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martedì 3 novembre 2015

APPuntamento con l'@more

Regia: Max Nichols
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 86'





La trama (con parole mie): Megan è una giovane appena laureata traumatizzata dalla fine della storia con il suo ex storico, senza un lavoro ed una prospettiva futura, che l'amica e coinquilina Faiza vorrebbe sistemare per poter dividere l'appartamento con il fidanzato. Spinta proprio da Faiza a creare un profilo su un sito di incontri e dedicarsi alla ricerca di qualcuno con cui distrarsi grazie ad un pò di sano sesso occasionale, la ragazza finisce nell'appartamento del quasi coetaneo Alec, che lavora in banca ma, fondamentalmente, si preoccupa principalmente di vivere bene nel resto della sua vita.
Quando, però, la mattina dopo la loro avventura una tormenta di neve li costringe a passare quarantotto ore insieme nell'appartamento del ragazzo, il loro rapporto si evolve, passando dal disinteresse all'ostilità, finendo per trasformarsi in amicizia di letto e, forse, qualcosa in più.










Di norma, quando si tratta di scegliere un titolo disimpegnato per passare una serata a neuroni spenti nella speranza di non addormentarsi dopo una giornata spesa tra allenamenti, lavoro, sessioni di gioco intensivo con il Fordino, le scelte del sottoscritto si restringono all'action tamarro o all'horror: difficilmente, infatti, a meno che Julez non abbia resistito al sonno, le commedie romantiche leggere finiscono in cima alla lista, nonostante negli anni mi abbiano riservato diverse sorprese piacevoli - ricordo, su tutte, l'ottima Crazy, stupid love -.
Di tanto in tanto, però, vuoi per la mancanza di controproposte, vuoi per il minutaggio che rende più probabile una ritirata a letto ad orari umani, anche prodotti come questo APPuntamento con l'@more - agghiacciante l'adattamento italiano dell'originale e molto più interessante Two night stand - finiscono per ritagliarsi il loro spazio al Saloon: come se non bastasse, nonostante il genere, attori simpatici ma non particolarmente brillanti, soluzioni di sceneggiatura poco realistiche ed il voto bassino, ho trovato il lavoro di Max Nichols piuttosto scorrevole e divertente, perfettamente inserito nel filone "uomini che cercano di comprendere le donne e viceversa" che è sempre sociologicamente interessante riscoprire in coppia o da soli, passando dai momenti più divertenti a quelli così vicini alla realtà da essere quasi drammatici.
Inoltre, devo dare atto a questa commedia sostanzialmente leggerina - forse perfino troppo - che se l'avessi vista in uno dei periodi della vita di malinconia da lupo solitario dedito proprio agli one night stand la visione avrebbe suscitato quell'insana voglia di innamorarsi che a volte prende perfino i più stronzi ed apparentemente duri di noi.
L'evoluzione della storia tra Alec e Megan, con le loro imperfezioni e comprensibili umanità, risulta, seppur centrifugata in un'evoluzione rapidissima, decisamente credibile, ed in più di un caso mi ha riportato alla mente il periodo in cui conobbi Julez, quando a partire dall'amicizia quasi da buddies abbiamo cominciato a scoprirci l'un l'altra mantenendo una distanza di sicurezza che ci ha permesso di conoscere anche i lati peggiori di noi - è ancora memorabile la notte di una sbronza mortale presa dal sottoscritto con Julez al telefono che mi guida fino al suo appartamento di allora, ed io che mi sveglio la mattina dopo con addosso una sua tuta e una maglietta senza ricordarmi nulla, un biglietto e le chiavi di casa da riportarle quando sarei andato a prenderla in Accademia per il nostro consueto aperitivo del venerdì, e prima di uscire lasciai un ricordino praticamente tossico nel bagno cieco dove, subito dopo di me, entrò una delle sue coinquiline, un bulldog fatto donna che tra l'altro detestavo -.
Certo, tutto scorre quasi senza colpo ferire, e tolte un paio di idee carine - il ballo separati, l'irruzione nella casa dei vicini - non vi troverete certo di fronte ad un titolo capace di essere più di un one - o two, se proprio volete - night stand, ma in quel caso vi porterà in dono tutto quello che potrebbe piacervi: proprio come quella ragazza con la quale avete diviso una notte, della quale non ricordate bene il viso, o il nome, ma che avete impressa nella memoria per un momento, o qualche mossa che non avevate mai potuto sperimentare, o non avete più sperimentato dopo.
A volte, basta anche questo.




