Chi frequenta il Saloon abitualmente ben conosce il rapporto tra il sottoscritto e l'Australia, terra che ospitò i Ford nel corso del loro viaggio di nozze e che da sempre, per le sue componenti wild, di natura incontaminata e nuove possibilità, ha un posto speciale in questo vecchio cuore.
Ai tempi della visione del primo Wolf Creek il continente "down under" era ancora un sogno da viaggiatore da coronare eppure, grazie anche ad una robusta dose di tensione e violenza e a panorami mozzafiato, divenne immediatamente un piccolo cult anche grazie al diabolico Mick interpretato da John Jarrat, una versione psicopatica e sanguinaria del mitico Mr. Crocodile Dundee.
Quando, anni dopo, in sala approdò il sequel, arricchito con una svolta da humour nero non da poco, potei constatare con piacere che Greg McLean non si era fatto abbagliare dal successo, ed era riuscito a trovare una nuova formula per la sua creatura senza per questo mancare il bersaglio o snaturare la stessa: con questa miniserie, ed un ritorno ad atmosfere più cupe e da thriller, i fan del terribile Mick avranno pane per i loro denti e la conferma che il franchise funziona, pur se, come fu anche per i due lungometraggi, non senza difetti disseminati qui e là come buche in una strada perduta nel bush dell'outback.
A prescindere, comunque, da questi stessi difetti - un utilizzo del Tempo non proprio perfetto, e certe coincidenze forse un pò forzate -, le sei puntate di Wolf Creek scorrono che è una meraviglia, facendo luce sull'infanzia e le origini del nostro serial killer ed introducendo un'antagonista per lo stesso finalmente all'altezza, la giovane Eve, atleta americana scampata al massacro della sua famiglia e decisa a vendicarsi dell'uomo che l'ha privata di tutto quello che aveva: a fare da spalla a quest'ultima, i fan di Spartacus ritroveranno con gioia - anche se i capelli corti ed un pò di imbolsimento non gli hanno certo fatto bene - il Dustin Clare che diede volto all'indimenticabile Gannicus, uno dei favoriti del sottoscritto della serie dedicata al trace che sfidò Roma.
Per il resto, tra polvere e casi umani da far impallidire anche il peggiore dei rednecks, la vicenda di Eve e di Mick prosegue con una violenza forse più edulcorata rispetto alle pellicole ma ugualmente efficace, personaggi di contorno scombinati tanto da far pensare siano usciti dritti dritti da Un tranquillo weekend di paura - siano essi positivi o negativi, dalla camionista maori alla banda di rapinatori - ed una Natura che pare ben più di una comparsa, considerato che, negli spazi sconfinati dell'outback australiano, basta anche soltanto un infortunio casuale più grave del previsto per rischiare la vita.
Senza dubbio non si tratta di un prodotto indimenticabile o capace di convincere i non avvezzi al genere, ma per chi ha almeno un minimo di confidenza con squartamenti, morti ammazzati e thrilling, i sei episodi scorreranno come il sangue da una ferita aperta con bisogno di sutura, e l'epopea di Mick e la sua rivalità con la giovane e determinata statunitense incorniciata dall'immensità dell'entroterra australiano avranno il sapore del più fresco e stordente dei cocktail al termine di un pomeriggio assolato di fine estate.
La trama (con parole mie): Spartacus e gli schiavi liberatisi dal giogo di Roma marciano nelle campagne alla ricerca di una via che possa condurli lontani dalla Repubblica, mietendo vittime su vittime ed aumentando le proprie fila con ogni uomo, donna o bambino senza più un dominus cui fare riferimento per la vita o per la morte.
La loro cavalcata li porta a Sinuessa, città portuale che potrebbe fornire ai ribelli una via di fuga ed un rifugio per l'inverno incombente: il senato romano, nel frattempo, assegna il compito di porre fine alla lotta ingaggiata dal valoroso trace a Crasso, ricchissimo condottiero pronto a scendere in campo per mettersi alla prova e guadagnare ulteriore potere, supportato dal giovane rampollo Tiberio e da Giulio Cesare.
