Regia: Paddy Considine
Origine: UK
Anno: 2011
Durata: 92'
Durata: 92'
La trama (con parole mie): Joseph, un vedovo figlio della periferia estrema, della violenza e del rancore, dedito ad alcool e scatti d'ira, si rifugia nel negozio della devota Hannah, una donna legata ai principi cristiani che ha un background molto lontano - apparentemente - da quello rabbioso dell'uomo.
I due, nonostante le ferite infertesi reciprocamente ed eredità delle vite che li hanno condotti fino a quell'incontro, troveranno il modo di divenire l'uno la salvezza dell'altra, lottanto soli ma con la consapevolezza di avere qualcuno che, pur in modo singolare, guarderà sempre loro le spalle.
Una storia quasi d'amore atipica e straziante, una rinascita che, più che di seconda occasione, sa di presa di coscienza di tutti i limiti di questo mondo e dell'altro.
Sempre che ci sia.
A volte capita di incrociare il cammino di alcuni film durissimi e "spietati", per usare un paragone eastwoodiano di quelli che saranno sempre benvoluti da queste parti.
Veri e propri pugni in faccia, che paiono giunti appositamente per far sanguinare.
Paddy Considine, figlio della scuola "hard rock" inglese dei Ken Loach e degli Shane Meadows - fu il protagonista dell'ottimo ed altrettanto potente Dead man's shoes - si iscrive a pieno titolo nella categoria con un esordio clamoroso, una storia dalle tinte fosche, drammatica e violenta che riporta alla mente le immagini del miglior - e già citato - Loach, quello del mio favorito My name is Joe.
Proprio con questo titolo Tyrannosaur condivide il protagonista, quel Peter Mullan che con Magdalene vinse qualche anno fa anche un Leone d'oro come regista, letteralmente gigantesco nel portare sulla scena il ringhiante Joseph, un uomo figlio di una vita che non è e non sarà mai abituata a lesinare colpi che lui pare pronto a restituire uno per uno.
A volte anche senza che sia necessario.
Al suo fianco Olivia Colman, interprete praticamente sconosciuta sulle scene internazionali eppure altrettanto brava nel rendere il charachter di Hannah, vittima designata dello stesso mondo cattivo che quelli come Joseph combattono senza guardare in faccia a nessuno.
Hannah non è come lui. Hannah porge l'altra guancia. Hannah che prega per chi la insulta anche se il suo Dio non le ha mai dato la possibilità di avere un figlio. Lei, che più di ogni altra cosa avrebbe desiderato essere madre. Hannah oppressa dai sogni, e da un marito che sfoga su di lei le frustrazioni di un'esistenza che non sarà mai come l'avremo sognata.
Hannah che pare destinata a soffocare in silenzio.
Ed è qui, che entra in scena Joseph.
Un relitto, un combattente, un alcolizzato, un uomo cattivo ed iroso, che non ha nulla a che spartire con la gentilezza e la carità per come Hannah le intenderebbe.
Joseph che colpisce, e ringhia come un cane. Joseph con la bava - e la birra - alla bocca.
Joseph così arrabbiato da allontanarsi da tutto e da tutti, dal suo Bluey all'amico alle soglie della morte.
Joseph, schiacciato dal tirannosauro.
Ma cosa sarà mai, questo predatore dei predatori?
Hannah se lo chiede, perchè vede in Joseph un salvatore.
Il tirannosauro è un ricordo che azzanna alla gola, il rumore dei passi di un amore perduto, e di un senso di colpa che la realtà insiste a cacciare indietro.
Perchè Joseph tratterebbe sua moglie ancora allo stesso modo.
Joseph è un uomo cattivo.
Joseph ringhia, e siede su una poltrona da rigattieri su un cumulo di lamiere abbattute con la testa di un cane in grembo. Un cane che è stato aizzato per troppi anni, come lui. E pare un sanguinario condottiero figlio della strada e della realtà seduto sul trono dal quale sferrerà l'attacco decisivo contro i sogni, e tutte quelle cose che si fermano soltanto in alto, sulle colline, nelle zone benestanti, e a volte non basta neppure quello.
Joseph che protegge e vendica un bambino.
Joseph che compra un vestito buono per il funerale dell'amico, e al pub, nel ricordarlo, pare quasi di stare in famiglia.
Joseph che è una speranza.
La speranza di Hannah.
Forse il tirannosauro non è così terribile come sembra.
E quei bambini asserragliati dentro la macchina in Jurassic Park non sono altro che in fuga da un mondo che pare sempre troppo cattivo, anche per i mastini più agguerriti.
Anche per Joseph.
Forse il tirannosauro è proprio lui.
Pronto a scendere dal suo improvvisato trono, ancora sporco di sangue, per guardare al futuro, nonostante tutto.
E Hannah ne sentirà i passi giungere da oltre quel confine invisibile che la separa dal mondo.
E non avrà paura.
Perchè il predatore più spietato che esista è lì per proteggerla.
Fino alla fine.
Veri e propri pugni in faccia, che paiono giunti appositamente per far sanguinare.
