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domenica 5 marzo 2017

Michael Moore in Trumpland (Michael Moore, USA, 2016, 73')




Penso che in molti, nel mondo, il mattino dopo l'Election Day negli States, siano rimasti sorpresi e sconcertati da quanto accaduto: contrariamente ad ogni previsione, Donald Trump, miliardario, espressione dei repubblicani feroci, sessista, razzista e chi più ne ha, più ne metta, ha sconfitto - ed anche in modo piuttosto netto e pesante, considerato il sistema americano non legato al conto effettivo dei singoli voti - la candidata democratica Hillary Clinton.
Personalmente, sono rimasto sorpreso anch'io - per non parlare di Julez, che ha impiegato qualche giorno a riprendersi dallo shock -, nonostante pensi che la democrazia vada sempre sostenuta, anche e soprattutto quando porta alla vittoria elettorale personaggi che non ci convincono: quando, poi, vista l'esperienza ottima con il precedente Where to invade next, ho avuto la possibilità di recuperare quest'ultima fatica firmata da Michael Moore, incentrata proprio sulla corsa alla Casa Bianca del Donaldone, non ho resistito.
In realtà, Michael Moore in Trumpland non è un documentario da tiro al bersaglio come fu Fahrenheit 9/11, ingiustamente premiato a Cannes e fin troppo fazioso, bensì la ripresa di un one man show che il regista tenne tempo fa in Ohio, in una delle località in cui Trump riscuoteva un successo cinque volte superiore a quello della Clinton: e devo ammettere che, nonostante il formato teatrale dell'operazione, tutto finisce per funzionare, e molto bene.
Moore è un oratore decisamente capace, e partendo dal fatto di non essere un sostenitore della Clinton - le avrebbe preferito Bernie -, dalle battute su Obama e le lodi ad alcuni interventi di Trump - è stato l'unico, afferma, a mettere all'angolo i proprietari delle grandi fabbriche di automobili del Michigan che spingevano per trasferire gli impianti in Messico - giunge ad un accorato appello ai suoi "rivali" repubblicani, una richiesta d'aiuto per il Paese che avrebbe dovuto prendere forma nel voto proprio alla Clinton, inizialmente e cordialmente presa in giro e finita ritratta come una donna coraggiosa e senza dubbio simbolo di tutto quello che le donne nel mondo potrebbero fare se avessero la possibilità di governare al posto degli uomini - molto bello anche il rifermento al fatto che dovrebbe essere data la possibilità solo alle donne di acquistare ed usare armi da fuoco, considerato che le statistiche affermano che non capita praticamente mai che queste ultime si rendano responsabili di omicidi di questo tipo o sparatorie occasionali -.
Un lungo monologo divertente ed appassionato, che finisce quasi per commuovere in più di un passaggio ed assume un significato malinconico ora, mentre siamo destinati ad almeno quattro anni di Trumpence: di nuovo, credo che si debba permettere a Trump di lavorare il meglio possibile - per quelli che potrebbero essere gli standard della sua squadra, e non suoi, voglio sperare -, prima di giudicare, ma senza dubbio per ogni democratico - o persona con un minimo di raziocinio, mi viene da insinuare - osservare il trasporto con il quale Moore è riuscito a spingere una figura da lui neppure particolarmente sostenuta significa anche ammettere una sconfitta tra le più cocenti della Storia recente, e che senza alcun dubbio segnerà una nuova epoca che possiamo solo sperare sia quantomeno migliore di quella "bushista" - e, in caso contrario, che non duri altrettanto -.
A stemperare il tutto resta la divertente chiusura in cui Moore afferma di volersi candidare nel duemilaventi - scusandosi con Kanye West, che aveva già fatto la stessa dichiarazione mesi fa -, peraltro mostrando i primi punti di un programma che, fossi un abitante degli States, appoggerei ad occhi chiusi.
Nel frattempo, non mi resta che usare testa e cuore per pensare che, nonostante tutto e nonostante Trump, è una fortuna che esista la Democrazia.
Perchè permette a persone come Michael Moore di esprimersi, soprattutto nel confronto con chi è di opinioni diverse, e mi fa sperare che un giorno una donna, un uomo, un criceto possano avere la possibilità di arrivare alla Sala Ovale della Casa Bianca ed usare il potere che altri uomini e donne hanno dato loro per fare in modo che, a prescindere dalle idee politiche, possa essere fatto inesorabilmente il bene maggiore possibile per tutti.



