On the road again, canterebbe Willie Nelson.
Sono tornato sulle strade infuocate - e mai parole furono più azzeccate - della California.
Per l'esattezza, nella ridente cittadina di Charming, espediente narrativo degli autori dell'ottima Sons of anarchy per presentare problematiche e personaggi senza necessariamente dover fare i conti con la politica e i risvolti di riferimenti a situazioni "troppo" reali.
Così come per la straordinaria The shield, di cui parlerò presto e volentieri, si sfrutta dunque l'idea di un contesto di fiction inserito nella realtà "dura e pura" delle strade di una città come anche noi le conosciamo.
In particolare, in questo caso gli autori si concentrano su una banda di motociclisti dediti al traffico d'armi, coperti da un'attività di meccanici, che operano seguendo lo stesso metodo "goodfelliano" dei bravi ragazzi di Scorsese, tutto incentrato sulla Famiglia e su amicizie e legami che divengono indissolubili nel momento stesso in cui vengono sanciti.
E se no, può sempre scorrere il sangue.
All'interno dell'eterogeneo gruppo, interpretato da una nutrita schiera di caratteristi che ognuno di noi avrà visto almeno una decina di volte sul grande schermo - Ron Perlman su tutti -, spicca il protagonista Jax Teller, giovane poco più che trentenne, vicepresidente del club, figlio del defunto fondatore dello stesso.
Suo padre, idealista e anarchico - nel senso hippie del termine -, grazie ad un memoriale, scava dal passato nella coscienza del figlio, a sua volta alle prese con i primi problemi e le responsabilità legate alla paternità stessa, e per la prima volta colto da una sorta di crisi rispetto ai valori e alle regole divenuti bandiera della banda nel corso degli anni sotto la guida di Clay, compagno della madre di Jax e co-fondatore dei Sons.
Ma non voglio perdermi troppo nella trama, considerato che ogni serie tv ben confezionata necessita che ogni spettatore trovi il suo tempo, i suoi stimoli, i suoi personaggi e le situazioni cui si sente più legato in assoluta autonomia, e vorrei concentrarmi nella struggente ballata - perchè non mi viene in mente un modo migliore per definirlo - che è il penultimo episodio della prima stagione, "The sleep of babies".
Confermando la loro bravura, gli sceneggiatori si dedicano, sfruttando al meglio il poco tempo a disposizione, all'approfondimento dei caratteri delle loro "creature", riuscendo a definirne ruoli e sfumature anche soltanto grazie ad immagini di persone che si svegliano, o si addormentano.
Ognuno dei Sons, infatti, è prima di un criminale un uomo, con le sue meschinità e i suoi rancori, i suoi slanci di generosità e il senso di protezione ed amore che quasi ognuno di noi prova rispetto alla sua famiglia, e alle persone con cui si dividono letto e vita.
E nel crescendo che porta alla sconvolgente conclusione della puntata - e non della stagione, tanto per dire quanto, a volte, il prodotto serie tv sia ottimo pur disponendo di mezzi e tempi di gran lunga inferiori a quelli dell'industria cinematografica - la tensione e l'inevitabile sconcerto di quella che è una triste assunzione della realtà divengono difficilmente sostenibili.
Perchè se il Cinema, e con esso ogni prodotto di fiction, è e deve essere veicolo di meraviglia e stupore, a volte è confortante, pur nelle lacrime, provare sulla pelle tutto il sale e l'amarezza della vita per come la conosciamo che si fonde con la pellicola.
Ma ora basta giri di parole. Fatevi un paio di bicchieri di roba forte, accendete la moto e lanciatevi sulla strada.
Solo così vedrete dove porta il vostro viaggio.
"May you built a ladder to the stars,
and climb on every rung,
may you be forever young."
MrFord
The sea of heartbreak
RispondiEliminaLost love and loneliness
Memories of your caress
So divine how I wish
You were mine again my dear
I am on this sea of tears
Sea of heartbreak
Ciao Gianma, funziona benissimo anche nel feed reader
RispondiEliminaBello tutto ciò che scrivi.
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Ciao!
Fabrizio
Evviva il cross evviva il cross
RispondiEliminaEVVIVA IL MOTOCROSS!