Paddy Considine, figlio della scuola "hard rock" inglese dei Ken Loach e degli Shane Meadows - fu il protagonista dell'ottimo ed altrettanto potente Dead man's shoes - si iscrive a pieno titolo nella categoria con un esordio clamoroso, una storia dalle tinte fosche, drammatica e violenta che riporta alla mente le immagini del miglior - e già citato - Loach, quello del mio favorito My name is Joe.
Proprio con questo titolo Tyrannosaur condivide il protagonista, quel Peter Mullan che con Magdalene vinse qualche anno fa anche un Leone d'oro come regista, letteralmente gigantesco nel portare sulla scena il ringhiante Joseph, un uomo figlio di una vita che non è e non sarà mai abituata a lesinare colpi che lui pare pronto a restituire uno per uno.
A volte anche senza che sia necessario.
Al suo fianco Olivia Colman, interprete praticamente sconosciuta sulle scene internazionali eppure altrettanto brava nel rendere il charachter di Hannah, vittima designata dello stesso mondo cattivo che quelli come Joseph combattono senza guardare in faccia a nessuno.
Hannah non è come lui. Hannah porge l'altra guancia. Hannah che prega per chi la insulta anche se il suo Dio non le ha mai dato la possibilità di avere un figlio. Lei, che più di ogni altra cosa avrebbe desiderato essere madre. Hannah oppressa dai sogni, e da un marito che sfoga su di lei le frustrazioni di un'esistenza che non sarà mai come l'avremo sognata.
Hannah che pare destinata a soffocare in silenzio.
Ed è qui, che entra in scena Joseph.
Un relitto, un combattente, un alcolizzato, un uomo cattivo ed iroso, che non ha nulla a che spartire con la gentilezza e la carità per come Hannah le intenderebbe.
Joseph che colpisce, e ringhia come un cane. Joseph con la bava - e la birra - alla bocca.
Joseph così arrabbiato da allontanarsi da tutto e da tutti, dal suo Bluey all'amico alle soglie della morte.
Joseph, schiacciato dal tirannosauro.
Ma cosa sarà mai, questo predatore dei predatori?
Hannah se lo chiede, perchè vede in Joseph un salvatore.
Il tirannosauro è un ricordo che azzanna alla gola, il rumore dei passi di un amore perduto, e di un senso di colpa che la realtà insiste a cacciare indietro.
Perchè Joseph tratterebbe sua moglie ancora allo stesso modo.
Joseph è un uomo cattivo.
Joseph ringhia, e siede su una poltrona da rigattieri su un cumulo di lamiere abbattute con la testa di un cane in grembo. Un cane che è stato aizzato per troppi anni, come lui. E pare un sanguinario condottiero figlio della strada e della realtà seduto sul trono dal quale sferrerà l'attacco decisivo contro i sogni, e tutte quelle cose che si fermano soltanto in alto, sulle colline, nelle zone benestanti, e a volte non basta neppure quello.
Joseph che protegge e vendica un bambino.
Joseph che compra un vestito buono per il funerale dell'amico, e al pub, nel ricordarlo, pare quasi di stare in famiglia.
Joseph che è una speranza.
La speranza di Hannah.
Forse il tirannosauro non è così terribile come sembra.
E quei bambini asserragliati dentro la macchina in Jurassic Park non sono altro che in fuga da un mondo che pare sempre troppo cattivo, anche per i mastini più agguerriti.
Anche per Joseph.
Forse il tirannosauro è proprio lui.
Pronto a scendere dal suo improvvisato trono, ancora sporco di sangue, per guardare al futuro, nonostante tutto.
E Hannah ne sentirà i passi giungere da oltre quel confine invisibile che la separa dal mondo.
E non avrà paura.
Perchè il predatore più spietato che esista è lì per proteggerla.
Fino alla fine.
MrFord
he'll be down
at the end of the car.
watching you move
until he knows
he knows who you are.
when you get off
at your station alone,
he'll know that you are.
know when you see him,
nothing can free him.
step aside, open wide,
it's the loner."
Neil Young - "The loner" -
abbastanza d'accordo.
RispondiEliminaanche se il finale non è poi così durissimo e spietato e, anzi, troppo da mollaccioni fordiani ahaha :D
Già il fatto che tu possa dichiararti abbastanza d'accordo nonostante i tentativi di criticarmi per partito preso testimonia la grandezza di questo film. ;)
EliminaDi certo nella top ten del 2012. Mullan grandioso. Da tenere d'occhio Paddy Considine: ottimo esordio alla regia.
RispondiEliminaBellissimo film!
Lucien, concordo in pieno.
EliminaMullan da brividi, film potentissimo, grande esordio.
quell'uomo vissuto, ancora in piedi dopo aver avuto mille problemi, Peter Mullan riesce a interpretarlo benissimo. Poi dopo aver visto My name is Joe ne ho avuto la ri-conferma. Grandissimo attore. Brava anche la controparte femminile, in entrambi i casi.
RispondiEliminaVincent, concordo in pieno.
EliminaMullan è il ritratto perfetto di questa condizione da loser in continua lotta.
Un pò come lo era per il vecchio Joe.
è un film che mi riprometto di vedere da tanto tempo ma poi per un verso o per un altro non riesco mai...ne ho letto meraviglie ovunque...
RispondiEliminaBradipo, merita alla grande.
EliminaMagari aspetta l'autunno, perchè gli si addice di più!