MrFord



 

venerdì 30 dicembre 2016

Ford Awards 2016: i film (dal 20 all'11)


Siamo giunti quasi in vetta alla classifica, e seppur in un'annata non particolarmente pazzesca in termini di film usciti in sala - vincono, senza dubbio, a mani basse le serie tv - la lotta si fa più dura, anche grazie ad alcune visioni dell'ultimo minuto e rimaneggiamenti.
Ad ogni modo, ecco a voi i dieci titoli appena sotto i migliori dell'anno.
Sempre per il sottoscritto, ovviamente.







N°20: WHERE TO INVADE NEXT di MICHAEL MOORE

 

Michael Moore, da sempre sagace e brillante, confeziona una sorta di road movie all'interno del quale si riserva di "conquistare" tutti quei Paesi che hanno qualcosa che gli States dovrebbero imparare per migliorare le vite dei loro abitanti: interessante vedere qualcuno che guarda anche all'Italia - pare impossibile - come ad un esempio, ed estremamente toccanti - per diversi motivi - tutte le realtà scandinave mostrate. Una piccola chicca di intelligenza, civiltà e coscienza.



 

Ignorato ai tempi dell'uscita in sala a causa del suo regista e recuperato quasi per caso soltanto mesi più tardi, Eye in the sky si è rivelato non solo un thriller umano serratissimo e da apnea, ma una delle riflessioni sulla guerra ed il suo utilizzo più devastanti dai tempi di American Sniper e The hurt locker. 
Portato in scena da una squadra di attori perfetta - fu l'ultimo lavoro di Alan Rickman, tra i tanti scomparsi di questo duemilasedici - e scritto alla grande, è un esempio di quanto possa offrire il Cinema bellico anche privo di grandi spazi, battaglie o profumi da Oscar.


N°18: LA GRANDE SCOMMESSA di ADAM MCKAY


Di finanza io non capisco un beneamato cazzo.
Eppure, il film di Adam McKay ed il suo cast in grandissimo spolvero sono riusciti ugualmente a farmi percepire, in mezzo a tutta una serie di termini capiti poco e nulla perfino quando spiegati dalle star con parole loro, la grandezza di questo film.


N°17: EL ABRAZO DE LA SERPENTE di CIRO GUERRA

 

Alla ricerca di confini da superare come un lavoro di Herzog e mistico come un viaggio di Jodorowski, il lavoro di Ciro Guerra è quello che al Saloon viene considerato un vero film d'autore: ostico, difficile, magico e misterioso.
Un trip che non si dimentica.


N°16: IL CASO SPOTLIGHT di TOM MCCARTHY


Vincitore dell'Oscar come miglior film - non era, comunque, il mio favorito per la statuetta - il lavoro di Tom McCarthy rispolvera la grande tradizione dei film inchiesta figli della New Hollywood anni settanta, appoggiando una struttura classica sulle spalle di un cast in grandissima forma.
Forse non rivoluzionario, ma solido e necessario.


N°15: MACBETH di JUSTIN KURZEL

 
Che Shakespeare fosse il più grande sceneggiatore prestato dal Teatro al Cinema era indubbio, per quanto mi riguarda, da una ventina d'anni.
Il fatto che un regista praticamente esordiente potesse tirare fuori una pellicola visionaria e potentissima tanto quanto ostica ed imponente era molto meno probabile.
Un plauso a Kurzel, che confeziona un lavoro più che impegnativo per il pubblico - messo alla prova dall'inizio alla fine - ma emotivamente e visivamente straordinario.


N°14: SULLY di CLINT EASTWOOD

 

L'inossidabile Clint, a ottantasei anni suonati, continua a non sbagliare un colpo anche quando, di fatto, sforna un film "minore": Sully, ispirato alla vicenda del Capitano Sullenberger, che salvò centocinquantacinque vite effettuando un incredibile ammaraggio sull'Hudson, è un film rigoroso e solido come il suo regista, che tesse le lodi del lato più bello degli USA senza scadere nel patriottismo becero e nella retorica.
Come sempre, un esempio.


