domenica 4 aprile 2010

Questione di cuore

La parola che mi viene in mente è peccato.
Non nel senso seveniano del termine, quanto più perchè Questione di cuore della Archibugi poteva essere un ottimo film, e invece è soltanto carino.
Per carità, considerato quanto è difficile trovare buoni prodotti nostrani, ben venga anche questo.
Ma le premesse per renderlo qualcosa in più c'erano tutte, dagli attori - tutti in parte e fin troppo - al tema - due uomini colpiti da infarto che scoprono l'amicizia e si trovano di fronte a un cambio radicale nelle loro vite -, fino al talento - bellissime le parentesi con il piccolo Ayrton e gli occhiali "da scrittore" - e il coraggio - la statua della Madonna buttata a terra da Rossana, una sorta di Bellocchio piccolo piccolo -.
Ad ogni modo, la pellicola scorre bene e piacevolmente, sfruttando l'ironia nella prima parte e una riflessione più profonda nella seconda, quando Angelo, cuore - in tutto e per tutto - di una famiglia accortosi di essere prossimo al Destino che colpì anche suo padre fa ogni cosa in suo potere per cercare di trasformare la vita di Alberto - abituato a tutta la scomoda ed egoistica libertà del single - nella sua.
Dalla confidenza con i suoi due figli, il piccolo Ayrton e l'adolescente inquieta Perla, al legame stesso con la moglie Rossana, quasi potesse, in questo modo, rimediare ad una mancanza di cui si sente primo ed unico responsabile.
Una metafora interessante dei meccanismi di generosità - anche eccessiva - innescati dal nucleo di una famiglia, capaci di rendere speciale la vita "ordinaria" - che ordinaria non è affatto - di un gruppo di persone al cospetto di chi, in una posizione di libertà pressochè totale, nelle relazioni come nel lavoro, e nello stesso scorrere dei giorni, è costretto ad inventare e indovinare le "vite degli altri" per poter sopportare la solitudine della propria.
Ripensandolo in questo modo - con il cuore, appunto - il lavoro della Archibugi risveglia molteplici riflessioni, da qualunque parte di questa strana frontiera ci si trovi.
Un pò come se John Smith e John Rolfe di New World avessero condiviso una stanza d'ospedale e sviscerato a quattr'occhi la questione del loro amore per Pocahontas.
Certo, la Archibugi non sarà Malick e gli spazi sconfinati dell'America ancora non colonizzata non sono il turbolento quartiere nel quale Pasolini girò Accattone - un pò una ruffianata, a proposito, quel ritratto appeso alla parete del bar -, ma ugualmente, sulle rive di un piccolo lago italiota, i pensieri corrono, e con loro il cuore, finchè ce la fa.
Ed è quasi un peccato scoprire il (neo) realismo del finale, in cui a non farcela è proprio chi era stato già annunciato.
Ma non c'è due senza tre, dice Angelo.
Noi, da queste parti, speriamo di avere qualche cartuccia in più.

"E mai poter bere alla coppa d'un fiato,
ma a piccoli sorsi interrotti."
MrFord


1 commento:

  1. Ma che la baciai per Dio sì lo ricordo
    e il mio cuore le restò sulle labbra...

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