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lunedì 2 aprile 2018

Bleed - Più forte del destino (Ben Younger, USA, 2016, 117')





Da sportivo, e a dir la verità fin da bambino grazie ai racconti da sportivo di mio padre, ho sempre avuto un debole per le imprese che, con il tempo, alcuni atleti hanno consegnato non solo alla loro disciplina, ma anche e soprattutto all'immaginario collettivo, pronte ad ispirare spettatori, ascoltatori, futuri nuovi sportivi ed atleti.
Ho inseguito in quest'ottica Bleed - adattato in maniera pessima nella versione italiana -, biopic dedicata al pazzesco comeback del pugile Vinnie Pazienza, che tra gli anni ottanta e novanta fece parlare di sè per lo straordinario recupero dopo un terribile incidente automobilistico che mise in dubbio non tanto il suo ritorno sul ring, quanto la possibilità che potesse camminare di nuovo, per diverso tempo, sperando di poter incontrare un buon prodotto solido e di pancia che rispettasse la tradizione dei grandi film pugilistici che al Saloon sono divenuti colonne portanti della mia formazione cinematografica, da Toro scatenato a Rocky, passando per Alì: pur non arrivando alle vette raggiunte dai Capolavori del genere, il lavoro di Ben Younger si può dire più che degno di rappresentare la categoria, riuscendo a mantenere un buon equilibrio tra la realtà ed il grande schermo - la vicenda di Pazienza è stata sforbiciata e romanzata ad arte considerato quello che voleva essere raccontato -, potendo contare su un cast decisamente in parte - Hinds e Eckart riescono nell'impresa di rubare la scena a Miles Teller - e sull'emozione che questo genere di imprese inevitabilmente suscita nel pubblico.
La grande prova di volontà e determinazione che portò Pazienza a vincere il suo terribile infortunio attraverso il duro lavoro e la grinta fu - ed è, osservando la pellicola - specchio del carattere indomito di questo pugile - unico nel suo genere anche per aver passato tre categorie di peso nel corso della carriera, una cosa davvero incredibile, considerate le difficoltà che negli sport di combattimento sono legate proprio al peso degli atleti - è un esempio di disciplina e decisione che fanno da contraltare ad un personaggio sopra le righe e controverso, una sorta di antesignano di volti notissimi attuali come Floyd Mayweather o Connor McGregor.
Per quanto riguarda l'approccio si guarda senza alcun dubbio al lavoro svolto su pellicole come The Fighter o, ancora di più, sulla saga di Rocky, e quanto lo stesso abbia fatto rispetto all'immaginario collettivo, nonostante la punta di diamante a livello tecnico per questo Bleed è l'uso del sonoro, montato davvero alla grande e con un approccio quasi "jazzistico", per usare un termine sicuramente noto al protagonista, che salì alla ribalta con Whiplash qualche anno fa.
Bleed, oggettivamente, non farà la storia del suo genere o del Cinema in generale, ma ha il grande merito di fare parte della categoria di pellicole in grado di toccare il cuore dell'audience, di coinvolgere anche chi con il pugilato c'entra poco o nulla, o addirittura - come Julez - se ne tiene assolutamente alla larga: questo perchè, principalmente, le imprese umane non possono che stimolare chi, nel suo piccolo, cerca di vivere il più possibile, e dunque osservare un uomo con il collo spezzato incerto perfino di poter camminare tornare a combattere a livello professionale su un ring nello spazio di pochi mesi è ben più che magico, oserei scrivere ispiratore.
E' il bello di vivere. Il bello dello sport. Il bello delle storie, specie se vere, pur se romanzate.
In fondo, siamo fatti per cadere.
E ancora di più per rialzarci.
E ce la facciamo, quando ce la facciamo, proprio perchè profondamente vivi ed imperfetti.
Come Paz-Man.