N°13: OCEANIA di RON CLEMENS e JOHN MUSKER



Visto il pomeriggio della vigilia di Natale con Julez e i Fordini in una sala praticamente deserta, Oceania è l'ennesima conferma della qualità tecnica ed emotiva altissima ormai caratteristica dei prodotti di grande distribuzione Disney: il lavoro di Clemens e Musker è un omaggio alle proprie radici, alla Natura, all'oceano e soprattutto alla figura della donna, che è ragazzina coraggiosa, guida dei popoli, vecchia saggia e lungimirante, creatrice, madre e dea.
Tutte cose che noi uomini dovremmo ricordare ogni giorno.


N°12: STEVE JOBS di DANNY BOYLE

Regia sorprendentemente asciutta di Boyle, sceneggiatura da antologia di Sorkin, interpretazione pazzesca di Fassbender.
Basterebbero questi tre fatti a rendere Steve Jobs un grande film.
Ma non c'è soltanto tecnica: siamo probabilmente di fronte al biopic più anomalo e strepitoso del passato recente. Una bomba.


N°11: THE REVENANT di ALEJANDRO GONZALES INARRITU


Inarritu, che avevo parzialmente bastonato per il troppo celebrato e sopravvalutato Birdman, torna a sorprendermi grazie ad una pellicola non priva di difetti ma tecnicamente strepitosa, con un paio di sequenze da Storia del Cinema e che sarà impressa nella memoria anche per aver permesso a DiCaprio di stringere il suo primo Oscar - pur se non grazie alla sua migliore interpretazione -.
Lacrime e sangue, qualche sogno di troppo, ed una vicenda all'interno della quale mi trovo a mio agio come un ape sul fiore.



TO BE CONTINUED...

mercoledì 19 ottobre 2016

Where to invade next (Michael Moore, USA, 2016, 123')



Da che mi ricordi, che si parli di western, wrestling, viaggi, musica o sogni, gli Stati Uniti sono stati il mio riferimento assoluto.
Il primo viaggio in aereo che ho avuto occasione di fare fu per New York, nell'ottobre del novantaquattro.
Dovevo compiere quindici anni, e la Grande Mela mi parve la rappresentazione fisica ed effettiva di tutto quello che avevo sempre immaginato.
Il Bene ed il Male portati all'esasperazione, le migliaia di tombe bianche dei caduti in fin troppe guerre ed i grattacieli che parevano da fantascienza, la gioviale curiosità dei locali nell'autunno che seguì il Mondiale di calcio per l'appunto disputato in terra americana ed il sostenitore degli Yankees che attraversando la strada mi strattonò per aver comprato un giubbotto dei Mets, il World Trade Center che potrò raccontare di aver visto da sotto e da sopra e quella gita a Philadelphia in cui ci ritrovammo, unici bianchi, in una stazione di autobus in cui si muovevano solo afroamericani.
Con Michael Moore, invece, ho avuto un rapporto cinematografico conflittuale: dalla meraviglia di Bowling a Columbine allo scandalo della Palma d'oro a Fahrenheit 9/11, passando per cose decisamente meno famose ma molto convincenti come Sicko, il documentarista del Michigan mi è sempre parso un pò troppo furbo, per essere davvero amato: e Where to invade next è furbo, eccome.
Ma è giusto così.
Perchè gli States sono furbi. Lo sono stati fin dall'istante della loro nascita, probabilmente.
Sono furbi perfino quando, come in questo caso, cercano di fare autocritica portando sullo schermo i loro limiti specchiandosi al contempo in tutto quello che di buono ha da offrire la vecchia Europa: dalle ferie e maternità pagate in Italia all'attenzione per l'alimentazione nelle scuole in Francia, dal sistema giuridico portoghese a quello universitario sloveno, passando per le trentasei ore lavorative in Germania, le conquiste femminili in Tunisia ed Islanda, assistiamo ad un vero e proprio tour del buon Moore attraverso tutto quello che da questa parte dell'Atlantico possiamo trovare che, una volta andati in cerca di sogni nella terra delle stelle e strisce saremmo costretti a dimenticare.
Con ironia ed un pizzico di baldanza - del resto, è uno dei piatti forti dei nostri cugini oltreoceano -, si assiste ad una sorta di mea culpa del corpulento Michael in missione per conto degli alti papaveri della "Land of the free", ad un "road movie" all'interno del quale trovano spazio risate e prese di coscienza - le parentesi in Finlandia o qui nella Terra dei cachi - e momenti di grande drammaticità - il riconoscimento dei tedeschi dell'Olocausto o il rapporto tra i norvegesi ed il loro sistema ideologico e giuridico, culminato con il processo a Brevik, autore di una strage nel luglio duemilaundici, per uno dei passaggi più toccanti e commoventi della mia storia recente di spettatore, con l'intervista al padre di una delle vittime che continua, pur di fronte alle insistenze di Moore, a dichiarare che non ucciderebbe l'uomo che ha privato della vita suo figlio perchè sarebbe ingiusto, e sarebbe come mettersi al suo livello - che conducono, in un certo senso, ad una sorta di sveglia suonata all'indirizzo di quello che era stato il Paese che per primo aveva lottato, sostenuto e spinto affinchè i diritti umani fossero fondamenta della sua formazione.
La Storia, purtroppo per gli USA, ha dimostrato che - ego, interessi o desiderio di mostrare le misure del proprio pene che siano - l'evoluzione dei concetti ha finito per servire più a quella stessa Europa dalla quale i Padri Fondatori avevano preso le distanze, e probabilmente la speranza del regista e di tutti quelli - come il sottoscritto - che hanno sempre sostenuto l'American Dream è che la tendenza possa essere invertita, senza dubbio non a partire da individui come Trump.
Certo, gli USA sono anche questo.
Ma non è detto che non si possa imparare dai propri errori.
Del resto, l'esclusione della lettera W dall'alfabeto sloveno è avvenuta prima dell'avvento di Bush.
E perfino il mio adorato Clint, repubblicano fino al midollo, simbolo delle campagne di molti Presidenti o aspiranti tali, ha portato sullo schermo pellicole di grande umanità e saggezza.
In fondo, il bello di essere studenti non è fare compiti a casa.
E quello di essere insegnanti non è quello di soggiogare chi viene per imparare.
Il bello è poter pensare che le cose, la società, il mondo, possano migliorare.
Per noi, e per i nostri figli.
E prima ancora che a Michael Moore, andatelo a chiedere agli insegnanti finlandesi, a quel padre norvegese, ai Padri Fondatori.
Sono sicuro che tutti saprebbero dare una definizione ideale del Sogno.
Americano oppure no.




