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martedì 31 maggio 2016

X-Men: Apocalisse

Regia: Bryan Singer
Origine: USA
Anno: 2016
Durata:
144'







La trama (con parole mie): sono passati dieci anni dalle vicende che videro Charles Xavier ed i suoi X-Men affrontare la minaccia della crisi cubana, e molte cose sono cambiate, per gli umani quanto per i mutanti. Xavier, dedicatosi a tempo pieno alla sua scuola, ignora qualsiasi avvisaglia di minaccia per il mondo, Magneto si è ritirato in Polonia tentando di rifondare una famiglia e ricominciare senza sfruttare i suoi poteri una vita normale, Bestia si è dedicato a studi che possano tenere pronte eventuali contromisure in caso di conflitto e Mystica ha mantenuto un basso profilo aiutando mutanti in difficoltà in tutto il mondo.
Quando En Sabah Nuhr, primo mutante testimoniato della Storia, individuo dai poteri quasi divini, torna alla vita dopo millenni di sonno, le cose cambiano: ribattezzato Apocalisse, infatti, il riemerso superumano ha intenzione di epurare la Terra non solo dai non mutanti, ma da tutto quello che non rientra nel suo ordine costituito.
Riusciranno Xavier ed i suoi ragazzi, affiancati da Mystica, a fermare la minaccia di Apocalisse e dei suoi quattro cavalieri?










Se non altro, Bryan Singer è dotato di una certa ironia.
Quando i giovani Jean Grey, Ciclope, Nigtcrawler e Jubilee escono dalla sala dove è stato appena proiettato Il ritorno dello Jedi affermando che "il terzo è sempre il peggiore", non solo ammette le proprie colpe rispetto all'abbandono temporaneo della barca mutante ed all'osceno X-Men - Conflitto finale che chiudeva la prima trilogia, ma considera che il tanto atteso X-Men - Apocalisse possa rappresentare l'anello debole della nuova e decisamente migliore seconda tripletta di film dedicata ai mutanti di casa Marvel, che, considerato il passaggio post-titoli di coda, potrebbe diventare un poker.
Senza dubbio, ed oggettivamente, è così: X-Men - Apocalisse perde nettamente il confronto con L'inizio e Giorni di un futuro passato principalmente per quanto riguarda l'approccio e la sceneggiatura, debole in più punti e tanto più se considerata in relazione con i capitoli precedenti, dando una priorità perfino eccessiva alle parti più action e spettacolari del prodotto.
Allo stesso modo, però, tolti i sassolini dalle scarpe rispetto alle incongruenze - che riguardano specialmente Nightcrawler e Angelo -, occorre ammettere che il lavoro di Singer è molto meno peggio di quanto dipinto dalle numerose recensioni ostili pubblicate nei primi giorni seguiti all'uscita in sala, dimostrazione che, pur non raggiungendo livelli eccelsi, l'intrattenimento supereroistico intelligente ha ancora qualcosa da dire e comunicare, dai passaggi unicamente volti all'esaltazione - il confronto finale con Apocalisse, con tanto di furia wolverinesca, esibizione epica di Magneto, ritorno della Fenice di Jean - alla riflessione, che in questo caso aggiunge ai punti di vista di Xavier e Magneto quello di Apocalisse, sorta di messia mutante tra i più tosti avversari degli Uomini X anche sulla pagina stampata.
Un bel calderone di idee che, seppur non perfettamente amalgamato, porta a casa la pagnotta ed avvince quanto basta per superare in qualità molti presunti blockbuster usciti nel passato recente, facendo leva su charachters perfettamente riusciti come Pietro Maximoff - alias Quicksilver, graziato da un'altra sequenza pazzesca sulle note di Sweet Dreams - ed una giovane Tempesta, all'apparizione di Wolverine con tanto di riferimento al futuro legame con Jean Grey ed alla speranza che, con l'introduzione di Nathaniel Essex, noto ai fan come Sinistro, il quarto capitolo possa cambiare marcia: Bryan Singer resta comunque lontano dai suoi tempi migliori e da I soliti sospetti, ma alza l'asticella rispetto al pessimo Superman Returns limitando il difficile confronto con il precedente e già citato Giorni di un futuro passato, ad oggi la miglior pellicola dedicata a Xavier e soci.
Personalmente, dunque, non mi sento tradito da questo nuovo terzo capitolo dedicato alle gesta degli Uomini X, o da Apocalisse - forse un pò troppo ingessato, ma in linea con un charachter da sempre un gradino sopra gli altri da tutti i punti di vista -, o particolarmente deluso: non mi aspettavo un Capolavoro, ed un Capolavoro non è arrivato.
D'altro canto, però, è stato davvero impossibile non divertirsi godendosi le gesta degli outsiders numero uno della Marvel, che per natura ed approccio continuerò a preferire ai più vincenti e splendidi splendenti Avengers: tutto nella speranza che anche per il mondo mutante possa essere messo in piedi un progetto ottimamente strutturato come quello del Cinematic Universe.