MrFord




"Don't you know that you're nothin' more than a one night stand.
tomorrow I'll be on my way, an' you can catch me if you can.
honey, take me by the hand and play that game again, yeah."
Janis Joplin - "One night stand" - 






domenica 15 marzo 2015

The Dark Valley

Regia: Andreas Prochaska
Origine: Austria, Germania
Anno:
2014
Durata: 114'






La trama (con parole mie): in una sperduta valle nel cuore delle Alpi dominata dal Clan dei Brenner, che da sempre applicano un regime assoluto sugli abitanti, unici a poter portare armi da fuoco e ad esercitare, tramite il loro capofamiglia, una sorta di "ius primae noctis" su ogni ragazza appena sposata, giunge un giorno un cowboy solitario, Greider, che porta un'attrezzatura fotografica, cerca riparo per l'inverno e pare essere di pochissime parole.
Accolto con sospetto dagli abitanti del luogo come dagli stessi Brenner ed affidato all'ospitalità della giovane Luzi e sua madre, Greider si mostrerà distaccato spettatore della vita della valle fino all'arrivo della prima neve ed all'inizio della stagione che vede la valle stessa isolata dal mondo esterno quanto e più che nel resto dell'anno: a quel punto il silenzioso ospite darà inizio ad un sanguinoso quanto spietato piano di vendetta legato ad un fatto risalente ad un ventennio prima.








Se non fosse esistito il Western, probabilmente, molto del mio amore per il Cinema e della passione che metto ogni giorno nella visione di film o nella scrittura dei post sarebbe stato indirizzato ad altro: ricordo, pur se non limpidamente, con grande affetto le serate passate a casa di mio nonno, che quando ebbe modo di comprare il suo primo videoregistratore si fece fare una copia dell'intera filmografia di John Wayne, e per la prima volta corsero davanti ai miei occhi le immagini che, quasi una ventina d'anni dopo, rividi in Sentieri selvaggi, Il grinta, L'uomo che uccise Liberty Valance, Ombre rosse, Il gigante, Un dollaro d'onore e via discorrendo: eppure mai avrei scommesso neanche uno shot che sarebbe giunto un giorno il momento in cui avrei trovato non solo ben realizzato, ma anche solido, tosto e convincente un Western ambientato nel cuore delle Alpi, diretto da un discretamente giovane regista televisivo austriaco e con tra i protagonisti il Tobias Moretti che il pubblico di massa italiano ricorderà per la prima serie di Rex.
Per essere onesti, sarei stato più incline a scommettere una bella cassa intera di single malt d'annata che sarebbero piovute sonore bottigliate.
Fortunatamente, a volte è un bene essere smentiti, e ritrovarsi coinvolti e colpiti da una pellicola semisconosciuta che riesce non solo a rendere giustizia ad un genere sacro qui in casa Ford, ma anche a rappresentarlo al meglio pur se distante un oceano dalla Frontiera che lo ha, di fatto, da sempre caratterizzato: in un certo senso, si potrebbe affermare che il lavoro di Prochaska riprenda le fila del Western moderno delineato già alla grande da pellicole come Gli Spietati, Dead Man o Le tre sepolture, sfruttando al contempo una trama in pieno stile revenge movie con violenza annessa che potrebbe piacere a Tarantino - per quanto lo stile sia certo più composto e meno sopra le righe di quello del ragazzaccio del Tennessee - e che richiama alla memoria sia Il cavaliere pallido firmato Eastwood che I cavalieri dalle lunghe ombre di Walter Hill.
Il percorso del Greider di Sam Riley - che sfoggia anche un buon, seppur limitato nelle battute, tedesco nella versione originale -, iniziato in sordina, quasi il solitario personaggio fosse un insetto destinato ad essere schiacciato come il resto degli abitanti della valle dallo strapotere quasi medievale dei Brenner, dunque pronto ad esplodere - in tutti i sensi - in una spirale di violenza che sfiora l'horror ed il thriller prima di tornare su territori più simili a quelli cui il Western ci ha abituati è gestito con il giusto ritmo, sfruttando gli splendidi paesaggi innevati delle Alpi ed il contesto, così come soluzioni che vanno dallo slasher - la trappola ed il tronco dei primi due morti - alle sparatorie in grande stile, fino alla lotta senza quartiere.
Certo, nel lavoro di Prochaska troviamo anche difetti - l'utilizzo della voce off di Luzi come narratrice esterna viene completamente "dimenticato" nella parte centrale, alcuni ralenti sulle sequenze d'azione potevano essere tranquillamente tagliati -, eppure nel complesso la prova è ben superata, sia in termini di soddisfazione cinematografica che di tosta, cazzuta e decisa approvazione da profondo West.
Considerate le origini di The dark valley, quelle che erano le aspettative, il protagonista glaciale pronto a scandire la quasi totalità delle sue azioni con un metronomo, direi che la passione ed il sangue prodotti dalla pellicola lo rendono, di fatto, una delle sorprese più interessanti che la Frontiera abbia riservato a questo vecchio cowboy nelle ultime stagioni: anche quando la stessa Frontiera si trasferisce dagli sterminati territori dell'Ovest statunitense ad una valle chiusa dalle montagne e dalla neve nel cuore della Vecchia Europa.




MrFord




"I live in the hills
you live in the valleys
and all that you know are those blackbirds
you rise every morning
wondering what in the world will the world bring today
will it bring you joy or will it take it away."
K. D. Lang - "The valley" - 




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