MrFord



giovedì 12 maggio 2016

Thursday's child

La trama (con parole mie): ennesima settimana con una serie di uscite quasi infinita, tra le quali trovare qualcosa di interessante davvero risulta sempre più un'impresa.
Un pò come incontrare un'opinione sensata tra gli sproloqui del mio rivale e come sempre co-conduttore di questa rubrica, Cannibal Kid, rimasto con il sottoscritto a tenere in piedi una blogosfera che sembra sempre più un deserto post-apocalittico in stile Mad Max.



"Buongiorno, sono Cannibal Kid, il vostro nuovo giocattolo del cuore."



Money Monster – L'altra faccia del denaro

"Polizia? Un individuo poco raccomandabile è entrato nei nostri studi chiedendo che gli sia affidato uno spazio per recensire i film in uscita: si chiama Cannibal Kid, mandate subito una squadra di Ford da combattimento!"

Cannibal dice: Thriller a tematica economica che mi intriga parecchio. Mi auguro però che non sia troppo patinato vista la presenza dei divi George Clooney & Julia Roberts e inoltre ho qualche dubbio su Jodie Foster, che finora dietro la macchina da presa non ha ancora dimostrato lo stesso talento che davanti. Come il suo ultimo terrificante film da regista Mr. Beaver dimostra. Anche se in quel caso la colpa del disastro era più che altro dell'idolo fordiano Merd Gibson.
Ford dice: thriller iperpatinato che mi da più l'impressione di finta autorialità da Italia Uno che di titolo da non perdere.

Un po' come Pensieri Cannibali, che si finge un autorevole blog cinematografico.




Pericle il Nero

"Hey, voi due bloggers, che vi guardate!?"