 
MrFord





"Sweet dreams are made of this
who am I to disagree
I travel the world and the seven seas
everybody's looking for something."
Eurythmics - "Sweet dreams (are made of this)" -






lunedì 24 agosto 2015

Spy

Regia: Paul Feig
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 120'





La trama (con parole mie): Susan Cooper, corpulenta ed impacciata specialista della CIA diplomatasi in accademia come agente segreto con il massimo dei voti e rifugiatasi poi dietro una scrivania con il ruolo di assistente per il pressochè infallibile Bradley Fine, si ritrova di colpo al centro dell'azione quando lo stesso Fine perde la vita in azione e Susan si offre, per onorarne la memoria, di indagare a proposito dell'organizzazione dietro il complotto che è costato la vita alla sua metà lavorativa.
Affiancata al rude e decisamente sopra le righe Ford, che non la vede di buon'occhio, la Cooper riuscirà a trovare il suo spazio anche sul campo, mostrando abilità che nessuno avrebbe sospettato, e che potrebbero portarla non solo alla risoluzione del caso, ma anche e soprattutto ad una nuova carriera da operativa.








I blockbuster senza alcuna pretesa, specie se realizzati con una certa ironia ed un piglio pane e salame, sono di fatto l'unica cosa che il sottoscritto finisce per chiedere all'estate in termini cinematografici: con l'autunno ed il freddo ancora lontani, approcciare Classici o titoli d'Autore sotto la cappa del caldone o durante le vacanze non è consigliabile, e prodotti come sono stati Jurassic World o Terminator Genisys, passando per San Andreas e questo Spy hanno reso giustizia alla stagione estiva di questo duemilaquindici.
Il lavoro di Paul Feig, seppur non strabiliandomi come è accaduto per alcuni colleghi qui nella blogosfera è stato un ottimo riempitivo vacanziero reso godibile e spassoso più che grazie all'azione o alla trama, alla presenza di una straripante Melissa McCarthy - che, al contrario di Rebel Wilson, nel ruolo della oversize casinista e simpatica sta a pennello - spalleggiata da un Jude Law tornato "ripulito" dopo i recenti Black sea e Dom Hemingway ed un Jason Statham pronto a prendersi e prendere per il culo il ruolo dell'action hero tutto d'un pezzo - divertentissimi i momenti in cui l'agente Ford, neanche l'avessero fatto apposta, propone aneddoti a dir poco improbabili sulle sue imprese -.
Non mancano, dunque, momenti da risate piene da commedia pura - la doppia gag dei tovaglioli per lavarsi le mani al ristorante - in grado di portare sulle spalle da soli l'intera pellicola, alla quale avrei volentieri tolto una mezzora di minutaggio - ma per quale motivo non sono più di moda i cari, vecchi film da novanta minuti secchi, soprattutto per questo tipo di prodotti? - e risparmiato i ralenti nelle parti action, inutili a mio parere all'economia del lavoro finito.
Ad ogni modo, l'operato del mestierante Feig - che aveva già diretto la McCarthy in Corpi da reato - è più che discreto, l'atmosfera fracassona e senza pretese, il ritmo tutto sommato sostenuto, esempio di quello che avrebbe voluto essere l'obbrobrio che si è invece rivelato il pacchiano Mortdecai: e tra una città e l'altra, un'uscita stilosa di Jude Law ed una sbracata della stessa McCarthy o di Statham, si viaggia in gran scioltezza verso un finale che, pur essendo chiuso, strizza l'occhio ad un eventuale sequel che, a giudicare dalle prime settimane di incassi, non appare neppure così improbabile.
Per conto mio, se con la prossima estate dovesse ripresentarsi Susan Cooper con le sue improbabili identità di copertura, lo stile arrembante, la personalità divenuta decisa e, chissà, magari anche i suoi "valletti" Law e Statham, non sarei affatto dispiaciuto, pur essendo ben conscio di non essere certo di fronte al film dell'anno: in fondo, i popcorn movies servono proprio a distendere il cervello quando lo stesso finisce per essere concentrato solo ed esclusivamente sul momento in cui si spiaggerà assieme al resto del corpo di fronte al mare, quasi come se la quotidianità, il lavoro e la routine non esistessero, o a immaginare di non dover più tornare a quella stessa quotidianità.
Un pò come passare da dietro una scrivania ad inseguimenti mozzafiato da spia provetta.
E poco importa se invece di gadget fantascientifici alla James Bond dovremo accontentarci di finti rimedi per le emorroidi.




