almeno sulla carta, hanno più coscienza delle proprie capacità, dei difetti e delle zone d'ombra dove si nasconde tutto quello che non possiamo o non vogliamo che venga alla luce.
Bong Joon Ho, tornato in patria dopo le due produzioni internazionali che, almeno per quanto mi riguarda, avevano ridimensionato l'entusiasmo nei confronti del suo Cinema, dimostra che forse le stesse non fanno troppo bene ai cineasti di valore, e consegna al pubblico una delle chicche più toste dell'anno, un film che è giusto vivere più che raccontare, che sorprende, sconvolge, coinvolge, unisce l'eleganza dell'autorialità, una scrittura chirurgica, una recitazione di spessore, sequenze da antologia ed un finale che racconta tutta la poesia dell'imperfezione umana.
E in mezzo, come in un piatto dagli equilibri perfetti, troviamo la commedia nera, le risate, la critica sociale - Jordan Peele ed il suo Noi dovrebbero prendere più di qualche lezione da questo lavoro -, la violenza, il thriller, l'erotismo, l'orrore: in campo ci sono gli estremi, ma è nelle loro sfumature che si trova tutta la potenza di questo film clamoroso vincitore dell'ultimo Festival di Cannes.
Del resto, il bello dell'essere umani - e parassiti - sta proprio nell'intensità di quelle sfumature, che come all'interno di una famiglia, permettono di vivere intensamente sia con uno che con dieci: Mannarino in Maddalena canta "Lascia stare Giuda e guarda altrove, ecco, guarda la mia scollatura; e io mi guarderò dalla tua invidia, perchè Dio non gode come una creatura".
Parasite parla di creature. E di sfumature. E lo fa con cervello e cuore tutti umani.




LA STORIA FANTASTICA (Rob Reiner, USA, 1987, 98')

La storia fantastica Poster


Proseguono i sabati sera Cinema con i Fordini, e con loro il recupero dei titoli che hanno costruito una parte della mia infanzia e gran parte del mio amore per la settima arte: a questo giro è toccato a La storia fantastica, che l'anno scorso avevo rispolverato nel corso di un pomeriggio da solo con la Fordina - che ricordava ancora Andre The Giant e i roditori taglie forti della Palude del fuoco - e che anche il Fordino aveva richiesto dopo il successo della visione de La storia infinita.
E se non è stata ancora colta la portata di alcune frasi supercult come "ai tuoi ordini" di Westley o il famoso monologo di Inigo Montoya, lo spirito del lavoro di Rob Reiner è stato colto in pieno, e vedere i due piccoli scalmanati del Saloon oggi giocare tra loro dicendo "io sono il gigante e tu la principessa" mi ha riempito il cuore di gioia perchè è l'ennesima conferma che la magia di alcuni film non è legata a effetti speciali, epoche o generazioni, ma tocca lo spirito di ognuno di noi, come il bimbo che, pagina dopo pagina, viene catturato dalla magia del libro che il nonno è andato apposta a leggere per lui, così come faceva con suo padre anni e anni prima.
La magia delle Storie, quelle che sono destinate a restare e continuare a far sognare a qualsiasi età, e a prescindere dal Tempo. 
Un pò come a me, che ancora ho i brividi a sentire "Ola, mi nombre es Inigo Montoya, tu hai ucciso mi padre, preparate a morir", oppure vedere Westley alzarsi da un letto per difendere il suo vero amore anche quando si pensava che fosse "quasi" morto.




IL COLTELLO (Jo Nesbo, Einaudi, 2019)


Il coltello (Serie Harry Hole Vol. 12) di [Nesbø, Jo]


Sono passati diversi anni da quando per la prima volta ho incrociato il cammino di Harry Hole, il personaggio principe nato dalla penna di Jo Nesbo, l'illusionista del thriller, il Christopher Nolan della narrativa odierna: ormai conosco bene il detective alcolista cresciuto insieme al suo autore, appassionato di musica e sedotto dal Jim Beam, così come la straordinaria capacità del suo padre letterario di riuscire a scrivere romanzi quasi "al contrario", con architetture talmente incredibili da far supporre si possa davvero cominciare, in una storia, dalla fine e proseguire a ritroso.
Il coltello è la dodicesima avventura di Hole, ormai praticamente cinquantenne, pronta a raccontare l'ennesimo dramma, l'ennesima lotta nella vita di questo charachter oscuro e tormentato eppure ribollente di vita e passione: e nonostante alcune critiche negative lette in rete, nonostante potessi pensare di conoscere il suo approccio, nonostante le undici cavalcate precedenti, sono riuscito ancora una volta a rimanere sorpreso, stupito, rapito dal trucco portato in scena dal poliedrico Nesbo e dal suo protetto.
Perchè le ferite, le cadute, le colpe, "i fallimenti che per tua natura normalmente attirerai" come canterebbe Battiato, non possono nulla contro le radici che crescono, quelle che definiscono il viaggio, ci portano dal passato al futuro. 
Il coltello può ferire, il coltello può uccidere. Ma sono solo le radici quelle che permettono di lottare, resistere, provare ad immaginare un futuro. E viverlo.


