Regia: Louise Osmond, Jerry Rothwell
Origine: UK
Anno: 2006
Durata: 92'
La trama (con parole mie): siamo nel pieno del 1968 quando, a seguito della prima circumnavigazione in solitaria del mondo in barca a vela viene lanciata la sfida di ripetere la stessa impresa senza scali, una cosa mai tentata prima e sicuramente possibile solo per i più grandi navigatori del pianeta. Alla gara - che prevede un premio per il primo a giungere al traguardo ed un altro per il più veloce - partecipano nove velisti provenienti da tutto il mondo, pronti a partire entro la fine di ottobre dall'Inghilterra per fare rotta a Sud nell'Atlantico, doppiare Capo di Buona Speranza, percorrere il pericoloso Oceano meridionale fino ad aggirare Australia e Nuova Zelanda, passare Capo Horn e risalire fino alle coste anglosassoni.
Se, però, otto dei partecipanti sono nomi illustri della navigazione, uno è l'outsider perfetto: si chiama Donald Crowhurst, ha trentacinque anni, quattro figli, ed è un semplice amatore con un sogno al limite della follia, vincere la gara.
Trovati uno sponsor e un'imbarcazione, sarà l'ultimo a mettersi per mare e tentare l'impresa.
Riuscirà a portarla a termine?
Fin dai miei primi passi nel mondo del Cinema - passata l'infanzia, ovviamente - ho sempre avuto un debole per i documentari, una delle più difficili espressioni di questa forma artistica per un regista: se, infatti, attraverso la fiction è da un certo punto di vista semplice catturare l'attenzione dello spettatore grazie ad attori, script, movimenti di macchina, effetti e chi più ne ha più ne metta, per un documentario - espressione definitiva della realtà, più che della meravigliosa finzione della settima arte - non è affatto cosa da poco riuscire nell'impresa di avvincere e narrare una storia senza rischiare di cadere nell'eccesso di pesantezza, o nella noia.
Deep water, che puntavo da tantissimo tempo, rappresenta alla grande quella che io chiamo la categoria dei documentari "vivi", ovvero in grado di incollare allo schermo dal primo all'ultimo minuto l'audience raccontando e celebrando, di fatto, la grandezza della realtà della quale si fa esperienza diretta sulla pelle: un pò quello che sono stati, negli ultimi anni, Il diamante bianco o Grizzly man di Herzog, Una storia americana di Jarecki o Workingman's death di Glawogger.
La vicenda - umana e sportiva - di Donald Crowhurst narrata da Louise Osmond e Jerry Rothwell, in questo senso, ha dell'incredibile anche rispetto alle meraviglie che il Cinema può offrire: un uomo comune, con una storia di lavori tecnici alle spalle, una numerosa famiglia e grandi aspirazioni, decide di colpo di gettarsi a capofitto in un tentativo a dir poco folle, che avrebbe fatto impazzire personaggi come il Fitzcarraldo sempre di Herzog, imbarcandosi - in tutti i sensi - in un viaggio che perfino i più esperti navigatori del mondo consideravano più che rischioso.
Il mare, espressione della bellezza e della potenza della Natura, è da sempre uno dei grandi focolai di sfida per l'Uomo, che fin dall'antichità ha cercato - non senza fatica, o vittime - di trovare la via per illudersi, in qualche modo, se non di averlo domato, almeno di convincersi di averlo fatto: lo spirito assolutamente indomito dei nove partecipanti a quella disastrosa regata mi ha riportato alla mente immagini - e torniamo al confronto fiction/realtà - de La tempesta perfetta, e a quei momenti in cui il mondo viene a ricordarci che non siamo davvero noi a comandare.
Il pensiero di mesi e mesi - in un'epoca in cui l'utilizzo di gps e satellitari era praticamente fantascienza - da soli in mare aperto, con l'idea di doversi confrontare con alcuni dei passaggi più difficoltosi per un navigatore - l'Oceano meridionale, il temibile Capo Horn - fa venire i brividi al solo sfiorarlo, ed il progressivo abbandono dei partecipanti, spazzati via dai marosi dell'Atlantico o da difficoltà tecniche, testimonia passo dopo passo la difficoltà estrema di una traversata di questo genere: ed eccolo lì, Donald, con la sua barca ad alta tecnologia che perde pezzi e fatica a prendere un ritmo degno anche soltanto di un dilettante della vela, a miglia e miglia dai suoi avversari, lanciati già nel confronto con i mari del profondo Sud.
Donald che non vuole mollare, perchè sa bene che dalla riuscita dell'impresa dipenderanno anche la sua realizzazione personale e la possibile rovina economica della sua famiglia: Donald che comunica con la terraferma ed i giornalisti che l'hanno già adottato come eroe del popolo, Donald che alimenta i sogni dei figli e la speranza della moglie, Donald che, di colpo, comincia a registrare un record di marcia dopo l'altro, infrangendo ogni limite ed istillando il dubbio che, pur non riuscendo a giungere primo al traguardo, possa aggiudicarsi il premio di navigatore più veloce.
Donald che, mentre Robin Knox-Johnston doppia Capo Horn e vola verso la vittoria inseguito da Bernard Moitessier, di colpo sparisce. Nessuna comunicazione radio, nessuna notizia.
Cos'è accaduto all'outsider Crowhurst?
A questo punto la narrazione diventa quasi un thriller, un gioco di "prestige" che mette in mostra tutte le miserie umane, la solitudine, la follia, la consapevolezza di aver compiuto un passo troppo lungo, di aver confuso l'ambizione con il talento.
E Donald così ricompare, proprio quando le tre imbarcazioni sopravvissute risalgono l'Atlantico per tornare in Inghilterra, con la speranza di restare quieto, silenzioso, tornare al suo posto di uomo comune, quarto con onore.
Ma la Natura è più furba di quello che l'Uomo crede, e così Moitessier, rapito dalla solitudine, improvvisamente fugge dall'idea della folla che lo aspetta veleggiando di nuovo verso Sud, per continuare a navigare.
E l'ultima speranza affonda, lasciando Crowhurst solo con Knox-Johnston.
Solo con il mare.
Solo con se stesso.
Cos'è accaduto, a bordo di quella barca? Nel cuore del suo capitano?
Nessuno potrà mai saperlo, se non Donald e quel mare infinito in cui è andato alla deriva.
Il sapore di una sfida enorme. Le dimensioni di un uomo.
E dell'Uomo.
Non ci sono leggende che tengano, quando la realtà è così incredibile.
MrFord
"Una catastrofe psicocosmica
mi sbatte contro le mura del tempo.
Sentinella, che vedi?
Una catastrofe psicocosmica
contro le mura del tempo."
mi sbatte contro le mura del tempo.
Sentinella, che vedi?
Una catastrofe psicocosmica
contro le mura del tempo."
Franco Battiato - "Shackleton" -
ford, cos'è sto film?
RispondiEliminadai, ammettilo che non esiste e l'hai girato o inventato tu :)
Invece è un signor documentario legato ad un'impresa da pazzi di quelle che tu non tenteresti mai! ;)
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