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giovedì 26 dicembre 2019

Ford Awards 2019: i libri






Per la prima volta dopo due anni di assenza, torna - complice la crescita dei Fordini, che cominciano a sviluppare una certa indipendenza ludica - la classifica dedicata ai romanzi passati dal Saloon nel corso degli ultimi dodici mesi: in realtà non è proprio una classifica, considerato che al contrario dei vecchi tempi dei cinque/sei libri al mese si tratta dei soli che sono passati tra le mie mani nell'ultimo anno, ma è decisamente già qualcosa.
Come se non bastasse, poi, con oggi iniziano ufficialmente i Ford Awards 2019.


MrFord


N°8: SLEEPING BEAUTIES di STEPHEN&OWEN KING

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Apre la classifica quella che, ad essere onesti, è stata una delusione. 
Il maestro del brivido, insieme al figlio Owen, porta su pagina quello che pare il copione fatto e finito di una serie televisiva, che nonostante alcune buone intuizioni si rivela poco sentito e a tratti noiosetto. Ne è dimostrazione il fatto che il tempo di lettura è stato decisamente lungo, occupando quasi quanto quello occorso per i restanti sette titoli. Non proprio il miglior titolo uscito dalla penna del buon, vecchio Steve.


N°7: ARMADA di ERNEST CLINE

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Altra posizione, altra delusione.
L'autore del mitico Player One torna al Saloon con un romanzo che ricalca l'attitudine nerd ed i riferimenti cult del precedente, ma lo fa senza lo stesso cuore, senza il trasporto che rese Player One così speciale: leggerlo è stato un pò come trovarsi di fronte la seconda stagione di una serie passata dall'essere una rivelazione ad un grosso punto di domanda, se non peggio.
Un vero peccato, perchè l'immaginario, le tematiche ed il guizzo non mancano al buon Ernest, che finisce, però, per peccare di quella presunzione da rivalsa tipica dei nerd: e questo è un male.


N°6: IL SORRISO DI JACKRABBIT di JOE LANSDALE

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Pare uno scherzo, ma anche il terzo titolo del novero ha finito per essere una mezza delusione.
Tutti i frequentatori del Saloon sanno bene quanto adori Lansdale e le sue due creature più riuscite, Hap e Leonard: i due improvvisati detectives texani hanno popolato l'Olimpo letterario fordiano negli ultimi dieci anni, accompagnando il loro autore ed invecchiando con lui, ed è fantastico leggerli battibeccare, così come sarebbe fantastico leggere una loro storia assolutamente normale, priva di omicidi, casi misteriosi da risolvere, grane da sciogliere. Eppure pare di essere giunti, e torno ai paragoni con le serie televisive, al momento in cui per l'autore è preferibile chiudere in bellezza piuttosto che trascinarsi stancamente. Hap e Leonard non lo meriterebbero.


N°5: L'ULTIMA AVVENTURA DEL PIRATA LONG JOHN SILVER di BJORN LARSSON

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Finalmente entriamo nel vivo di questa piccola classifica, e per me è un piacere farlo con una chicca nata per soddisfare gli appassionati di uno dei miei romanzi preferiti in assoluto, La vera storia del pirata Long John Silver. Larsson, che pare avesse tagliato alcune parti dal romanzo, torna in pieno fan service con una sorta di racconto lungo che riporta sulla pagina il sempre mitico Barbecue alle prese con una disavventura nel suo eremo in Madagascar.
Per chi non ha letto e amato la storia dalla quale è stato estrapolato sarebbe sicuramente una lettura spiazzante, o quantomeno poco centrata, ma per i vecchi pirati del mio stampo è un modo, senza dubbio, di tornare ad incrociare la rotta di un amico, un antagonista, una versione alternativa di se stessi.


N°4: JOHN BARLEYCORN - MEMORIE ALCOLICHE di JACK LONDON

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Giunto al Saloon come prestito da parte del suocero Ford, che ormai ben conosce le escursioni alcoliche del vecchio cowboy, questo diario di memorie firmato da Jack London, uno degli autori di classici d'avventura più noti e famosi di tutti i tempi, è una riflessione a volte entusiasta e spesso più malinconica e triste del legame tra anime e menti e l'alcool, con tutti i suoi alti ed i suoi bassi, i momenti di entusiasmo sfrenato e quelli di buio totale.
Interessante come, a distanza di quasi un secolo, le dinamiche che coinvolgono chiunque sia in un certo modo legato al bere come atto sociale, intimo o di sfogo siano rimaste indicativamente le stesse, e con quanta razionalità - pur lasciandosi andare a ricordi e sentimenti - London riesca a portarle a galla: non viene suggerito o imposto nulla, quanto più che altro mostrato dall'interno.
Un viaggio di grande profondità condotto da un vero viaggiatore.


