domenica 27 gennaio 2013

Serial killer: storia, sangue, leggenda

Autori: Harold Schechter, David Everitt
Origine: USA
Anno: 2008
Editore:
LIT



La trama (con parole mie):  dai ritratti dei più famosi serial killers americani - e non solo - ad una panoramica di leggende, dicerie, strumenti ed armi predilette dei "mostri della porta accanto". Un dizionario che spazia in una delle zone d'ombra più agghiaccianti della Storia - recente ma non solo - dell'Uomo, e che porta a riflettere rispetto alle profondità che la nostra psiche è in grado di raggiungere.
Un viaggio che dalla Bathory a Jack lo squartatore giunge fino a Zodiac e Jeffrey Dahmer, arricchito da un'appendice firmata da Silvia D'Ortenzi e dedicata a dieci figure di spicco di assassini seriali italiani: numeri di vittime, modus operandi, storie personali per una galleria di orrore e violenza che farebbe impallidire anche i più terribili tra i predatori presenti in Natura.





Come ormai tutti gli avventori del Saloon ben sanno, in casa Ford la questione morti ammazzati è da sempre origine di una particolare fascinazione che cattura sia Julez che il sottoscritto, e che tende ad amplificarsi quando si tocca l'argomento serial killers.
Di recente - in particolare dopo la lettura dello strepitoso Io ti troverò - ho riscoperto questo universo messo in un cantuccio negli ultimi anni, andando a spolverarmi Serial killer - Storie di un'ossessione omicida di Lucarelli e Picozzi andando alla ricerca - pur con altri occhi - di vicende che già ben conoscevo così come di quelle di cui non sapevo assolutamente nulla.
Approfittando del momento e di una potenziale lettura in comune, la signora Ford ha incluso nella serie di regali per il compleanno del sottoscritto questo volume dall'aspetto di dizionario che racchiude in egual misura voci di tipo "tecnico" - armi, modus operandi, tipologie di crimini -, "biografico" - i ritratti dei più famosi tra gli omicidi seriali - e "leggendario" - con excursus nell'ambito di Musica, Cinema e Letteratura -: onestamente devo ammettere, da "esperto" della questione, di essere rimasto deluso - e non poco - dal lavoro di David Everitt e Harold Schechter, troppo concentrato sull'aspetto spettacolare e scandalistico che non da quello scientifico e di ricerca.
Paradossalmente, proprio a questo proposito, le indicazioni e le "voci" più interessanti sono quelle legate ai consigli sulle visioni e addirittura sugli ascolti - splendida la top ten dei pezzi legati al crimine violento, tra i quali spicca una delle mie canzoni favorite del grandissimo Warren Zevon, Excitable boy - o alle curiosità più macabre e "televisive" nell'accezione negativa del termine.
Il resto, dalle biografie all'approccio, mi è parso decisamente troppo scandalistico e studioapertiano, nonchè un pò troppo indirizzato alla componente necrofila degli omicidi di alcuni serial killers, tanto da farmi venire più di un dubbio a proposito di eventuali devianze ed ossessioni degli autori stessi del libro: come se non bastasse ho riscontrato, nel caso di alcuni personaggi di spicco del settore che ben conosco come Edmund Kemper o Fritz Haarmann, clamorose omissioni e distorsioni nella compilazione dei racconti legati alle loro vite, quasi si volesse esclusivamente porre l'accento sul lato terribile e spaventoso di questi mostri che tanto spesso, al contrario, manifestano caratteristiche mimetiche eccezionali e legate ad un quoziente intellettivo - come per l'appena citato Kemper - decisamente oltre la media.
Troppo semplice - specie in un lavoro di questo genere - da parte degli autori bollare queste persone come mostri dediti fin dall'infanzia alla tortura e alla violenza, attratti sempre ed inesorabilmente dai rapporti con i cadaveri delle vittime - in realtà la percentuale è decisamente bassa - e limitarsi ad un'esposizione dei fatti salienti delle loro vite superficiale e tutta puntata allo sconvolgimento dei lettori: la cosa, infatti, che tendenzialmente più attrae nel comportamento di criminali di questo tipo, è la capacità di mantenere un controllo - quantomeno apparente - delle loro vite nonostante una convivenza tendenzialmente civile con il mondo.
Certo, esistono casi eclatanti come quelli di Albert Fish o Carl Panzram - dediti alla malvagità in tutto e per tutto, dal primo all'ultimo istante delle loro vite -, ma anche altri come quelli di Jeffrey Dahmer - per anni fuggito alle autorità grazie ad una buona dialettica e l'apparenza innocua -, Ted Bundy - un avvocato che lo stesso giudice che pronunciò la sua condanna non esitò a definire promettente - o Ed Gein - che nonostante le turbe legate alla convivenza con la madre, passò anni a collezionare i suoi macabri trofei prima di essere individuato dalla polizia -.
Insomma, se questa sorta di dizionario poteva essere un piccolo compendio ad orrori estremamente reali dal sapore oscuro - quello che, di fatto, per il piccolo e grande schermo fu Twin Peaks -, ad una lettura più smaliziata risulta niente più che un telegiornale o un talk show serale pronto a scandalizzare per sfruttare l'onda di una notizia sconvolgente.
Troppo poco, anche per i peggiori mostri che il genere umano abbia generato.


MrFord


"Fear of the dark, fear of the dark
I have constant fear that something's
always near
fear of the dark, fear of the dark
I have a phobia that someone's
always there."
Iron Maiden - "Fear of the dark" -


12 commenti:

  1. Bastava l'aggettivo "studioapertiano" a farmi stare alla larga da questa roba.

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    1. Ester, diciamo che se non si è molto ferrati sull'argomento può anche risultare una lettura interessante, ma se si conosce un pò più che superficialmente, può apparire un pò troppo sensazionalistico.

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  2. giusto uno psycho come te si poteva leggere un dizionario sui serial killer.
    e pure rimanerne deluso... :D

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    1. Lo prendo come un complimento: in fondo tu sei il re degli psycho! Ahahahahah! ;)

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  3. Il mio pupazzetto d'infanzia si chiamava Jeffrey.

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    1. Dahmer però non è mai stato tra i miei preferiti.
      Ho sempre avuto un debole per Kemper, invece.

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    2. Eh ma avevo sei anni!

      Comunque a me piace Bundy.
      O la nostrana Cianciulli. Sono tradizionalista.

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    3. La Cianciulli non mi tocca più di tanto. Se devo scegliere in Italia, dico Stevanin.

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    4. Anche Furlan e Abel (i delitti di Ludwig) mi incuriosiscono.

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    5. Mah, li conosco poco, devo dire.
      Ultimamente invece sto approfondendo molto Jack Unterweger, un personaggio davvero interessante.

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    6. Io so pochissimo al riguardo. E quel che so è grazie a ciò che ho letto sulla performance teatrale di John Malkovich a riguardo.

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