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giovedì 17 settembre 2015

Come ti rovino le vacanze

Regia: John Francis Daley, Jonathan M. Goldstein
Origine: USA 
Anno: 2015
Durata: 99'






La trama (con parole mie): Rusty Griswold, pilota d'aereo di una linea che copre solo tratte locali, sbeffeggiato dai colleghi legati a compagnie più prestigiose e dubbioso a proposito della soddisfazione di moglie e figli della vita che offre loro, decide di rompere la routine caricando l'intero focolare domestico in una macchina a noleggio per avventurarsi in un lungo viaggio on the road attraverso gli States che possa condurre i suoi membri alla scoperta di più o meno remote località sfruttando il percorso per un paio di salti nel passato.
La meta del tragitto è Wally World, un parco tematico che fu al centro di uno dei viaggi più memorabili che lo stesso Rusty compì da bambino in compagnia della sorella e dei genitori: l'idea si rivelerà vincente, o il risultato sarà disastroso?








Se qualcuno mi avesse assicurato, fino a qualche minuto prima della visione, che mi sarei divertito come un cazzone guardando Come ti rovino le vacanze, tipica commedia sguaiata made in USA on the road come ce ne sono e probabilmente ce ne saranno a mazzi legata al tema evergreen della Famiglia, sarei stato indeciso tra una risata fragorosa o una bottigliata dritta sul grugno.
E reagendo in un modo o nell'altro avrei clamorosamente avuto torto, perchè nonostante tutti i suoi limiti - evidenti ed alla luce del sole - il lavoro di Goldstein e Daley è riuscito a tirare fuori il lato cazzaro e da neuroni zero del sottoscritto regalando una perfetta serata senza impegno ottima per celebrare la parte finale della stagione cazzara e da neuroni zero per eccellenza - almeno per quanto riguarda ascolti e visioni -, l'estate.
Neanche mi trovassi di fronte ad un Apatow o ad un Kevin Smith, ho seguito la curiosa epopea dei Griswold sghignazzando della grossa di fronte alle trovate buone per i trailer - come il tentativo di imitare Vin Diesel al volante -, alle battutacce di grana grossa - quella dell'anilingus è una vera chicca - e grazie ai personaggi del più piccolo della brigata - casinaro ed amante del wrestling - e dello Stone di Chris Hemsworth, bravo a prendersi per il culo e sfoderare un personaggio che rappresenta tutto quello che ogni sfigato in stile Ed Helms vorrebbe almeno all'apparenza essere e tutto quello che pusillanimi radical come Cannibal Kid detestano.
Pur essendo dunque cosciente della pochezza tecnica e della mancanza d'originalità del prodotto, ho trovato Come ti rovino le vacanze assolutamente perfetto per il ruolo che queste pellicole dovrebbero ritagliarsi, per nulla autocompiaciuto o con pretese fuori portata per il filmetto che è, pronto a sballotare l'audience provocando un effetto simile a quello dei fast food quando si è preda della voglia irresistibile di schifezze spesso e volentieri prima o dopo una visione in sala, e per quanto si sia pienamente coscienti di non avere di fronte portate da alta cucina ci si gode ogni boccone come un condannato a morte all'ultimo pasto: e dall'evoluzione assolutamente telefonata ai colpi bassi come la fogna a cielo aperto, passando per le brevi parti ritagliate per Chavy Chase e Norman Reedus, uno dei volti più amati di The Walking Dead, dedicarmi a questa visione è stato assolutamente così.
Tutto questo senza contare che le difficoltà ed il divertimento caotico dei viaggi in famiglia sono effettivamente gli ingredienti che rendono, di norma, i ricordi di traversate di questo genere più vividi di tutti gli altri, e solleticano l'amarcord di ognuno di noi più anni trascorrono dalle vacanze stesse, trasformando quelle che ci sono parse situazioni drammatiche o grottesche in istantanee mitiche e quasi leggendarie.
Poi, certo, potrò imbellettare le cose quanto e più possibile, ma il segreto dietro a Come ti rovino le vacanze, per quanto mi riguarda, è stato ed è uno soltanto: mi sono inspiegabilmente, clamorosamente e sguaiatamente divertito.
E a volte la cosa all'apparenza più banale finisce per diventare assolutamente importante.
Un pò quello che succede anche con la Famiglia.




MrFord




"Oh I'm begging Lord to save me and let me go,
to see my family,
and keep it inside,
dry eyes, while my brother weeps.
save my soul,
please Father let me go.
keep me safe, as my mother sleeps."