N°3: IL CONFINE di DON WINSLOW

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Uno degli autori più celebrati in questi anni al Saloon torna con l'ultimo (?) capitolo di una trilogia che ha fatto la Storia della Letteratura crime e Made in USA, iniziata con Il potere del cane e proseguita con Il cartello, entrambi vincitori del Ford Award. La vicenda di Art Keller, poliziotto della DEA che nel corso della sua carriera ha visto morire ed uccidere nel corso di una delle guerre più lunghe e sanguinose della Storia - quella ai cartelli della droga messicani -, giunge al termine tra le pagine di un romanzo più politico e riflessivo dei due precedenti ma non per questo meno potente o sentito: a prescindere dal genere, le vicende narrate - liberamente ispirate ai fatti reali, dalle evasioni del Chapo alla campagna presidenziale di Trump - tra queste pagine, così come quelle che qui hanno portato i lettori, andrebbero considerate una tappa fondamentale per ogni lettore.


N°2: CASINO TOTALE di JEAN CLAUDE IZZO

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Questo è un voto assolutamente sulla fiducia, dato che, nel momento in cui scrivo queste righe e preparo la classifica, sono giunto indicativamente a metà della lettura di questo romanzo caldo e passionale, una storia di ricordi, amicizie, amori e tradimenti che pulsa tra le vie di una Marsiglia assolata e problematica, legata a doppio filo alla natura di melting pot di una città di porto: Ugo, Manu e Fabio, figli di immigrati e cresciuti pescando, ascoltando vecchi dischi e sognando il grande salto, dopo aver passato la prima parte della loro vita percorrendo strade diverse - uno rimasto a fare il piccolo delinquente, uno a perdersi nell'ombra e per il mondo, l'altro finito a fare il poliziotto - si ritrovano nella loro città portando sulla pagina una storia malinconica, pulsante, traboccante di sensazioni forti e vive, come la pelle sudata quando si fa sesso o le risate di cuore ad una cena al tramonto in riva al mare. E' una storia tosta, che con ogni probabilità non finirà bene, ma fa sentire la vita come un bacio profondo o uno schiaffo in piena faccia. E queste storie sono sempre le mie preferite.


N°1: IL COLTELLO di JO NESBO

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Un altro degli idoli letterari indiscussi del Saloon torna in libreria con la sua creatura più nota e riuscita, il detective Harry Hole, alle prese con una vicenda che lo porterà non solo a sprofondare di nuovo sul fondo di una bottiglia di Jim Beam, ma anche al limite della follia, legata a doppio filo alla morte di uno dei personaggi cardine di tutta la sua storia. Accolto da recensioni tiepide, Il coltello è il perfetto gioco di prestigio del Nolan della pagina scritta Nesbo, che dopo aver disposto i pezzi sulla scacchiera ed aver ingannato e fuorviato il lettore almeno quattro o cinque volte rispetto alla verità sull'omicidio alla base di questo romanzo sfodera uno dei suoi colpi di genio con un paio di passaggi da brividi profondi, che parlano di radici, di amore e di futuro anche quando il futuro ci potrebbe sembrare lontano, oscuro e negato.
Il coltello forse non sarà il romanzo "migliore" della saga di Hole, ma batte talmente forte che senza ombra di dubbio dimostra di esserne il cuore. E che questo autore e questo personaggio hanno ancora tanto da dire, da vivere, da raccontare stupendoci.