MrFord



 

martedì 23 giugno 2015

Pitch perfect 2

Regia: Elizabeth Banks
Origine: USA
Anno: 2015
Durata:
115'





La trama (con parole mie): le Barden Bellas, alle spalle un'esibizione a dir poco sconvolgente al Lincoln Center di fronte al Presidente Obama che è costata loro reputazione e luci della ribalta, si ritrovano a dover affrontare il lento e difficile percorso della rivincita reso ancora più complesso dall'avvicinarsi del momento della laurea per la maggior parte delle protagoniste di tre anni di vittorie ai Campionati Nazionali, dall'allontanamento di Beca, desiderosa di intraprendere la carriera di produttrice musicale, e dall'inserimento di volti nuovi dall'energia spesso non ben gestita.
Quando l'opportunità di riabilitare il proprio nome porta le Bellas a tentare la strada dei Mondiali di canto a cappella, il gruppo di ragazze si trova di fronte al favoritissimo gruppo tedesco, in grado di batterle sotto molti punti di vista ed intimidirle grazie ad esibizioni e coreografie praticamente perfette.
Riusciranno le Bellas a ritrovare l'armonia che pare perduta e vincere ancora una volta ribaltando i pronostici?








Quando, nel pieno dell'estate duemilatredici, lontano per scelta dal lavoro in un momento molto difficile, ebbi modo di godermi il congedo di paternità e passare con il Fordino, Julez e famiglia quasi un mese al mare, nella scorta di film che portai per condire le serate si trovava anche l'allora ribattezzato Voices, commedia dalla quale mi aspettavo poco o niente che, al contrario, si rivelò una visione piacevole e trasformò la "cup song" di Anna Kendrick in un vero e proprio tormentone.
All'uscita di questo secondo capitolo del franchise, il dubbio che potesse trattarsi di un'operazione puramente e meramente commerciale finì per abbassare molto le aspettative rispetto alla visione, temendo nel peggio: neppure nei miei peggiori incubi, però, mi sarei aspettato qualcosa di così terribile.
Elizabeth Banks, per l'occasione dietro la macchina da presa - e spero vivamente che non si sogni di ritornarci - e la sceneggiatrice Kay Cannon confezionano una pellicola stanca, noiosa, lentissima nelle quasi due ore di durata, spesso e volentieri volgare - nel senso non divertente del termine - neanche celasse lo zampino dei Vanzina, specchio della tipica operazione portata a termine con il solo scopo di mangiare soldi agli spettatori.
Dallo script, dunque, telefonato e mai davvero divertente, a personaggi e cast, tutto concorre a costruire uno degli insuccessi più clamorosi della stagione, in grado di andare oltre anche ad aspettative - come scrivevo poco sopra - decisamente basse combinando una povertà creativa clamorosa ad una serie di personaggi interpretati nella maniera più irritante possibile: dalla protagonista Anna Kendrick al suo inutile fidanzato - per quale motivo mantenere questa figura, se non per allungare il film di qualche minuto? - passando per l'irritante Rebel Wilson - che appare falsa e costruita così tanto da far sembrare il poser più scatenato come il protagonista di Noi siamo infinito - e la new entry Hailee Steinfeld, che pare aver abbandonato la scintilla che la guidò ai tempi de Il grinta per abbracciare uno stile degno delle peggiori produzioni televisive Disney.
Perfino Julez, felicissima di ritrovare le protagoniste del primo film e di rinverdire i fasti dei tempi d'oro di Glee - prima che la stessa serie canterina sprofondasse nel ridicolo -, ha finito per passare giocando con il cellulare tutta la seconda metà del film, probabilmente restando sveglia soltanto per manifestare solidarietà con il sottoscritto, che aveva scelto di rinunciare alla visione di Child 44 per potersi rilassare insieme con questo.
Pitch Perfect 2 rappresenta, dunque, uno dei punti più bassi del Cinema americano di questa prima metà dell'anno, una proposta spillasoldi assolutamente vuota, becera e poco interessante, improvvisata e dozzinale, nonostante di fatto sia stata premiata da incassi altissimi che le hanno garantito - pare, purtroppo - un terzo capitolo che, a questo punto, mi guarderò bene dal precipitarmi a recuperare.
Tanto ho lottato - se così si può dire - per lasciarmi alle spalle il periodo da fan hardcore del solo Cinema d'essai e d'autore per concedere la giusta attenzione e gloria anche alle proposte action, quanto titoli come questo mi fanno rimpiangere i tempi in cui criticavo qualsiasi blockbuster o potenziale tale bollandolo come pellicola buona giusto per i poveri stronzi che dalla stessa finivano per farsi fregare, magari in sala, con tanto di soldi sul piatto.
Considerato che prodotti di questo tipo nascono esclusivamente per intrattenere ed alleggerire il cervello, - in particolar modo d'estate -, direi che Pitch Perfect 2 è doppiamente colpevole, e dunque almeno quattro volte meritevole di una sviolinata di improperi rifilatigli dal sottoscritto nel corso di una visione che non solo non è stata divertente, ma è apparsa anche forzata, lenta e sguaiata.
Dal primo all'ultimo minuto, insomma, di "perfect" non c'è proprio nulla.




