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venerdì 7 ottobre 2016

Nonno scatenato (Dan Mazer, USA, 2016, 102')




Mettiamo in chiaro tutta una bella serie di cose: Robert De Niro, attore mitico parte della Storia del Cinema e di molti di noi appassionati cresciuti a Taxi driver, Il cacciatore e Quei bravi ragazzi è da anni bollito, quasi avesse deciso di pensionarsi interpretando la parodia di se stesso.
Zac Efron, ex teen idol uscito dalla "cantera" di High school musical è probabilmente già ora una parodia di se stesso.
Le commedie di grana grossa ma dal lieto fine, quasi una versione per adulti delle fiabe Disney, sono uno dei mali peggiori che il Cinema mainstream possa generare alimentando l'astio dei radical ed il livello basso del pubblico fin troppo grande ed occasionale.
Nonno scatenato, a conti fatti, è un film molto mediocre e prevedibile, di quelli davvero in cui buttare i neuroni nelle serate in cui si è talmente stanchi che si finisce per resistere giusto per non pensare di aver solo lavorato, sistemato casa e dormito.
Eppure, a dispetto di tutto questo, mi sono divertito come un povero stronzo ridendo di gusto da solo per la quasi totalità della visione, immaginandomi da qui ad una quarantina d'anni nelle vesti indossate per l'occasione proprio dall'ex "Toro scatenato" Bob, che come in una versione di grana molto più grossa del nonno di Little Miss Sunshine sfodera una perla dietro l'altra facendo di tutto - e anche di più - per cercare di riportare il suo nipote prediletto, incanalato in una carriera e in una vita preconfezionate, sulla cattiva strada, come canterebbe fiero De Andrè.
Sarà che, invecchiando io stesso, ho finito non solo per superare la timidezza giovanile, ma anche e soprattutto per uscire sempre più spesso e sempre più volentieri dalle righe e dal seminato, abbassando di conseguenza il mio livello sbattendomene dell'apparenza e godendomi il momento, ma ho trovato gli scherzi e le trovate di questo filmetto praticamente irresistibili, e pensato di cominciare ad allenarmi da "dirty grandpa" già ora, semplicemente da padre, o anche solo da amico, pensando agli scherzi che quasi quotidianamente rifilo al mio collega Max, "mascotte" non ufficiale della mia squadra di lavoro.
Per il resto, a parte un paio di scivoloni decisamente di cattivo gusto con protagonista De Niro, la pellicola intrattiene come è giusto che facciano questi prodotti, mostra il fianco ad una censura italiana scandalosa - tagliate clamorosamente due sequenze che vedono i protagonisti fare uso evidente di droghe pesanti, quasi fossimo tornati negli anni ottanta dei tagli a cazzo di cane - per il Nuovo Millennio e regala il tipo di divertimento bramato dal tipico gruppo di amici o colleghi in bilico tra il bromanticismo e la bieca animalità maschile - che non esclude, però, dalla visione, eventuali spettatrici illuminate pronte a non scandalizzarsi per il rutto libero di regista e sceneggiatori  -.
Considerato che partivo dall'idea di una serata in apnea nell'immondizia cinematografica, direi che è andata piuttosto bene, un pò come quando si finisce ad una festa senza conoscere nessuno ed avere alcuna aspettativa e si rimedia la scopata dell'anno.
E forse della vita.




MrFord




 

martedì 1 dicembre 2015

The visit

Regia: M. Night Shyamalan
Origine: USA
Anno:
2015
Durata:
94'








La trama (con parole mie): la quindicenne aspirante regista Becca ed il suo fratello minore Tyler, che vivono con la madre da quando il padre ha lasciato la famiglia per ricostruirsi una vita in California con una partner più giovane, decidono di passare una settimana con i nonni, con i quali la loro genitrice non ha rapporti dai tempi in cui, diciannovenne, abbandonò la propria casa proprio a seguito del nascere del legame con il padre dei due ragazzi.
Intenzionati a girare un documentario proprio per permettere un ricongiungimento della madre con i suoi genitori, Becca e Tyler cominciano la loro vacanza con le migliori intenzioni: peccato che i nonni mostrino, soprattutto dopo il calar del sole, strani disturbi e tendenze che, se dapprima vengono considerate in linea con le intemperanze dell'età, con il passare dei giorni assumeranno connotazioni sempre più spaventose.
Riusciranno i due adolescenti a scoprire il mistero che avvolge la casa in cui la loro madre è cresciuta?












