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venerdì 16 dicembre 2016

Animali fantastici e dove trovarli (David Yates, UK/USA, 2016, 133')




Oltre a fare la fortuna della sua autrice ed aver in qualche modo veicolato la vittoria del viaggio ad Orlando ed ai suoi fantastici parchi giochi dei Ford qualche anno fa, Harry Potter è stato senza ombra di dubbio un vero e proprio fenomeno di massa per le generazioni che ora vanno dall'adolescenza ai quaranta, in termini letterari, ludici o cinematografici.
Nonostante non sia mai stato un fan accanito del maghetto - mi sono fermato a L'ordine della fenice per quanto riguarda i romanzi, mentre ho amato solo a corrente alterna le trasposizioni su grande schermo - occorre ammettere che la sua saga ha avuto il merito di coinvolgere anche chi non se lo sarebbe mai aspettato, dando vita ad una vera e propria mitologia e ad opere "sorelle" come questa: Animali fantastici e dove trovarli, infatti, rappresenta l'inizio di una nuova epopea ambientata nello stesso mondo di Harry Potter, ma a partire dagli Stati Uniti degli anni venti, dunque ben prima che non solo il piccolo predestinato ma anche i suoi genitori nascessero.
Personalmente, non smaniavo all'idea di buttarmi in un'altra produzione di questo genere, ed ho approcciato la visione principalmente spinto dall'hype di Julez all'idea di tornare a gettarsi nel mondo della magia e dei babbani - o nomag, come pare si usi nel Nuovo Mondo -, e considerato il mio scetticismo, devo dire che il risultato del lavoro di David Yates è stato più che discreto: nonostante, infatti, una durata eccessiva ed una certa freddezza di fondo, Animali fantastici e dove trovarli è divertente e piacevole, non rappresenta nulla di nuovo per quanto riguarda il Cinema d'avventura per ragazzi ma non sfigura neppure, principalmente grazie alle creature curiose portate a spasso dal protagonista - un Eddie Redmayne che ha già cominciato a fare l'Eddie Redmayne, e per un attore al top del successo non è mai un bene - e alla spalla comica dello stesso, il Kovalski di Dan Fogler, vero e proprio jolly di una pellicola che, senza queste presenze decisamente spassose, avrebbe finito per apparire quasi troppo pretenziosa e seriosa, considerati i suoi elementi cardine.
Proprio la parte più dark, infatti, che aveva fatto la fortuna dei capitoli migliori della saga di Harry Potter - più precisamente quelli dal due al quattro, il mio personale favorito -, in questo caso pare appesantire eccessivamente una proposta che, al contrario, gira decisamente meglio quando lavora come fosse una pellicola figlia degli anni ottanta dei vari Il bambino d'oro e Labyrinth e perfino quando è il romanticismo a farla da padrone - immagino che la storia incrociata tra Newt, Kovaski e le due sorelle trovatesi sulla loro strada sia destinata a proseguire -, e prima Colin Farrell e dunque - per fortuna solo per una manciata di minuti, almeno per ora - Johnny Depp fanno sorgere più dubbi che altro proprio rispetto al "lato oscuro" di un prodotto che pare proprio non averne.
Promosso, parlando di "cattivi", Ezra Miller, che al contrario dei suoi blasonati colleghi appena citati, con i suoi turbamenti pare mostrare uno spessore in grado quantomeno di non far rimpiangere charachters come Voldemort, Codaliscia o Piton: un inizio sicuramente abbastanza promettente di una saga che, comunque, anche ora non ho così tanta voglia di seguire, priva della scintilla che trasforma un giocattolone in qualcosa destinato a segnare davvero un'epoca.
Ma la magia, così come gli animali, è imprevedibile: dunque chissà che, con il prossimo capitolo, non finisca per uscire davvero a bocca aperta anch'io.




MrFord




lunedì 26 settembre 2016

The legend of Tarzan (David Yates, USA/UK/Canada, 2016, 110')









