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giovedì 14 dicembre 2017

I gemelli (Ivan Reitman, USA, 1988, 107')




Di tanto in tanto, soprattutto nelle serate in cui mi capita di non aver voglia di investire energie neppure nella scelta del prossimo film da selezionare tra le fila dei titoli in lista, l'idea di ripescare piccoli cult non troppo impegnativi della mia infanzia diventa l'equivalente di un cocktail nel bar di fiducia, di un massaggio che già si sa porterà al sesso, o di una cena dove arriveranno solo i nostri piatti preferiti.
Una cosa confortante, piacevole, rilassante, goduriosa.
Con questo spirito, a distanza di non so neppure quanto tempo dall'ultima volta, ho riesumato all'inizio di questo autunno agli sgoccioli I gemelli, pellicola perfettamente inserita negli anni ottanta firmata Ivan Reitman - lo stesso di Ghostbusters, per intenderci - con protagonisti il mitico Schwarzy e Danny DeVito, commedia d'azione piacevole e divertente ancora oggi, con tutti i limiti del caso ma ugualmente in grado di intrattenere non solo uomini e donne, ma anche grandi e piccini.
Uscito - almeno per il momento - dal suo periodo tosto dei Conan e dei Terminator, l'Arnold di tutti noi attraversava all'epoca una sorta di tentativo di rendere umano il suo consueto charachter tutto d'un pezzo, passando proprio per ruoli come quello che avrà da lì a due anni in Poliziotto alle elementari o quello di Julius Benedict, trentacinquenne fisicamente e mentalmente al massimo che dopo aver vissuto di teoria e in quasi isolamento su un'isola del Sud Pacifico sbarca a Los Angeles una volta scoperto di avere un gemello separato da lui alla nascita.
La progressiva scoperta dell'altro, la crescita spalla a spalla ed il consueto - e sempre piacevole - road trip pronto a consolidare i rapporti fanno il resto, forti della grossa alchimia che si creò sullo schermo tra i due protagonisti, perfetti nel rendere l'idea del ragazzone forzuto e studioso buono fino al midollo e del piccoletto opportunista e seduttore in grado di cavarsela con le proprie forze - e a scapito del prossimo - fin dalla tenera età: il fatto, poi, di aver amato questo film dai tempi delle elementari, saperlo a memoria a seguito delle infinite visioni in compagnia di mio fratello e gustarsi i siparietti tra DeVito e Schwarzy dal primo all'ultimo aggiungono I gemelli alla schiera di titoli con protagonista l'inossidabile Arnold che non solo gli appassionati non possono non avere in casa a portata di mano per qualsiasi serata d'emergenza o rutto libero, ma che dovrebbero ringraziare per aver mostrato un lato più umano e divertente di quella che, per anni, era stata praticamente una macchina per uccidere.
E dal balletto nella camera d'albergo all'abbraccio in bagno - quante volte citato quel "Hey, è mio fratello!" -, passando per il corso accelerato di scuola guida e le tre regole in una situazione critica, a quasi trent'anni dalla sua uscita I gemelli regala ancora ben più di un sorriso ed ottimo intrattenimento, ennesima dimostrazione che i gloriosi eighties sono stati la vera e propria miniera d'oro dell'intrattenimento disimpegnato, che ancora oggi viene in soccorso di noi ragazzi troppo cresciuti nel momento in cui abbiamo bisogno di un salvagente, un abbraccio, una coperta per le serate in cui si sta troppo male, o così bene, che solo qualcosa che conosciamo a fondo può rendere davvero degne di essere vissute.
Ancora una volta.



