martedì 20 marzo 2018

Ore 15:17 - Attacco al treno (Clint Eastwood, USA, 2018, 94')




Non è stato facile approcciare l'ultimo lavoro di Clint Eastwood, mio nonno cinematografico nonchè quello che considero il John Ford della nostra epoca: senza girarci troppo intorno, penso infatti che 15:17 - Attacco al treno, ispirato al tentativo di attentato sul convoglio che da Amsterdam viaggiava verso Parigi il ventuno agosto duemilaquindici impedito principalmente dall'intervento di tre ragazzi americani in viaggio attraverso l'Europa, due dei quali legati ad esperienze militari negli States - e che lo stesso Clint ha voluto, con tutti i rischi e le conseguenze del caso, come interpreti di se stessi sul grande schermo -, abbia deluso praticamente tutti.
Ha deluso il grande pubblico che ne ha dichiarato un successo molto limitato al botteghino - complici, probabilmente, la campagna pubblicitaria che l'ha presentato come un film d'azione serrata quando la descrizione degli eventi è mio parere giustamente collocata nel solo quarto d'ora conclusivo e la presenza di attori chiaramente non professionisti -, i fan Dem del Clint impegnato ed autoriale - pronti a prendere posizioni estreme e quasi radicali contro il loro ex idolo -, i fan decisamente meno Dem - che probabilmente si aspettavano una versione antiterrorismo di Terminator, o cose simili -: in pratica, il vecchio Eastwood ha finito per ritrovarsi con più nemici di quanti se ne sarebbe trovati girando un documentario che esaltasse la figura di Donald Trump.
Ora, io non ho mai fatto mistero delle mie posizioni politiche - decisamente lontane da quelle del Nostro Dirty Harry -, non ho mai sognato di arruolarmi, o di pensare che i miei figli possano avere fin da piccoli familiarità con le armi - pur se giocattolo -, non ho mai sentito vicini i valori di Dio e Patria tipici di un certo approccio, non ho mai giustificato la guerra come atto umano - in termini di etica ed intelligenza -, ho vissuto i racconti dei miei nonni - uno reduce della Campagna d'Africa, l'altro partigiano - e negli occhi di nessuno ho visto esaltazione, o attorno ai loro corpi un'aura mitica da supereroi. Si trattava - e si tratta - di persone normali, con i loro limiti, il loro modo di intendere e vedere le cose ed il mondo, i loro difetti, i loro pregi, alle prese con eventi decisamente oltre l'ordinario.
Ed è questa, a mio parere, l'idea più importante dietro questo film.
Che non sarà certo il migliore di Clint, non tira fuori emozioni o grandi storie, non coinvolge o sconvolge - se non chi va alla ricerca della polemica politica a tutti i costi -, ma fotografa bene la realtà.
La realtà che dice che siamo persone normali. Lo siamo quando crediamo di essere nel giusto, quando facciamo del bene e quando, al contrario, facciamo del male, quando lottiamo e quando cerchiamo semplicemente di vivere la vita.
Attacco al treno, a ben guardare, racconta il viaggio in Europa di tre amici d'infanzia che vogliono divertirsi e vedere il mondo prima di diventare troppo grandi per rimorchiare a caso e sbronzarsi in discoteca neanche stessimo guardando il filmino delle vacanze di un nostro conoscente in una qualsiasi serata in compagnia. Può apparire banale, inutile, poco rilevante rispetto all'evento che, dal titolo al trailer, dovrebbe raccontare.
Ma è proprio questo il segreto. La normalità. Skarlatos, Stone e Sadler sono ragazzi normali.
Potranno avere valori di riferimento diversi dai miei, ma in fondo girano in Europa come tutti fanno a vent'anni pensando solo a scoprire nuovi posti, bere e trovare più ragazze possibili.
E sinceramente, da non sostenitore della guerra, delle armi e di tutto il resto, mi sta discretamente sul cazzo il fatto che possano rischiare di essere fatti fuori da qualcuno che, a sua volta, è cresciuto con valori di riferimento diversi dai miei.
Perchè al posto loro potrei esserci io quindici anni fa, o i miei figli tra quindici anni.
Personalmente spero che ai Fordini non venga mai l'idea di arruolarsi ed andare a combattere da qualche parte nel mondo rischiando di non tornare a casa, continuerò a mantenere le mie posizioni politiche - assolutamente diverse da quelle di Clint - per tutta la vita, a pensare che non è un arma a rendere più sicuro il mondo, ma uno stato mentale così come uno sociale.
Eppure, fossi stato su quel treno, sarei stato felice che Skarlatos, Stone e Garland fossero lì con me.
E lo sono anche se su quel treno non c'ero.
Sono anche felice di aver visto questo film, perchè se è ovvio che non sia il migliore di uno dei registi migliori degli ultimi quarant'anni - forse, addirittura, uno dei suoi peggiori -, è chiaramente il segno della grande intelligenza dell'uomo dietro la macchina da presa.
Che sarà pure un vecchio repubblicano senza ritegno con il quale, probabilmente, politicamente non riuscirei ad andare d'accordo neppure dopo esserci bevuti una ventina di birre a testa con qualche shot di Jack Daniels in mezzo senza capire più neppure dove ci si trovi, ma da uomo d'esperienza e testa pensante ha mostrato la normalità e, ammettiamolo, la banalità del Male.
Ma fortunatamente, anche del Bene.



MrFord




8 commenti:

  1. Mi spiace per Clint, ma di voglia di vedere il suo film proprio non ne ho. Colpa di pregiudizi, certo, ma anche di una storia che non mi attira, e nonostante i due bicchieri e le belle parole, non mi aiuti a cambiare idea.

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    1. Film che non ispirano ce ne sono, ci sta. Considera però che non si tratta di una storia, ma della realtà. ;)

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  2. Se un film di Eastwood qui al Saloon si prende a malapena due bicchieri, da me le due palle sono assicurate. ahahah

    Comunque Clint Eastwood uno dei registi migliori degli ultimi quarant'anni??? Cos'è? La barzelletta del secolo?!?
    Se come attore aveva appena due espressioni, come regista ha giusto due inquadrature.

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    1. Ti sfido a trovare un altro regista che, negli ultimi quarant'anni, ha sfoderato film del livello di Un mondo perfetto, Gli spietati, Mystic River, Million Dollar Baby, Gran Torino. Solo per citarne alcuni. ;)

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  3. Sono assolutamente d'accordo. Clint, anche in un film oggettivamente "minore" come questo, continua il suo percorso sugli "eroi" americani contemporanei, rimarcando ancora una volta di quanto quel paese ne abbia bisogno. I quattro ragazzi sono persone assolutamente normali, che si comportano come i loro coetanei (le solite accuse alla rappresentazione macchiettistica dell'Italia sono assurde... loro ci vedono così) e che in quella circostanza hanno sentito il bisogno di fare la cosa giusta.

    E poi chiariamo una cosa: il peggior film di Eastwood e pur sempre migliore di tanti, tantissimi altri...

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    1. Kris, inutile dire che concordo in tutto e per tutto. Come, a posteriori, sulla tua recensione.

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  4. Nonostante tutto vedrò comunque, sperando non sia proprio brutto brutto ;)

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    1. Non è affatto brutto. E' un film normale che racconta di una storia vera. Avercene, da un sacco di punti di vista.

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