I frequentatori abituali del Saloon ormai conoscono bene la predilezione del sottoscritto per la Marvel rispetto alla DC Comics, così come il complicato rapporto che lega questo vecchio cowboy a Zack Snyder, autore discontinuo che nel corso degli anni è riuscito a regalare discrete soddisfazioni e ciofeche immonde: con il tentativo orchestrato proprio da quest'ultimo di organizzare una sorta di risposta cinematografica made in DC per contrastare il sempre notevole successo del Cinematic Universe della Marvel ho avuto la conferma di tutti i limiti non solo dei seriosi e troppo statici charachters della concorrente principe di Mamma M, ma anche dello stesso Snyder, complici produzioni decisamente soporifere e poco incisive legate a Superman e Batman, i due portabandiera di questo universo.
Proprio in questo senso mi aspettavo che Justice League potesse esplodere come una bomba e guadagnarsi un posto d'onore nella Top Ten dedicata al peggio dell'anno degli appena assegnati Ford Awards: una previsione che, come accaduto di recente con Madre! di Aronofsky, non ha trovato riscontro nella realtà.
Justice League è ben lungi dal poter essere considerato un bel film - o anche solo discreto -, eppure si è presentato decisamente meno peggio di quanto potessi aspettarmi, complici senza dubbio la Wonder Woman di Gal Gagot - di gran lunga il charachter più interessante di questo "universo" - ed un ritmo che, nonostante le lungaggini tipiche di Snyder e la pesantezza devastante di Superman e del Batman di Ben Affleck - che pare aver cancellato tutto il bene fatto da Nolan e Bale con l'Uomo Pipistrello - non è risultato così lento: due sorprese che sono valse alla pellicola la mancata presenza nella già citata Top Ten del peggio del duemiladiciassette ma che non alimentano certo l'hype per un eventuale secondo capitolo del "supergruppo" della DC, che oltre alla noia di Supes e Batman presenta un Aquaman totalmente inutile - portato sullo schermo solo per contare sulla presenza accalappia donne di Momoa -, un Flash acerbo nonchè copia sbiadita di Spider Man per spirito ed un charachter impresentabile anche a livello di effetti come Cyborg.
Per quanto, dunque, il lavoro di Snyder e Whedon abbia scampato il peggio qui al Saloon - ma non al botteghino, che a quanto pare ha avuto poca pietà - penso basti riflettere sul fatto che, una volta esclusa la sua presenza ai Ford Awards, abbia clamorosamente dimenticato di doverne scrivere il post per due settimane buone è la prova di quanto poco consistente possa risultare per lo spettatore e la sua memoria: fossi nei produttori della risposta DC al Cinematic Universe, ripenserei ad una strategia diversa e valida così come ad un alleggerimento complessivo dei charachters, nonchè ad uno spazio sempre maggiore concesso all'unico volto che, in questa galleria, pare avere senso e spessore, quello di Wonder Woman.
Un segnale importante, considerati gli eventi dell'anno appena trascorso, per un regista fortemente "macho" come Snyder.
Oltre a fare la fortuna della sua autrice ed aver in qualche modo veicolato la vittoria del viaggio ad Orlando ed ai suoi fantastici parchi giochi dei Ford qualche anno fa, Harry Potter è stato senza ombra di dubbio un vero e proprio fenomeno di massa per le generazioni che ora vanno dall'adolescenza ai quaranta, in termini letterari, ludici o cinematografici.
Nonostante non sia mai stato un fan accanito del maghetto - mi sono fermato a L'ordine della fenice per quanto riguarda i romanzi, mentre ho amato solo a corrente alterna le trasposizioni su grande schermo - occorre ammettere che la sua saga ha avuto il merito di coinvolgere anche chi non se lo sarebbe mai aspettato, dando vita ad una vera e propria mitologia e ad opere "sorelle" come questa: Animali fantastici e dove trovarli, infatti, rappresenta l'inizio di una nuova epopea ambientata nello stesso mondo di Harry Potter, ma a partire dagli Stati Uniti degli anni venti, dunque ben prima che non solo il piccolo predestinato ma anche i suoi genitori nascessero.
Personalmente, non smaniavo all'idea di buttarmi in un'altra produzione di questo genere, ed ho approcciato la visione principalmente spinto dall'hype di Julez all'idea di tornare a gettarsi nel mondo della magia e dei babbani - o nomag, come pare si usi nel Nuovo Mondo -, e considerato il mio scetticismo, devo dire che il risultato del lavoro di David Yates è stato più che discreto: nonostante, infatti, una durata eccessiva ed una certa freddezza di fondo, Animali fantastici e dove trovarli è divertente e piacevole, non rappresenta nulla di nuovo per quanto riguarda il Cinema d'avventura per ragazzi ma non sfigura neppure, principalmente grazie alle creature curiose portate a spasso dal protagonista - un Eddie Redmayne che ha già cominciato a fare l'Eddie Redmayne, e per un attore al top del successo non è mai un bene - e alla spalla comica dello stesso, il Kovalski di Dan Fogler, vero e proprio jolly di una pellicola che, senza queste presenze decisamente spassose, avrebbe finito per apparire quasi troppo pretenziosa e seriosa, considerati i suoi elementi cardine.