MrFord


I PREMI
Miglior autore: Jo Nesbo
Miglior personaggio: Fabio Montale, Casino totale
Miglior antagonista: Svenn Finne, Il coltello
Scena cult: la riflessione di Rakel sulle radici, Il coltello
Premio "brutti, sporchi e cattivi": Long John Silver, L'ultima avventura del pirata Long John Silver
Premio stile: Jack London, John Barleycorn - Memorie alcoliche
Miglior personaggio femminile: Katrine Bratt, Il coltello
Miglior non protagonista: Nico, Il confine
Momento action: il viaggio sulla "Bestia", Il confine
Atmosfera magica: Marsiglia, Casino totale

lunedì 23 settembre 2019

White Russian's Bulletin



Proseguono - incredibilmente - i post in anticipo e programmati del Saloon, guadagnati a partire dalle purtroppo ormai lontane vacanze estive e che finiranno per presentare titoli freschi d'uscita in differita di qualche settimana: a questo giro tocca a serie e film che hanno imperversato poco dopo il rientro e prima che Venezia dichiarasse i suoi vincitori, nell'attesa anche qui di scoprire se saranno davvero tali anche quando giungeranno al mio bancone.
Intanto, tra serial killers e mostri, la compagnia qui è ben assortita.


MrFord



MINDHUNTER - STAGIONE 2 (Netflix, USA, 2019)

Mindhunter Poster


Chi frequenta il Saloon da qualche anno sa bene quanto abbia nel tempo sponsorizzato e caldeggiato la lettura di Mindhunter di John Douglas, autobiografia dell'omonimo agente FBI tra i fondatori dell'Unità di analisi comportamentale del Bureau: da quello stesso lavoro, oltre a numerosi romanzi e film di genere, due anni fa era stata tratta una serie molto interessante legata alla nascita della stessa unità, costruita su una serie di interviste svolte nelle carceri americane con protagoniste le superstar di questo decisamente inquietante mondo.
Gente come Manson, Kemper, Bergowitz e soci che, grazie alle chiacchierate con gli agenti, fornivano informazioni sempre più utili per comprendere - o tentare di farlo - cosa accade nella mente di un serial killer: alle spalle una prima stagione decisamente convincente, gli autori ed il cast tornano a confermare quanto di buono era stato fatto grazie all'incrocio di momenti cult - l'incontro con Manson -, indagini tese - gli omicidi di Atlanta - ed un lavoro ottimo sulla costruzione dei protagonisti, talmente buono da oscurare quello che, sulla carta, dovrebbe essere il main charachter in favore delle sue "spalle".
A questo si uniscono una regia che rispecchia in pieno lo stile di uno dei suoi "deus ex machina" David Fincher ed un'inquietudine diffusa ma mai gridata, più che altro suggerita e serpeggiante, quasi come quando tornando a casa in una notte tempestosa si ha il timore di essere seguiti.
Mindhunter è quel timore che diventa realtà.




IT - CAPITOLO DUE (Andy Muschietti, Canada/USA, 2019, 169')

It - Capitolo due Poster


It è stato - a prescindere dalla comunque dubbia qualità del film tv - uno dei supercult dell'infanzia di questo vecchio cowboy, grazie ad una storia di amicizia in pieno stile Goonies o Stand by me e all'interpretazione pazzesca di Tim Curry nel ruolo di Pennywise, charachter strepitoso creato da Stephen King che rappresentava e rappresenterà, fondamentalmente, la paura che il mondo può esercitare su ognuno di noi, con tutto il suo potere di celare mostri anche dietro il più innocuo degli angoli. Il primo capitolo di questa nuova versione firmata Muschietti mi aveva colpito molto favorevolmente, il lavoro di Bill Skarsgard era stato strepitoso e l'atmosfera in stile Stranger Things aveva rispolverato lo spirito di "quei tempi".
Con Julez abbiamo approfittato di una delle serate da "libera uscita di coppia" regalate dalla sempre preziosa suocera Ford per chiudere i conti con il Clown Danzante, portandoci a casa spunti notevoli e qualche dubbio: il prodotto è solido e ben realizzato, Skarsgard spacca ancora e in modo ancora diverso - la capacità del ragazzo di passare da patetico a inquietante spostando solo le sopracciglia è degna dei migliori trasformisti -, il "mostro" dietro Pennywise, chiaramente legato al bullismo e ai suoi surrogati, è ben portato sullo schermo, il vecchio Bowers - interpretato da Teach Grant - è perfetto, così come l'utilizzo di Stan non come esempio di vigliaccheria ma di coraggio e collante per i suoi amici.
Di contro, senza dubbio è mancato il coinvolgimento emotivo - del resto, anche io, come i Perdenti, sono invecchiato parecchio dal mio primo incontro con It -, alcuni passaggi non convincono pienamente e l'impressione è che Derry non sia stata calcolata a dovere - in alcuni momenti pare quasi che il gruppo di amici sia solo in tutta la città -, senza contare che, a proposito di giochi con il finale - mitica la comparsata di King, tanto per rimarcare le cose -, mi è mancato quello della tanto vituperata miniserie televisiva con Bill e Audra.
La visione, comunque, rende, e tra gli entusiasti e i criticoni mi metto nel mezzo, apprezzando un lavoro che, probabilmente, sarà sempre troppo stretto al materiale portato sulla pagina dal Re del brivido.