Spartacus, conquistata Sinuessa ed affidatosi ai pirati cilici per abbandonare l'Italia, dovrà rivedere la sua strategia quando Crasso minerà dall'interno i suoi piani, e considerare l'idea di affrontare in campo aperto l'esercito numericamente superiore dei suoi nemici in modo da garantire la fuga attraverso le montagne di almeno una parte del suo seguito.
Avrei potuto scrivere tante cose, a proposito di Spartacus e della sua splendida, commovente, potentissima ultima stagione.
A cominciare dal fatto che resta un'impresa non da poco rendere avvincente ed appassionante una vicenda che tutti gli spettatori sapevano già come si sarebbe conclusa.
Perchè la rivolta di Spartacus, avvenuta attorno al settanta avanti cristo, fu soggiogata nel sangue dall'esercito romano guidato da Crasso a seguito di una serie sorprendente di vittorie ottenute dagli schiavi, e per quanto il corpo del suo condottiero, un trace che rifiutò il suo destino di gladiatore, non fu mai ritrovato, fu resa esempio e trasformata in monito lungo la Via Appia, luogo che ospitò la crocefissione di tutti i ribelli catturati dall'esercito della Repubblica.
Avrei potuto scrivere che tutti, dalla produzione, agli attori, agli sceneggiatori, hanno sputato sangue per trasformare quello che io stesso ritenevo, inizialmente, un prodotto baracconistico e di grana grossa in una delle più importanti serie televisive degli ultimi anni, e che episodi come Decimation - il quarto - e i due conclusivi entrano di diritto a far parte del meglio che il piccolo schermo abbia offerto da sempre.
Avrei potuto scrivere della conferma di personaggi letteralmente perfetti come Gannicus - che tra alcool, donne ed un debito verso il fu Oenomaus, è stato il più fordiano tra i ribelli -, Crixus - un lottatore dall'inizio alla fine, gladiatore per indole, e non certo per schiavitù -, gli stessi Crasso - un nemico finalmente all'altezza dell'importanza della rivolta guidata da Spartacus - e Cesare - un predatore, nel bene o nel male, che definisce le doti di quello che necessitano politica e conquista e pone le basi, chissà, per rendere possibile uno spin off della serie -, o raccontare dell'emozione che il crescendo delle vicende ha materializzato in un commiato dal pubblico clamoroso come questo sono riusciti a trasmettermi, lasciandomi di fronte all'ultimo episodio con le lacrime agli occhi.
Ma preferisco scrivere di una cosa che mi riguarda personalmente, come spesso accade quando opere di fiction come film o serie toccano corde che normalmente tengo ben lontane da qualsiasi plettro o canzone per evitare di apparire troppo fragile o semplicemente troppo vivo per il mondo: l'azienda in cui lavoro si avvicina inesorabilmente alla chiusura, e nonostante la stessa, nel corso di questi ultimi anni, non sia riuscita a darmi le soddisfazioni che avrei voluto mi desse e non mi rappresenti davvero nel profondo - anzi, quasi per nulla, a dire il vero -, è stata comunque una parte importante della mia vita.
Neppure un mese fa sono stato contattato per un colloquio che mi avrebbe portato ad un lavoro decisamente differente da quello che faccio, in qualche modo più prestigioso e remunerativo - se così possiamo definire, comunque, una professione da comuni mortali, e non qualcosa che permetta di fare i soldi veri rimanendo a pancia all'aria -, che ha condotto ad un secondo, quindi ad un terzo.
Di fronte ho avuto la scelta legata da un lato al rischio di una mobilità che precede la disoccupazione - ammesso che, nel frattempo, non si riesca a trovare un lavoro di qualsiasi genere - e dall'altro alla possibilità di cambiare, affrontare un approccio nuovo e differente, e mettere sul piatto un'eventuale domani che ad avere il doppio - se non di più - di quello che ho avuto in questi anni.
Tempo contro soldi, in qualche modo.
Ci ho pensato per giorni, cercando di capire quale sarebbe stata la scelta migliore possibile non solo per me, ma per la mia Famiglia, per il futuro e chissà per quante altre cose.
In alcuni momenti pensavo di essere certo di una scelta, per poi ritrovarmi a sostenere le ragioni del contrario.
Ci è voluto Spartacus, per farmi capire quale strada prendere.
