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giovedì 26 dicembre 2013

Ford Awards 2013: i film che non vedrete nelle sale italiane

La trama (con parole mie): tradizione dei Ford Awards è ormai la classifica dedicata ai titoli passati sugli schermi del Saloon grazie ai passaparola o alle recensioni altrui ma purtroppo per noi tutti mai usciti nelle sale nostrane, troppo impegnate a propinarci cinepanettoni ed obbrobri simili.
Quest'anno la scelta è stata più semplice rispetto a quella delle ultime edizioni, considerato che il mio film numero uno della stagione, in realtà, passa proprio da qui, invece che nella Top 40 che vedrete tra qualche giorno dedicata ai titoli regolarmente distribuiti da gennaio a dicembre: a combattersi, al contrario, sono stati i i film appena sotto il vincitore, tra conferme graditissime e sorprese al limite del grottesco.


N°10: PASSION di BRIAN DE PALMA




Non poteva mancare, nella selezione dei dieci migliori titoli non distribuiti in Italia nel duemilatredici un vero e proprio mostro sacro come Brian De Palma, che confeziona un thriller dal gusto profondamente hitchcockiano con la solita, incredibile tecnica stregando il pubblico come un Autore del suo calibro sa e deve giustamente fare.
Sequenze da capogiro per un film da capogiro.

N°9: DRINKING BUDDIES di JOE SWANBERG













Salito alla ribalta della cronaca perchè citato da Tarantino nella sua personale top ten dell'anno, Drinking buddies rappresenta la tipica commedia romantica indie, per nulla radical chic, molto sincera e, come se non bastasse, anche decisamente insolita nello svolgimento e risoluzione.
Un titolo piccolo piccolo che riesce a conquistare proprio grazie alla sua onestà, e che più passa il tempo, più mi rendo conto di aver apprezzato.
E nonostante l'abbia visto l'ormai lontana sera del quindici settembre, prima di rientrare al lavoro dopo oltre tre mesi, e debba ancora pubblicare la recensione, mi pare di sentirlo sulla punta della lingua come lo stinger artigianale che lo accompagnò.

N°8: SHARKNADO di ANTHONY C. FERRANTE


 
Penserete abbia sbagliato classifica, inserendo Sharknado qui e non in quella dedicata al peggio, e invece no. Perchè l'involontariamente(?) comico ed assutamente geniale lavoro di Anthony C. Ferrante è quanto di più incredibile la scorsa estate abbia riservato alla famiglia allargata Ford in una serata al mare fatta, praticamente, di sole risate.
Un film assurdo e sgangherato che può essere stato generato soltanto da una mente superiore.
Instant cult.

N°7: BLACKFISH di GABRIELA COWPERTHWAITE


La triste vicenda di Tilikum e delle orche nei parchi acquatici, giunta dalle parti dal Saloon come un fulmine a ciel sereno e all'improvviso, narrata con piglio herzoghiano da Gabriela Cowperthwaite è una delle più toccanti dell'anno, nonchè esempio di uno dei migliori documentari del passato recente. Un modo per rappresentare il complicato rapporto tra l'Uomo e la Natura senza che retorica, senza facili retoriche o colpi bassi gratuiti, che è simbolo del valore di qualcosa di ben più grande.


N°6: REBELLE di KIM NGUYEN

 
Orso d'argento a Berlino e candidato all'Oscar per il miglior film straniero, incensato in tutto il mondo e snobbato dai distributori nostrani, Rebelle raccoglie il testimone del primo e più convincente Malick con la sua "rabbia giovane" raccontando la vicenda di una giovanissima combattente in cerca di un amore che possa salvarla da un destino di strega o di morte nel cuore dell'Africa dei conflitti bellici. Una favola nerissima e stupenda che è l'eco dell'altrettanto stupendo Re della terra selvaggia, nonchè, di fatto, sua sorella minore.

N°5: SAFETY NOT GUARANTEED di COLIN TREVORROW






In uno dei periodi peggiori vissuti da casa Ford, nel pieno di una primavera incasinata, turbolenta e distruttiva, questo gioiellino del Cinema indipendente americano è stato un respiro nel pieno dell'apnea, una di quelle piccole magie che solo il Cinema può regalare al pubblico.
Coinvolgente, sincero, dal cuore aperto e lanciato oltre ogni ostacolo - perfino il Tempo -, Safety not guaranteed è senza dubbio uno dei prodotti migliori che le stelle e strisce abbiano partorito nel passato recente.