MrFord




"I'm a spy in the house of love 
I know the dream, that you're dreamin' of 
I know the word that you long to hear 
I know your deepest, secret fear 
I know your deepest, secret fear 
I know your deepest, secret fear 
I'm a spy, I can see 
what you do 
and I know."
The Doors - "The spy" -





martedì 2 settembre 2014

Cattivi vicini

Regia: Nicholas Stoller
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 97'




La trama (con parole mie): Mac e Kelly, una giovane coppia con una bimba di pochi mesi, hanno appena comprato casa nel tipico quartiere da zona residenziale americana. Quando la casa accanto alla loro viene acquistata da una confraternita universitaria, i due freschi genitori rimangono prigionieri del dilemma legato al desiderio di sembrare ancora giovani e cool o alla realtà del bisogno di tranquillità: stretta amicizia con il Presidente della confraternita, il giovane e decisamente cool Teddy, i due si illuderanno di poter gestire la vita da genitori con vicini in piena crisi ormonale da college. Degenerata inevitabilmente la situazione, avrà inizio una vera e propria guerra tra la nuova e la vecchia guardia per la vittoria finale, che porterà a conflitti interni ed esterni e colpi bassi che non saranno risparmiati da una parte e dall'altra.
Chi avrà la meglio? E quale lezione impareranno i protagonisti della lotta?