Inutile negarlo: il buon M. Night Shyamalan ha avuto uno degli esordi più interessanti del passato recente del Cinema.
Ai tempi dell'uscita de Il sesto senso in molti gridarono al miracolo: io, per quanto non così entusiasta, rimasi profondamente colpito da un film disturbante, inquietante, pronto a regalare un twist finale che fu una vera e propria rivoluzione del genere.
Vennero, dunque, il sottovalutato - pur se non perfetto - Unbreakable, Signs e soprattutto The village, un'opera di rottura, girata alla grande e perfetta per descrivere lo stato di terrore vigente negli USA dopo l'Undici settembre.
E poi, proprio quando pareva che la carriera del cineasta di origini indiane fosse sul punto di decollare definitivamente, il nulla: o peggio, una serie di prodotti di qualità sempre peggiore, dall'autocelebrazione del pessimo Lady in the water al più recente ed agghiacciante After Earth.
Le aspettative del sottoscritto, dunque, per questo The visit, ritorno alle origini del regista, erano discretamente basse, nonostante alcune inaspettate buone recensioni ricevute nella blogosfera e non: peccato che il risultato, per quanto assolutamente migliore se paragonato alle vagonate di merda prodotte negli ultimi anni, sia a conti fatti deludente.
The visit, infatti, pur sfruttando un canovaccio cinematografico che di norma mi affascina non poco - quello del found footage - ed un paio di idee non malvage giocate sul filo di terrore ed ironia, non riesce a colpire il bersaglio a seguito di una serie di lacune evidenti che, a conti fatti, non pareggiano il conto con le intuizioni: per cominciare, a differenza dei primi lavori di Shambalà - quelli veri, fino al già citato The village, per intenderci - il dubbio che qualcosa non vada nella realtà che vivono i due giovani protagonisti esiste fin dal principio, e ci si affida fin troppo al classico approccio attuale dell'horror da salto sulla sedia ogni due o tre scene e tanti saluti; come se questo non bastasse, nonostante due nonni più che convincenti nel ruolo di spauracchi manca sempre qualcosa, in termini di logica, all'intero lavoro, fin dalle premesse di partenza - e non svelo nulla per evitare spoiler che potrebbero rovinare un twist assolutamente non perfetto ma sul momento molto ad effetto -, senza contare un'escalation conclusiva che ammoscia qualsiasi tensione e finisce per apparire come un tentativo piuttosto maldestro di presentare la cosa in modo ironico.
Senza dubbio, comunque, considerato il passato recente di Shambalà e gli incassi proporzionati ai costi di produzione di questo The visit, la carriera dell'ex fenomeno del thriller/horror made in USA può dirsi rilanciata, anche se, di fatto, sono sicuro che il tutto si rivelerà come un fuoco di paglia di un mestierante dall'ego decisamente più grande del talento effettivo: lo stesso The visit, accolto come una sorta di miracolo a causa dei disastri combinati dal suo autore negli ultimi anni, non è niente più che un intrattenimento leggermente superiore alla media - che, considerato il genere, è piuttosto bassa - pronto a mostrare non uno, ma i due fianchi alle critiche non appena svanito l'effetto del già citato salto sulla sedia che tanto male ha fatto all'horror dell'ultimo decennio.
La delusione più grande per il sottoscritto, comunque, resta quella che, per una volta, il caro, supponente Shambalà non potrà ambire al podio del Ford Award destinato al peggio dell'anno: The visit non è così male da pensarlo tra i titoli peggiori usciti in sala nel corso di questo duemilaquindici - e già ce ne saranno parecchi -, ma senza dubbio neppure così interessante da poter gridare alla resurrezione di un regista che, ormai non ho più alcun dubbio in merito, un vero Autore non è mai stato.





MrFord





"Goodbye Grandma, sleep well tonight
dream of all your younger days
way before time had left you sad
and store yourself away."
Elton John - "Goodbye Grandma" -





 

martedì 29 settembre 2015

Quando c'era Marnie

Regia: Hiromasa Yonebayashi
Origine: Giappone
Anno: 2014
Durata:
103'






La trama (con parole mie): Anna è una ragazzina chiusa ed introversa cresciuta con genitori adottivi con i quali, con il passare del tempo, il rapporto si è molto complicato. Quando, a causa dei problemi con l'asma, da Sapporo per le vacanze estive viene mandata da due parenti della madre putativa in Hokkaido, in modo che il mare possa aiutarla, Anna finisce per incappare nelle stesse complicate dinamiche sociali che la tormentavano in città.
Quando, però, conosce Marnie, misteriosa coetanea che abita in una villa non lontana dalla casa dove è ospite Anna, e finisce per comparirle anche in sogno, tutto cambia: tra le due si crea un legame sempre più forte, che finisce per stimolare entrambe a cercare di trovare la propria strada, la propria identità: questo fino a quando Anna scopre che la villa è in realtà in pieno restauro, e la bambina figlia dei nuovi proprietari le rivela aver trovato un diario appartenuto proprio ad una Marnie.
Quale sarà, dunque, il mistero legato all'amica ormai radicata nel cuore di Anna?