MrFord



 

martedì 15 novembre 2016

Captain Fantastic (Matt Ross, USA, 2016, 118')




Proprio l'altro giorno parlavo al telefono con mio padre, raccontandogli del curioso modo di scambiarsi i ruoli dei Fordini, che quando uno fa il drittone notturno l'altra massacra di sveglie Julez e quando l'altra dorme fino a tardi l'uno decide di venire a svegliarci nel letto alle sei e mezza perchè "il suo pancino ha fame".
Il mio vecchio, che non è un tipo di molte parole, ha replicato ai racconti del sottoscritto semplicemente affermando "quando sono piccoli è perchè sono piccoli, e quando sono grandi è perchè sono grandi, ma in realtà quando si hanno dei figli, non si finisce mai".
Ed effettivamente, dev'essere proprio così.
Ho recuperato Captain Fantastic per caso, senza sapere neppure di cosa si trattasse, venendo a conoscenza soltanto in un secondo tempo delle ottime critiche avute negli States e dell'aura da Sundance positivo - in stile Little Miss Sunshine, per intenderci - che portava, e l'ho affrontato con aspettative piuttosto alte: e, devo ammetterlo, sono state tutte soddisfatte.
Io non sono uno che si fa troppe seghe mentali, o pensieri a proposito delle conseguenze dei gesti anche più piccoli: cerco semplicemente di fare molta attenzione a trovare l'equilibrio tra il mio lato istintivo ed animale ed il bisogno di proteggere chi amo.
Nessuno di noi è perfetto, e non ho mai neanche lontanamente sognato - anche perchè mi conosco bene - di esserlo io stesso.
In questo senso, l'educazione e l'influenza che abbiamo sui nostri figli finisce per essere una delle cose più importanti di una vita, considerato che gran parte di quello che saranno è definito anche da come i genitori sono entrati a far parte di loro - e ci entrano sempre, in un modo o nell'altro -: giusto per fare un esempio, i miei non sono mai stati appassionati di Cinema, o legati all'Arte o alla Letteratura o alla Musica, o al Fumetto, come lo siamo stati io e mio fratello.
Eppure, non ci hanno mai limitati.
E ho sempre pensato che la mia passione per la scrittura fosse nata dalle lettere che mio padre mi lasciava sulla scrivania quando pensava avessi fatto una stronzata che meritava qualche parola in più. Con lui non si arrivava mai allo scontro verbale, e non ha mai alzato neppure un dito su di noi, eppure quelle lettere, equilibrate e sagge, eppure pungenti, di un uomo che non era certo di Lettere, arrivavano sempre dritte al bersaglio.
Ho pensato tanto all'essere figlio, nel corso della visione di Captain Fantastic.
A quanto si può pensare possa essere facile essere un genitore, quasi si trattasse di una sorta di abuso di potere sponsorizzato dalla Natura.
Ed ho pensato tanto all'essere padre, guardando uno straordinario Viggo Mortensen portare sullo schermo un personaggio complesso ed imperfetto, che ha finito per commuovermi in quel saluto all'aeroporto, in quel dialogo tra me e Julez: "Cazzo, devo cercare di contenermi per quando vedrò questi film con loro" cui è seguito "E perchè dovresti contenerti?", parole sante di una santa donna.
E ad un certo punto, prima ancora della preoccupazione di proteggere i Fordini o di trasmettere loro la necessità di mantenersi sempre ricettivi e pronti ad imparare qualcosa di nuovo, elastici e liberi, ad una versione di Sweet child o'mine che mi ha ricordato quanto vorrei che il mio funerale fosse una festa neanche fossimo nel Messico del Dia de los muertos, è arrivata la folgorazione delle grandi occasioni, di quelle che ti toccano nel profondo e restano dove sono come un tatuaggio, piacere come dolore compresi.
Ma non sono uno che si fa troppe seghe mentali, quindi mi godo il fatto che Captain Fantastic sia un film commovente e bellissimo, che racconta alla grande il concetto di Famiglia, quello di Libertà - prima di tutto culturale e di pensiero -, di superamento del dolore, di voglia di mettersi in gioco, di viaggiare, di imparare, e che mi fa pensare che, con Rudderless e Little Miss Sunshine, sia uno di quelli che conserverò nel cuore per poterli rivedere con i Fordini quando saranno abbastanza grandi per poter pensare che per il loro vecchio sarà fantastico vederli diventare liberi, e capitani delle loro navi.




MrFord




 
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