WHEN THEY SEE US (Netflix, USA, 2019)

When They See Us Poster


Proprio quando Chernobyl pareva già avere la strada spianata per conquistare il titolo di serie dell'anno del Saloon, ecco giungere su questi schermi When they see us, miniserie targata Netflix dedicata all'eclatante caso dei 5 di Central Park, accusati ingiustamente sul finire degli anni ottanta per questioni prevalentemente razziali di stupro e costretti a subire riformatorio e carcere per buona parte della loro giovinezza.
Ammetto che, per la durezza e la rabbia, al termine del primo episodio ho avuto il dubbio se proseguire nella visione, considerato che lavori come questo - o come Diaz, o Sulla mia pelle, o qualsiasi altro che tocchi il tasto dell'ingiustizia - finiscono per solleticare il mio lato ribelle, "da bombarolo", come canterebbe De Andrè e mi ricorderebbe Julez come monito: fortunatamente, ho proseguito.
E ho avuto la fortuna di incrociare il cammino con uno dei titoli più sentiti, potenti e vivi degli ultimi anni, che dovrebbe toccare chi è genitore, perchè un calvario del genere è inconcepibile da provare dall'altra parte, per chi è vivo, perchè farsi privare della giovinezza non è nulla rispetto a qualsiasi risarcimento, perchè questa è una ferita aperta nel cuore degli USA almeno quanto l'Undici Settembre, a prescindere dal numero delle vittime. E perchè gente come Trump, più che occupare posizioni di potere che influenzano il mondo, dovrebbe giusto scaldarsi il culo sulla poltrona del salotto senza rischiare di compromettere cose decisamente più grandi della loro limitata visione del mondo.
Per quanto mi riguarda, i 5 di Central Park, o di Harlem, o come li vogliamo chiamare, potrebbero essere Presidenti. Ma non credo gli interesserebbe.
Perchè, per quello che hanno dovuto subire e per quello che vogliono costruire, credo vogliano per prima cosa occuparsi davvero degli altri.
E che i loro figli possano non passare quello che hanno passato loro.





LE IENE (Quentin Tarantino, USA, 1992, 99')

Le iene Poster


Spinto dalla curiosità per l'ultimo Tarantino, sono andato a rispolverare il primo.
E a distanza di ventisette anni - quasi non ci credo sia passato così tanto tempo -, Le iene sa ancora essere una bomba atomica pronta a prendere a calci in culo una marea di pellicole uscite dopo di lei, ed altre che ancora devono vedere la sala.
Il primo film del buon Quentin è un dramma shakespeariano che pare una versione hard boiled di Americani, un concentrato di dialoghi pazzeschi e tensione continua, interpretazioni e scene cult ed un vero e proprio manuale per lo sceneggiatore: dall'apertura da antologia nella caffetteria alle prove da infiltrato, passando per il taglio dell'orecchio ed il finale senza speranza, Tarantino mescola i Cani arrabbiati al Bardo, il classicismo con sangue e merda, le risate al dramma profondo.
E lo fa con uno stile impeccabile, unico, indimenticabile.
Le iene, come altri titoli firmati dal regista di Knoxville, va visto, rivisto, vissuto, più che recensito o spiegato. E' il colpo di genio, la rottura, quel qualcosa che qualsiasi fan aspetta, e prega di vivere sulla pelle nel momento in cui esplode.