E' davvero doloroso, per il sottoscritto, iniziare un post dando assolutamente ragione al Cannibale.
Era già successo lo scorso anno, con Spring Breakers, uno dei titoli più discussi e massacrati dalla vecchia guardia - anagrafica ed in materia di approccio - della Storia recente della settima arte, e si ripete quest'anno con Cattivi vicini.
Certo, la sguaiata lotta tra generazioni firmata da Nicholas Stoller non è il cult di Harmony Korine, e non mira neppure lontanamente ad esserlo, eppure qualcosa, sotto sotto, accomuna i due titoli.
Molti, infatti, hanno troppo in fretta liquidato - e con una certa acidità - quella che, a conti fatti, risulta una delle commedie più brillanti e ben riuscite dell'anno, in grado di leggere tra le righe non solo delle motivazioni - chiamiamole così - dei giovani in pieno fermento da feste e sballi vari, ma anche di andare a fondo nella vita senza dubbio stravolta ma ugualmente stupefacente dei novelli genitori, senza dimenticare una delle cose più importanti quando si tratta di prodotti di questo genere: far ridere sguaiatamente - e ci sono stati parecchi momenti, dagli airbag alla mungitura, che ricorderò per molto tempo -.
Proprio di recente, con Julez ci si è trovati ad analizzare e constatare le lampanti e clamorose differenze che si creano inevitabilmente non tanto tra i "giovani" ed i "vecchi", quanto tra i non genitori ed i genitori: dalle cronache delle vicissitudini del Fordino al mare alle uscite con gli amici, è evidente la spaccatura che si crea nel momento in cui si entra nel mondo dall'altra parte della barricata, che come giustamente sottolineano i due protagonisti Seth Rogen e Rose Byrne - anche se sarebbe ingiusto non citare Zac Efron, che ho sempre detestato ma che, in questa particolare occasione, risulta assolutamente perfetto - non permetterà a mamma e papà di lasciare completamente libere le loro parti selvagge almeno fino a quando non saranno "molto vecchi".
Cattivi vicini, in questo senso, riesce ad andare perfino oltre alla patina da casinara commedia da due soldi che si cuce con immenso piacere e grande goduria addosso, divenendo di fatto un ritratto sociologicamente molto interessante del rapporto tra il nostro io da post-adolescente, pronto al divertimento sfrenato e all'emancipazione della sua parte più wild e quello della cosiddetta età adulta, quando si inizia ad imparare dai propri figli credendo al contempo di esserne i maestri.
Dunque, dalle citazioni spassose - Taxi driver e Breaking Bad su tutte - fino alle riflessioni più importanti che non avrebbero sfigurato in una riuscita romcom - il dialogo a letto di Mac e Kelly sul finale -, tutto pare funzionare al meglio alla facciazza di chi, al contrario, ha finito per bollare questo film come volgare ed indigesto, risultando, almeno ai miei occhi, più radical chic del mio acerrimo "cattivo vicino" e già citato Peppa Kid che, al contrario, seppur, forse, da un punto di vista (finto) giovane, è riuscito a cogliere in pieno l'ottima riuscita del prodotto.
Certo, da uomo vecchio e padre di famiglia forse io ho finito per decidere addirittura ad attribuire alla pellicola un significato più profondo di quanto non possa effettivamente essere stato quello che gli autori avevano in mente nel momento della stesura dello script, o forse il momento della vita che stiamo attraversando in casa Ford - con la sensazione di distacco netto da tutti i coetanei e non senza figli, e spesso non per scelta nostra - mi porta a pensare che a volte non ci rendiamo conto degli straordinari cambiamenti che viviamo nella quotidianità e di quanto incredibile, a volte, possa essere viverli per come sono, dal degenero di un periodo ad un degenero diverso di un altro.
Ricordo quando, neppure dieci anni fa, mi capitava di uscire e bere allo spasimo cercando di rimorchiare la ragazza di turno, dormire due ore e poi andare al lavoro, mentre ora, alla prima notte in cui faccio tardi per scrivere un post o il Fordino straordinariamente - perchè sono rarissimi, i casi in cui si sveglia, e di norma ci pensa la santa Julez - ha qualche risveglio agitato, mi porto dietro la stanchezza per tutta la settimana, arrivando perfino ad addormentarmi durante la visione serale - cosa mai accaduta in precedenza -: il tempo ci cambia, e noi non possiamo segnare il tempo, come canterebbe Bowie.
Io, invece, dico di sì.
E come vada, vada.
E se arrivo a citare Changes a partire da un film come questo, beh, signori miei, significa che Stoller e soci hanno centrato in pieno il bersaglio grosso.



MrFord



"Where's your shame
you've left us up to our necks in it
time may change me
but you can't trace time."
David Bowie - "Changes" - 



venerdì 9 settembre 2011

Le amiche della sposa

Regia: Paul Feig
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 125'



La trama (con parole mie): Annie e Lillian sono amiche per la pelle fin dall'infanzia, da sempre pronte a vivere insieme le proprie vite, confrontando esperienze e sensazioni da vere "compagne di viaggio". 
Ma mentre la prima galleggia in un periodo no della sua vita - un uomo che la usa e getta, un lavoro che non le piace dopo il fallimento della sua pasticceria, un appartamento diviso con un'improbabile coppia fratello/sorella -, la seconda si prepara a vivere il percorso verso il grande passo che sarà il matrimonio.
Annie è scelta dall'amica per ricoprire il ruolo della damigella d'onore, ma quando iniziano i preparativi per l'evento si scontra con l'apparentemente perfetta e super-competitiva Helen, che aspira a ricoprire il ruolo di Annie nella vita di Lillian e non risparmierà colpi bassi per ottenere ciò che desidera.
Inizierà così un vero e proprio duello che porterà Annie sempre più in basso, ma che darà alla giovane donna la possibilità di ripartire da zero e dare un nuovo indirizzo alla sua esistenza.



