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mercoledì 25 marzo 2020

Bloody Sky

Bloody Sky (Flames Series Vol. 2) di [Ferrari, Bianca]


A un mese di distanza dall'uscita del precedente Burning Sand, Julez torna alla ribalta confermandosi l'unica vera penna del Saloon con il secondo capitolo della storia di Skylar e Alexander, che promette di essere ben più tosto e drammatico del precedente. 
Se non avete ancora conosciuto i due protagonisti, siete amanti delle storie d'amore travagliate e non vi guastano un pò di azione e di momenti da stomaci forti, potete senza dubbio approfittare di questo periodo sicuramente anomalo per arricchire la vostra libreria - virtuale o no - con questa doppietta caricata a dovere da Julez.
A questo indirizzo trovate tutti i riferimenti del caso - www.amazon.it/dp/B08619N76Y/
Buona lettura!


MrFord

martedì 25 febbraio 2020

Burning Sand

Burning Sand (Flames Series Vol. 1) di [Ferrari, Bianca]


Come molti dei più affezionati avventori del Saloon ben sanno, da qualche anno Julez è ufficialmente l'unica e vera scrittrice presente da queste parti.
Oggi esce il suo nuovo romanzo, che riprende le tematiche romance dei lavori precedenti per trasportarle in un contesto molto attuale ed "action", nel cuore dell'Iraq e della guerra: una dilogia che mostra l'evoluzione che Julez sta vivendo come autrice, e che, in barba al genere, ha colpito perfino un vecchio cuore di pietra come me.
A questo link trovate i riferimenti: www.amazon.it/dp/B085463KF2
Mi raccomando, dateci dentro e scoprite il mondo di Alexander e Skylar.


MrFord

domenica 15 febbraio 2015

At the devil's door

Regia: Nicholas McCarthy
Origine: USA
Anno: 2014
Durata:
91'





La trama (con parole mie): Leigh, una giovane agente immobiliare, si assume l'incarico della vendita di una casa pignorata appartenente ad una coppia che ha visto scomparire l'unica figlia, fuggita con un uomo. Quando, ispezionando le stanze della casa, la futura venditrice si imbatte in una ragazza sfuggente e silenziosa, pensa sia proprio la figlia degli ormai ex proprietari dell'immobile: peccato per lei che, invece, la misteriosa adolescente sia l'emanazione di un'altra vecchia abitante di quelle mura, morta suicida negli anni ottanta dopo aver deciso, per amore, di vendere l'anima ad un demone con un rito che appariva solamente un gioco improvvisato.
Quando l'oscura presenza scopre l'esistenza della sorella di Leigh, Vera, decide che sarà proprio quest'ultima a fungere da cardine per il suo legame con questo mondo: toccherà dunque proprio a Vera cercare non solo di portare a casa la propria pelle, ma anche cercare di capire come gestire il demone.








L'horror è un genere ormai bistrattato dai suoi stessi autori, protagonista di una clamorosa discesa negli abissi della scarsa qualità da fare quasi invidia al percorso che sta portando ad una sempre più consistente involuzione il Cinema italiano: da tempo, infatti, direi che anche qui al Saloon, quando si parla dei cari, vecchi, film di paura, si finisce per incontrare qualcosa di interessante più o meno una volta ogni dieci, quando va bene.
Il resto, se non facilmente dimenticabile, si rivela di norma una vera, propria e sonora schifezza.
Si avvicinava il passato Halloween quando decisi di recuperare, tempistiche permettendo, At the devil's door, ultimo lavoro di Nicholas McCarthy, autore già noto per The pact - che presto farà capolino da queste parti - e considerato come uno dei meno peggio nella schiera dei paladini dell'horror americano attuale: in realtà i piani originali prevedevano che recuperassi questo titolo e lo recensissi proprio per la notte delle streghe, mentre ha finito per arrivare in casa Ford in tempo per il Giorno del Ringraziamento, e alla pubblicazione per Carnevale.
Curioso, e quasi lostiano, che insieme a Kristy - ambientato proprio a Thanksgiving -, At the devil's door abbia rappresentato uno dei titoli di genere più interessanti che mi sia capitato di visionare negli ultimi mesi: senza dubbio non parliamo di qualcosa di nuovo o innovativo - del resto, l'argomento possessioni e l'utilizzo dei demoni sono ormai ampiamente inflazionati -, quanto di una pellicola forse appena discreta interpretata da attori non di prim'ordine - il volto più noto è quello di Naya Rivera, una delle prime protagoniste di Glee -, di fatto molto derivativa, eppure per la sua ora e mezza scarsa in grado di intrattenere come si conviene riuscendo al contempo nella non facile impresa di azzeccare il cambio di rotta posto indicativamente attorno alla metà - corrispondente al passaggio dell'attenzione del demone da Leigh a sua sorella - ed un finale non scontato come si potrebbe supporre considerata l'evoluzione dei rapporti tra i gli abitanti degli Inferi ed i comuni mortali in queste occasioni.
Un plauso al regista andrebbe fatto, inoltre, per la scelta - coraggiosa, considerati quelli che sono gli standard di questo tipo di prodotti - di evitare di portare sullo schermo il classico scontro finale tra la protagonista e l'entità malvagia, che resta visivamente in ombra quanto basta per essere inquietante senza strafare e ricordare più l'oppressività del primo Alien che non le recenti sbrodolatone da wannabe salto sulla sedia incapaci di spaventare perfino volendo scegliere di farsi terrorizzare.
A questo si aggiungano la già citata chiusura ed un piglio molto sincero nel modo di raccontare di McCarthy, ed il risultato è un titolo che, per quanto limitato, riesce ad assolvere al suo compito di strumento di intrattenimento pur non raggiungendo livelli di inquietudine come quelli di Lake Mungo.
E' dunque giunto finalmente il momento, per l'horror, di cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel grazie agli sforzi di registi saliti agli onori della cronaca - pur se di nicchia - partendo dal basso? 
Forse è ancora presto per dirlo, ma esperimenti come At the devil's door hanno il merito di portare all'attenzione di noi avidi divoratori di settima arte nomi nuovi ed un respiro che è fondamentale per questo tanto bistrattato genere, in modo da guardare al futuro con almeno un minimo di speranza.
E se, per il momento, non sarà propriamente il Diavolo in persona a bussare alla nostra porta, faremo di necessità virtù nell'attesa che i grossi calibri si facciano sentire, e che i McCarthy di oggi possano porre le basi per le pietre miliari di domani.
Anche perchè, se dovessimo continuare con il presente dell'horror, entro una decina d'anni non basteranno neppure più i Rosemary's baby, a salvarci dalle visioni maligne.