Uno dei piaceri di essere tornato a scrivere quotidianamente è dato dal fatto di essermi liberato ancor più di prima della zavorra di recensore "duro e puro", di critico cinematografico o aspirante tale e soprattutto di radical che mi attanagliava parecchi anni fa: il vecchio non ancora vecchio cowboy di allora avrebbe non solo ripudiato un'uscita in sala come The legend of Tarzan, ma anche sparato a zero su una pellicola assolutamente sacrificata sull'altare dei blockbuster, dallo spiccato gusto anni novanta ed incentrata principalmente, almeno per quanto riguarda la promozione della stessa, sugli addominali scolpiti di Skarsgard, figlio d'arte reduce dalla cavalcata finita in modo decisamente poco trionfale di True Blood.
Fortunatamente, quell'epoca è decisamente tramontata, e mi trovo con onestà ad ammettere di essermi goduto questo reboot - se così si può chiamare, considerato che si tratta di una rilettura - firmato dal David Yates degli ultimi, spenti Harry Potter dal primo all'ultimo minuto neanche fosse una versione riuscita - in termini di qualità ed intrattenimento - di un floppone targato nineties dal quale ai tempi della prima adolescenza aspettavo grandi cose come Spiriti nelle tenebre, di gran lunga tra i titoli "di cassetta" più goduriosi dell'estate appena trascorsa: certo, non posso dire se tra qualche tempo - o al momento della pubblicazione di questo post, che avverrà più o meno ad un mese dalla visione e dalla stesura di questo post, se non di più - non l'avrò completamente rimosso, o se avrà mai un posto nella vasta collezione di dvd e bluray del Saloon, ma senza dubbio lo assocerò per sempre non alla figura senza dubbio mitica di Tarzan - comunque reso discretamente dal fu Erik Northman e già citato Skarsgard - o dall'ormai scontatissimo Waltz - che, comunque, regala la battuta migliore del film con quel "Questo è l'urlo di Tarzan? Me lo aspettavo diverso!" - ma al Fordino, che alle prime avvisaglie di crescita comincia a manifestare interesse per i film dall'inizio alla fine, abbandonando - come in questo caso - addirittura i suoi adorati animali per sedersi sul divano accanto a me e partecipare con emozioni crescenti alla visione.
Guardare il mio piccolo grande uomo stringersi a me per la tensione nel corso del duello tra Tarzan ed il suo fratello scimmia divenuto rivale o saltare in preda all'euforia nel momento della rivincita che la popolazione - umana ed animale - della foresta nera africana sui tentativi dell'uomo occidentale e "civilizzato" di derubare le sue risorse togliendo la vita ai suoi figli rende questo film - a prescindere da quello che è l'effettivo ed oggettivo suo valore artistico - una delle esperienze da spettatore e da uomo più belle che ricordi, e non solo mi fa quasi sperare in un ipotetico sequel, ma anche di aver trasmesso già da ora, una visione dopo l'altra, la stessa passione del sottoscritto per la magia del grande schermo anche a mio figlio, alimentando il desiderio di poter condividere questo tipo di momenti con lui anche in futuro, e chissà, forse un giorno anche uno spazio come questo.
Dunque sì, il Tarzan di David Yates non inventa nulla di nuovo, si appoggia agli effetti ed agli stratagemmi - dagli addominali tarzaneschi a Margot Robbie - come ad una ciambella di salvataggio, sfrutta l'enfasi dell'epica di grana grossa, spoglia l'eredità di un personaggio cult di tutto quello che potrebbe essere anche vagamente autoriale, ma anche fosse una vuota, inutile, campata in aria operazione di marketing, è riuscita in ogni caso a regalare una parentesi di magia ad un bimbo dalle energie e curiosità inesauribili e dalla passione sfrenata per gli animali.
E, spero davvero, anche per il Cinema.
Per me, va più che bene così.





MrFord





mercoledì 20 luglio 2011

Harry Potter e i doni della morte Parte 2

La trama (con parole mie): Harry Potter e i suoi fedeli amici Ron ed Hermione sono all'ultimo atto della loro battaglia contro Voldemort, il nemico che ha perseguitato il giovane mago fin dall'infanzia. La lotta sarà all'ultimo sangue, e coinvolgerà il mondo dei babbani così come tutte le creature magiche viste nel corso dei dieci anni che hanno dato vita ad una delle saghe letterarie e cinematografiche di maggior successo di tutti i tempi.
I nodi verranno al pettine, molti moriranno e lo stesso Harry dovrà essere pronto a sacrificare perfino se stesso per riuscire ad annientare il suo pericolosissimo nemico: effetti, combattimenti, aura dark, voli vorticosi come in una giostra in 3D, chi più ne ha più ne metta.
Peccato che la sceneggiatura di questo attesissimo ultimo capitolo sia, forse, la peggiore mai portata sullo schermo nel corso dell'epopea del signor Potter.