Spartacus che, di fronte ad un destino ormai ovvio, e al riconoscimento del suo valore da parte di Crasso, che afferma "E' un peccato che tu non sia nato Romano: perchè in quel caso ti avrei avuto al mio fianco", risponde "E' una fortuna che non sia stato così".
Nel corso delle nostre vite, ci muoviamo legandoci a compromessi che quotidianamente accettiamo per poter definire il nostro status di "animali sociali", ed è giusto, in qualche modo, che le cose vadano così: eppure c'è qualcosa che non possiamo, non dobbiamo mai dimenticare.
Esistono Libertà più profonde ed intime che non possiamo lasciare taciute.
Anche quando sono cose di ben poco conto rispetto alla schiavitù per affrancarsi dalla quale uomini e donne diedero fieramente la vita sacrificandosi lottando contro un mostro di dimensioni titaniche più di duemila anni fa.
Sempre Spartacus afferma: "Il passato non può essere cambiato, ed il futuro è incerto: non resta che vivere nel presente, e lottare per quello che siamo".
Guardare l'ultimo episodio di questa serie mi ha convinto a rifiutare un lavoro che avrebbe significato sicurezza, ma anche abbandonare quella parte di me che ogni giorno spinge affinchè questo corpo si muova usando le mani, la pancia e il cuore.
In fondo, fin da quando sono nato, ho sempre saputo da quale parte della barricata sarei stato: e onestamente, da un certo punto di vista mi dispiace di essere nato in un'epoca che preveda che tutti si sia un pò addomesticati, perchè avrei dato volentieri il mio sangue per gridare in faccia a tutti i Romani della Storia che ci sono cose di ogni Uomo che non possono essere toccate. Mai.
Avrei dato volentieri il mio sangue - e lo darò ogni giorno - perchè mio figlio potesse guardare qualcuno dritto negli occhi senza pensare che il potere o il denaro possano fare davvero la differenza.
Avrei dato volentieri il mio sangue - e lo darei anche adesso - per chi amo, e per la mia Famiglia.
Per un Fratello.
Gannicus, Crixus, Agron, Spartacus.
Andy Whitfield. Che forse era da questa parte della barricata anche lui, che ha dovuto pagare al Destino una fortuna che non gli era stata promessa.
Avrei dato volentieri il mio sangue per assistere alla vittoria che ha visto un Impero sprofondare nella polvere ed il ricordo di un trace nato sulla sabbia dell'arena vivere ancora oggi, anche in queste righe.
Non posso farlo solo perchè ormai siamo troppo addomesticati, e dare battaglia significa soltanto rifiutare un lavoro che ci snatura e stringere la cinghia per arrivare a fine mese.
Ma non per questo ho intenzione di abbassare la testa e dare credito a chi pensa di essere migliore di qualcun'altro soltanto per denaro, posizione o diritto di nascita.
E se un giorno dovessi ammazzare, o morire perchè questo possa essere ricordato, ben venga.
In punto di morte, Spartacus pensa a quando, finalmente, potrà udire di nuovo quello che è il suo vero nome per bocca della moglie cui andrà a ricongiungersi.
Io non lo so se dopo, per lui, effettivamente ci sarà stato qualcosa. O se ci sarà per noi.
So che Spartacus è stato un Uomo, con tutti i difetti e le cadute del caso.
Un Uomo dalla mia parte della barricata.
Che ha vinto, a modo suo.
Sono felice di non essere nato Romano.
E di conoscere il vero nome di questo indomito combattente. Di questo Fratello.
E' il mio. Quello di mia moglie. Di mio figlio. Di mio fratello. E sì, anche del Cannibale.
Dei miei genitori, dei miei colleghi, di chi affronta il Potere con la forza della sua voce.
Siamo tutti qui.
Grazie, Spartacus.
MrFord
"Freedom, give it to me
That's what I want now
Freedom, that's what I need now
Freedom to live
Freedom, so I can give."
La trama (con parole mie): dal massacro che ha seguito l'inizio della rivolta di Spartacus, torniamo indietro ai tempi in cui la casa di Batiato era attentamente controllata da suo padre Tito, il campione in carica del ludus era il sempre sopra le righe Gannicus, Crixus ed Ashur erano solo dei novellini ed il futuro Doctore Enomeo ancora un gladiatore in convalescenza per le ferite subite nello scontro con il temibile Teocle.