MrFord




"I'm only lonely when the music's over
lonely when you're going home
we don't celebrate Sundays anymore
(we don't celebrate Sundays)
my good church is not open on Sundays
(we don't celebrate Sundays)."
Hardcore Superstar - "We don't celebrate Sundays" - 





giovedì 5 luglio 2012

L'ultima estate di Joan e altri racconti

Autore: Marco Goi
Origine: Italia
Editore: Lulu
Anno: 2012




La trama (con parole mie): ed eccoci qui. Al saloon approda il post dedicato al primo libro del mio antagonista preferito, il Cannibale, alias Marco Goi.
Una raccolta di racconti che spazia dalla realtà più crudele alla fantasia profonda, dalle rimembranze di Alice nel paese delle meraviglie alle influenze di Palaniuk ed Ellis, venata dall'ormai nota penna al vetriolo del sempre tagliente Cucciolo Eroico.
Una carrellata di visioni e sensazioni che ricordano una di quelle estati che, tra una delusione ed un successo insperato, finiranno per segnare, in un modo o nell'altro, le nostre esistenze: una volta tornati a casa, non ci resterà che attendere la successiva, e la prima prova dell'autore sulla lunga distanza.




Dite la verità: vi aspettavate di vedere una tempesta di bottigliate piovere a profusione in testa al mio antagonista per eccellenza qui nella blogosfera, Cannibale alias Marco Goi.
Ora che ci penso, non credo di averlo mai chiamato per nome neppure in una delle centinaia di mail che ci siamo scambiati da quando, poco più di un anno fa, abbiamo cominciato a sfornare Blog Wars e rubriche sulle uscite in sala: è strano, in qualche modo, trovarsi qui a recensire il suo libro, cercando di scindere la dimensione dello spettacolo - neanche fossimo wrestlers con personaggi da interpretare - da quella più reale che io stesso conosco ed ho provato sulla pelle, legata a tutte le difficoltà che i giovani autori hanno in Italia a trovare un editore che sia davvero pronto a scommettere ed investire su di loro, per farli crescere e promuovere il loro lavoro.
Trovo dunque sia clamorosamente e dannatamente giusto promuovere questa raccolta di racconti nonostante - e forse soprattutto - la rivalità che da sempre caratterizza i rapporti tra me e Marco fin dai primi tempi del saloon, giunto in rete con un paio d'anni buoni di ritardo rispetto a Pensieri Cannibali.
Ora, visto che, comunque, di un post e di una recensione si tratta, dovrò decidermi a parlare effettivamente del libro in tutto e per tutto, dal voto alle impressioni avute nei giorni in cui lo stesso è stato protagonista dei miei quasi quotidiani viaggi da pendolare: e dato che molti di voi sotto sotto avrebbero voluto una mia stroncatura giusto per alimentare ulteriormente la lotta che coinvolge me e Marco soprattutto in campo cinematografico, comincerò da quelli che, a mio parere, sono stati i difetti maggiori del lavoro cannibale così come se il mio rivale fosse uno sconosciuto venuto a chiedermi di recensire e promuovere la sua opera - e come Fabio Cento sa bene, in questi casi non mi faccio problemi a muovere critiche -, senza alcun favoritismo di sorta.
La prima cosa che mi passa per la testa è che il buon Cannibale dovrebbe trovarsi - o cambiare, a seconda dei casi - un correttore di bozze come si deve, dato che i refusi che ho scovato nel corso della lettura erano decisamente numerosi per una proposta editoriale da grande distribuzione, e benchè un editore non faccia troppo caso agli errori di battitura, è sempre meglio presentare il lavoro nel miglior modo possibile per evitare di essere presi sottogamba da chi potrebbe metterci davanti agli occhi un contratto interessante così come dai lettori.
Ma in questo, almeno fino a un certo punto, il mio compare di lotte senza quartiere può avere responsabilità limitate, dunque passo oltre e mi dedico alla materia vera e propria, il cuore di ogni prodotto editoriale oltre alla forma, al formato e alla presentazione, e lo faccio subito sparandola grossa: credo che Marco dovrebbe abbandonare l'idea di scrivere racconti, e concentrarsi invece sull'eventualità di dedicarsi - e pubblicare - un romanzo.