MrFord




"I'm all out of faith
this is how I feel
I'm cold and I am shamed
lying naked on the floor."
Natalie Imbruglia - "Torn" - 




martedì 5 maggio 2015

Sons of anarchy - Stagione 7

Produzione: FX
Origine: USA
Anno:
2014
Episodi:
13





La trama (con parole mie): Jax, ancora sconvolto dalla terribile morte di Tara, cerca colpevoli e vendetta compromettendo il complesso e fragile gioco di alleanze costruito in precedenza in modo da liberarsi una via che potesse condurre lui ed il club fuori dall'illegalità.
I rapporti con i neri, i messicani, gli ariani, gli irlandesi, i poliziotti corrotti e soprattutto i cinesi sono sempre più tesi, ed all'interno dei SamCro i segreti e le bugie cominciano a scavare una fossa forse troppo profonda per gli ideali un tempo sacri del loro leader.
E dal carcere alle strade di Charming, passando per il tavolo dei Sons, ha inizio una lunga, violenta e terribile cavalcata che porta il Presidente alla scoperta della verità, ed alle sue conseguenze: riuscirà Jax ad uscire anche da quest'ultima, terrificante lotta?
E cosa resterà dei Sons of anarchy quando la polvere si sarà depositata?








E' sempre difficile, salutare dei vecchi amici.
Figurarsi, lo è quando si tratta di vecchi nemici, il che è tutto dire.
La cavalcata dei SamCro qui al Saloon è iniziata ancora quando il serial loro dedicato firmato da Kurt Sutter era pressochè sconosciuto in Italia, e sostenuto da pochi anche in rete: la voglia di trovare, in cuor mio, un degno sostituto di The Shield, quel biondo e maledetto protagonista così inquieto e passionale, l'episodio della morte della moglie del suo migliore amico, Opie - forse il charachter cui affettivamente sono rimasto più legato della serie -, le prime scaramucce tra i membri del club, il vecchio da cambiare ed il nuovo che avanza.
Neppure io potevo sapere che sarebbe stata la prima tappa di uno dei viaggi più sentiti compiuti dal sottoscritto nell'ambito del piccolo schermo: e dalle lotte intestine messe da parte per vendicare la violenza subita dalla "Regina madre" del club alla trasferta in terra d'Irlanda, passando attraverso l'incredibile resa dei conti con l'ATF ed i suoi agenti si è giunti, un passo dopo l'altro, alla seconda metà della vita di una proposta che è riuscita a raccontare, in termini crime, tutto quello che, da Shakespeare allo spirito libero che vive e sente sulla pelle ogni amante della motocicletta - e del viaggio, a prescindere dalle due ruote - alberga nel cuore dell'Uomo, nello specifico tra le luci ed ombre della sua parte più sanguigna, protettiva quanto feroce.
Ed è tutta qui, l'anima dei SamCro.
Scrivendo il post dedicato alla stagione d'esordio, affermai che anche quelli che, tra i Sons, parevano i peggiori, erano in grado di mostrare un lato umano, pregi e difetti come ognuno di noi, e proprio grazie alle loro sfaccettate nature di padri, figli, fratelli, amici, amanti, spiriti liberi e criminali - o poliziotti, perchè non c'è mai solo un lato della medaglia - erano in grado di toccare il cuore dello spettatore: e questo è stato il più grande pregio che Sutter ha buttato nella fucina della sua creatura. Una strepitosa, travolgente umanità.