Inganno dopo inganno, tradimento dopo tradimento, lotta dopo lotta, assisteremo all'affermazione del Batiato imparato a conoscere nel corso della serie regolare, e all'ascesa di Crixus come futuro Campione di Capua nonchè amante della domina Lucrezia.
Non avrei mai creduto che la serie dedicata al gladiatore ribelle Spartacus sarebbe riuscita a divertirmi, intrattenermi e coinvolgermi come ha fatto, tanto da accrescere l'impazienza per la nuova stagione - tuttora in corso negli States - ed il momento in cui - una volta giunta alla conclusione - arriverà dritta dritta sugli schermi di casa Ford, giusto per gustarsela con i tempi dettati dalla nostra discrezione, e non seguendo quelli televisivi.
Devo inoltre ammettere che questa mini di sei episodi, voluta dalla produzione a seguito della malattia diagnosticata ad Andy Whitfield in attesa di una sua guarigione - purtroppo mai avvenuta -, è riuscita a superare la serie originale, concentrandosi maggiormente sull'intrigo rispetto all'azione "dura e pura" sfruttando al meglio tutto il fascino del prequel, approfondendo le storie di alcuni dei protagonisti della serie regolare e regalando al pubblico un campione del ludus addirittura migliore dello stesso Spartacus, Gannicus, un gladiatore imprevedibile e guascone certamente più pane e salame ed umano di quello che è "l'eroe" effettivo dell'intera vicenda.
Le stesse parti dedicate all'azione, seppur caratterizzate dalla consueta CGI di scarsa qualità, risultano meglio studiate - soprattutto nelle coreografie - e decisamente più avvincenti - si veda il primus all'inaugurazione della nuova arena di Capua, una sorta di Royal Rumble gladiatoria forse un pò confusionaria eppure decisamente curata ed efficace -: a dare spessore a queste stesse, oltre al già citato Gannicus, ritroviamo Crixus, personaggio che guadagna punti ed insidia di nuovo Gannicus come mio personale preferito, senza contare il futuro Doctore Enomeo ed il sottile e pericoloso Ashur, che scalda le polveri per quelle che saranno - o sono state, seguendo i tempi della realtà televisiva - le sue imprese successive.
Accanto ai protagonisti maschili si distingue Melitta, moglie di Enomeo e schiava prediletta di Lucrezia, accumunata - o quasi - nel destino alla giovane Naevia nel corso della serie regolare rispetto ad un amore combattuto, clandestino e destinato a non durare, nella piena tradizione dell'antica tragedia greca - tranquillamente applicabile al mondo romano -.
Tutto questo, senza contare il centro di tutta l'azione effettiva, casa Batiato: un nido di vipere, conflitti, intrighi e piaceri come non se ne vedevano da tempo, trampolino per il futuro padrone del ludus - interpretato da un sempre ottimo John Hannah -, il lanista ed aspirante uomo politico Quinto, sempre pronto a rialzarsi anche dopo umiliazioni e sconfitte colpendo i responsabili delle stesse ancora più duramente, spesso grazie a manipolazioni ai danni di chi gli sta intorno, dalle schiave ai gladiatori, fino ai parenti o agli amici.
Al suo fianco una ancora solo parzialmente mefistofelica Lucrezia - Lucy Lawless, come il suo partner sullo schermo in grande spolvero -, che partirà come fosse una sorta di innocente per rivelare, puntata dopo puntata, la natura di predatrice che chi ha seguito la serie regolare ha imparato bene a conoscere.
Un'operazione, dunque, nata come un'emergenza e spinta dalla speranza che Andy Whitfield potesse riprendersi e rivelatasi assolutamente vincente, tanto da accrescere la fiducia che la serie effettiva possa ulteriormente migliorare, confezionando un prodotto d'intrattenimento puro e semplice impreziosito dalla crudele rappresentazione del mondo in cui si svolge e dei suoi protagonisti, destinati ad erigersi e cadere sul grande palcoscenico della vita in un'epoca in cui tutto era più semplice: soprattutto morire.
Arena, oppure no.
MrFord
"Fight like a brave
don't be a slave
no one can tell you
you've got to be afraid."