martedì 12 novembre 2019

White Russian's Bulletin



Nuova settimana di visioni e nuovo ritardo ormai standardizzato per la pubblicazione del Bulletin, che alterna recuperi da piccolo schermo a novità sul grande, passando per la consueta tappa che prevede una certa dose di Prime o Netflix settimanali.
Nulla che fosse clamoroso, ma visioni oneste e a loro modo solide che hanno accompagnato le sempre più difficili - in termini di capacità di restare svegli - serate da divano in casa Ford: considerate le aspettative della vigilia legate alla maggior parte dei titoli in questione, direi che è andata anche più che bene.


MrFord




THE WALL (Doug Liman, USA, 2017, 88')

The Wall Poster


Pescato praticamente per caso dalla piattaforma di Prime - ultimamente utilizzata come alternativa a Netflix -, firmato dal Doug Liman di Edge of tomorrow e The Bourne Identity, legato a doppio filo al filone dei film di guerra made in USA ispirati ai fatti dell'ultimo decennio figli dell'Undici Settembre e legati a Iraq e Afganisthan nella migliore tradizione di Peter Berg - pur senza essere così spiccatamente patriottico -, The Wall è stata una piacevole sorpresa nonostante sulla carta si presentasse come la più clamorosa delle tamarrate a stelle e strisce.
Strutturato come un thriller di stampo teatrale - due personaggi e la voce di un terzo, uno spazio ristretto -, il lavoro di Liman sfiora, volontariamente o no, tutte le possibili sequenze da retorica a stelle e strisce con cammino già indirizzato verso il più ovvio dei finali per poi diventare una coraggiosa parabola discendente rispetto alla crudeltà della guerra, all'impossibilità ad uscirne davvero, alla sensazione di dover e voler prevalere necessariamente sull'avversario pensando di avere sempre le ragioni e le giustificazioni per farlo.
Con questo non voglio caricarlo di un peso e di un valore forse troppo grande, ma penso si tratti di uno di quei titoli che, erroneamente, finiscono per essere sottovalutati per partito preso.
Un pò come quando, in guerra, credi di essere inevitabilmente dalla parte giusta.





SCARY STORIES TO TELL IN THE DARK (Andre Ovredal, USA/Canada, 2019, 108')

Scary Stories to Tell in the Dark Poster


L'horror ad Halloween, o nel periodo della Notte delle streghe, è più o meno una tradizione almeno quanto quello da visione estiva, con risultati spesso - purtroppo, per un appassionato del genere come questo vecchio cowboy - ben lontani dai fasti dei cult che hanno popolato gli incubi dei fan negli anni settanta e ottanta.
Per quanto abbia sempre discretamente stimato il lavoro di Andre Ovredal - interessante Autopsy, molto bello The troll hunter -, credevo che, con questo Scary stories to tell in the dark, sarei andato incontro all'ennesimo titolo usa e getta buono per il periodo e per le bottigliate di rito, senza pensare che potesse in qualche modo risultare interessante: al contrario, però, complici una cornice dal sapore vintage ben realizzata ed una struttura che mi ha riportato alla mente quella che fece la fortuna, insieme al suo protagonista, del franchise di Nightmare, ho trovato Scary stories to tell in the dark un valido intrattenimento per il periodo ed i film che si vanno cercando di conseguenza, con la giusta dose di "teen", una parte horror che pare più simile al gusto di Del Toro che non allo scare jump ed un paio di buone idee.
Forse, in alcuni punti, un pò troppo facile in termini di scrittura e legato probabilmente per esigenze di produzione ad un finale che potrebbe essere facilmente agganciato ad un secondo capitolo, ma sono leggerezze che si perdonano ad un titolo che ha più da sorprendere che non da essere bottigliato.
Considerato il genere, è già un successo così.





