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domenica 4 dicembre 2016

Criminal (Ariel Vromen, USA/UK, 2016, 113')




Se nel corso degli anni ottanta, o anche solo qualche anno fa, qualcuno mi avesse detto che sarebbe nata una vera e propria corrente di attori non proprio più di primo pelo pronti a rimettersi in gioco nel ruolo di spaccaculi action heroes, spesso e volentieri non provenendo neppure lontanamente da quel tipo di genere ed ambiente cinematografico, avrei riso a crepapelle: allo stesso modo, se avessi saputo che Kurt Russell sarebbe finito a lavorare con Tarantino e Liam Neeson, Mel Gibson o Kevin Costner a fare i sessantenni da battaglia, avrei strabuzzato gli occhi - anche se, forse, con il vecchio Mel le cose sono un pò diverse -.
Eppure, tutto questo è successo.
Criminal, nonostante una cornice quasi spionistica in uno stile più vicino agli ultimi 007 - con le dovute proporzioni -, si inserisce perfettamente nel novero, ed ha rappresentato, almeno in termini di aspettative, una delle tamarrate da rutto libero più attese dal sottoscritto in questi ultimi tempi insieme a Blood father: peccato che, come quest'ultimo, si sia rivelato più che altro una grossa delusione.
Non basta, infatti, avere un Kevin Costner in versione finto bad guy sulla via forzata della redenzione affiancato da nomi grossi come Gary Oldman, o traini per il pubblico occasionale e più giovane come Ryan Reynolds il re dei cani maledetti e Gal Gadot, uno script apparentemente più profondo di un action standard e, probabilmente, un certo grado di compiacimento, per rendere un prodotto interessante: Criminal, infatti, purtroppo risulta a conti fatti un ibrido troppo serioso e prevedibile per essere una scheggia impazzita dell'action d'autore o dell'action e basta e decisamente troppo dozzinale - la regia ed il montaggio non sono impeccabili, a mio parere - per ambire a qualcosa di più del titolo di genere.
Quando, infatti, un fan accanito di questo tipo di pellicole come il sottoscritto rischia la pennica da spiegoni da intrigo per tutta la prima parte e prevede quasi tutti gli sviluppi della seconda - rigorosamente più movimentata - senza vedersi strappata neppure una risata, significa che qualcosa nell'ingranaggio non funziona, e che la pellicola in questione è destinata in breve tempo al dimenticatoio.
Se considero che la visione stessa è "vecchia" non più di quattro o cinque ore e già fatico a tirare fuori qualche spunto per il post, il gioco è fatto: forse è meglio che il buon, vecchio Kevin - al quale voglio un gran bene, sia chiaro - torni alla materia che ha fatto la sua fortuna - l'altrettanto amato Western - piuttosto che reinventarsi action hero quando non lo è mai stato.
Non vorrei vederlo, un giorno o l'altro, fare il buono ed il cattivo tempo in un filmaccio di infima serie facendo sfoggio di una mobilità limitata in corsa come hanno già fatto il già citato Neeson ed il Nicholas Cage di Pay the ghost: sarebbe una pugnalata al cuore di tutti i lupi che ballano fin dagli anni novanta.




MrFord




martedì 10 febbraio 2015

The Iceman

Regia: Ariel Vromen
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 106'




La trama (con parole mie): Richard Kuklinski, un uomo tranquillo ed equilibrato, innamorato follemente della moglie Deborah e padre più che devoto delle figlie, cela dietro un'apparenza composta ed impeccabile il suo ruolo di killer della Mafia, tenuto nascosto ad amici e famiglia per oltre un ventennio passato un'uccisione dopo l'altra.
Trovato un alleato prezioso nel "collega" ribattezzato Freezy e divenuto uno dei nomi più grossi del mestiere nell'area di New York, Kuklinski verrà scaricato dal suo primo boss e, trovatosi disoccupato, finirà per allargare il giro d'affari aumentando con esso i rischi: quando, nella seconda metà degli anni ottanta, verrà infine arrestato dalle forze dell'ordine, si scoprirà aver accumulato un numero impressionante di cadaveri, pur avendo seguito sempre alla lettera la regola di non uccidere mai donne e bambini.








