domenica 29 marzo 2015

Get shorty

Regia: Barry Sonnenfield
Origine: USA
Anno: 1995
Durata: 105'




La trama (con parole mie): Chili Palmer, addetto al recupero crediti delle famiglie mafiose di Miami in rotta con uno dei suoi boss, viene spedito prima a Las Vegas e dunque a Los Angeles per mettere le mani su un fuggitivo che deve all'Organizzazione dei soldi e proprio per le strade di L. A. decide di scrivere la parola fine al suo rapporto con la malavita ed iniziare una nuova carriera in ambito cinematografico, spinto dalla sua passione per il grande schermo.
Entrato in contatto casualmente con il produttore Harry Zimm, Chili farà del suo meglio affinchè la vicenda che l'ha visto - e lo vede - protagonista possa diventare una sceneggiatura in grado di essere la base di un film pronto a lasciare il segno.
Ma riuscirà l'ex gorilla della mala a sopravvivere alla vera e propria giungla del mondo dello spettacolo?








Esistono titoli clamorosamente figli dell'epoca in cui tu stesso sei cresciuto, considerati piccoli o grandi cult, o consacrati come successi, o fallimenti colossali, che arrivano ad essere protagonisti degli schermi anche di chi con il Cinema c'entra poco o nulla, conquistando fette di pubblico - anche profondamente occasionale - inconcebili sulla carta che, per una qualche strana ragione, finiamo per mancare inesorabilmente.
Nel mio caso, Get Shorty è uno degli esempi più lampanti di questo tipo di fenomenologia: diretto dal Barry Sonnenfeld di Men in black e costruito a partire da un romanzo di Elmore Leonard - vecchia conoscenza del Saloon e fordiano ad honorem, tra racconti western, l'ispirazione per Justified e molto altro -, questo film a tratti pacchiano e decisamente divertente e godibile cavalcò, ai tempi, l'onda del successo clamoroso e planetario di Pulp fiction, ripescando un John Travolta rilanciato proprio da Tarantino grazie ad un personaggio che fin dalle prime battute promette di rimanere nel cuore di chi ne seguirà le gesta per parecchio tempo.
Senza dubbio questa commedia nera pronta a bersagliare l'apparentemente dorato mondo dello spettacolo hollywoodiano in maniera molto più incisiva del recente vincitore dell'Oscar come miglior film Birdman - e non starò qui a menarla sul fatto che il lavoro di Inarritu sia stato clamorosamente sopravvalutato - ha connotati profondamente derivativi e legati esclusivamente ai tempi della sua uscita, è un wannabe pulp senza dubbio edulcorato e più incentrato sulla parte grottesca del genere, che non sulla violenza vera e propria, non può ambire a ridefinire uno standard o a segnare la Storia della settima arte, eppure funziona, avvince e diverte ancora, sfruttando senza dubbio le atmosfere da noir assolato in pieno stile Chandler - un pò come avrebbe fatto di lì a poco Il grande Lebowski - ed un'ironia di fondo gustosa e di pancia.
Interessante, inoltre, osservare quelli che allora erano attori in piena rampa di lancio - o rilancio - come John Travolta e Rene Russo, vecchi leoni pronti a dare sostegno al progetto - Delroy Lindo e Gene Hackman - e caratteristi certo ancora non consci della carriera che li avrebbe attesi in seguito - James Gandolfini - muoversi in un contesto in bilico tra il violento - anche non soltanto in termini fisici - ed il ridicolo, in grado di strappare ben più di una risata ma anche di indurre riflessioni neppure troppo banali sulla Natura umana quando il successo - che si parli di crimine o di spettacolo, poco importa - bussa alla nostra porta e snocciola le sue dorate promesse.
Non tutte le ciambelle riescono con il buco - si veda la sottotrama dedicata ai trafficanti colombiani, accantonata troppo in fretta ed in maniera sbrigativa -, ed il film è ben lontano dall'essere perfetto - le opere che in qualche modo rimangono prigioniere del loro tempo non lo sono mai -, eppure ammetto di essere stato più che felice di aver dedicato una serata a questo recupero, e che il fatto di averlo a disposizione per un'altra visione senza troppi pensieri legata al genere "ludico-investigativo" - dal già citato Il grande Lebowski a Kiss Kiss Bang Bang, passando per Sette psicopatici e il recente Vizio di forma - non può che farmi sentire non solo bene in quanto spettatore, ma anche come scombinato e caotico attore della grande commedia umana.




MrFord



"Kick 'em when they're up, kick 'em when they're down
kick 'em when they're up, kick 'em when they're down
kick 'em when they're up, kick 'em when they're down
kick 'em when they're up, kick 'em all around."
Booker T and the MG's - "Can't be still" - 




10 commenti:

  1. lo vidi al cinema durante il mio anno di militare e mi divertì non poco, magari si fa fatica un attimo a entrare nel meccanismo ma poi va a rotta di collo....

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    1. Concordo: una volta prese le misure è davvero una chicca.

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  2. Ford, per le tue parole su Birdman dovresti essere radiato dall'albo dei blogger cinematografici, se ce ne fosse uno.

    Questo film non mi pare di averlo mai visto, o forse era talmente memorabile che l'ho rimosso. Mi ha sempre dato l'impressione di un vorrei essere Tarantino ma non posso, e tu non mi hai certo invogliato a recuperarlo... ;)

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    1. Secondo me potrebbe addirittura metterci d'accordo. Quindi meglio che tu non lo veda! ;)

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  3. Ricordo che da regazzino vidi molti film di Barry Sonnenfeld. Questo lo ricordo molto volentieri... anche se non lo vedo da secoli

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    1. Io l'ho riscoperto praticamente per caso, e me lo sono goduto davvero. In fondo, Sonnenfeld non è così male.

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  4. Avendo adorato Birdman non mi resta che recuperarlo per capire perché lo definisci più incisivo. :)

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    1. Mi riferisco alla questione sul "mondo dorato" di Hollywood. Mi farai sapere. :)

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  5. io birdman l'ho visto ieri.
    Mi è piaciuto.
    Ma ho preferito grand budapest hotel (tra i candidati).
    Stase guardo Whiplash e decido a chi dare l'oscar, con calma.

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    1. Birdman non è niente male, solo molto sopravvalutato.
      Anche per me Grand Budapest è meglio.
      E anche Boyhood. Con Whiplash stanno alla pari.

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