martedì 13 aprile 2010

Operazione paura

Senza dover a tutti i costi fare il creativo che, in base alle indicazioni di Tarantino, segue una moda nata e sviluppatasi negli ultimi anni, devo ammettere che Mario Bava risulta ancora oggi estremamente attuale e all'avanguardia.
Confesso anche che, nonostante tutto, a mio parere il suo lavoro più geniale resta quello in cui meno è in mostra il suo talento per l'immagine e la fotografia, quel Cani arrabbiati che fa sembrare Le iene un film da bollino verde in prima serata.
Eppure, così come per La maschera del demonio, Reazione a catena, I coltelli del vendicatore, Terrore nello spazio profondo - solo per citare i più noti -, Operazione paura mostra quanto sia stato sottovalutato, all'epoca, il buon Mario.
Pescando da un immaginario che, nel tempo, avrebbe originato le ghost stories di bambini terribili degli anni '80 - Shining e Poltergeist - e la nuova ondata a cavallo del nuovo millennio - Il sesto senso e The others -, Operazione paura mette il talento di Bava al servizio di una fotografia allucinata e satura, e di immagini che omaggiano dichiaratamente il cinema noir anni '40, da La scala a chiocciola a Vertigine, passando attraverso Le catene della colpa.
Il tutto condito da un gusto per il macabro unico - che in alcuni casi sarebbe preso per trash - e un occhio che, indiscutibilmente, ricorda quello di un piccolo Welles.
Il pretesto della maledizione che incombe su uno sperduto villaggio di inizio secolo scorso è ideale per il regista, che mostra prima il suo talento visivo grazie a piccole acrobazie della macchina - nonostante il budget limitatissimo - come la soggettiva sull'altalena, e poi delizia gli spettatori con una serie di inquietanti apparizioni della bambina fantasma che culminano in un confronto drammatico all'interno della villa ove risiede sua madre, veicolo (o motore?) di tutte le atrocità consumate approfittando di superstizione e, appunto, paura.
Una sorta di incontro fra sociologia ed intrattenimento, che concilia una critica feroce alla superstizione e all'omertà - agghiacciante il racconto della bambina investita dalla carrozza che suona, ignorata, la campana della chiesa - ad un gusto unico per gli stilemi classici del genere - l'inseguimento fra doppi all'interno della villa è qualcosa di veramente unico, che sconfina quasi nella sci-fi anni '50 e vale da solo l'intera visione -.
Sicuramente una pellicola molto più "di nicchia" di quello che si possa pensare, capace di interessare più gli studenti di cinema che gli appassionati di horror, eppure, a distanza di quasi quarant'anni, ancora in grado di ipnotizzare lo spettatore.
Un'altra conferma rispetto ad un regista troppo spesso - e troppo in fretta - dimenticato dalla critica italiana.
Da queste parti, invece, con un sorriso sornione come solo Welles sapeva fare, osserviamo compiaciuti l'opera di un vero e proprio genio incompreso.
Altro che Ed Wood, caro Burton!

"E ti amo Mario!"
MrFord

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