martedì 11 settembre 2018

Revenge (Coralie Fargeat, Francia/Belgio, 2017, 108')




- Se c'è una cosa che ho amato dal primo momento e che amo ancora oggi a distanza di anni della blogosfera, è il tam tam che porta alla scoperta di titoli dimenticati o potenzialmente dimenticati dai distributori italiani.

- Coralie Fargeat, praticamente un'esordiente seppure "datata" - ha quarantadue anni -, confeziona un thriller perfetto per il contesto sociale che si è sviluppato negli ultimi anni, dal sapore molto nineties ma ugualmente adattato ai gusti attuali, una specie di remix di un dj di quelli di moda ora che ripesca qualcosa come All that she wants.

- La trama è assolutamente implausibile, così come lo svolgimento, eppure il gioco messo in scena dalla regista funziona, il messaggio è ben chiaro, la cornice fantastica. Montaggio e fotografia sono ottimi, e personalmente ho adorato i colori pastello affiancati ad una violenza che ha riportato alla mente Wolf Creek e The Descent.

- L'idea vincente, a prescindere da tutto, è l'assoluta onestà della Fargeat di portare in scena una metafora e uno spettacolo pop, una versione decisamente più riuscita di Alta tensione di Aja di una quindicina di anni fa: non ci sono pretese, e accanto alle possibili implicazioni impegnate, si regalano momenti ad alto tasso di goduriosa ignoranza.

- Scena sicuramente cult per il sottoscritto resterà il momento lisergico della protagonista nella grotta sotto l'effetto del peyote, così come mitico rimane il marchio del logo della birra sulla ferita cauterizzata: una tamarrata che neppure il più tamarro dei registi finto macho d'azione anni ottanta sarebbe riuscito ad immaginare. Chapeau.

- Altro passaggio notevole è il confronto finale nella villa - stupenda, tra l'altro - tra la protagonista ed il suo ormai ex amante, sanguinoso e giocato sul montaggio in pieno stile tarantiniano. E' chiaro a tutti fin dal principio come andranno a finire le cose, ma ce lo si gusta come se non lo si sapesse.

- Revenge, che tratta temi vecchi come il mondo - anche se fingiamo di no, certe dinamiche probabilmente esistono da sempre ed andrebbero combattute alla radice più che con moralismi o riscatti violenti -, rappresenta alla perfezione quella che è una proposta in grado di accontentare il pubblico occasionale e quello smaliziato, il sacro ed il profano, l'Uomo e la Donna. Merito, probabilmente, di una regista che è stata in grado di raccogliere idee e riflessioni e portarle sullo schermo senza pretese o pipponi. Piuttosto, con tanto sangue, colore e polvere.
Una specie di concessione ad un mondo a prevalenza maschile.



MrFord



 

7 commenti:

  1. Adorato allo scorso Torino Film Festival e felice, alla fine, sia arrivato anche da noi: avevo i miei dubbi.

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    1. Anch'io pensavo non sarebbe mai arrivato. Meglio così!

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  2. Molto figo e molto divertente, senza dubbio. Forse considerarlo un supercult è troppo, ma avercene!

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  3. Giusto tu potevi parlare di questo film senza manco menzionare la prova grandiosa, in tutti i sensi possibili, di Matilda Lutz...

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    1. Senza dubbio un'ottima prova, questo è certo. Sotto tutti i punti di vista.
      Per una volta, hai fatto un'osservazione acuta. Ahahahahah! ;)

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