Proprio la parte più dark, infatti, che aveva fatto la fortuna dei capitoli migliori della saga di Harry Potter - più precisamente quelli dal due al quattro, il mio personale favorito -, in questo caso pare appesantire eccessivamente una proposta che, al contrario, gira decisamente meglio quando lavora come fosse una pellicola figlia degli anni ottanta dei vari Il bambino d'oro e Labyrinth e perfino quando è il romanticismo a farla da padrone - immagino che la storia incrociata tra Newt, Kovaski e le due sorelle trovatesi sulla loro strada sia destinata a proseguire -, e prima Colin Farrell e dunque - per fortuna solo per una manciata di minuti, almeno per ora - Johnny Depp fanno sorgere più dubbi che altro proprio rispetto al "lato oscuro" di un prodotto che pare proprio non averne.
Promosso, parlando di "cattivi", Ezra Miller, che al contrario dei suoi blasonati colleghi appena citati, con i suoi turbamenti pare mostrare uno spessore in grado quantomeno di non far rimpiangere charachters come Voldemort, Codaliscia o Piton: un inizio sicuramente abbastanza promettente di una saga che, comunque, anche ora non ho così tanta voglia di seguire, priva della scintilla che trasforma un giocattolone in qualcosa destinato a segnare davvero un'epoca.
Ma la magia, così come gli animali, è imprevedibile: dunque chissà che, con il prossimo capitolo, non finisca per uscire davvero a bocca aperta anch'io.
La trama (con parole mie): Charlie ha quindici anni, e di fronte uno dei periodi più sconvolgenti della vita, il liceo. Timido, introverso, appassionato di lettura e decisamente poco incline al farsi notare, il ragazzo ha ancora nel cuore le ferite aperte della morte della zia - avvenuta a causa di un incidente d'auto quando era ancora bambino - e del suo migliore amico, suicidatosi la primavera appena trascorsa.
Quando il suo cammino incrocia quello di Patrick e Sam, fratello e sorella decisamente fuori dagli schemi nonchè senior alternativi e provocatori, tutto cambia: Charlie, infatti, scoprirà come tirare fuori se stesso, innamorarsi, soffrire e ricominciare tutto da capo gridando a squarciagola la sua voglia di vivere.
Per una volta, lasciandosi salvare. Prendendo un amore invece di accettarlo.
Ed essere infinito.
E’ bastato un momento, per essere proiettato indietro nel tempo fin nel profondo settembre novantatre, quando iniziò l’avventura al liceo dell’allora non troppo vecchio Ford. Vent’anni fa, a pensarci bene. Pazzesco, in una certa misura. Comunque, ai tempi il sottoscritto era molto simile all’introverso Charlie, protagonista di questo gioiellino che si inserisce al volo nelle sorprese più gradite di questo inizio duemilatredici, The perks of being a wallflower, tradotto con un non agghiacciante ma comunque meno indicato Noi siamo infinito qui nella Terra dei cachi: come Charlie, anche il piccoletto e magrolino Ford di allora cominciava a sognare di fare lo scrittore e sopravviveva in quella che era la sezione peggiore dell’istituto contando i giorni che l’avrebbero separato dalla fine di un’avventura che, dopo la sbronza di successi delle scuole medie – passate nella sezione migliore, tra recite in teatro ed una fama da protagonista -, si presentava come un brusco risveglio nella realtà al termine di un bel sogno. Come Charlie, Ford faticava ad alzare la mano per dare la risposta – anche quando era quella giusta -, si rifugiava in un mondo di fumetti e letteratura, si faceva fregare dalle compagne più inserite e fighe che in cambio di un finto interesse finivano per recuperare appunti o resoconti di libri che non avevano letto, teneva la rabbia dentro, come un blackout pronto a manifestarsi all’improvviso. Charlie, però, ha avuto due cose che dalle parti dell’allora non ancora Saloon non si sono mai viste neppure da lontano: un professore che lo comprendesse e gli insegnasse qualcosa – il Mr. Anderson interpretato da Paul Rudd, uno dei favoriti di casa Ford – ed un gruppo di amici per il quale io metterei la firma anche oggi, dallo stratosferico Patrick – un grandissimo Ezra Miller – a sua sorella Sam – una Emma Watson in grande spolvero -, tutti intenti a succhiare il midollo della vita – anche in senso letterale, in più di un’occasione – tra il Rocky Horror Picture Show e quella Heroes che rimanda alle corse nella metropolitana di Berlino che furono il canto di libertà di Christiane F. e della sua generazione prima che l’eroina giungesse a portarsi via tutto quello che poteva, e che per la prima volta – nonostante la sua fama – torna a farsi sentire sulla pelle come fosse un pezzo sconosciuto – come per i nostri tre protagonisti lanciati a perdifiato alla guida di un pick up