24: LIVE ANOTHER DAY (FOX, USA, 2014)

24: Live Another Day Poster


Jack Bauer è sempre stato uno degli idoli action di casa Ford fin dai primi tempi della convivenza con Julez: e nonostante 24 fosse un prodotto prettamente action e tagliato con l'accetta come il suo protagonista, nel corso della sua lunga permanenza in televisione è riuscita a regalare alcune stagioni davvero notevoli per intensità, gestione del tempo, colpi di scena e twist narrativi.
A distanza di non so neppure io quanto dalla visione dell'ultima stagione regolare, abbiamo deciso di recuperare la mini che nel duemilaquattordici riportò lo spigolosissimo - per usare un eufemismo - agente segreto sugli schermi, chiudendone in qualche modo la saga senza per questo negarsi lo sfizio di lasciare un'eventuale porta aperta ad un ritorno.
Solo dodici episodi, questa volta, ma la stessa azione di sempre portata in dono dallo stesso Bauer di sempre: reazionario, violento, pronto a fare quello che vuole e quando vuole, additato come un pazzo o un traditore un pò da chiunque e puntualmente portato a sbugiardare chiunque non gli dia credito, se necessario con mezzi non propriamente ortodossi.
Anche in questo caso, tra le vie di una Londra non proprio pronta ad ospitare il furioso agente americano, troviamo colpi di scena, tradimenti, morti, attentati e scontri a fuoco come se piovessero, a dimostrazione che, nonostante un certo appannamento narrativo, il charachter di Bauer era qualcosa di davvero notevole e funzionale per il suo genere e forse non solo, che anche in questo caso, nonostante il tempo si faccia sentire, ricorda a tutti quanti quanto sul piccolo schermo sia difficile - se non impossibile - trovare uno spaccaculi del suo calibro.


mercoledì 6 novembre 2019

White Russian's Bulletin



Alle spalle i festeggiamenti ed i bagordi legati al compleanno, torna con il giusto e standardizzato ritardo il Bulletin, che se non mi sono perso tra una sbronza e l'altra la memoria di qualche visione recupera due dei titoli dei sabati sera Cinema con i Fordini ed un paio di novità molto chiacchierate di recente, giunte una dal calderone di Netflix e l'altra direttamente dalla sala, prima di chiudere con un ripescaggio targato Prime Video, tanto per sottolineare l'importanza che, ormai, hanno le piattaforme streaming per il Cinema.


MrFord



LA STORIA INFINITA (Wolfgang Petersen, Germania, 1984, 102')

La storia infinita Poster

Nella carrellata di pellicole che attendono i Fordini nel programma "sabato sera Cinema" che con Julez abbiamo inagurato da qualche settimana non poteva mancare uno dei cult assoluti di tutti i nati tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta, La storia infinita.
Ricordo ancora quando lo vidi al Cinema all'aperto al mare con mio nonno, abbastanza inquietato dal Nulla e dallo scontro tra Atreyu e Gmork: come scritto nel post per il compleanno, allora mi rivedevo nel timido Bastian che riviveva nella fantasia le gesta tradotte in parole dagli scrittori, mentre ora sono più un ibrido tra lo stesso Atreyu e Falcor, altra creatura cinematografica divenuta mitica.
Nonostante oggi se ne vedano tutti i limiti e rispetto al romanzo perda ovviamente il confronto, il film funziona ancora come favola, e ai Fordini, cresciuti in tutt'altra generazione, è piaciuto molto, incuriositi dal confronto tra Bene e Male e dai "mostri": e la macchina del tempo che innescano i loro occhi nel corso della visione è una vera e propria magia.




WOUNDS (Babak Anvari, USA/UK, 2019, 95')

Wounds Poster


Circolato rapidamente nella blogosfera dopo il tam tam creatosi a seguito della distribuzione su Netflix, Wounds è stato forse il "film di Halloween" per molti degli avventori del Saloon, considerate le contrastanti recensioni lette praticamente in ogni dove: portato sulle spalle da un sempre ottimo Armie Hammer ed ambientato in una New Orleans sotto la quale pare pulsare un mondo di blatte, Wounds parte con un buono spunto e idee interessanti, pur senza inquietare o forzare lo spettatore al jump scare: peccato che, come spesso accade con i film di nicchia ed almeno parzialmente ambiziosi, lo sviluppo e lo scioglimento della trama con conseguenti rivelazioni finiscano per fare acqua - o blatte - da tutte le parti e conducano ad un finale che, in tutta onestà, mi ha lasciato davvero molto perplesso.
Un progetto, dunque, che poteva risultare particolare ed interessante che, invece, si sgonfia minuto dopo minuto fino a risultare perfino fastidioso: peccato, perchè mantenendo forse una maggiore semplicità e buttando meno ingredienti nel calderone qualcosa di abbastanza tosto sarebbe potuto uscire. Qualcosa, quantomeno, diverso da una blatta.
Che potrà essere imbellettata quanto si vuole, ma resterà sempre una blatta.