ARMADA (Ernest Cline, USA, 2015)


Tornato agli standard di lettura di quasi cinque anni fa, subito dopo Winslow ed in attesa di Nesbo ho deciso di buttarmi su un altro fordiano acquisito, Ernest Cline, che qualche anno fa mi conquistò con Ready Player One. Purtroppo, però, questo Armada risulta patire la sindrome del "sequel" - anche se di sequel non si tratta -, rimanendo lontano anni luce - per usare un termine che piacerebbe all'autore - dal romanzo che lo portò alla ribalta: i riferimenti sono divertenti, si fa leggere, per chiunque sia nato o cresciuto negli anni ottanta regala senza dubbio qualche chicca, eppure pare la versione fan - e Hollywood - service del già citato lavoro portato sugli schermi - a mio parere senza successo - da Spielberg.
I tempi di narrazione lasciano più di un dubbio, alcuni passaggi vengono giustificati in poche righe, l'atmosfera vintage pare più nerd che non sincera, vissuta e amata, quasi come Armada fosse la versione da sfigato rancoroso di quello che era stata la "rivincita dei nerd" di Player One.
Un peccato, perchè finisce per far dubitare di un autore che prometteva davvero un gran bene, anche se, dall'altra parte, ha avuto il merito di alleggerire come un cuscinetto il passaggio tra due mostri come Winslow e Nesbo.


lunedì 16 aprile 2018

Ready Player One (Steven Spielberg, USA, 2018, 140')





Non è mai facile, per un film, partire dalla base data da un romanzo. Soprattutto quando il romanzo è scritto incredibilmente bene e alla lettura risulta incredibilmente esaltante.
Ho letto Ready Player One di Ernest Cline qualche anno fa, rimanendo incollato alle pagine dall'inizio alla fine. E da mesi, all'idea che Spielberg, nonostante gli ultimi, decisamente discutibili, lavori, potesse metterci mano, alimentava un hype davvero pazzesco.
E senza dubbio, Ready Player One è un gran bel vedere, frutto di una produzione e di mezzi tecnici ineccepibili.
Eppure, soprattutto pensando a quegli anni ottanta che tanto omaggia, e a Spielberg stesso, e alla meraviglia di un Cinema - anche quando nasce dalla Letteratura - che si gioca tutto sulle bocche spalancate del pubblico, questo film scorre senza lasciare il segno in modo piuttosto disarmante: non voglio fare il purista che si schiera a favore della pagina scritta contro l'adattamento cinematografico a tutti i costi, ma anche Julez, che non ha letto il romanzo, ha finito per dover resistere al sonno senza emozionarsi neppure per sbaglio di fronte ad una storia che, letta sulla pagina ed immaginata, aveva qualcosa di davvero magico, quasi come se avessero shakerato un cocktail con tutte le pellicole più significative per il Cinema d'avventura degli anni ottanta, i Fumetti, i giochi di ruolo e tutto quello che, ai tempi, era pane per qualunque ragazzino volesse sognare forte.
Dovendo ammetterlo, a tratti questo giocattolone studiato in tutto e per tutto - e votato al fan service, considerate le innumerevoli citazioni presenti nella pellicola legate alla cultura pop - mi ha addirittura annoiato, edulcorando parti decisamente forti del romanzo e finendo per risultare qualcosa di più simile ad un tentativo da Nuovo Millennio di ripercorrere le orme di un momento magico per il Cinema e non solo che poche opere recenti sono riuscite davvero a replicare.
Curioso, infatti, che uno dei romanzi che più ho amato negli ultimi anni mi abbia portato a questo momento, quando a fatica cerco di abbozzare un post che renda l'idea di qualcosa di divertente e piacevole da guardare ma assolutamente vuoto, o comunque lontano da quello che noi figli degli anni ottanta ci saremmo aspettati da quello che è, in tutto e per tutto, un omaggio a quell'epoca scritto da un autore che fa parte della nostra stessa generazione.
Ed è un dispiacere, anche perchè Spielberg ha significato una fetta importante della mia infanzia, ed affrontare una visione come questa - riuscita a tratti, ma emotivamente equivalente ad un ghiacciolo - potrebbe essere paragonabile al tentativo di giocare alla versione riadattata per Playstation 4 di un titolo amato quando ero bambino, da Double Dragon a Shinobi, passando per Cadillacs&Dinosaurs, e scoprire che la sua versione Nuovo Millennio è in realtà saporita e tosta quanto un cocktail annacquato.
Mi rendo anche conto che questo post sta diventando una sorta di versione da bottigliate di una recensione, quando a conti fatti il film non merita troppa severità, nonostante senza ombra di dubbio si sia decisamente lontani dal cult che in molti si aspettavano di trovare di fronte ai propri occhi quando al romanzo di Cline è stato associato per la prima volta il nome del padre di cose incredibili come E. T. o Incontri ravvicinati del terzo tipo: Ready Player One è semplicemente un prodotto ottimamente realizzato figlio di quest'epoca nonostante i rimandi a Gundam, alla DeLorean e compagnia danzante, e proprio per questo uguale, a conti fatti, a tanti altri che, in un certo senso, risultano più attuali ed emozionanti per chi tutti i dettagli raccontati da questa storia non li ha vissuti sulla pelle rispetto a coloro i quali, al contrario, ne hanno fatta quasi una questione di esperienza e di Fede.
E di fronte a qualcosa in cui è difficile riconoscersi, è meno stimolante cercare nuovi sentieri che partano dai vecchi.
O sperare di trovarsi, a sorpresa, in cima alla classifica.




