martedì 10 ottobre 2017

Blade Runner 2049 (Denis Villeneuve, USA/UK/Canada, 2017, 164')





Ho sempre pensato che, in barba al Tempo che ci condanna inesorabilmente e alle azioni che mostrano tutti i limiti dell'essere Umani, sia importante, fondamentale, cruciale per la vita venire a patti con se stessi e trovare un equilibrio nella strada che si decide di seguire, a prescindere da quale sia.
Potrebbe non essere la via più semplice, o quella che ci rende migliori, ma nel momento in cui la stessa contribuisce a renderci noi stessi, allora per quanto mi riguarda non ha bisogno di altre spiegazioni.
Blade Runner 2049, a prescindere dalla sue nobili origini e derivazioni, non ha bisogno di altre spiegazioni.
Così come Denis Villeneuve.
Racconta una storia vecchia quanto il mondo, legata al bisogno di identità, di affermazione, di pienezza, di indipendenza, di lasciare qualcosa in questo strano posto in cui siamo capitati e ci muoviamo, e lo fa attraverso immagini e mezzi tecnici clamorosamente superiori ed affascinanti, un ritmo che mette alla prova ma che nasconde la capacità di ammaliare, un Pifferaio magico della settima arte, un incedere che mette a confronto con una ricerca che esula dalla propria origine o Natura, e che porta ad inseguire la strada che condurrà al futuro, a prescindere da quale futuro ci attenda.
"Non hai mai assistito ad un miracolo", afferma Dave Bautista in apertura di pellicola.
Sinceramente, da ateo miscredente, mi sono sentito chiamato in causa.
Eppure, fotogramma dopo fotogramma, bellezza su bellezza, sogno su sogno, l'impressione è davvero stata quella di un miracolo legato - come fu per Arrival - al concetto di creazione, a quelle probabilità sfavorevoli che divengono metro di paragone per una nuova speranza, per qualcosa che non sarebbe dovuto neppure accadere e invece, contro ogni previsione, porta una mano appoggiata ad un vetro a cercare quello che riempie il significato della vita di qualsiasi uomo, replicante o chiunque vogliate o sognate di essere.
La fantascienza dell'epoca di Dick e quella della conquista dello spazio sono ormai tramontate per cedere il passo ad un nuovo sistema ed approccio, dalla rete ai social, dalla vita in condivisione al completamento di se stessi attraverso i mezzi di comunicazione: Villeneuve si adatta a questa nuova realtà portando sullo schermo qualcosa che ha il sapore ancestrale della creazione, dell'esplorazione - di noi e del mondo che ci circorda -, del tentativo di seguire lo schema solo fino a quando lo stesso non diviene una condanna, qualcosa che ci impedirà di vivere non solo un sogno, ma anche, e paradossalmente torniamo al discorso dell'ateo miscredente, l'idea del sogno che vorremmo vivere.
E nonostante l'atmosfera cupa ed opprimente, la sensazione di ineluttabilità, l'impressione che ho avuto di Blade Runner 2049 è stata quella di un inno al desiderio di vivere la propria vita, trovare la strada che permetta di farlo, a prescindere dai sacrifici e dai rischi, dai ruoli e da quello che ci si potrebbe aspettare da noi che stiamo vivendo, replicanti o umani.
Ed è proprio in quello, che io vedo il miracolo.
La lotta è ancora presente, sanguinosa e pronta a chiedere un tributo pesante in termini di vite e sacrifici, eppure mi pare, attraverso le immagini, di aver assaporato l'idea di una consapevolezza maggiore di quello cui è possibile aspirare, o cambiare, della ricerca che porta a confrontarsi con se stessi anche quando l'idea che finiamo per avere di noi è decisamente sopravvalutata rispetto a quanto il mondo richieda: lo stesso fatto che si possa anche solo immaginare che sia così finisce per essere confortante, a prescindere da quello che riservano imposizioni, missioni, compiti, ordini venuti dall'alto impossibili da ignorare.
Se non fosse per il suo passato ingombrante - che torna, comunque, più per aiutare ed essere aiutato che non per ostacolare -, Blade Runner 2049 sarebbe un film "contro", pronto a seguire un impianto classico - soprattutto in termini di svolgimento - e da un ritmo certo non sostenuto: ma le cose non sono mai semplici quanto potremmo sperare o credere, e dunque si finisce sempre a rimboccarsi le maniche e farsi il culo, nella speranza che, prima o poi, anche per noi, o qualsiasi altro ateo miscredente, venga dritto il giorno del miracolo.
Perchè sarà quello che cambierà ogni cosa.