David Yates e la gigantesca produzione Warner si erano risparmiati tutto per il confronto decisivo Potter/Voldemort: la decisione di spezzare l'ultimo romanzo della serie in due film, oltre che dettata dalla praticità di poter approfondire meglio i molti avvenimenti, è stata influenzata certamente dal marketing e dalla volontà di tirare fuori più soldi possibili dagli ultimi incantesimi di Harry e soci.
Allo stesso modo, nello strutturare I doni della morte, regista e sceneggiatori si sono concentrati sul creare aspettativa nel corso dell'intera prima parte per poi esplodere il tripudio degli effetti e delle emozioni nella pellicola che, di fatto, chiude un lungo capitolo delle vite di spettatori, cast e, in qualche modo, del Cinema, che per la prima volta ha assistito alla creazione di un universo snodato attraverso dieci anni e otto pellicole, capace di accompagnare nella crescita i suoi protagonisti da una parte e dall'altra dello schermo.
Purtroppo, devo ammettere che l'avventura legata alla settima arte del mago più famoso della letteratura non si è conclusa nel migliore dei modi, e neppure in quello che speravo: nonostante il 3D - ma è davvero utile questo supporto che così tanto sta influenzando il mondo del Cinema? -, gli effetti, l'emozione inevitabile provata rispetto alla conclusione di una saga iniziata tanto tempo fa, la seconda parte de I doni della morte pare non decollare mai, e ad un inizio ancora più lento ed inconcludente del film precedente accoda l'ormai consueta, titanica, signoredeglianellesca battaglia con tutto il campionario delle creature e dei personaggi mostrati nel corso delle avventure di Harry, priva però di un supporto sostanzioso da parte dello script, che pare proprio tagliato - male - con l'accetta ed assolutamente inconsistente, a tratti privo di logica e votato a soluzioni di comodo confezionate giuste giuste per la risoluzione della singola scena - l'arrivo a Hogwarts e l'improvvisa apparizione dei membri dell'Ordine della fenice, la comparsa di Hagrid a tre quarti dello svolgimento del film già nelle mani di Voldemort, l'assenza di Codaliscia, il poco giustificato finale che non svela nulla del futuro dei protagonisti solo per citarne alcune - ma mai davvero efficaci.
Fortunatamente, a salvare l'intera visione, baracca e burattini, ci pensa una sequenza splendida dedicata al viaggio di Harry nei ricordi di Piton attraverso il Pensatoio di Silente, unico momento di vera, sentita, grande emozione all'interno di uno spettacolo che pare principalmente votato al profitto, e che neppure lontanamente - nonostante l'evidente ispirazione - raggiunge i livelli de Il ritorno del re, e neppure dei più riusciti film della saga - Il calice di fuoco è distante anni luce -.
Dimostrazione, questa, del fatto che Yates, forse, avrebbe dovuto, oltre che sull'atmosfera, concentrarsi sulle caratterizzazioni dei personaggi, sempre in grado di toccare il pubblico nel profondo ed ispirare chi sta dall'altra parte della macchina da presa regalando idee e sentimento, ancora la formula migliore del nostro amato Cinema, in barba alle nuove tecnologie e agli stessi effetti speciali, per quanto curati e d'impatto possano essere.
E' davvero un peccato non poter andare a fondo nell'analisi del viaggio nella memoria di Piton a causa degli spoiler che la stessa comporterebbe, dunque mi costringo a tacere e vi dico che se esiste un motivo per seguire quest'ultimo capitolo delle avventure di Harry Potter non è Harry stesso, la resa visiva, la battaglia contro le forze del male, il vorticoso viaggio all'interno della banca alla ricerca di uno degli Orcrux mancanti, o l'anticamera dell'Aldilà teatro del confronto tra Harry e Silente, e neppure la stessa conclusione: se esiste un motivo, sta tutto nell'esplosione di quello che, a conti fatti, è uno dei personaggi più sfaccettati, significativi ed interessanti dell'intero ciclo di film - e di romanzi -: Severus Piton.
A tenere alte le insegne del grande giocattolo di Harry Potter, dunque, alla fine è uno dei simboli della casa dei Serpeverde. 
Uno che è sempre stato un outsider, e ha sacrificato il successo personale per continuare a tenere i cavalli che avrebbero portato in trionfo il giovane Harry.
Senza dubbio, se è successo quello che è successo, gran parte del merito è suo.
Come accade per ciò che di buono si può trovare nella visione di questo film.