Cannibal dice: Film che dal trailer promette molto bene e presenta un Riccardo Scamarcio inedito, più cattivo che mai. Si astengano i buonisti alla James Ford, gli altri potrebbero trovare una bella bombetta di cinema made in Italy.
Ford dice: nonostante una serie di premesse non proprio esaltanti, devo ammettere che questo Pericle il nero mi incuriosisce. Sarà che Scamarcio ha dato il meglio in Romanzo Criminale interpretando il Nero, o sarà che il gangster movie made in Italy non mi pare messo così male.
In ogni caso, spero che venga bocciato da Cannibal Kid. Quella sì, è una garanzia di qualità.



The Boy

"Caro Cannibal, dato che hai fatto fuori tutte le ultime baby sitter, questa volta ho assunto un "tato" speciale: James Ford."

Cannibal dice: Film che ho già visto su una tipa che viene chiamata a fare da babysitter a un...
bambolotto.
No, non è una pellicola comica, ma un horror. Che la sceneggiatura l'abbia scritta Mr. Ford dopo aver alzato un po' troppo il gomito?

Ford dice: film che ho visto un po' di tempo fa e che presto farà capolino da queste parti.

Sarà roba per bambolotti come Peppa Kid o una proposta quantomeno guardabile? A breve la fordiana risposta.



Where to Invade Next

"Più americano di così non saprei essere: così almeno a Ford strapperò una bella recensione entusiastica!"

Cannibal dice: Per quanto non sia un fan del genere documentaristico, devo riconoscere che Bowling a Columbine era davvero un grande documentario! Dopodiché Peter Griffin... volevo dire Michael Moore già con il successivo Fahrenheit 9/11, interessante ma sopravvalutato, mi sembrava ripetersi e così non ho più seguito il suo percorso. Tornerò a farlo con questo suo ultimo Where to Invade Next? Chissà. Nel frattempo gli offro un consiglio sul prossimo posto da invadere: WhiteRussian.
Ford dice: Michael Moore è stato, nel corso degli anni, motivo di croce e delizia, da queste parti. Adorato con Bowling a Columbine, detestato - o quasi - con il sopravvalutatissimo Fahrenheit 9/11 - che solo un Tarantino in pieno delirio poteva decidere di premiare con la Palma d'oro -, recuperato con Sicko, il documentarista "contro" per eccellenza delle stelle e strisce torna in sala con una nuova pellicola che potrebbe sancire la consacrazione o il definitivo archiviamento dalle parti del Saloon. Cosa accadrà?



The Boy and the Beast

Ford e Peppa Kid in attesa di bottigliare uno dei pochi film che finiscono per stroncare entrambi.

Cannibal dice: Da quanto il maestro Miyazaki ha annunciato il suo addio alle scene ho un po' trascurato gli anime giappo, ma questo The Boy and the Beast già solo dalla locandina e dalle poche immagini viste mi ispira un casino! E poi il regista è quello dell'emozionante Wolf Children e di quella figata di Summer Wars, quindi visione obbligata, sperando non si riveli una fordianata sulle arti marziali.
Ford dice: l'animazione jappo, da queste parti, ha sempre trovato terreno fertile, al contrario di quel pusillanime del mio rivale Cannibal Kid. Essendo prodotto dallo stesso regista dell'ottimo Wolf Children, questo The boy and the beast, per quanto non particolarmente esaltante a scatola chiusa, merita a mio parere una visione.
In fondo, potrebbe anche trattarsi di un adattamento della storia del sottoscritto e di Cannibal.



Wilde Salomé

"Quel Cannibal Kid mi convince proprio poco, specie quando parla di Cinema."

Cannibal dice: Una cosa che proprio non mi piace, al di là di James Ford, sono i film teatrali. E questo di Al Pacino, che per altro è del 2011 e solo ora arriva nei cinema, è uno di quei casi. Nonostate la presenza di Jessica Chastain, passo volentieri.
Ford dice: Pacino, grande appassionato di teatro, anni fa realizzò uno degli adattamenti cinematografici di Shakespeare più belli di sempre con il suo Riccardo III. Questo Wilde Salomè, nonostante la Chastain, che riesce ad essere come poche altre idolo del Saloon e dell'asilo di Peppa Kid, non sembra proprio all'altezza.



Un poliziotto ancora in prova

"L'ultimo poliziotto in prova che ho avuto è stato un certo Marco Goi, e l'ho fatto fuori con le mie mani: spero tu possa fare meglio."