MrFord




 

20 commenti:

  1. Mi piace quando parli di Villeneuve, autore conosciuto proprio dalle tue parti, vedrò sicuramente questo fim, anche se devo recuperare parecchia roba ancora ^_^

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    1. Enemy a parte, Villeneuve ha sempre spaccato.
      Anche stavolta.

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    2. Pensa che a me Enemy è pure piaciuto, anche molto, devo ahimè ancora vedere sicario e altra roba, cercherò di recuperare promesso ^^

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  2. Bellissimo post per un bellissimo film; sinceramente, non mi aspettavo che Villeneuve riuscisse a compiere un altro miracolo, non con un antenato così ingombrante. E invece, tanto di cappello, ancora una volta!

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    1. Bolla, grazie mille davvero, e grazie a Villeneuve che ha centrato ancora il bersaglio. ;)

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  3. Ok, se è piaciuto a te posso metterci una pietra sopra: per me sarà una delusione incredibile. :)

    Vogliamo poi parlare del nuovo header?
    E facciamolo!
    Tra Ryan Gosling, Jared Leto, le ambientazioni fighissime e soprattutto Ana de Armas, sei andato a riesumare proprio il polveroso Harrison?
    Questa è una fordianata clamorosa persino per te! :D

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    1. Guarda, ti do un'altra delusione: preferisco Mackenzie Davis a Ana DeArmas! ;)

      Per il resto, Harrison Ford già solo per il nome vince! :)

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  4. Bellissime parole, a mio parere più del film ^^' che per carità, non è per nulla brutto, ma il discorso che vuole portare avanti per me si impappina in più punti.
    Comunque, grande Cinema. E notare che ho usato la C maiuscola.

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    1. Grande Cinema, e grandi mezzi.
      Detto questo, grazie. :)

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  5. Mi diverto (e un po' m'incazzo) a leggere le recensioni dei critici "veri", tutte molto "trattenute", tutte all'insegna del "vorrei ma non posso"... nel senso: vorrei parlare bene di questo film ma non posso farlo perchè, per un critico, un remake di un capolavoro dev'essere per forza pessimo. Invece il film è bello, ma non posso parlarne bene perchè "non si fa"... assurdo! Io invece lo dico: mi è piaciuto almeno quanto il film di Scott, cioè tantissimo. Se sarà un capolavoro ce lo dirà il tempo, ma di sicuro è un ottimo lavoro. Complimenti a Villeneuve.

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    1. Hai ragione senza dubbio su tutta la linea.
      Io l'ho apprezzato moltissimo, tanto che ho volutamente tenuto fuori l'originale dal post. :)

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  6. Mi vengono sempre i brividi quanto si sente parlare di sequel/remake/reboot di film così epocali,ma per questo ho delle ottime sensazioni!Non vedo l'ora di vederlo :)

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    1. In questo caso, secondo me, puoi andare tranquilla. Anche se il ritmo è molto dilatato, sappilo. :)

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    2. (off topic) ho notato la nuova pubblicità qui a dx(Blade Ford),dovresti ingrandire l'immagine perchè non si legge niente neppure col CTRL+ ...

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    3. Lo so, ci sto lavorando. Domani vedo di risolvere il problema. :)

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Io non ne ho ancora scritto perché non mi sento ancora pronto. Devo ammettere che più passa il tempo, più ci rifletto, più penso alle sequenze che lasciano senza fiato, e più mi piace. Ho una voglia matta di rivederlo e il fatto di non riuscire ancora a procurarmelo in qualità decente in inglese è una cosa che mi sta ammazzando.

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    2. Effettivamente è uno di quei titoli che, a mio parere, assume spessore con le visioni e con il tempo.

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  8. Sono rimasto sorpreso... Non mi ha per niente deluso, anzi lo considero uno dei migliori sequel mai fatti.

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    1. Molto bello davvero. Del resto, Villeneuve sa quello che fa.

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