E se di norma, come si affermava poche righe sopra, è difficile pensare di poter dire addio a qualcuno - o qualcosa - in virtù di quello che ha rappresentato e continuerà a rappresentare, per i ricordi e le emozioni, per qualsiasi "nervo" abbia toccato dentro di noi, questa settima ed ultima stagione di Sons of anarchy è stata una vera e propria cavalcata verso la fine, neanche il già citato Bardo - che l'acuto Sutter pone anche in chiusura, quasi fosse l'incisione per la lapide della sua opera - avesse deciso di salire in sella ad una Harley e lanciarsi lungo una striscia d'asfalto che viaggia a tutta velocità verso la fine del mondo con in cuffia sparati al massimo brani come Don't fear the reaper, o Free bird.
Ed è proprio sulle note di quest'ultima, che mi è parso di assistere alla resa dei conti che Jax orchestra in modo da sistemare le cose con la Legge, la Famiglia, il Club, gli amici ed i nemici, ma soprattutto se stesso: una resa dei conti dal sangue facile, come ogni prodotto di questo tipo - e vite come quelle raccontate - richiede, intrisa di riferimenti "alti" - la presenza fisica della morte, i corvi, il pane ed il vino da ultima cena, la croce per andare incontro alla fine -, decisamente terreni - la moto del proprio padre come mezzo per giungere alla propria destinazione, gli anelli lasciati sulle tombe del proprio migliore amico e della propria moglie, e quello che, dai Sons ad un Son, pare aver comunque seminato l'eredità oscura di Jax e soprattutto Gemma nel maggiore dei due figli del protagonista, Abel - e, se vogliamo, anche "bassi" - curioso pensare che Sutter, tra i creatori del già citato The Shield, abbia scelto di far comparire tutti e quattro i membri della fu Squadra d'assalto, e che proprio Michael Chicklis, che prestò volto e carisma a Vic Mackie, sia stato scelto per risultare determinante, anche se involontariamente, nel compimento del destino di Jax -, che attraverso una toccante carrellata ci conduce, un colpo dopo l'altro, un cadavere dopo l'altro, ad un commiato tra i più tempestosi e da brividi che l'universo dei serial televisivi mi abbia regalato.
E per quanto Jax, se non nella passione e negli errori tutti umani, così come nella sua corruttibilità di idealista incapace, di fatto, di plasmare la forza dei suoi stessi ideali, finendo per distorceli quanto peggio avrebbe potuto ogni tiranno da lui combattuto e sconfitto, non sia mai stato vicino al sottoscritto quanto altri charachters tratteggiati negli anni dall'universo delle serie - penso a Sawyer, il Bufalo, Gannicus, Hank Moody, per citarne alcuni - la sua uscita di scena - e quella di Sons of anarchy - sono tra le più toste e sentite che possa ricordare, e per quanto fallimentare, di fatto, sia risultata essere la sua impresa di riportare il Club ad una dimensione nuova, sognata prima da suo padre e poi da lui, non è detto, come spesso accade, che la sconfitta debba significare necessariamente qualcosa di negativo.
"Cosa accadrà alla fine di questa giornata, signor Teller?" - è la domanda quasi atterrita del Procuratore diretta al Presidente dei SamCro.
"I cattivi perdono."
Anche Jax Teller è un cattivo.
E lui lo sa bene.
Ma la verità, spesso e volentieri, rende liberi. Anche nel Male.
Free bird, per l'appunto.
Un Figlio sulla moto del Padre condotto da un corvo alla prossima tappa del suo viaggio.
Un Figlio che libera i Figli dai (propri) peccati.
Se fossi un tipo religioso, potrei quasi leggere in tutto questo un segno.
Ma non lo sono.
Preferisco non avere troppe regole o dogmi.
Essere un Padre, ed essere un Figlio.
Il più semplicemente e direttamente possibile.
E sperare di essere cattivo quanto basta per vivere, ma non abbastanza per dover necessariamente perdere.
Che in certi casi ed in certe giungle, equivale a morire.



