venerdì 12 febbraio 2016

Mistress America

Regia: Noah Baumbach
Origine: USA, Brasile
Anno:
2015
Durata:
84'
 






La trama (con parole mie): Tracy è un'aspirante scrittrice fresca d'iscrizione all'Università, sola a New York e per la prima volta lontana dalla madre, in procinto di risposarsi con un uomo conosciuto online. La figlia di quest'ultimo, più grande di Tracy di almeno una decina d'anni, vive proprio nella Grande Mela, e quando è contattata dalla studentessa finisce per offrirle non solo amicizia e presenza, o una guida alla vita nella nuova città, ma anche un modello ed un esempio che Tracy traduce in un racconto che potrebbe portarla ad entrare nel club letterario più esclusivo del campus.
Quando il legame tra le giovani donne si fa più stretto e Tracy decide di spalleggiare Brooke, sua futura sorella, in modo che quest'ultima riesca a realizzare un sogno commerciale e non solo che rischia di naufragare, le prospettive cambiano: i ruoli, dunque, si ribalteranno ed i primi sei mesi a New York di Tracy finiranno per essere diversi e più intensi di quanto non avrebbe potuto immaginare.







Noah Baumbach ha tutte le carte in regola per essere il classico tipo cui le bottigliate calzano a pennello.
Radical chic, alternativo, figlio di un Cinema hipster made in USA buono giusto per tipi come il Cannibale, autore di alcune delle pellicole più Sundance - e questa volta, non in accezione positiva - degli ultimi anni, figlio del Woody Allen più supponente e di un approccio che pare lontano anni luce dalla mia galassia fatta di pane e salame.
Con Mistress America, ultima fatica del regista, la situazione è stata più o meno questa per due terzi del pur limitato minutaggio della pellicola: desiderio di colpire ripetutamente la premiata ditta Baumbach&Gerwig senza alcun ritegno sul grugno.
Ma evidentemente, nonostante le diversità che ci segnano, il sottoscritto ed il supponente Noah abbiamo qualcosa che ci lega, che nel caso di Mistress America si è tradotto non solo nella passione per la scrittura, ma anche nell'approccio da stronzi che, in qualche modo, nasconde sempre lezioni che neppure noi che stronzi siamo fino al midollo ci aspettiamo possano esserci riservate.
Il rapporto tra Brooke e Tracy, i loro scambi di ruolo da idolo ed esempio a gregaria, e viceversa, sono stati una delle sorprese più interessanti di questo inizio anno, in grado di rivaleggiare, pur in contesti assolutamente diversi, con le sfumature sentimentali e sessuali di Cate Blanchett e Rooney Mara in Carol: molti di noi, infatti, hanno finito per avere, nel corso della vita, "cotte" - se così si possono definire - per persone immaginate come qualcosa di molto più che umano, oltre le possibilità ed i fallimenti, e che, al contrario, proprio nella loro umanità hanno finito, prima o poi, per impartirci lezioni decisamente importanti.
Una sorta di fallimento - o di fallibilità - dei nostri eroi pronto a divenire il motore di un successo, o forse, a ben guardare, una nuova interpretazione del gioco delle parti che vede il supposto maestro necessitare dell'allievo più di quanto lo stesso non abbia davvero di lui: in questo senso, l'atmosfera da commedia brillante da salotto finisce per mascherare la voracità e la predatorietà di un personaggio come quello di Tracy, che non esiterei quasi a definire femme fatale a prescindere dall'immaturità e dal percorso del suo charachter, destinato ad un ulteriore, sentito e sentimentale ribaltamento proprio con l'ottimo finale.
Un botta e risposta pronto a sorprendermi ancora una volta da parte di un regista che forse non sarà mai tra i miei preferiti ma che, nonostante le diversità, finisce per riuscire sempre a superare le difese del Saloon: Mistess America, ad ogni modo, non è il miglior lavoro dell'ex "nuovo Wes Anderson" - che, a mio parere, continua ad essere Il calamaro e la balena -, eppure fotografa bene atteggiamenti e situazioni che, potenzialmente, New York, ambiente radical e chissà cos'altro a prescindere, potremmo aver vissuto tutti.
Del resto, ognuno di noi, in posizione di vantaggio o di svantaggio - parlando di rapporti sentimentali, che riguardano anche l'amicizia ed i legami "di costruzione", e non solo l'amore - ha potuto provare sulla pelle l'ebbrezza che da la sensazione di essere la guida e l'esempio di qualcuno, e quella di avere qualcuno come guida o esempio.
Così come quando le parti finiscono per mescolarsi con la presa di coscienza dello stesso ribaltamento, pronto ad andare a braccetto con l'ego che manifestiamo quando ancora pensiamo di essere geni ed avere il mondo in pugno, o quando, in modo diverso, capiamo di non esserlo eppure sappiamo bene che non potremo mai mollare.





MrFord





"I can wait another day until I call you
you've only got my heart on a string
and everything a'flutter
but another lonely night might take forever
we've only got each other to blame
it's all the same to me love
'cause I know what I feel to be right
no more lonely nights
no more lonely nights
you my guiding light."

Paul McCartney - "No more lonely nights" - 






12 commenti:

  1. Ma dai, è finalmente uscito in Italia? Io l'ho visto l'anno scorso ad agosto! A me devo dire che Baumbach piace e sarò forse radical chic (ma io sono stata svezzata a pane, Er Monnezza, Lino Banfi e Bud Spencer, ti avverto, ahahah!), e le uniche bottigliate che si possono dare è l'aver lasciato Jennifer Jason Leigh per la Gerwig. Misstress America mi è piaciuto, l'ho anche trovato abbastanza cinico! E Wes Anderson è Wes Anderson, penso che sia inimitabile! ;-)

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    1. In Italia non è uscito, ma l'avevo da un pò già scritto e ho pensato di sbattermene. ;)

      A me Baumbach, nonostante tutto, piace: curioso, perchè pochi negli States sono così radical! ;)

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  2. a me la Gerwig mi sta molto simpatica :-), il film mi ha divertito però effettivamente è un po' hipsteroso...

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    1. A me non sta particolarmente simpatica, un pò come Baumbach: ma il film, comunque, funziona.

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  3. Ennesimo film che devo ancora vedere! :D

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  4. Meglio di Giovani si diventa ma non all'altezza di Frances Ha. Non è riuscito a convincermi il buon Noah, pur intrattenendomi piacevolmente.

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    1. Concordo: e oltre Frances Ha resta sempre Il calamaro e la balena.
      Baumbach, comunque, riesce sempre a non dispiacermi, nonostante uno stile lontanissimo dai miei gusti.

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  5. Baumbach mi piace molto, ho adorato in assoluto Il Calamaro E La Balena ma anche altri suoi lavori, non ho visto Giovani Si Diventa e anche questo, ma è un giovane autore indipendente da seguire per quanto mi riguarda :)

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    1. Il calamaro e la balena è davvero un gioiellino, senza dubbio.
      Giovani si diventa meno riuscito, ma comunque, come questo, meritevole di una visione, anche se ormai Baumbach non è più così giovane! ;)

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  6. Il suo lavoro migliore resta Frances Ha, però anche questo non è male. Un ritorno su buoni livelli dopo il deludente Giovani si diventa.
    La tua preferenza per uno dei film più radical-chic mai visti, Il calamaro e la balena, ti conferma re degli snob, caro Ford. ;)

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    1. Il suo lavoro migliore è senza dubbio Il calamaro e la balena, assolutamente meno radical del pur bello Frances Ha. ;)

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