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martedì 5 agosto 2014

Notte Horror - L'ululato

Regia: Joe Dante
Origine: USA
Anno: 1981
Durata: 91'





La trama (con parole mie): Karen White, una giornalista televisiva coinvolta nel caso di un serial killer rimasta traumatizzata dall'incontro con quest'ultimo, viene consigliata da un noto psicologo in modo che possa trascorrere un periodo di riposo all'interno di una comunità immersa nella Natura insieme al marito per ritrovare la tranquillità, se stessa ed i ricordi della notte del suo incontro con l'assassino.
Ma all'atmosfera pacifica ed accogliente dell'arrivo ben presto si sostituisce il sospetto che qualcosa di strano si celi nel luogo in cui è stata mandata, e per Karen ha inizio un incubo fatto di passione, sesso, carne e sangue che coinvolgerà non soltanto lei ed il suo compagno, ma anche, in caso di sopravvivenza, il mondo, una volta che la stessa giornalista dovesse riuscire a tornare per raccontare la sua esperienza.






Per intercessione del sempre mitico Zio Tibia, questo post partecipa alle celebrazioni di Notte Horror.



 



Ricordo bene - come più spesso mi è capitato di sottolineare qui al Saloon, anche con post dedicati come questo - le meravigliose estati di una ventina e più d'anni fa, quando con mio fratello passavamo la mattinata a guardare film, il pomeriggio a giocare a calcio al parco, la sera nella speranza di sfruttare obbligo o verità per limonare duro con la ragazza di turno prima di correre a casa per l'appuntamento imperdibile con Notte Horror, contenitore di Italia Uno che regalava una rassegna di titoli spesso e volentieri molto diversi tra loro legati dal denominatore comune del terrore.
Quando, complici i miei vulcanici colleghi della blogosfera, è stata messa sul piatto l'idea di un'iniziativa che ne ripercorresse i fasti e celebrasse il ricordo, non ho avuto alcun dubbio a proposito della partecipazione, sfruttando l'occasione per proporre uno dei film meno noti del regista cult degli anni ottanta Joe Dante - che la maggior parte ricorda principalmente per Salto nel buio e Gremlins -, L'ululato, di fatto, con il primo L'uomo lupo di George Waggner - omaggiato ribattezzando lo psicologo della protagonista proprio con questo nome - e Un lupo mannaro americano a Londra, una delle più importanti pietre miliari per quanto riguarda i licantropi al Cinema.
Più un'inquietante favola nera che non un horror vero e proprio, il lavoro di Dante sfrutta il viaggio della protagonista all'interno di una comunità dominata dai licantropi per affiancare a sequenze prodigiose per effetti - parliamo dell'alba degli eighties, ricordiamolo - e tensione - la lotta nella baita, l'incipit legato alla caccia al serial killer che sconvolge le strade della città, e che ricorda le atmosfere dei thriller urbani figli degli anni settanta - una riflessione profonda sull'istintività umana - dal cibo, al sesso, fino all'omicidio e alla violenza - e sulla gestione dei lati più oscuri di noi stessi, così come al rapporto tra il singolo e la società - i media, gli amici e i vicini, i compagni e compagne -: così come per il già citato Lupo mannaro di John Landis, anche in questo caso il cocktail proposto da regista e sceneggiatori unisce ironia nerissima, sangue, passaggi al limite dello splatter e momenti dal fascino decisamente carnale, più vicini ai b-movies che non alle grandi produzioni a fare da cornice ad una trama che pare più vicina ad un thriller - a mio parere, sono evidenti i richiami e gli omaggi al Maestro del genere, Hitchcock, per quanto la materia trattata sia assolutamente più grezza e "zozza" rispetto all'approccio controllato e di classe del regista inglese - che non allo slasher sanguinolento che ci si potrebbe aspettare sulla carta.
Un titolo, dunque, passato troppo spesso ed ingiustamente sotto silenzio, affascinante e profondo ma anche divertito e divertente - splendido il finale, con tanto di hamburger al sangue -, tra le prime testimonianze del talento di un autore mai davvero esploso eppure tra i più interessanti che gli States abbiano regalato al genere negli ultimi decenni: l'appartenenza ad un gruppo, la presa di coscienza
della propria natura predatoria, i legami che ognuno di noi ha con la carne - in tutti i sensi la si possa intendere - e le tentazioni che la stessa veicola sono tematiche decisamente importanti, trattate senza alcuna spocchia e con il panesalamismo delle migliori occasioni.
Tutto questo contribuisca a rendere L'ululato un titolo perfetto per una rassegna come Notte Horror, capace di riunire davanti ad un fuoco vecchi lupi navigati e giovani cuccioli in cerca di brividi.
In un modo o nell'altro, il fascino della cornice ed un'atmosfera ben sfruttata, riusciranno, seppur con mezzi e punti di vista differenti, a far drizzare i peli sulla nuca a chiunque abbia voglia di guardare in quel fuoco, ed ululare alla luna liberando l'animale che è in lui.