MrFord




lunedì 23 dicembre 2013

Ford Awards 2013: i libri

La trama (con parole mie): per quanto i romanzi ed i post a loro dedicati non siano mai tra i più letti da queste parti, la classifica dei migliori libri dell'anno è uno dei miei appuntamenti preferiti, anche perchè se i film sono una compagnia quasi quotidiana per i momenti in cui sono a casa, i libri - cartacei e non - lo sono nei miei viaggi da pendolare altrettanto quotidiani.
Dopo due anni di vittorie Jo Nesbo sarà costretto a scendere dal gradino più alto del podio, o l'autore norvegese si confermerà il favorito del vecchio Ford?
Lo scoprirete proprio qui sotto.




Scoperto grazie all'imbeccata del mio fratellino Dembo, il libro che raccoglie tutte le disavventure alcooliche e sessuali di questo scombinato ex studente di legge statunitense è stato il cult assoluto dell'estate: volgare, scorretto, scritto con la pancia anche se non sempre troppo bene, è un mix di Californication e del più scomposto Kevin Smith, nonchè un titolo imperdibile per ogni cazzone professionista come il sottoscritto.
Se avete compagni di bevute o amici abituati a coprirvi le spalle sempre e comunque, questo è il titolo che fa per voi.


N°9: IL CACCIATORE DI TESTE di JO NESBO


Neanche il tempo di nominarlo appena sopra, che l'incredibile autore norvegese mattatore di questa classifica negli ultimi due anni piazza una zampata da vero Maestro del thriller con un ottimo romanzo da ritmo serrato e stretta alla gola scritto in prima persona e trasposto discretamente anche al Cinema: un concentrato di adrenalina e razionalità che è l'ennesimo viaggio nella parte oscura delle passioni umane da parte di uno scrittore che è una vera e propria garanzia.
E la sequenza dell'incidente in macchina è da incorniciare.


N°8: FIGLIO DI DIO di CORMAC MCCARTHY


Il coriaceo McCarthy, praticamente il mio personale Clint Eastwood della Letteratura, torna da queste parti pronto a stupire con quello che fu il suo romanzo d'esordio, un viaggio potente e lirico nelle profondità della psiche lacerata di un serial killer che pare un incrocio tra il Gollum de Il signore degli anelli ed Ed Gein, personaggio violento e spregevole quanto fragile e triste da far venire la pelle d'oca almeno quanto le descrizioni magiche dell'autore nativo di Rhode Island.


N°7: IL COLLARE DI FUOCO di VALERIO EVANGELISTI


La Frontiera e la sua mitologia sono un pilastro, qui al Saloon, ed il nostrano Evangelisti le rappresenta al meglio in questo affresco in cui si mescolano realtà e fiction ambientato a cavallo tra States e Messico ai tempi della Guerra di Secessione e della rivoluzione di Porfirio Diaz.
Sangue a fiumi, violenza, speranze e sogni infranti nel racconto di un Paese pronto a tutto - perfino a sacrificare se stesso - per trovare il proprio spazio, la propria dimensione, la propria indipendenza.
Personaggi memorabili alle prese con la prova più grande che si possa affrontare: quella della vita.