MrFord

"It’s all part of his charm
well, he’s drunk with power
and he’s on Malfoy’s side
been saying it since the first one,
I don't trust this guy.”
The Remus Lupins - "Snape" -
 

 

martedì 19 luglio 2011

Harry Potter e i doni della morte Parte I

La trama (con parole mie): il cerchio comincia a chiudersi sulla vicenda di Harry Potter e del suo antagonista Voldemort, dopo la morte di Silente divenuto il vero e proprio dominatore del mondo della magia, e non solo. Con gli organi di potere saldamente nelle mani dei suoi mangiamorte, colui che non deve essere nominato è pronto a sferrare il colpo decisivo all'Ordine della fenice e ai suoi membri: toccherà a Harry, Ron e Hermione fuggire e tenersi nascosti cercando al contempo di recuperare gli Horcrux, oggetti magici impregnati dell'anima del signore oscuro, per distruggerli e sperare di avere una chance per sopravvivere e salvare il mondo.

Onestamente, Harry Potter non mi è mai dispiaciuto.
Ho letto i primi cinque libri e visto tutti i film, e - con gli alti e bassi tipici di una saga così lunga - devo ammettere di essere sempre rimasto tutto sommato soddisfatto, considerato che, superati gli eighties ed escluso Il signore degli anelli, il grande schermo non è mai davvero stato capace, negli ultimi dieci/quindici anni, di proporre serie in grado di soddisfare il pubblico più giovane così come quello adulto che si incaricava di accompagnare figli, nipoti, fratelli e sorelle minori al Cinema.
Le vicende del mago creato dalla furbissima Rowling hanno senza dubbio il grande pregio di parlare a qualunque genere di spettatore mettendo in moto meccanismi d'immedesimazione in pieno stile fanciullesco "io sono questo e tu sei quell'altro, e ovviamente quello che sono io è molto migliore di quello che sei tu", un pò quello che accade a me e Cannibale quando non risparmiamo colpi bassi nelle nostre Blog wars.
A questo proposito, l'attesa per questo doppio ultimo capitolo era fervente sia da parte dei fan hardcore della saga, sia da parte di chi, pur avendola seguita solo cinematograficamente e magari senza averla apprezzata nella sua interezza si ritrova inchiodato alla poltrona mosso dalla curiosità del finale: il lavoro di Yates, già regista del cupissimo Il principe mezzosangue, è a mio parere senza infamia e senza lode, e se da un lato ha senz'altro il merito di risultare scorrevole ed accattivante, dall'altro paga il fatto di non essere altro che un raccordo tra il finale del succitato Il principe mezzosangue e la morte di Albus Silente e lo scontro finale tra Harry e Voldemort, fissato per la seconda parte di questo doppio ultimo capitolo.
In particolare, lo script pare funzionare a corrente alterna, e pur non risultando ostico per un non lettore del romanzo - e lo dico con coscienza, essendomi fermato al quinto dei libri - non riesce a generare la tensione che altri capitoli erano stati in grado di regalare all'audience - su tutti, il quarto, a mio parere ancora il migliore della serie, parlando sia dei romanzi che dei film -: l'atmosfera oppressiva e quasi dark della pellicola precedente viene addirittura resa più soffocante, ma appare più una questione di confezione che non di effettiva portata drammatica del lavoro di Yates, più preoccupato di seguire i suoi giovani divi nella loro corsa turbata dai tormenti adolescenziali e dalla presenza del malefico Voldemort che non di approfondire davvero l'intera galleria dei personaggi, quasi si volessero risparmiare i colpi migliori per la seconda parte.
Anche idee a loro modo coraggiose come la divertente scena dei molteplici Harry Potter o il racconto dei tre fratelli e i doni della morte - praticamente un corto d'animazione - finiscono per scomparire rispetto all'insistita attenzione posta dal regista sui suoi giovanissimi divi.
Una sorta di incompiuta, dunque, che probabilmente si rivelerà un successo o una delusione a seconda del risultato del finale che attende al varco in questi giorni i fan del giovane Harry e anche, probabilmente - ma non lo ammetteranno mai -, quelli che fingono che la cosa non li tocchi più di tanto, ma smaniano allo stesso modo di scoprire se, quando la polvere si sarà posata, Voldemort sarà sconfitto, e a quale prezzo.
Del resto, più o meno, poco importa.
Dimenticavo: io sono sicuramente un Serpeverde, ma Voldemort e soci li prenderei ugualmente a bottigliate.
In fondo, non vorrete mica che usi una bacchetta!


MrFord


"You brought it upon yourself
it's slow but final
with nothing to gain
you brought it upon yourself
it's slow but final
it starts today."
Dark tranquillity - "A closer end" -

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