Onestamente, non sono mai stato un grande sostenitore delle commedie in pieno Apatow-style nella loro versione "in rosa", complice anche una serie agghiacciante di visioni di bruttezza cosmica che si sono susseguite nel corso degli anni, dal terrificante Bride wars al meno interessante dei lavori del suddetto Apatow, Molto incinta, per non parlare del pessimo 27 volte in bianco e dei due abomini cinematografici legati a Sex and the city, serie dalla quale mi sono sempre tenuto - felicemente - ben lontano.
Fortunatamente, questo clamoroso filotto in negativo è stato almeno parzialmente interrotto da Le amiche della sposa, che nonostante alcuni palesi limiti - soprattutto in fase di scrittura - abbandona la veste da signorinetta per tirare fuori un pò di sano panesalamismo dalle sue protagoniste, tanto da risultare divertente anche e soprattutto per il pubblico maschile, normalmente quasi allergico a questo tipo di visione, in genere esito di una contrattazione con mogli o fidanzate per avere la possibilità, il mercoledì successivo, di godersi sul plasma la partita di Champions League.
Via, dunque, l'aura da milf prede delle voglie continue ed i modi da aristocratiche - sfruttati solo in chiave ironica grazie all'ispiratissimo personaggio di Helen, interpretato alla perfezione da Rose Byrne - e largo a crisi di amicizia ed esistenza traboccanti di situazioni imbarazzanti e al limite del grottesco, sguaiate ma mai clamorosamente volgari - neppure la sequenza della prova degli abiti dopo il ristorante brasiliano, degna del miglior Kevin Smith - ed arricchite da un gruppo di protagoniste che ognuna delle attrici pare nata per interpretare: dall'arrembante - a tutti gli effetti - Megan alla già citata perfezionista Helen, dalla timida e repressa Becca alla navigata Rita - "ieri ho cucinato per tutto il giorno, e quando mio figlio è tornato e ha detto di volere la pizza gli ho detto che se la poteva scordare. Mi ha mandata affanculo. Ha nove anni.", mitica - fino a Lillian e all'incontenibile Annie, tutte appaiono pronte a ritagliarsi il proprio spazio e a conquistare lo spettatore in un modo o nell'altro, sia esso un maschilista senza alcun interesse per sentimenti e decenza come Ted - un Jon Hamm agghiacciante completamente privo della classe del "suo" Don Draper - o un ragazzone dal cuore d'oro in cerca di quella giusta come Nathan.
Dunque, una discreta visione da weekend che riuscirà a non impegnare troppo, strappare qualche sonora risata, sorprendere - considerata la tradizione del genere - in positivo, e soprattutto mettere d'accordo le metà del cielo casalingo senza che vengano considerati accordi di qualsiasi genere a proposito dei diritti sulle visioni, il televisore della sala ed il divano.
Certo, non staremo parlando del nuovo Colazione da Tiffany, di Sabrina o Thelma e Louise: eppure questa grintosissima, incasinata Annie, riesce a ritagliarsi una fetta tutta sua del cuore dell'audience e di Lillian lottando, mostrando le unghie e facendosi un gran culo, almeno quanto la stragrande maggioranza delle donne si fa tutti i giorni in un mondo che, nonostante tutto, vive ancora in una direzione opposta alla loro anche quando finge di darla vinta con un anello e qualche episodio di Sex and the city.

MrFord

"Did I sleep? 'cause I musta been dreamin'
did I weep, 'cause I cried like hell
all's I want is your fortress of tears to crumble
and oh girl, I'd tear 'em down myself
and oh girl, the stories they could tell
but I'm just saying hi."
Ryan Adams - "Answering bell" -

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