che pare poter diventare una nave stellare pronta a portarli più lontani possibile da una realtà e da un periodo della vita tra i più tosti che si possano affrontare -. Ma torniamo a Ford: lui non ebbe un’insegnante di letteratura pronta a spronarlo – ma una gentile educatrice che, cercando di spacciarsi da novella Keating, fece comporre e leggere ad alta voce in classe una serie di poesie e di fronte alle difficoltà del non ancora cowboy lo esortò con grande professionalità e psicologia d’alta scuola a “non fare come Fantozzi” – o la fortuna di incontrare ragazzi dell’ultimo anno così diversi ed aperti da starlo ad ascoltare, ed aiutarlo a muovere i primi passi verso il tumulto che sarebbero stati gli anni successivi. Lui soffrì e tenne i pugni chiusi per due anni interminabili, e quando finalmente la sezione infame venne smembrata e finì in una classe decente gli parve quasi un miracolo: ma nel frattempo, insieme alla statura e ai capelli, era cresciuta la passione per la scrittura, che aveva contribuito alla sua sopravvivenza ma aveva innescato qualcosa che neppure lui poteva più controllare. L’adolescente Ford era diventato un vero stronzo. Così, quando durante il terzo anno conobbe quella che poteva essere la sua Sam, fece un passo indietro proprio quando poteva nascere una storia – Charlie, nella sequenza successiva alla rissa nella mensa scolastica, una delle più riuscite della pellicola, trova la forza di fermarsi ed abbracciare la ragazza di cui è innamorato; il Ford di allora avrebbe tirato dritto, preferendo macerare da solo – che senza dubbio sarebbe stata importante; cominciò a votare contro alle Occupazioni, per poi stare una settimana a casa a leggere e scrivere sbattendosene di tutto e di tutti; dal primo giorno della terza agli esami di maturità diede inizio ad una vera e propria guerra contro un’altra insegnante dalla grande professionalità, questa volta rispondendo sempre più a tono; ad ogni assemblea di classe prese ad abbandonare l’aula per farsi lunghi giri ascoltanto il suo fido walkman; dalla prima passò all’ultima fila, con un banco che si riempiva di citazioni di libri e canzoni; si rifugiò in storielle da neppure un mese con ragazze trattate sempre più di merda – una volta una di loro, al parco, cadde in motorino facendo una di quelle cazzate che si fanno a quell’età, e lui non si alzò neppure dalla panchina per andare ad aiutarla ad alzarsi -. Charlie è stato fortunato, a trovare Sam e Patrick, e coraggioso a mettere in gioco la sua sensibilità anche quando il rischio era decisamente alto, anche quando si trattava di spargere sale su vecchie ferite ancora aperte – l’amico morto suicida, la figura della zia -. Charlie è stato infinito, come quella corsa lungo il tunnel insieme a quelli che, per citare un altro grande film di formazione, sarebbero stati “i suoi migliori amici di sempre”. Ford, invece, ha fatto quello che ha saputo fare meglio per quasi tutta la sua vita: è sopravvissuto guadagnandosi con il sudore ogni centimetro di quello che ha conquistato, piangendo lacrime amare e finendo a gonfiarsi le mani per i pugni sferrati sfogando la rabbia che non riusciva ad uscire in altro modo che non fosse quello, o scrivere. Ed è stato profondamente stupido. Perché nessuno – esclusi un paio di altri squilibrati come lui, e comunque con diffidenza ed il contagocce – lo ha più cercato, dopo la fine di quell’epoca e gli esami di maturità, nell’estate del novantotto. Nessuno ha più voluto avere a che fare con quello stronzo dell’ultima fila che si credeva migliore degli altri e ringhiava se soltanto ci si avvicinava a lui. E hanno fatto bene. Eppure, ora quella sensazione mi manca. Perché ho l’impressione di avere perso qualcosa lungo la strada, anche se qualche tempo dopo, tra una sbronza e l’altra, il servizio civile e Barcellona, anche io ho potuto conoscere la sensazione di “essere infinito”. Il mio tunnel. E anche la persona che mi avrebbe salvato. E che continua a farlo ora. Nonostante tutto. Nonostante me. E ora voi direte: ma che c’entra tutto questo con la recensione del film? Nulla. Ma quando una pellicola parla al cuore e ci entra dentro, non c’è modo migliore di scriverne se non quello di lasciare uscire quello che non può – e non deve – stare dentro. Ecco: The perks of being a wallflower è stato come scoperchiare un Vaso di Pandora che tenevo chiuso da un sacco di tempo. O che forse, non avevo mai davvero aperto. In questo senso, e senza dubbio, questo film è infinito. Oltre ad essere già uno dei titoli dell’anno.
MrFord
"Though nothing, will keep us together
we could steal time, just for one day
we can be heroes, for ever and ever
what d'you say?"