martedì 4 luglio 2017

Paolo Villaggio (1932 - 2017)




Ricordo bene la raccolta di poesie che impaginammo al termine del secondo anno di superiori, a seguito di un lavoro fortemente voluto dall'insegnante di Italiano, Storia e Latino, presa dalla sindrome Keating dopo una visione sempre di classe de L'attimo fuggente.
Se devo pensare ad un periodo veramente merdoso, penso a quell'anno.
La timidezza mi divorava, parevo ancora un bambino delle medie rispetto a molti miei compagni di classe che assomigliavano già a quarantenni, ero nella sezione peggiore dell'Istituto, quella all'interno della quale erano radunati tutti gli elementi peggiori della scuola, ci faceva tutte le supplenze il preside e purtroppo non era il Jim Belushi di The Principal.
E quell'insegnante è stata la peggiore che abbia avuto. E ne ho avuti, di insegnanti di merda.
Ad ogni modo, in quella racconta di poesie attaccammo la foto di classe, dediche a rotazione comprese.
Lei, l'insegnante, mi scrisse: "Non fare Fantozzi!", alludendo alla timidezza che frenava molte delle iniziative del sottoscritto.
Allora mi fece male leggere quella dedica. Sentii che quella donna usava la sua posizione per farmi "gentilmente" notare che chi era timido come me le stava in culo, anche se non poteva rompere l'incantesimo da wannabe Keating per ammetterlo.
I film con protagonista Ugo Fantozzi, mitico ragioniere divenuto un simbolo sociale per tre generazioni, e forse quattro, io li divoravo fin da bambino: e, a dirla tutta, i primi due capitoli della sua saga restano ancora oggi uno degli esempi più fulgidi della commedia sociale italiana figlia dei decenni in cui il Cinema nostrano era il migliore del mondo, indiscutibilmente.
Per il resto, la carriera sul grande schermo di Paolo Villaggio è stata caratterizzata dal successo ma da alti e bassi qualitativi che ne hanno troppo spesso - purtroppo - segnato il destino rispetto ad un certo tipo di pubblico, nonostante alcuni titoli "di cassetta" restino per me dei veri e propri cult - dai due Fracchia, in particolare La belva umana, a Io no spik inglish -, da collaborazioni illustri - impossibile dimenticare quella con De Andrè - al lavoro in Teatro e dietro la macchina da scrivere.
Ma torno a quel "Non fare Fantozzi!" che allora mi fece sentire così piccolo, così "qualunque".
Ora, nel giorno della morte di un altro dei volti della mia infanzia, di un "nonno" come è stato Bud Spencer, penso a quanto, al contrario, Fantozzi rappresentasse e rappresenti l'Uomo contro il Sistema, quella variabile impazzita che, come fosse Rocky, subisce e subisce, e ad un certo punto alza la testa, e si scopre indistruttibile.
 E di colpo ho davanti agli occhi la tristissima scena degli auguri natalizi con i dirigenti d'azienda che sbeffeggiano la figlia Mariangela e la partita a biliardo che, all'ennesimo "coglionazzo", scatena nel mitico Ragioniere quel moto di rivolta che inizia, semplicemente, con "vorrei fare un tiro io, ora".
Ed è questo, per me, Fantozzi.
Il simbolo di una rivolta, di un orgoglio sociale e di classe che non potrà mai essere placato, abbattuto, sconfitto. Anche e soprattutto nei momenti in cui parrà abituato alla disfatta.
E Paolo Villaggio, personaggio spesso spigoloso soprattutto nella sfera privata, ne è stato il perfetto autore ed interprete, rivelando una sensibilità quasi geniale, in grado di andare oltre la semplice commedia, e perfino al Tempo.
Ed oggi, al pensiero che anche lui abbia salutato questo circo, mi sento forse meno commosso rispetto a quando ci lasciò Bud, ma finisco per sentirmi comunque un pò più solo, lasciato con ricordi e miti e pensieri che potrò solo sperare di riuscire a trasmettere con la stessa forza ai miei figli.
E ripenso a quel "Non fare Fantozzi!".
Non so dove sia finita, quella professoressa.
Ma so dove sono io, ora.
So chi sono.
E sono più che felice di "essere Fantozzi".
Perchè io ho sempre ancora un tiro.
E lo avrò sempre, fino all'ultimo.
Come Paolo Villaggio.




MrFord




16 commenti:

  1. mi dispiace che è morto, ma non mi è mai piaciuto...

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    1. Poteva risultare antipatico, senza dubbio.
      Ma ha creato davvero personaggi e momenti indimenticabili.

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  2. Un altro pezzettino d'infanzia che se ne va per sempre.... ho letto da qualche parte che in realtà non è morto è solo andato ad incontrare il Mega Direttore Galattico

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    1. E' molto probabile. Ora nuoterà nell'acquario dei dipendenti. ;)

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  3. Un mito della mia infanzia.
    Però direi che è comunque arrivato a una bella età.

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    1. Senza dubbio ha vissuto la sua vita. Da un certo punto di vista, nonostante il dispiacere, va bene così.

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  4. Oh, questo post finalmente spiega molti dei tuoi traumi adolescenziali e perché odi così tanto gli anni '90. :)

    Interessante, o forse dovrei dire inquietante, il fatto che entrambi abbiamo colto in Fantozzi in particolare lo stesso spirito di ribellione. Una cosa che non mi pare sia stata sottolineata molto altrove, tra i vari servizi di web, giornali e telegiornali.
    Mi sa che siamo proprio i Fantozzi e Filini dell'Internet. :D

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    1. Effettivamente noi due potremmo essere una nuova coppia da ribellione fantozziana. ;)

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  5. Pensa che i miei genitori non volevano che lo vedessi. Come tutto ciò che puzzava di comunismo e anticonformismo veniva bollato come stupido e volgare. Però ad un campo organizzato dalla scuola dove lavorava mio padre (noi eravamo "imbucati") gli allievi lo vollero vedere una sera che lo proponevano in tv. Erano i primi anni '80 ed io davvero non ho mai capito perché i miei non volessero farcelo guardare. E a distanza di quarant'anni lo trovo ancora così amaro e ironico e drammaticamente attuale, che è già nella programmazione di casa. RIP, Ragioniere

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    1. Concordo, Gae: ancora oggi resta attualissimo e forse ancora più crudele di allora. Un personaggio che è ormai leggenda.

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  6. I primi due, come dici tu, capolavori, merito anche di Luciano Salce. La scena del biliardo favolosa ma davvero ce ne sono tante, tipo quella della festa di capodanno. Villaggio ha saputo tratteggiare il servilismo, l'opportunismo, la piccineria nonché una bella dose di cinismo, tipici dell'uomo medio ( aggiungerei italiano) come solo il grande Sordi ha saputo fare. E quando il tuo cognome diventa un aggettivo...beh ci sarà pure un perché.

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    1. Verissimo: il Sordi dei Vitelloni o di Una vita difficile a me ha sempre ricordato "l'uomo qualunque" fantozziano che, a conti fatti, è il ribelle più indistruttibile contro il quale il Sistema si trova a dover fare i conti.

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  7. Hai fatto un'ottima riflessione...
    Non vedo l'ora di realizzare il progetto su Villaggio ;)

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