venerdì 2 aprile 2010

Lebanon

Pensavo che fosse il momento giusto per cogliere i proverbiali due piccioni con una fava.
Un film che non fosse americano, e la prima, ufficiale stroncatura postata.
Lebanon di Samuel Maoz, vincitore - !!! - del Leone d'oro all'ultimo Festival di Venezia, accontenta entrambe queste personali voglie.
Ricordo che lo vidi per conto di www.effettonotteonline.com, quando uscì nelle sale, con tutte le aspettative che poteva generare il film "erede" nel palmares del Lido di un pezzo da novanta come The wrestler, che andava ad affrontare gli stessi argomenti di quella meraviglia per gli occhi che è lo straziante, splendido e chi più ne ha più ne metta Valzer con Bashir.
Ricordo la prima inquadratura. Fissa. Un campo di girasoli dai colori quasi saturi.
Per - indicativamente - tre interminabili minuti.
Una di quelle inquadrature che, per un appassionato di cinema, sono giustificate solo ed esclusivamente ai Maestri.
E che, tendenzialmente, quegli stessi Maestri tendono per genialità ad evitare.
Ricordo il timore che percorreva quasi divertito la mia schiena a salire fino al collo, cercando di farmi voltare verso mia moglie. Il senso di colpa è stato troppo forte per farcela.
Come se fosse già chiaro quello che ci aspettava per i successivi novanta minuti.
A ben guardare, forse quel primo, terribile, intellettualoide e finto artistico impatto non era niente di che, se confrontato al resto: un'idea che poteva rivelarsi effettivamente geniale, quella di scegliere di ambientare l'intero film all'interno di un cingolato, imprigionandovi i protagonisti e rendendoli più vulnerabili alla guerra e alle sue brutture di quanto non sarebbero stati all'esterno, sprecata in un festival di voyeurismo dal gusto pessimo, che sfrutta il mirino telescopico dell'obice per mostrare violenza, cadaveri, messaggi di "pace", un Paese e vite dissipate.
L'insistenza con la quale il regista sceglie di trasmettere il suo messaggio anti-militarista (così almeno Maoz ha presentato il film) mi ha riportato alla mente, per il compiacimento morboso mostrato verso le immagini di orrore mostrate, La passione di Cristo di Mel Gibson, ufficialmente sul podio dei peggiori film che io abbia mai visto.
E questo non è mai una buona cosa.
Il meschino sistema di narrazione di Maoz, perfetto, in un festival, quando si sceglie di voler scioccare a tutti i costi pubblico e soprattutto giuria, funziona al meglio quando la stessa ha al suo interno componenti senza il coraggio necessario a stroncare pellicole che trattino temi scottanti per timore di essere tacciati di - in questo caso - sostegno alla guerra e alla sua perpetrazione.
Curioso quanto, da spettatore, Lebanon mi sia sembrato, al contrario di quanto dichiarato da Maoz, un film di compiaciuto piacere rispetto alla catena di tragedie umane, geografiche e politiche, innescate da un qualsiasi conflitto bellico.
Peccato davvero che la giuria del Lido non sia stata la stessa di Cannes, perchè chi ha stroncato Antichrist di Lars Von Trier - che condivide il podio del peggio con la succitata Passione di Cristo - sarebbe andato a nozze con Lebanon.
Che altro dire!?
Se vi piacciono lo stile scandalistico di Studio aperto e Cronaca qui o siete di quelli che vanno alla ricerca dei filmati con gli incidenti su Youtube, la pellicola di Maoz è proprio quello che fa per voi.
In caso contario, obiettate. Come si faceva con il servizio militare.
Chissà se Maoz l'ha fatto?

"Please, don't try this at home."
MrFord

1 commento:

  1. Mi chiedo se qualcun altro, vedendo Lebanon, abbia provato quell'insofferenza bruciante che mi spingeva a scappare dalla sala e allo stesso tempo quel grande amore che mi ci teneva inchiodata... QUESTA ME LA PAGHI DISGRAZIA!

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