MrFord




"Ridin' through this world
all alone
god takes your soul
you're on your own
the crow flies straight
a perfect line
on the devil's path
until you die."
Curtis Stigers - "This life" -






lunedì 4 maggio 2015

Sons of anarchy - Stagione 6

Produzione: FX
Origine: USA
Anno: 2013
Episodi: 13





La trama (con parole mie): sono tempi duri, per Jax e i SamCro. Il Club, già provato per le vicissitudini che hanno seguito l'espulsione di Clay, cerca, per mano del suo Presidente di eliminare qualsiasi attività che riconduca i Sons all'illegalità a partire dal traffico di armi.
Peccato, però, che i contatti irlandesi dei motociclisti non siano così felici all'idea di cambiare distributori per i loro "prodotti", soprattutto se a raccogliere il testimone di Jax e soci dovessero essere i neri guidati da August, erede di Pope.
Come se questo non bastasse, l'ex sceriffo federale Toric, in cerca di vendetta, è pronto a fare qualsiasi cosa affinchè i SamCro vengano puniti, e pare trovare nel procuratore Patterson un'alleata preziosa, Tara ripensa al suo ruolo di madre e moglie di Jax meditando un piano per fuggire portando con lei i due bambini e l'alleanza con Nero, compagno di Gemma, mostra i primi segni di cedimento.
Riuscirà il giovane Teller a far fronte a tutto senza crollare?