Ed Sheeran - "Family" - 






mercoledì 25 settembre 2013

Come ti spaccio la famiglia

Regia: Rawson Marshall Turber
Origine:
USA
Anno:
2013
Durata:
110'




La trama (con parole mie): David Clark è un piccolo spacciatore che opera a Denver, e che fin dai tempi del college si dedica alla vendita al dettaglio di piccoli quantitativi di erba fornitagli dal suo boss, il decisamente scombinato e sopra le righe Brad Gurdlinger. Quando, a seguito di una rapina, perde la merce ed i risparmi di una settimana, è costretto ad accettare un incarico da "mulo" in modo da recuperare una partita di erba dal Messico per poi riportarla negli States.
Per evitare di essere immediatamente classificato come potenziale contrabbandiere e fermato alla frontiera, David organizza così un viaggio "di famiglia" costruendosi un'identità da padre totalmente fittizia: accompagnato dalla vicina spogliarellista in crisi con il fidanzato e completamente in bolletta Rose, "adotta" il decisamente sfigato Kenny, adolescente che vive abbandonato dalla madre nel suo palazzo, e la ribelle più o meno senzatetto Casey, ordinando ai suoi inusuali compagni di viaggio di apparire come una sorta di cloni della famiglia Bradford in modo da destare meno sospetti possibili.
Giunti a destinazione e convinti di potersela cavare facilmente, i "neonati" Miller si troveranno ad affrontare un viaggio di ritorno decisamente travagliato.




Di recente, il tam tam della blogosfera a proposito di quella che si è rivelata - in termini di incassi - la commedia made in USA dell'anno è riuscito a portare Come ti spaccio la famiglia - adattamento pessimo dell'originale We're the Millers - anche al Saloon, nonostante l'iniziale diffidenza del sottoscritto a proposito di quello che avrebbe potuto essere l'effettivo valore del lavoro di Rawson Mashall Turber.
A visione ultimata, devo ammettere che il risultato è stato in qualche modo ambivalente: da un lato ho trovato il film assolutamente divertente, sboccato quanto basta per piacere ad un tipo pane e salame come il sottoscritto nonchè perfetto per intrattenere in una di quelle serate senza impegno nel corso della quale si dovrebbe essere grati per ogni risata sguaiata fatta di pancia e come si deve; dall'altro, seppur sottilmente, mi è parso che questo titolo mancasse della dose di coraggio necessaria per confezionare un lavoro davvero polically scorrect da satira selvaggia ed umorismo nero: in una certa misura, infatti, tutte le situazioni più scomode - che a ben vedere risultano anche le più divertenti, tra l'altro - non osano mai oltre una certa misura, e dall'ipotetico pompino al poliziotto messicano fino allo scambio di coppia la presunta volgarità della pellicola non si spinge mai oltre la linea che avrebbe rischiato di comprometterne la distribuzione da parte di una major, senza contare che il finale "tutto è bene quel che finisce bene" mi ha dato l'impressione di una certa ipocrisia, rispetto alla direzione che pare prendere l'intero film dai primi minuti.
Un peccato, a conti fatti, tanto che soprattutto la chiusura in pieno stile Quei bravi ragazzi - anche se, ovviamente, paragonare i due film risulterebbe praticamente fantascienza - ha in parte rovinato la festa che fino a quel momento era stata la visione, una delle più godibili dal punto di vista della risata incontrollata dai tempi di Sharknado.
Non voglio però fare le pulci a quello che, di fatto, è uno dei titoli più genuinamente sguaiati del periodo passando per il capostipite di quei radical chic cinefili che tanto detesto, quindi archivio la discussione ed affermo senza riserve che Come ti spaccio la famiglia è riuscito nell'impresa di regalare sonore sghignazzate agli occupanti di casa Ford praticamente per tutta la sua durata, che il lavoro degli attori è perfetto - dall'ormai mitico (per il genere) Jason Sudeikis ad una sorprendente Jennifer Aniston, che pare sempre più yeah rispetto alla legnosissima Jolie che, ai tempi, le rubò clamorosamente il buon Brad Pitt da sotto il naso - e che l'idea della famiglia disfunzionale - molto disfunzionale, anzi: da antologia la sequenza delle prove di bacio - in viaggio per contrabbandare una quantità enorme di erba è decisamente interessante - anche se non sviluppata con la stessa profondità e qualità di cose come Shameless o Breaking bad, ennesima prova delle rivelazioni che può riservare il piccolo schermo -.
Detto questo, probabilmente il miglior modo di gustarsi appieno Sudeikis e soci in tutte le tappe del loro road movie è quello di mettere da parte qualsiasi riflessione o approfondimento, agguantare dell'alcool, accompagnarlo con vagonate di patatine e lasciare che questo film faccia quello che gli riesce meglio: far ridere. 
Senza troppi peli sulla lingua e certamente con qualcuno in più sullo stomaco.
Anche perchè essere fighe di legno difficilmente gioverebbe nella fruizione del prodotto.
Sia esso su pellicola, o di natura vegetale.