N°4: KON TIKI di JOACHIM RONNING e ESPEN SANDBERG

 
Thor Heyerdal, leggendario esploratore ed ispiratore dell'impresa della Kon-Tiki, imbarcazione costruita sfruttando il lascito delle civiltà pre-colombiane e portata in mare in modo da dimostrare che furono le stesse popolazioni del Sud America a giungere per prime in Polinesia, rappresentato in un film che ha il respiro delle grandi imprese cui ci ha abituati Peter Weir filtrato attraverso la sensibilità di Werner Herzog.
Un'opera coinvolgente ed intensa resa ancora più preziosa da un finale che mescola abilmente realtà e fiction, mostrando quanto l'amore per la vita riesca, a volte, ad ispirare imprese ben oltre l'umana capacità.

N°3: HARA KIRI - DEATH OF A SAMURAI di TAKASHI MIIKE

 
Alle spalle l'incredibile 13 assassini, Takashi Miike si rituffa nel Giappone feudale confezionando un film in grado perfino di superarlo, un'opera legata a doppio filo al Rashomon del Maestro Kurosawa intrisa di sangue, vendetta, morte e dramma profondo, e che vede la famiglia di un povero ronin affrontare il clan di un potente signore.
Lotta di classe e neorealismo che pare filtrato attraverso un velo allucinogeno per una meraviglia di tecnica ed emozione. Imperdibile.

N°2: EUROPA REPORT di SEBASTIAN CORDERO

 
Giunto al Saloon grazie al tam tam di pareri più che positivi da una parte e dall'altra della blogosfera, Europa report si è rivelato una delle sorprese più importanti del duemilatredici, surclassando nettamente il decisamente più pubblicizzato Gravity, realizzato con mezzi ed ambizioni superiori eppure non in grado di fotografare l'eterna curiosità umana per l'ignoto e la pulsione che spinge la stessa ad oltrepassare ogni confine.
Un viaggio quasi metafisico nel cuore di un Sistema solare mai così affascinante e vicino, distanze siderali permettendo.

N°1: MUD di JEFF NICHOLS

Ed eccolo, quello che di fatto è il film fordiano per eccellenza dell'anno ormai agli sgoccioli.
Fosse uscito anche dalle nostre parti, l'avreste ritrovato saldamente al primo posto il trentuno dicembre, quando pubblicherò la top ten dei film distribuiti nelle sale italiane.
Ed invece eccolo qui, Mud, che con le sue bugie riesce a far star bene le persone.
Mud, che a cavallo di una moto, pronto a giocarsi tutto per la salvezza di un giovane assetato d'amore e di vita, diventa qualcosa di più grande di tutti i suoi difetti.
Quanto lo capisco.
E' già uno dei miei idoli, questo "son of a bitch". E questo è il mio film dell'anno. Senza se e senza ma.



I PREMI

Miglior regia: Jeff Nichols per Mud
Miglior attore: Matthew McConaughey per Mud
Miglior attrice: Rachel Mwanza per Rebelle
Scena cult: la corsa in moto verso l'ospedale, Mud
Fotografia: Hara Kiri - Death of a samurai
Miglior protagonista: Mud, Mud
Premio "lo famo strano": Kenneth e Darius, Safety not guaranteed
Premio "ammazza la vecchia (e non solo)": Hanshiro Tsugumo, Hara Kiri - Death of a samurai
Migliori effetti: Europa report
Premio "profezia del futuro": Europa report


MrFord


 

sabato 2 marzo 2013

Rebelle

Regia: Kim Nguyen
Origine: Canada
Anno: 2012
Durata: 90'



 
La trama (con parole mie): Komona, una dodicenne che vive in un villaggio nel cuore dell'Africa dei ribelli e delle bande armate, è costretta dai seguaci della Grande Tigre ad uccidere i suoi genitori per sopravvivere ed impedire che gli stessi siano trucidati a colpi di machete.
Una volta divenuta essa stessa una ribelle e sfuggita ad un'imboscata dei soldati governativi grazie ad una visione dei fantasmi di madre e padre, il suo ruolo diviene quello di strega, temuta e rispettata dal Tigre in persona e da tutti i suoi uomini: dopo più di un anno di battaglie ed uccisioni, Komona fugge accanto ad un altro giovane stregone innamorato di lei, che si prodiga per trovare un gallo bianco, tributo necessario per averla in moglie.
Finalmente sposati, i due si stabiliscono dallo zio del ragazzo in modo da poter cominciare una nuova esistenza, quando gli uomini del Tigre li raggiungono, tornando ad alimentare il dramma della ragazzina, che dovrà liberarsi del loro giogo, partorire il figlio che porta in grembo sperando che non abbia portato il male che l'ha originato e tornare a vivere.