I SamCro sono ormai da tempo parte della famiglia, qui al Saloon, eredi della grande tradizione che fu di The Shield e Oz nonchè uno dei titoli più amati da tutti i Ford - Fordino compreso, che considerata anche la somiglianza con quella di Justified, adora la sigla -.
Giunti alla loro penultima stagione, i motociclisti creati da Kurt Sutter erano chiamati all'ennesima prova del fuoco, considerato che, di fatto, il livello sempre ottimo di questo prodotto non ha mai subito cali o scossoni: prova, devo ammetterlo, superata a pieni voti.
Jax e soci, alle spalle gli sconvolgimenti della quinta stagione ed alle prese con il tentativo del protagonista di riportare il club sui binari della legalità, trasportano il pubblico attraverso tredici puntate al cardiopalma, pronte a passare dalla sfida lanciata ai Sons dall'ex sceriffo Toric ed alle conseguenze di una sparatoria in una scuola al confronto con l'IRA, la mala cinese ed i latini che la loro distribuzione delle armi riusciva a mantenere in equilibrio: ma non è solo questo, a rendere, per certi versi, questa sesta la miglior stagione di SOA: di fatto, gli ultimi tre episodi, con l'addio drammatico di due personaggi che, nel bene o nel male, hanno rappresentato la storia di questa serie, settano un nuovo standard rispetto alle produzioni crime di piccolo e grande schermo, e, soprattutto con il season finale, inchiodano l'audience alla poltrona a bocca aperta, alimentando - e non di poco - le già altissime aspettative per l'ultima annata dedicata a questo insolito gruppo di criminali di fatto più simili ad antieroi.
Il cast è come sempre in grande spolvero, e dopo tutti questi anni si finisce per essere legati a tutti i membri dei SamCro, caratterizzati alla grande e spalleggiati da comprimari d'eccezione, dallo sceriffo Eli al già citato Toric, passando per la procuratrice e Nero Padilla, entrato in sordina nella serie e divenuto una delle sue colonne - uno dei leit motiv dell'ultima stagione potrebbe essere proprio l'evoluzione non proprio positiva del suo rapporto con Jax -: ma elencare i pregi di Sons of anarchy appare superfluo rispetto ad una proposta che andrebbe vissuta a mille, con l'acceleratore al massimo dalla prima all'ultima puntata, e che tocca tematiche care a noi tutti - a prescindere dal fatto che non sia cosa di tutti i giorni cercare di uscire da un traffico d'armi internazionale - come la Famiglia, l'amicizia, l'amore, il tradimento, la fratellanza.
Per conoscere il sapore, dolce o amaro, di queste emozioni, non occorre avere sospesi con la legge o rischiare la vita, basta assaporare la vita stessa con il cuore, la pancia, la passione, l'istintività che porta quelli come i SamCro a vivere "walking the line", pur consapevoli del fatto che, prima o poi, come amaramente ricorda Nero a Jax, tutto il "bad karma" accumulato finisce per tornare a chiedere il conto.
E quello che viene presentato al Presidente dei Sons in chiusura di stagione è uno dei peggiori con i quali un uomo si trova a dover fare i conti, e che si somma alla perdita del migliore amico Opie, uno degli eventi più sconvolgenti della stagione precedente.
Quello che accadrà a Jax ed ai Sons, per quanto possa essere difficile da dirsi, non potrà che continuare ad essere peggiore: da Romanzo criminale a Edward Bunker, sappiamo bene cosa accade, nel momento in cui si attraversa un confine: non si torna più indietro.




MrFord




"We are strong
no one can tell us we're wrong
searching our hearts for so long
both of us knowing
love is a battlefield."
Pat Benatar - "Love is a battlefield" - 




venerdì 12 settembre 2014

Sons of anarchy - Stagione 5

Produzione: FX
Origine: USA
Anno:
2012
Episodi: 13





La trama (con parole mie): Jax Teller, riuscito finalmente nell'impresa di scalzare Clay dalla presidenza dei SamCro prendendo il suo posto, si trova a dover amministrare tutte le questioni rimaste in sospeso dei Sons con la Legge, le incriminazioni federali, il destino di Big Eight, i nuovi membri entrati a sostituire morti ed arrestati, il traffico di armi con gli irlandesi, quello di droga con il Cartello, e soprattutto la sete di vendetta del boss locale Pope, ancora furioso per la morte di sua figlia, avvenuta in seguito ad un errore di Tig.
Il confronto con lo stesso Pope innescherà una serie di eventi che porterà Jax a nuove alleanze e perdite dolorose, nonchè ad un suo avvicinarsi ad un lato oscuro che finirà per renderlo più simile a Clay e a tutto quello che ha sempre cercato di combattere di quanto non potesse credere lui stesso.