MrFord


"Don’t go chasing waterfalls
please stick to the rivers
and the lakes that you’re used to
I know that you’re gonna have it
your way or nothing at all
but I think you're moving too fast."
TLC - "Waterfalls" - 


domenica 30 ottobre 2011

Benvenuti a Cedar Rapids

Regia: Miguel Arteta
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 87'



La trama (con parole mie): Tim Lippe è un assicuratore della Brown Valley, in Wisconsin, non ha mai volato o viaggiato, ha una relazione con la sua ex insegnante delle elementari ed è un nerd fatto e finito.
Quando l'uomo di punta della sua agenzia muore a seguito di pratiche di autoerotismo estreme, il boss decide che sarà Tim a prenderne il posto nell'annuale convention di Cedar Rapids, mandandolo a caccia del quarto premio consecutivo come migliore agenzia del Paese.
I pochi giorni passati lontano da casa significheranno, per Tim, una vera e propria rivoluzione interiore tra alcool, droga, nuove amicizie, sesso e la scoperta del vero volto del mondo da lui creduto dorato degli assicuratori: un covo di avvoltoi e squali mascherato da un puritanesimo della peggior specie.



Non è la prima volta, ultimamente, che la commedia americana apparentemente demenziale, pur non attestandosi a livelli particolarmente clamorosi, riesce a sorprendermi in positivo, finendo per risultare una visione godibile e rilassante invece di un vero e proprio disastro da bottigliate: di recente, la piacevole Come ammazzare il capo e vivere felici così come la sorpresa Crazy, stupid love hanno riabilitato il genere in casa Ford, spingendomi a recuperare questo lavoro di Miguel Arteta per conciliare un pomeriggio da divano selvaggio e patatine in pieno relax da lontananza dal lavoro.
Grazie anche soprattutto alle presenze di Ed Helms - memore delle sue notti da leone - e John C. Reilly il cast risulta azzeccato e in discreta forma - ottima anche Sigourney Weaver nel ruolo della tardona dalla gran voglia di divertirsi a letto -, e fa da cornice ad una regia certo non superiore al più semplice mestiere, ma che porta a casa la pagnotta riuscendo, a tratti, quasi ad apparire come una commedia "alla Sundance".
Dovendo rimanere qualche secondo in più sulle questioni tecniche, mi pare doveroso citare anche l'ottima fotografia, a tratti addirittura patinata, che si concentra su toni molto autunnali e gioca sull'equilibrio tra costumi e scenografia.
Giusto, però, per non apparire come un barboso professore per la gioia del mio nemico Cannibale, lascio alle spalle il giudizio critico per concentrarmi su una storia soltanto apparentemente sguaiata che rivela un'anima malinconica, facendo leva su un quartetto di protagonisti completamente allo sbando impegnati - almeno al principio - ad apparire decisamente meno complessati e disequilibrati di quanto in realtà non siano - un pò quello che accade a tutti noi nell'ambito lavorativo, e spesso e volentieri non solo -, senza risparmiare qualche sonora ed apprezzatissima frecciata al bigottismo fasullo da chiesotti figli della provincia profonda.
La riscossa di Tim/Ed Helms, passata attraverso l'emancipazione da tutte le regole di perbenismo in cui lo stesso protagonista è vissuto quasi rifugiandovisi fino a quel momento è un piacevole spasso fantozziano per lo spettatore, che, pur non identificandosi con il protagonista - almeno per quanto mi riguarda, ho trovato decisamente più affine la figura del casinaro Dean Ziegler/John C. Reilly, vera e propria mina vagante della convention di Cedar Rapids -, non ha difficoltà ad empatizzare con le sue gesta da imbranato conquistatore in grado di sedurre la madre di famiglia Joan Fox - personaggio che ricorda molto quello della Alex Goran/Vera Farmiga di Tra le nuvole - e la giovane prostituta Bree, che apre all'impacciato Tim un mondo che riporta alle situazioni limite del magnifico Winter's bone.
Certo, stiamo parlando di un film piccolo piccolo, eppure, a tratti, quasi mi è parso di tornare indietro ai tempi della stagione migliore del Cinema indipendente americano, quando il radicalchicchismo era soltanto un miraggio ed una certa dolceamara spontaneità la faceva di gran lunga da padrona: considerate le aspettative che nutrivo a proposito di questa pellicola, direi che si potrebbe considerare addirittura un (quasi) successo.
Inoltre, momenti come il fuori programma in piscina di Ziegler, Tim e Joan o l'ingresso trionfale al party in soccorso di Tim di Ronald in versione The Wire diventano piccole perle in grado (di nuovo quasi) di apparire a loro modo cult.
Insomma, dovendo pensare di dedicare un'ora e mezza scarsa ad un ozio gradevole e in qualche modo costruttivo, sicuramente una gita a Cedar Rapids è da prendere in considerazione: non si sa mai che i racconti delle vostre gesta non diventino un modo per farsi ammirare dalla hostess di turno.

MrFord

"But tell me please, would you one time just let me be myself ?
So I can shine with my own light, let me be myself
Would you let me be myself?"
3 Doors Down - "Let me be myself" -
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