N°6: AMERICAN GODS di NEIL GAIMAN


Il viaggio di Shadow, ex detenuto nonchè antieroe di quelli che piacciono tanto al sottoscritto, attraverso gli Stati Uniti e la loro mitologia fatta di kitsch e leggende moderne pronte a confrontarsi con le antiche divinità del Vecchio Mondo è stata una delle grandi scoperte di quest'anno: lasciato per troppo tempo in attesa sugli scaffali della libreria di casa Ford, questa cavalcata ha raggiunto in brevissimo tempo lo status di cult per il sottoscritto, seppure imperfetta e con un pò troppa carne al fuoco. Un fantasy old school per una nuova era.


N°5: ALTRI LIBERTINI di PIER VITTORIO TONDELLI


Regalo graditissimo - ed azzeccato alla grande - di mio Fratello, Altri libertini, con il suo spirito naif e decisamente sopra le righe e tutto il cuore di una generazione spazzata via troppo presto è entrato sotto la pelle di questo vecchio cowboy come poche altre cose - soprattutto provenienti dalla disastrata Italia - sono riuscite a fare dall'inizio della sua storia di lettore: quel "ho imparato più da un pompino che da anni di studi" è un inno alla gioia di vivere e alla scuola dell'esperienza, quella che da queste parti è sempre accolta a braccia aperte, quando è motivata dalla voglia di succhiare tutto il midollo della vita che il nostro tempo ci concede.


N°4: JACK ALL'INFERNO di JOHN LEAKE


Altro libro, altro regalo. Scovato da Julez, appassionata come il sottoscritto di serial killers ed affini, questo romanzo inchiesta realizzato da uno studioso americano sull'eccentrico Jack Unterweger, scrittore ed autore teatrale di talento che strabiliò e sconvolse l'Austria tra gli anni ottanta e novanta, è un viaggio all'ultimo respiro nel lato oscuro di un assassino talmente dominato dai suoi istinti da non riuscire a fermarsi neppure quando l'evidenza l'avrebbe, di fatto, tradito.
Un personaggio detestabile quanto carismatico, che fu idolo di un'intera elite intellettuale costretta a disconoscerlo dopo aver scoperto la terribile verità dei suoi omicidi: un lupo che riporta alla mente l'immagine di Haarmann, uomo nero che sconvolse la Germania tra le due Guerre Mondiali.


N°3: LA SOTTILE LINEA SCURA di JOE LANSDALE


Frequentatore fisso almeno quanto Nesbo dei piani alti della classifica fordiana dedicata ai libri, il buon vecchio Joe Lansdale è tornato a stupire il sottoscritto con il suo più potente romanzo al di fuori della saga di Hap e Leonard, una meraviglia in pieno stile Stand by me secondo solo all'altrettanto magico In fondo alla palude, iniziato con la calma di un pomeriggio d'estate e finito con le lacrime agli occhi ed il mare in sottofondo.
Un ritratto di famiglia sconvolto dal mistero e dall'amore per il Cinema ed i legami che durano per sempre, nonchè perfetto esempio di quanto cuore l'autore texano metta nelle sue pagine.


N°2: PLAYER ONE di ERNEST CLINE


La cavalcata del giovane Wade alla ricerca dell'Easter Egg che potrebbe cambiargli l'esistenza - e insieme alla sua, quella del mondo - è stata una delle grandi meraviglie letterarie degli ultimi anni di lettura del sottoscritto, un giocattolone meraviglioso e divertentissimo che ha riportato tutto il bello degli anni ottanta e della mia infanzia tra le pagine di un romanzo che è un vero e proprio spettacolo per chi in quel periodo è cresciuto: videogames, giochi di ruolo, Musica, Fumetto, Cinema in un mix che pare uscito dall'incontro de I Goonies, Indiana Jones, Dungeons&Dragons e i robottoni giapponesi. Con una colonna sonora rigorosamente metal. Imperdibile.


N°1: POLIZIA di JO NESBO


Il premio per il miglior romanzo dell'anno potrebbe presto diventare il Nesbo Award, considerato che per la terza volta consecutiva è un libro parte della saga del sempre più leggendario Harry Hole a trovarsi sul gradino più alto del podio: onestamente non pensavo, dopo il glaciale, incredibile Lo spettro, che il diabolico illusionista Jo potesse farcela, e invece eccolo unire la tecnica del suo ultimo lavoro al cuore de Il leopardo e La ragazza senza volto, realizzando quello che, al momento, è il mio preferito tra i titoli dedicati al commissario Hole.
Un libro dolente e drammatico, da cuore in gola e lacrime agli angoli degli occhi, traboccante violenza e vendetta ma anche cuore e speranza. Il libro che racconta la fine, e l'inizio, di Harry Hole.
Da brividi.