Tornare a Charming, ed accanto ai SamCro, è sempre una faccenda tosta, per gli occupanti di casa Ford: il serial firmato da Kurt Sutter, da tempo il degno erede nel cuore di questo vecchio cowboy di The Shield, era giunto alle soglie di questo quinto giro di boa sospinto da pareri non propriamente positivi, che segnalavano un passo decisamente più spento degli autori nel portare sullo schermo le vicende della gang di motociclisti finalmente capitanata da Jax Teller, riuscito dopo quattro stagioni nell'impresa di spodestare Clay Morrow, suo patrigno nonchè responsabile della morte del padre del giovane protagonista.
Da parte mia, se non una certa e neppure troppo marcata dispersione dovuta ai numerosi personaggi e sottotrame affrontate, il suddetto calo in termini di qualità non è stato riscontrato, specialmente considerato che questa quinta annata è parsa nella quasi totalità degli episodi la più amara ed oscura tra quelle finora passate sullo schermo dei Sons: il progressivo mutamento nell'atteggiamento di comando di Jax - in grado di spingerlo su binari pericolosamente simili a quelli percorsi dalla sua nemesi Clay -, la morte di uno dei SamCro più amati dell'intera serie, i botta e risposta a suon di vendette ed uccisioni tra i Sons e Pope, i tradimenti ormai all'ordine del giorno all'interno di questo gruppo di autoribattezzatisi fratelli hanno reso la season five senza dubbio drammatica, un vero macigno posto sul cuore degli spettatori.
All'introduzione di nuovi personaggi decisamente efficaci come Nero ed il ranger in caccia dei responsabili della morte di sua sorella - che promette scintille per la prossima stagione -, le vecchie conoscenze garantiscono lo spessore necessario affinchè, come di consueto quando si tratta della creatura di Sutter, si giunga alla conclusione con il fiato corto e la tensione al massimo - dall'anima nera Gemma all'instabile Tig, passando per il fedelissimo Chibs ed il controverso Juice -: non una cosa da poco, considerato il calo fisiologico che, di norma, colpisce le proposte da piccolo schermo che fin dai loro esordi finiscono per abituare il loro pubblico ad uno standard qualitativo alto.
Personalmente, sono contento che i SamCro continuino la loro corsa senza illusioni, tra carne e sangue, evitando di vendere all'audience sogni di lieti fini che, nelle vite reali e soprattutto in quelle segnate dalla violenza come le loro, difficilmente si incontrano: lo stesso fato di Jax, sempre più legato al Potere e corrotto dallo stesso, è emblematico.
E le uniche strade per uscire da questo tunnel in un modo o nell'altro paiono essere assecondarlo e perdere se stessi, o lasciarsi travolgere rischiando il tutto per tutto: Jax e Hopie, senza troppi giri di parole.
Sons of anarchy, dunque, continua ad essere una proposta con le palle più che quadrate, pane e salame, diretta e cattiva come il mondo pronto a mettere sotto, in preda ad un delirio da selezione naturale, chiunque si lasci fregare o si arrenda allo stesso: resta da chiedersi se il prezzo da pagare per restare vivi e continuare a combattere - senza, dunque, avere anche solo una vaga speranza di pace - sia oppure no troppo alto.




MrFord



"She eyes me like a pisces when I am weak
I've been locked inside your Heart Shaped box for weeks
I've been drawn into your magnet tar pit trap
I wish I could eat your cancer when you turn black."
Nirvana - "Heart shaped box" - 



mercoledì 27 luglio 2011

Sons of anarchy Stagione 2

La trama (con parole mie): Jax Teller, dopo aver scoperto la verità sulle morti di suo padre e di Dana, moglie del migliore amico Opie, decide di attuare un sotterraneo piano per riportare i Samcro agli affari legali progressivamente abbandonando il traffico di armi, gli omicidi ed i rapporti con gli spacciatori, esautorando al contempo dal potere il patrigno Clay Morrow, leader del club.
Ma il piano di conquista di Charming da parte del nazionalista americano Ethan Zobell, legato a doppio filo agli ariani e ai Mayans, gang rivale, creerà non pochi problemi al club, innescando una spirale di ritorsioni e vendette che porteranno all'estremo il conflitto tra Jax e Clay: soltanto con una terribile rivelazione di Gemma, madre del primo e moglie del secondo, i Sons troveranno la forza di rinsaldare i loro legami e dare battaglia ai nemici.

