lunedì 10 aprile 2017

La pazza gioia (Paolo Virzì, Italia/Francia, 2016, 118')






Ricordo quando, lo scorso anno poco prima dell’inizio della primavera, affrontai la visione dell’ottimo The end of the tour, che a partire dalle vicende di David Foster Wallace riuscì, in una particolare sequenza, non solo a toccarmi nel profondo, ma a rendere più chiara – per quanto non condivisibile dal sottoscritto - la scelta del mio amico Emiliano, che poco più di due anni fa decise di suicidarsi senza che nessuno, dai suoi più stretti conoscenti a sua madre, dai colleghi a noi compari “di vecchia data” si accorgesse o sospettasse anche solo minimamente.
Wallace, in un passaggio della pellicola appena citata, suggerisce per spiegare la situazione all’amico giornalista, di immaginarsi di essere all’interno di un palazzo in fiamme, in una condizione di sofferenza e terrore così terribili da far apparire un gesto estremo come quello di gettarsi nel vuoto come una liberazione.
Del resto, nessuno di noi si conosce quanto noi stessi, e a volte il dolore che si porta dentro finisce per risultare così profondo ed insanabile da sfociare in gesti definitivi o, in alternativa, nella “follia”: ma cosa sarà mai, esattamente, questa follia?
E’ una fuga? Un modo che ha la nostra mente di rifugiarsi in un suo mondo simile al coma per il corpo? Un tentativo di isolarsi in modo da poter sperare di riparare al danno prima di riprendere a vivere?
Ma soprattutto, essere “folli”, o disperati, o feriti dentro, dove nessuno potrà vedere all’infuori di noi, esclude la gioia dalla e della vita?
Personalmente, penso di no.
In fondo, la condizione in cui viviamo, per quanto drammatica possa essere, e fisica o mentale che sia, è lo specchio del nostro carattere, della forza che ci permette di uscire fuori, ricominciare, alzare la testa, prendere una decisione oppure un’altra.
Paolo Virzì, che da queste parti resta amatissimo per piccoli cult come Ovosodo o grandi film classici come La prima cosa bella – che resta il lavoro che preferisco del regista livornese – fornisce una sua risposta con questo La pazza gioia, appoggiandosi a due interpretazioni di straripante cuore fornite da due attrici in grandissima forma – Micaela Ramazzotti, già protagonista dell’appena citato La prima cosa bella, e soprattutto Valeria Bruni Tedeschi, che si mangia pellicola, spettatori e chi più ne ha, più ne metta -, regalando all’audience momenti di grande emozione ed una storia sentita e profonda, disperata eppure straripante di speranza.
  Certo, come molti degli ottimi prodotti italiani usciti negli ultimi due anni almeno qui nella Terra dei cachi ha finito per essere sopravvalutato – non è certo una novità, se pensiamo cos’è accaduto al Cinema da Qualcuno volò sul nido del cuculo in poi, l’utilizzo della follia e del suo ruolo in chi la vive sulla pelle e spera un giorno di reinserirsi nella società – dalla critica più giovane – nella blogosfera ho letto recensioni che ne parlavano come di qualcosa di enorme, mentre come ho già sottolineato, a mio parere Virzì ha saputo fare anche di meglio in passato – così come da quella storica – assurdo e campanilista pensare, ad esempio, che per gente come Mereghetti questo film sia uno dei più belli degli ultimi anni salvo poi bocciare cose come Alabama Monroe accusandole di sfruttare il dolore per raccontare una storia -, ma sarebbe ingiusto nei confronti del grande lavoro del regista e delle due protagoniste non dare credito a quello che, senza dubbio, rappresenta uno dei capitoli più intensi e profondi del Cinema italiano recente, che resta per me ancora qualche passo indietro rispetto ad Europa, Oriente ed USA ma che ha mostrato, anche grazie a quelli che sono destinati a diventare cult negli anni come La pazza gioia segnali di una ripresa che, lo spero sempre, possa riportare la produzione nostrana ai livelli degli anni sessanta e settanta, quando al mondo non c’era nessun Paese che poteva vantare una formazione di registi e produzione di Capolavori come la Nostra.
In attesa di quel momento, ringrazio e mi godo storie come questa, raccontate con il cuore e con il cuore portate sullo schermo, pronte a regalare emozioni profonde e mostrare un altro 

pezzo del grande mondo che abbiamo dentro, anche quando pare perfino peggio di quello che ci attende ogni giorno al varco fuori.
L’importante sarà affrontarlo a testa alta e con un po’ di sana follia.




MrFord



 

10 commenti:

  1. Si ottimo film, presto ne parlerò anche io alla fabbrica, apprezzo molto Virzì sin dalla sua pellicola d'esordio La Bella Vita, che ti consiglio di vedere se non l'hai già fatto, ci sono Sabrina Ferilli e Massimo Ghini, è una storia molto toccante che spero di ri-vedere per poi recensire alla fabbrica ^_^

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    1. La bella vita mi manca, lo segno.
      Virzì, del resto, raramente sbaglia. :)

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  2. Se non ho pianto a dirotto nel monologo della Ramazzotti sul lungo mare, probabilmente, è perché ero al cinema in una sala pienissima. Ma lo ricordo bene, il monologo e tutto il film. Rivedrò per rendere meglio. :-P

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    1. La sala pienissima aiuta a contenere, in certi casi.
      Ho ben presente il fenomeno. ;)

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  3. Io faccio parte della critica più giovane (relativamente) che l'ha esaltato alla grande.
    Per me superiore a gran parte dei filmetti americani in circolazione. E pure agli altri lavori (che pure mi piacciono) di Virzì.
    Questa volta non siamo così d'accordo, tié. ;)

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    1. Ahahah sono d'accordo sul relativamente giovane, dato che ormai sei tutto tranne che un ragazzino. ;)

      Per il resto, con modalità diverse, purtroppo però il film è piaciuto ad entrambi. ;)

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  4. su Virzì siamo pienamente d'accordo...
    "La pazza gioia", che mi ha conquistata completamente, grazie sopratutto all'interpretazione pazzesca e viscerale della Bruni Tedeschi, la quale non sembra il personaggio, ma una trasfigurazione stessa della sua realtà...
    "Ovosodo" lo so a memoria, "La prima cosa bella" mi ha fatta piangere come pochi altri film devo dire...

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    1. Virzì è uno dei registi italiani più solidi e di cuore, e fortunatamente lo dimostrano i suoi lavori.

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  5. Virzì non si smentisce mai. Anche se l'ho recuperato dopo, ho apprezzato molto "La pazza gioia"

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    1. Anch'io, come vedi, l'ho recuperato in ritardo ed apprezzato. :)

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