HOOK - CAPITAN UNCINO (Steven Spielberg, USA, 1991, 142')

Hook - Capitan Uncino Poster


Altro giro per i "sabati sera Cinema", ed altro film cult, questa volta per chi apparteneva alla generazione appena successiva alla mia, come il buon fratello Ford: ricordo che vidi Hook all'inizio dell'adolescenza, catturato dalla bellissima sequenza della gara di insulti alla tavola dei Bimbi Sperduti proprio durante una delle innumerevoli visioni del più giovane - ma non all'apparenza - dei Ford: il lavoro di Spielberg, baracconesco e per famiglie, era e resta un film sottovalutato e magico, che ai più vecchi tra noi ricorda il grandissimo Robin Williams in una delle sue tante interpretazioni, con personaggi cult - Rufio spacca! - e quel qualcosa che incolla allo schermo anche quando si incrocia il suo cammino dopo averlo imparato a memoria.
Prova del suo valore, il fatto che entrambi i Fordini abbiano retto alla grandissima le due ore e venti di visione senza battere ciglio, infilando domande a raffica sui rapporti tra i personaggi ed assaporando un nuovo elemento legato all'amore scoppiato di recente per "Il rock di Capitan Uncino" di Bennato.
E il Bangarang è finalmente arrivato anche ai più piccoli di casa Ford.




TERMINATOR - DESTINO OSCURO (Tim Miller, USA/Spagna/Ungheria/Francia/Germania/Rep. Ceca/Cina/UK/Australia/Nuova Zelanda/Canada, 2019, 128')

Terminator - Destino oscuro Poster


Devo ammettere che l'hype per il nuovo Terminator firmato dal regista di Deadpool con protagonisti Linda Hamilton e Schwarzy era davvero alle stelle, quasi si potesse tornare ai fasti dei primi due episodi del franchise, maltrattato in anni recenti se non per l'ultimo Genysis, primo valido dai tempi del mitico T-1000: e proprio allo strepitoso Judgement Day strizza l'occhio - per usare un eufemismo - questo Destino Oscuro, che mescola apparentemente le carte solo per riportare in gioco trama e situazioni del lavoro di James Cameron, bruciando completamente un personaggio che poteva diventare decisamente interessante come quello dell'umana potenziata Grace catapultandolo in una copia smorta del secondo film della saga prima di immolarlo sull'altare dell'eccessivo carisma dei "vecchi", che per quanto sacrificabili - ma non troppo - diventano ancora una volta gli squali pronti a mangiarsi qualsiasi charachter o situazione anche potenzialmente affascinante.
Una grossa delusione, per gli occupanti di casa Ford e per chi come me vide l'ascesa del T-1000 in sala, cui questo nuovo Rev-9 può giusto giusto pulire le cromature.




AUGURI PER LA TUA MORTE (Christopher Landon, USA, 2017, 96')

Auguri per la tua morte Poster


Giunto in una sera di stanchissima sugli schermi del Saloon - credo di aver battuto ogni record precedente di abbiocchi nel corso di una visione, oltre a quello di essere andato a letto entro le ventitre senza essere malato -, Auguri per la tua morte, una sorta di versione slasher di Ricomincio da capo - apertamente citato a fine pellicola -, nonostante i tracolli da divano appena citati si è rivelato molto più divertente ed interessante di quanto non potesse suonare alla vigilia, finendo per fare fronte ad una certa scontatezza in fase di scrittura con una leggerezza di fondo che non guasta mai, e fa pensare che, in fondo, il regista non debba essere troppo spocchioso.
Interessante anche, pur se in qualche modo abbastanza telefonata, la ricerca dell'assassino da parte della protagonista e le varie modalità di omicidio portate in scena in questa versione "sanguinolenta" del Giorno della Marmotta, pronta a mostrare allo spettatore un pò di cara, vecchia, old school del genere priva di jump scares o trucchetti buoni giusti giusti per i due secondi del salto e poco altro.
Assolutamente imperfetto, ma decisamente meglio di quanto potessi pensare.


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