Senza alcun dubbio, anche tra un centinaio di anni, quando si parlerà dello Studio Ghibli, ogni cinefilo che si rispetti si toglierà il cappello di fronte all'operato di questa realtà a dir poco incredibile nata ormai più di trent'anni fa che è stata in grado di regalare al pubblico ed agli appassionati non solo alcuni tra i più grandi Capolavori dell'animazione, ma anche e soprattutto un modo di raccontare la vita e le emozioni che suscita attraverso una semplicità disarmante e profondissima.
Del resto, quando si tratta di Maestri come Miyazaki e Takahata, il risultato è una garanzia, eppure il Ghibli ha finito per rivelare al mondo anche talenti come quello di Hiromasa Yonebayashi, già apprezzatissimo da queste parti per il suo Arrietty: con questo Quando c'era Marnie, firmato dallo stesso Yonebayashi, pare che l'avventura del mitico Studio sia giunta al termine, complice anche il ritiro dello stesso Miyazaki dalle scene.
Sinceramente, mi piace pensare che una delle cose più belle delle cose più belle, è la consapevolezza che giungano, prima o poi, ed inevitabilmente, alla loro conclusione, un pò come la vita - per quanto, se dipendesse dal sottoscritto, farei la firma per l'immortalità, con tutto quello che voglio scoprire, vedere, imparare -, e che a volte il fascino sia anche che non sia tutto perfetto ed infallibile.
Perchè Quando c'era Marnie è un ottimo prodotto dal punto di vista tecnico, ne ho apprezzato tantissimo l'animazione, la placida calma anche nei momenti di maggiore "tensione", lo spirito - tipico del Ghibli - di ricerca della pace interiore attraverso la Natura ed i suoi paesaggi, il passato ed il futuro che si mescolano tra loro, eppure è ben lontano dall'essere una pietra miliare come Il mio vicino Totoro o La storia della principessa splendente.
Fin dalla sua uscita - a prescindere dalla scellerata programmazione italiana, che l'ha visto in sala soltanto per un weekend - questo titolo ha finito per dividere e non poco i fan del Ghibli, pronti a difenderlo a spada tratta o storcere il naso di fronte ad un prodotto di una caratura inferiore rispetto a quelli cui i fondatori dello Studio hanno abituato i loro fan nel corso dei decenni: personalmente ho trovato Quando c'era Marnie debole soprattutto dal punto di vista della sceneggiatura - non ho letto il romanzo dal quale è tratto, ma faccio conto che si parta da zero - e troppo sbrigativo nel finale, quando la risoluzione del mistero che circonda la bionda amica della protagonista diviene finalmente realtà - ed in questo Yonebayashi è caduto in uno dei difetti del suo Maestro Miyazaki, che in un paio di occasioni è partito dal Capolavoro per scendere al "solo" buono proprio per aver accelerato troppo sulla conclusione, quasi si fosse accorto che l'intreccio costruito fino a tre quarti di film andava risolto nell'ultimo quarto d'ora, come accadde per lo splendido a metà Il castello errante di Howl -, quasi ci si volesse accontentare soltanto dell'impatto emotivo che avrebbe avuto la rivelazione a proposito di Marnie sul pubblico così come sulla giovanissima protagonista della vicenda.
Appurato questo, il lavoro del buon Hiromasa resta comunque in grado di interpretare alla grandissima lo spirito del Ghibli e lavorare sulle emozioni ed i sentimenti dell'audience, e malgrado non sia all'altezza delle sue ispirazioni, ha finito per solleticare il cuore del sottoscritto anche a fronte dei suoi difetti, e di trasportarmi in un mondo quasi magico in cui, come da bambino, sognavo di passare le vacanze in luoghi pronti ad affascinarmi ed aprire nuovi orizzonti capaci di cambiare, di fatto, anche la percezione del futuro, e non solo del presente.
Non so se questo sarà l'ultimo film dello Studio Ghibli, ma francamente, anche se dovesse essere così, il saluto di questa straordinaria realtà cinematografica è stato fatto nel pieno rispetto di quelle che sono state, da sempre, le sue linee guida principali.
Ed è difficile, avendo amato tutti i film targati Totoro, non accorgersene ed impedirsi di voler bene anche alla struggente storia di Anna e Marnie.




MrFord




"Goodbye Grandma, sleep well tonight 
dream of all your younger days
way before time had left you sad
and store yourself away."
Elton John - "Goodbye Grandma" - 




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