Ho letto con piacere, infatti, tutte le brevi storie di questa raccolta, da quelle più riuscite - il racconto che presta il titolo alla pubblicazione, che ho trovato venato da una certa componente autobiografica, le vicende del tarlo e del Gesù adolescente, il solo apparentemente frammentario e molto cinematografico omaggio ad Alice nel paese delle meraviglie che chiude la raccolta - a quelle meno incisive - la distopica parabola dedicata ad un Silvio che ben conosciamo, il ragazzo che diviene gigante e schiaccia le scimmie ballando -, e andando oltre le evidenti influenze targate Ellis e Palaniuk, l'idea che ha continuato a bussare alle porte della mia percezione è stata quella di una sorta di maturità ancora non pienamente raggiunta - e per fortuna, dato che di tempo per scrivere il mio buon nemico ne ha ancora parecchio - ma che trova una dimensione sicuramente più definita quando l'autore decide di prendersi tempo e pagine per approfondire i personaggi, lasciando che la sua vena ironica - che a volte pare un tantino forzata sulla corta distanza - conquisti passo dopo passo e dialogo dopo dialogo il lettore, trovando una forza inaspettata e più tosta di quanto non possa sembrare anche ad una nemesi giurata come il sottoscritto.
Proprio rispetto al lato irriverente ed ironico di Marco, trovo anche che potrebbe essere utile, all'interno di un'eventuale avventura romanzesca, provare a prendere in considerazione - imponendo una misura al suo ego leggendario - l'idea di trovare un agente che possa anche mettere voce come editor snellendo o rendendo più appetibile il suo lavoro, smussando qualche angolo che, a tratti, nonostante quelli che credo siano gli intenti di base, tende a limitare il talento del suo autore - l'ironia dissacrante, a volte, può risultare un'arma a doppio taglio e dare l'impressione al lettore di essere spocchiosi, più che brillanti come di fatto è il Cannibale -.
Terminato con i colpi di bottiglia, posso dire di essermi divertito ad esplorare i mondi messi su carta dal mio miglior nemico, all'interno dei quali perfino un Ipod può diventare il simbolo emozionale di un legame silenzioso - la finta zingara e la figlia dell'uomo che di notte la raccoglie lungo la strada - ed i sogni, superato il confronto con la realtà - il tamarro e l'HIV - riescono ad essere sempre in grado di tirarci fuori anche dalla merda più nera, per dirla come il Bardo: Marco, che pur ha margini di miglioramento notevoli, è sveglio, intelligente, stronzo quel tanto che basta per poter piacere ai suoi lettori, acuto e soprattutto con una testa che ben si adatta all'idea di autore multitasking, e che potrebbe pensare, una volta raggiunto un certo successo, anche di abbandonare momentaneamente la scrittura per dedicarsi a progetti più legati alla comunicazione.
La mia speranza - da autore e da rivale - è che possa continuare a maturare - per quanto questo ostinato teen continui a voler evitare di invecchiare - e, chissà, che un giorno le nostre Blog Wars possano trasferirsi dalla blogosfera agli scaffali di una qualche libreria, a colpi di romanzi, incontri e presentazioni.
Sarebbe davvero un piacere.
Anche perchè di certo, con uno come Marco - sulla pagina o in uno scambio di velenose battute sui nostri blog - non ci si stanca mai.


MrFord


Se volete - e volete, o vi prendo a bottigliate - acquistare L'ultima estate di Joan e altri racconti, cliccate su questo link e provvedete. 


"You slept
Did I drift?
Do I dream?
Do you read me?
I'm not speaking
Do you read me?
I dream."
Sonic Youth - "I dreamed I dream" -


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