Cannibal dice: Sequel di Poliziotto in prova, comedy tutto sommato guardabile che credo potrebbe piacere anche a Ford, se solo la smettesse di fare il musone. Una visione estiva mi sa che ci potrebbe stare pure per questo secondo capitolo.
Ford dice: non ho visto il primo, non penso vedrò il secondo.
Piuttosto, mi godrei volentieri "Un blogger ancora in prova", biopic non autorizzato di Marco Goi.



Il regno di Wuba

"E' ora che quel montato di Cannibal capisca che non è lui l'imperatore della blogosfera!"

Cannibal dice: Pellicola fantasy cinese che grida “FORDIANATA!” a gran voce, ma che potrebbe anche rivelarsi una curiosa sorpresa. Potrei guardarlo. Ma solo nel caso di una bocciatura su WhiteRussian.
Ford dice: nonostante si tratti di una pellicola cinese che richiama al wuxia e simili, questa roba mi puzza di sòla lontano un miglio.

Un po' come quando annuso qualche nuovo post su Pensieri Cannibali.




Tini – La nuova vita di Violetta

"Facciamo vedere a quel finto giovane di Cannibal come festeggiano oggi gli spring breakers!"

Cannibal dice: L'idola delle ragazzine e di Ford Violetta arriva nei cinema con quella che si prospetta come un vero e proprio bimbominkia-movie. Persino per un amante delle robe teen come me questo è troppo!
Ford dice: teenata spaventosa - in tutti i sensi - che dev'essere il tripudio di quel pusillanime del mio rivale. Faccio conto che non esista neppure.



La sposa bambina

"Questo dovrebbe essere abbastanza pesante da causare una bella concussion a Peppa."

Cannibal dice: Anche in Yemen fanno film. Buono a sapersi, ma ciò non significa che noi qua li si debba guardare. Così come Ford, non si sa bene come, riesce a gestire un blog, ma ciò non significa che noi lo si debba leggere.
Ford dice: un tempo sarei corso a cercare l'unica sala di Milano pronta a proiettare questo film più che di nicchia. Un tempo.
Ora preferisco starmene a casa con il mio white russian in mano e Rocky su Rai Movie.



Viaggio da paura

"Mandiamo un selfie a Ford: così almeno vede come si guida!"

Cannibal dice: Commedia avventurosa che sembra una specie di Tre uomini e una gamba in salsa mediorientale. Non mi metterò in viaggio per vederlo di corsa, però potrebbe anche essere una gradevole sorpresa.
Ford dice: altro film d'essai che, quantomeno, promette di essere abbastanza fresco da incuriosire. Al contrario di Cannibal, che con la sua presenza sta finendo per spopolare l'intera blogosfera.



Con tutto l'amore che ho

"Con quei capelli sei meno credibile di Ford e Kid."

Cannibal dice: Il cinema italiano negli ultimi mesi sta passando un buon periodo. Questo film però è del 2014 quindi, mi spiace, ma non rientra in questo periodo fortunato.
Ford dice: con tutto l'amore per il Cinema che ho, non arrivo a tanto da recuperare un film italiano di due anni fa. O di pensare che Cannibal Kid possa essere un modello positivo e stimolante per chi si avvicina alla settima arte con l'idea di imparare qualcosa.



Due euro l'ora

"Adesso questa la sparo dritta in faccia a Cannibal."

Cannibal dice: Più che due euro l'ora, a me sembra che escano duecento film l'ora. Ora basta!
Ford dice: potessi avere due euro per ogni ora in cui ho sopportato Cannibal, oggi avrei finito di pagare il mutuo.



Il ragazzo della giudecca

"Il prossimo film che girerò, sarà Il ragazzo di Casale."
Cannibal dice: Come film partenopeo della settimana, un appuntamento ormai fisso, c'è questa storia di un cantante neomelodico che mi attira quasi quanto la storia di un tizio che di giorno è un padre di famiglia rispettabile e serio e la sera si trasforma in un blogger-wrestler che combatte contro il bel cinema.
Ford dice: piuttosto che guardare Il ragazzo della giudecca, mi schiaffo Il ragazzo di Casale, la storia di un ormai quasi quarantenne che pensa ancora di essere al liceo. Il suo nome? Marco Goi.


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