MrFord



"In touch with the ground
I'm on the hunt I'm after you
smell like I sound, I'm lost in a crowd
and I'm hungry like the wolf
straddle the line in discord and rhyme
I'm on the hunt I'm after you
mouth is alive with juices like wine
and I'm hungry like the wolf."
Duran Duran - "Hungry like the wolf" - 



giovedì 2 maggio 2013

Le streghe di Salem

Regia: Rob Zombie
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 101'





La trama (con parole mie): Heidi Hawtorne è una popolare DJ di una radio di Salem, cittadina resa famosa dai processi alle streghe perpetrati dalle personalità religiose del luogo sul finire del seicento, specializzata in proposte legate a doppio filo al mondo del metal duro e puro.
Quando le viene recapitato un disco da parte di un gruppo chiamato I Signori di Salem e lo stesso viene mandato in onda, la percezione della realtà della donna è messa a dura prova da quella che pare una sorta di nuova congrega delle streghe dei tempi tornate a causa della maledizione lanciata dalla loro leader per riprendere la ricerca di un ricettacolo per la nascita del figlio del Diavolo, loro signore e padrone.
Una settimana, dunque, iniziata come tutte le altre diventerà per Heidi un incubo senza fine dal quale lei, le streghe, i suoi colleghi e la stessa Salem non potranno neppure immaginare - o sognare - di uscire.