Anni fa, quando su suggerimento di Julez lessi lo straordinario saggio Uomini comuni di Browning - che, in caso riusciate a reperirlo, consiglio a tutti incondizionatamente -, venni a contatto con riflessioni che non avevo mai considerato, pensando a serial killer ed affini: partendo dall'analisi degli squadroni delle SS che si occuparono dei rastrellamenti a cavallo del secondo conflitto mondiale, infatti, l'autore illustra con perizia quanto spesso individui con evidenti disturbi psichici o veri e propri serial killer - per l'appunto - sfruttino le organizzazioni criminali, le forze dell'ordine o l'esercito in modo da poter istituzionalizzare i loro istinti omicidi e, di fatto, giustificare gli stessi grazie all'esercizio del "mestiere".
Richard Kuklinski, soprannominato Iceman, sicario di spicco della mala del Jersey per oltre un ventennio, dalla seconda metà degli anni sessanta al millenovecentoottantasette, anno del suo arresto, apparteneva con ogni probabilità alla categoria: uomo imponente, tanto amorevole con moglie e figlie tanto spietato e violento nell'esecuzione degli omicidi - sperimentò numerosi e svariati metodi di tortura ed uccisione, e nel corso di tutta la sua carriera si mantenne fedele al personale codice che gli impedì non solo di togliere la vita a donne e bambini, ma di infierire con più accanimento su chi usava violenza agli stessi -, è ritratto da Vromen con piglio deciso ed una buona tecnica, un'atmosfera vintage e si avvale di uno straordinario - come sempre - Michael Shannon, in testa ad un cast variegato ed interessante - irriconoscibili Chris Evans, Stephen Dorff e Richard Swimmer, sempre piacevolmente sopra le righe Ray Liotta -.
Peccato soltanto che lo stesso Vromen, probabilmente ancora acerbo all'epoca della realizzazione di questo film - giunto in Italia con uno scandaloso ritardo di tre anni tre -, si limiti al lavoro di discreto artigiano, ed alla lunga, nelle quasi due ore di durata, si finisce per procedere stancamente fino alla conclusione, senza approfondire, ad esempio, l'interessante e non sempre limpido rapporto di Kuklinski con l'amatissima moglie - una riesumata Wynona Rider - o quello con il socio d'affari Freezy, e relegare il suo arresto ad una manciata di minuti tagliati con l'accetta.
Considerato il genere e l'atmosfera, questo The iceman perde dunque il confronto per valore rispetto a prodotti come Donnie Brasco e per stile con i cult da giovani aspiranti gangsters come Blow, senza citare mostri sacri come Scarface, Carlito's Way o Quei bravi ragazzi.
Resta comunque un prodotto solido, che senza dubbio conquisterà sostenitori tra gli amanti del genere ma che, di fatto, non inventa nulla o sarà destinato a lasciare il segno nella Storia della settima arte: nell'affrontarlo, il consiglio è quello di lasciarsi trasportare dal talento impressionante di Shannon - in questo caso aiutato anche dall'altezza e dallo sguardo - e dalla riflessione legata agli abissi dell'animo umano, che in alcuni casi - e rispetto ad alcune persone - paiono essere più oscuri e profondi di quanto potremmo immaginarli anche negli incubi peggiori.
Così come quanto possa essere raggelante - per usare un termine che si adatta al protagonista della vicenda - pensare di averci vissuto accanto senza neppure rendersi conto della loro esistenza.



MrFord



"You're as cold as ice
you're willing to sacrifice our love
you want Paradise
but someday you'll pay the price
I know."
Foreigner - "Cold as ice" - 




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