giovedì 8 luglio 2010

Germania - Spagna (0-1)

Ricordo quando lessi, ormai più di dieci anni fa, la serie a fumetti di Slam dunk - un divertentissimo quanto emozionante elogio dello sport e del suo potere - fra le pagine della quale il suo protagonista, Hanamichi Sakuragi, dava una personale definizione del terzo tempo con palla appoggiata a canestro: "il tiro dei poveri".
Tenete a mente questo particolare, perchè ci tornerà utile più avanti.
Torniamo a ieri sera: dopo un rilassante aperitivo con passeggiata allietata dal clima fresco di Milano insieme a mio fratello, arrivo al luogo deputato per la visione della seconda semifinale di questo mondiale con due Cuba in corpo e una voglia incredibile di gustarmi una signora partita.
Il pub quasi scoppia, e pronti al calcio d'inizio ci sono italiani partecipi, spagnoli esplosivi, compagini di modelli/e tedeschi, portoghesi e gente di cui non si comprende bene l'idioma.
Fin dalle prime battute mi rendo conto che in campo si contendono la finalissima due squadre dal potenziale enorme, e che, in particolare, una di queste pare attraversare una vera e propria serata di grazia: nonostante i cappotti ben confezionati ai danni di Inghilterra e Argentina, infatti, la Germania è fin da subito messa ben oltre l'angolo dalle furie rosse, che trasformano il loro ormai leggendario fraseggio soporifero in una tirata rock, impreziosita da passaggi sempre precisi e recuperi di palla da far venire i brividi se confrontati con le ciabattate che ci hanno regalato Pepe e soci.
La pressione spagnola diviene una costante della partita con il passare dei minuti, tanto che due scuole di pensiero cominciano a formarsi nel nostro gruppo di spettatori: una prima che prevede novanta minuti di attacchi inconcludenti della Spagna prima della clamorosa rete tedesca con conseguente valanga di improperi contro ogni divinità esistente da parte dei sostenitori in rosso, ed un'altra che, fiduciosa, è convinta che sia solo una questione di tempo, perchè gli uomini di Del Bosque appaiono decisamente troppo in palla per la squadra di Loew, che deve aver dato tutto, ma proprio tutto, mietendo le due illustri vittime che si è lasciata alle spalle tra ottavi e quarti.
Il primo tempo finisce, e ancora nessuno pare avere avuto ragione.
La sensazione, però, è che questa partita sia troppo intensa e bella - pur se non mitica come altre che i mondiali hanno regalato nella loro storia - per concludersi con i calci di rigore, e che tutto finirà con lo scoccare del novantesimo più recupero.

Quello stesso novantesimo che comincia ad avvicinarsi pericolosamente, andando ad ingrossare le fila dei terrorizzati da stoccata tedesca.
Villa, come il suo antagonista Klose, non punge, e nonostante un paio di conclusioni da fuori di Xabi Alonso sembra proprio che la lucidità spagnola vacilli proprio prima del tiro a rete, al termine di azioni splendide per costruzione, tecnica e combinazioni di passaggi.
Eppure, proprio quando tutto sembra indicare il ribaltone tedesco, ecco che un calcio d'angolo cambia le sorti - e la storia - delle furie rosse: Puyol, gigantesco in difesa insieme a Pique, parte a un paio d'anni luce dall'area teutonica, una rincorsa che pare infinita e prepotente, entra in area e, proprio scippando il tempo al succitato Pique, in un nugolo di tedesconi enormi alti tutti almeno una ventina di centimetri più di lui, sfodera un terzo tempo da cestista Nba e va in orbita, incocciando con il pallone che viene praticamente scaraventato alle spalle di Neuer, assolutamente impotente contro una fucilata di tal fatta.
Se quello di Robber era estetica dell'arte, questo di Puyol è tutta la passione del popolo.
E' il gol della vita per il difensore del Barcellona, che come se nulla fosse torna in posizione e difende dappertutto - ma proprio dappertutto - ogni volta che i tedeschi tentano un disperato affondo cercando di non arrendersi al sogno di una finale che sfumò davanti ai loro occhi anche quattro anni fa.
L'atmosfera comincia a rilassarsi, e anche gli scettici e i timorosi riprendono tutta la fiducia persa insieme alle numerose occasioni spagnole: almeno fino a quando Pedro - autore fino a quel momento di una buona prova - non tira fuori dal cilindro una di quelle azioni capaci di far saltare le coronarie ai tifosi, intestardendosi con più dribbling di troppo spinto dalla voglia di mettere anche il suo nome sul tabellino dei marcatori dimenticandosi di Fernando Torres, subentrato a Villa e da solo di fronte alla porta tedesca.
I sostenitori spagnoli imprecano, e probabilmente anche Del Bosque, che data l'età, addebiterà al giovane centrocampista anche il conto del suo cardiologo.
Giusto per non rischiare di farsi venire un colpo prima della finale, l'allenatore delle furie rosse richiama in panchina il colpevole e attende, con tutti noi, il fischio finale.
I brividi continuano, ma sono tutti di marca spagnola.
L'armata tedesca, nonostante le sue imprese trionfali a questi mondiali, è costretta ad arrendersi.
Ancora una volta, il sogno è spezzato, ma grandi onori vanno tributati ai ragazzi di Loew, che sabato avranno l'occasione di chiudere terzi come nel 2006 e che sono stati una delle realtà più interessanti del mondiale. Sicuramente continueremo a sentir parlare di molti di loro anche nelle competizioni dei club, così come ai prossimi europei e mondiali.
Complimenti comunque, anche alla Germania come istituzione calcistica, che su diciassette edizioni del mondiale è giunta alle semifinali dodici volte. Mica poco.
E ancora più complimenti e onori alla Spagna, alla sua prima finale - era anche la sua prima semifinale, a dire il vero - e in questo momento la squadra con il calcio più bello del pianeta.
Complice sicuramente una generazione di talenti come gli iberici non avevano mai avuto, ma anche un'ottica ampia e dedicata alla crescita dei giovani che più che sportiva è un fenomeno sociale.
Non per nulla la Spagna è un paese che negli ultimi anni ha vissuto, proprio da quel punto di vista, una rinascita.
Non durerà per sempre - noi italiani lo sappiamo bene -, ma fintanto che c'è, che se la godano tutta.
Ora ci aspetta una finale che non solo è tutta europea - sempre come nel 2006 -, ma anche la battaglia fra due squadre che non hanno mai esploso la gioia di sollevare la coppa del mondo. Sarà durissima seguirla e scegliere da che parte stare, perchè si ritroveranno le due squadre che più mi sono piaciute in questo torneo, entrambe in grande forma, entrambe al centro delle mie simpatie, e portatrici di quella magia di cui parlavo ieri capace di risvegliare i miei ricordi di tifoso ragazzino.
Avrò di fronte il folletto Snejider e la sua imprevedibilità e la marea magica della carica delle furie rosse: è quasi come se mi chiedessero di scegliere fra Apocalypse now e La sottile linea rossa, o Gran Torino e Gli spietati.
Una pena quasi pari al piacere di vedere la gioia dipinta sui volti di chi vincerà.
Spero che tutti mantengano le (alte) aspettative che i loro talenti alimentano in ogni amante del calcio, e regalino a tutto il pubblico del mondo una finale leggendaria.
Già così mi sentirò felice.
Se poi dovessi essere in difficoltà, chiederò aiuto al polpo Paul e tiferò per chi darà perdente.
Tanto per non smentirmi.

"Por eso, hermano proletario,
con orgullo yo te canto esta canción,
somos la revolución."
MrFord 

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