Qui al Saloon non si è mai risparmiato un certo approccio diretto alle cose, neppure quando le conseguenze dello stesso finiscono per abbattersi sui protetti di casa Ford: proprio a questo proposito annuncio ufficialmente che Rob Zombie, musicista, regista, produttore e sceneggiatore, salito alla ribalta delle cronache legate alla settima arte con La casa dei mille corpi e La casa del diavolo, due supercult fordiani, non fa più parte della suddetta cerchia.
Anzi, come giustamente ho letto qui, purtroppo per tutti quelli che avevano gridato al miracolo ed identificato nel metallaro cineasta l'anello di congiunzione tra Rodriguez e Tarantino, l'amara verità è ormai evidente: Rob Zombie è una meteora, un fuoco di paglia, una sòla.
E Le streghe di Salem, sua ultima fatica già molto discussa in rete ed attesa da mesi dal sottoscritto, una vera merda neppure degna delle bottigliate che normalmente destino alle più cocenti delusioni cinematografiche.
Un film vuoto, privo di idee, inutilmente citazionista, attraverso il quale il bollito Rob cerca di limitare i danni mostrando le grazie della sua adorata moglie Sheri Moon Zombie - da sempre protagonista delle sue pellicole - senza neppure accorgersi non solo che non basta un culo a rendere interessante una proposta, ma anche che il tempo passa per tutti, suddetta Sheri Moon compresa, e che i fasti del già citato La casa del diavolo sono ormai un ricordo più che sbiadito, sepolti sotto una montagna di idee confuse rette - per così dire - da uno script che si avvolge su se stesso senza portare da nessuna parte - basti pensare alla gestione dei personaggi, su tutti dei DJ colleghi di Heidi, uno scempio -, un gusto kitsch che da cult, vintage e grindhouse è diventato semplicemente pacchiano, una partenza scialba senza infamia e senza lode che evolve in un crescendo finale talmente ridicolo da lasciare a bocca aperta scoprendo quanto in basso è riuscito a cadere l'ex prodigio - ma lo sarà mai stato davvero, viene da chiedersi a questo punto? - Zombie.
Curioso come, tra le righe delle recensioni più entusiastiche, si siano fatti i nomi di riferimento di Polanski e Kubrick - quest'ultimo dev'essersi rivoltato nella tomba -, mentre a voler essere generosi i richiami più evidenti paiono quelli al Lynch più visionario, anche se il risultato è ben lontano dai risultati di pietre miliari come Eraserhead, Mulholland drive o Inland empire: come se non bastasse, nel corso dell'assurda escalation finale l'impressione che ho avuto è stata quella di trovarmi di fronte ad una sorta di Lars Von Trier dei poveri - e tutti voi sapete quanto detesti il pazzoide danese, o almeno le sue ultime opere - senza neppure un briciolo del talento che, indubbiamente, perfino l'insopportabile autore di Melancholia manifesta.
Un fallimento colossale, dunque, per Zombie, che produce una schifezza degna della decina dedicata al peggio di questo duemilatredici e che, a tratti, riesce addirittura ad innervosire facendo leva - senza sfruttare per nulla la componente dell'ironia, come se non bastasse - su tutti i luoghi comuni che una qualsiasi zitella inacidita da mezzi pubblici potrebbe sciorinare a proposito dei cosiddetti "metallari", dal gusto per la musica estrema e "il lato oscuro" alla violenza, passando attraverso satanismo ed affini: curioso che sia proprio un figlio del metal come il vecchio Rob, dunque, a fornire un ritratto che andrebbe a nozze con le critiche normalmente rivolte - senza fondamento alcuno - ai fan del genere, che spesso e volentieri si rivela inutilmente blasfemo - e parlo da anticlericale fino al midollo - ed assolutamente privo non solo di logica, ma anche del senso che potrebbe avere un semplice divertissement - il delirio dell'epilogo e la terrificante immagine di Heidi a giocare al parco con il cane che chiude la pellicola ne sono la testimonianza -.
Perchè la cosa grave di questo Le streghe di Salem è che Zombie crede davvero di aver portato sullo schermo una sorta di nuovo cult del genere, almeno quanto le sue streghe impazzite nell'avvento del figlio di Satana. Forse la questione è che da queste parti affrontare il discorso della Fede è materia solo per chi lo sa davvero gestire, da una parte o dall'altra della barricata, e gli atti legati ad Essa non sono gesti cui questo vecchio cowboy è avvezzo.
O forse, molto più semplicemente, questo film è inesorabilmente, assurdamente brutto, e cosa ancora peggiore privo di un capo e di una coda, quasi volesse sottovalutare l'intelletto del pubblico propinando un trip neanche fosse un lavoro fresco fresco dello Jodorowski migliore - ma anche in questo caso siamo su un altro pianeta - nascondendo una povertà di idee e scrittura come non ne capitavano da tempo: spesso ci si trova di incrociare il cammino di titoli che non meriterebbero di essere distribuiti, palesemente limitati sotto tutti gli aspetti, ma peggio di questi ultimi sono senza dubbio i lavori di registi spocchiosi convinti di regalare all'arte qualcosa di unico, potente e geniale, quando invece l'unica traccia di magia cinematografica si perde nel murale in testata al letto di Heidi, che raffigura uno dei fotogrammi più famosi de Il viaggio nella Luna di Melies: questo sì, davvero un Capolavoro.
Attorno, resta solo l'orrore.
E non nell'accezione di genere.


MrFord


"I'm waiting for your call and i'm ready to take 
your six six six in my heart
I'm longing for your touch and i welcome 
your sweet six six six in my heart."
H.I.M. - "Your sweet 666" -


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