Lo scorso anno, quando mi capitò tra le mani la prima stagione di questa serie, approcciai scettico le avventure dei Sons of anarchy: un pò per la classica promozione irritante dei distributori - "dai creatori di The shield" campeggiava fieramente sulla locandina -, un pò per una sorta di rapporto di amore/odio con i serial legati a protagonisti negativi, sempre potenzialmente interessanti ma raramente all'altezza delle aspettative.
Rimasi, al contrario, positivamente impressionato dal lavoro svolto sui protagonisti della serie e dalla durezza dei temi trattati, nonchè dall'approccio non certo delicato dell'intero prodotto: la puntata dedicata alla morte della moglie di Opie, poi, divenne uno degli episodi cult dell'intero anno passato, pensando al piccolo schermo e alle sue proposte.
Quello che non sapevo, e che ha addirittura convinto anche Julez, detrattrice della serie fin dalla sua sigla, era che con la seconda annata la qualità si sarebbe ulteriormente alzata, andando a contribuire alla creazione di un prodotto ottimo, in grado di colmare, nel mio cuore di spettatore bisognoso di un pò di oscurità anche nell'universo delle serie, le passate ed ormai concluse Oz, I Soprano e il già citato The shield.
La realtà fittizia di Charming ed i legami presenti tra i membri dei Samcro assumono un'importanza ancora maggiore rispetto alla prima stagione, e l'introduzione di un nemico d'eccezione come il politicante Zobell permette alla solidità della serie di compiere il passo definitivo verso la consacrazione: l'idea di una famiglia criminale alle prese con i suoi panni sporchi nel corso della sua più importante battaglia per la sopravvivenza diviene il leit motiv dell'intera serie, e permette agli autori di approfondire ogni protagonista rendendo l'intero club praticamente tridimensionale agli occhi dello spettatore, dando la possibilità anche ai charachters apparentemente secondari come Juice e Chibs di ritagliarsi un ruolo decisamente definito ed interessante.
Il lavoro svolto sui protagonisti, poi, ha dell'incredibile: Jax, Clay, Tara e Gemma sono ormai eredi ufficiali dei Mackie e dei Tony Soprano, ed il consolidarsi del rapporto tra le due donne in parallelo alla crescente rivalità dei due uomini definisce lo spirito contrastato e ribollente della serie.
La volontà di Jax di emanciparsi dalla criminalità a tutti i costi di Clay naufragata nel sapore del sangue e della vendetta e la progressiva presa di coscienza del suo ruolo di "principessa" dell'impero dei Samcro di Tara fanno il paio con il percepire l'inizio del declino da parte del leader del club ed il coraggio di Gemma nel portare un fardello nato come potenziale strumento di distruzione dei Sons e divenuto, infine, il veicolo per ritrovare un'intesa che pareva impossibile da recuperare.
Non mancano gli episodi memorabili, ma più che il singolo momento, a fare la differenza è davvero il cuore messo dietro ogni personaggio, in grado di rendere anche lo squilibrato Tig qualcosa di più di un semplice schiacciasassi assatanato, o il vecchio Piney il simbolo di uno spirito cui i giovani - Jax ed Opie su tutti - dovrebbero aggrapparsi per non finire risucchiati in una spirale di violenza che pare quanto più distante possa esistere dalla filosofia che guidò i First 9 alla costituzione del club.
Dunque, quella che doveva essere un rimpiazzo in minore delle scorribande di Vic Mackie e soci è divenuta una delle serie di riferimento di casa Ford, nonchè uno spaccato lacrime e sangue dell'America on the road che un vecchio cowboy come il sottoscritto non può non sognare, fatta di amici che diventano una famiglia sempre presente, legami stretti così a fondo da dover lottare perchè non soffochino ed al contempo un anelito di libertà e paura - in pieno stile Easy rider - che lascia più di qualche brivido correre lungo la spina dorsale. Neanche guidasse una Harley.

MrFord

"Riding through this world, all alone
god takes your soul; you're on your own
the crow flies straight, a perfect line
on the Devil's back until you die."
Curtis Stigers - "This life" -


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