Capita, a volte, di vedere passare sullo schermo storie profondamente drammatiche e toccanti che non lasciano alcuno scampo alla retorica così come al respiro dello spettatore, pregne di emozioni come se fossero pronte a tracciare segni dalla pelle fin dentro l'anima, e scoprire di non essere di fronte a meraviglie a loro modo fiabesche come Beasts of the Southern Wild, ma a vicende ispirate a fatti tristemente reali forse addirittura edulcorate affinchè la violenza non assuma i connotati di disturbato piacere voyeuristico del regista che li porta in scena: Rebelle è senza dubbio parte di questa categoria di opere.
Candidato canadese per la categoria di Miglior film straniero agli ultimi Oscar, Orso d'argento per la migliore interpretazione femminile e Premio della Giuria a Berlino, il film firmato da Kim Nguyen è un viaggio senza ritorno nel mondo delle milizie del cuore dell'Africa Sud-sahariana costituite principalmente da reclute di giovanissima età strappate ai loro villaggi con la forza e cresciute nella violenza e nel sangue che poggia tutto sulle spalle della fenomenale protagonista Rachel Mwanza, che con la sua Komona porta in scena una versione profondamente più oscura e terribile della Hushpuppy del già citato Beasts of the Southern Wild.
Ma l'essere prezioso di Rebelle non dimora tanto nella sua parte più disperata e fedele alla realtà, nella qualità delle immagini e nel gusto di una fotografia che a tratti rimanda addirittura al Capolavoro Apocalypse Now, bensì nella carica di speranza che, anche a fronte di un destino avverso e di condizioni di vita ben oltre ogni limite di sopportazione gestite da quelli che sono poco più che bambini, aleggia dal primo all'ultimo fotogramma, e che rimanda - anche grazie all'utilizzo della voce narrante off della protagonista - al primo Malick: anche in questo caso, tra l'altro, ritroviamo un'analogia con il lavoro di Ben Zeitlin, che nel post ad esso dedicato avevo paragonato a Badlands - distribuito in Italia come La rabbia giovane -, mentre rispetto all'opera di Nguyen mi tornano alla mente le immagini violente e splendide ed il lirismo de I giorni del cielo.
Riferimenti importanti, dunque, per due lavori gemelli ed a loro modo complementari, che trovano in Rebelle la loro anima più oscura venata da una magia ed un tocco a dir poco meravigliosi - come nella parentesi di salvezza che Komona ed il suo altrettanto giovane marito cercano di ritagliarsi nel villaggio dello zio di lui, sotto gli alberi ad accarezzarsi l'un l'altra o lavorando al frantoio -: due novelli Romeo e Giulietta destinati al macello di un continente ancora lacerato ed in balìa della crudeltà degli uomini mano nella mano come se potessero vivere davvero la loro età, sopravvissuti per necessità più che vocazione, aggrappati ad una magia che non riuscirà comunque a garantire di poter essere immuni ai proiettili, ai machete, alle malattie, alla malvagità.
Nella vicenda di Komona c'è tutto il cuore di tenebra che da Conrad porta dritti all'orrore firmato Coppola, eppure negli occhi di questa piccola guerriera non c'è abbandono, o resa, così come nelle parole da lei lasciate in eredità al piccolo nascituro non c'è odio rispetto alla sua origine, a tutta la terrena espressione del Male che l'ha portato in questo mondo: c'è tanta paura, ma è legittimo.
Komona deve ancora crescere, e dovrà farlo a partire da un orizzonte che l'ha vista uccidere e seppellire i suoi genitori, assistere alla caduta di compagni di lotta e a danze di spettri imbiancati, fare affidamento su una magia che gioca sulle vite e sulle paure quanto e più è possibile per una religione portata all'estremo.
Komona deve ancora lottare, e camminare lungo una strada che non prevede che qualcuno la carichi senza pensare di portarla a morire da qualche parte, nascosta al mondo.
Fortunatamente, Komona è una ribelle.
E prima o poi il Destino dovrà concederle una possibilità, fosse anche soltanto un passaggio da qualcuno che non avrà intenzione di violentarla e schiaffarle un AK-47 tra le braccia.
Del resto, nel mondo di Komona non ci sono Bestie del profondo Sud da domare, ma l'animale più feroce di tutti. L'Uomo.
E se non si è ribelli fin nel profondo dell'anima, prima o poi si finisce per soccombere, masticati e risputati dalla sue fauci.
E Komona lo è, eccome. Prima ancora dell'essere strega, combattente, assassina, figlia, moglie, madre, fiore avvelenato.
Komona si è ribellata al mondo. E speriamo tutti che vinca la sua guerra.


MrFord


"I'm a rebel, let them talk,
soul rebel, talk won't bother me
I'm a capturer, that's what they say
soul adventurer, night and day
I'm a rebel, soul rebel
do you hear them lippy
I'm a capturer, gossip around the corner
soul adventurer, how they adventure on me."
Bob Marley - "Soul rebel" -


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