I PREMI
Miglior autore: Jo Nesbo
Miglior personaggio: Shadow, American Gods
Miglior antagonista: Valentin Gjelten, Polizia
Scena cult: Wade mette in moto il Leopardon con gli AC/DC in sottofondo, Player One
Premio "brutti, sporchi e cattivi": Truls Bernsten, Polizia e Lester Ballard, Figlio di dio
Premio stile: Jack Unterweger, Jack all'Inferno
Miglior personaggio femminile: Art3mis, Player One e Beate Lonn, Polizia
Miglior non protagonista: Aech, Player One
Momento action: la corsa a perdifiato di Stale Aune, Polizia
Atmosfera magica: la Bologna degli anni della contestazione, Altri libertini

MrFord



venerdì 22 novembre 2013

Player one

Autore: Ernest Cline
Origine: USA
Anno: 2010
Editore: ISBN Edizioni




La trama (con parole mie): Wade Watts è un diciottenne del prossimo futuro, figlio di un mondo decisamente duro e del popolo costretto alla sopravvivenza, che trova la sua realizzazione soltanto nel tempo passato collegato ad OASIS, una simulazione virtuale di vita all'interno della quale, grazie al suo avatar Parzival, può sperare in un futuro migliore. Quando James Halliday, geniale inventore della piattaforma, muore dando il via ad una sorta di caccia al tesoro che prevede per il vincitore il premio di diventare il suo erede - nel controllo di OASIS e finanziariamente -, Wade coltiva il sogno di uscire per sempre dalla povertà e dall'anonimato mettendo a frutto la sua incredibile conoscenza di videogiochi e cultura degli anni ottanta, l'epoca che vide Halliday crescere.
L'avventura che ne deriva sarà la più grande che il giovane abbia mai affrontato, e lo porterà non solo a salvare il suo mondo - almeno quello virtuale - ma anche a scoprire che la realtà nasconde il segreto più prezioso di tutti.




Cominciamo ad essere in pochi, ormai, nell'epoca dell'espansione delle nuove realtà "smart" e delle console di gioco di ultima generazione basate sul gioco online, a ricordare i bei tempi del VIC-20, dell'Atari o del Commodore 64, che precedettero i primi Sega a otto bit: era il pieno dei gloriosi anni ottanta, ero alle elementari e ricordo una notte passata ad attendere che il Commodore di un mio compagno di classe caricasse la cassetta di Ghouls and ghosts, che riuscimmo a sfruttare per un'oretta prima che suo padre si svegliasse e ci rispedisse dritti a letto dopo una sfuriata.
Vennero poi il Master System ed il Mega Drive, che portavano, di fatto, la meraviglia della sala giochi nel salotto di casa, ed interminabili partite a Shinobi, Double dragon, Alex Kidd, Rampage.
Giochi semplici almeno quanto i cartoni animati che giungevano a frotte da Giappone e USA, visti allora come realtà lontane ed esotiche, dai robot giganti ai campi di calcio destinati a non finire mai.
E poi i film dai Goonies a Karate Kid, passando per War games e Ritorno al futuro, senza dimenticare i primi ascolti delle band di parrucconi rock del tempo, dagli Europe a Bon Jovi.
E Dungeons&Dragons.
Ero in terza elementare, quando cominciai a dilettarmici, a casa di un amico con un fratello che era "già alle medie": e tra un Librogame ed un cambio di compagnia, la passione dei giochi di ruolo rimase, accanto a quella per i fumetti.
Ma questo è un post dedicato alla recensione di un romanzo - stupendo, tra le altre cose, forse addirittura il miglior titolo fantasy del nuovo millennio - o un viaggio nell'amarcord del vecchio cowboy?
In realtà entrambe le cose, perchè Player one è un omaggio sentito ed emozionante di un ragazzo cresciuto a quei tempi, Ernest Cline - classe '72, dunque un pò più grandicello del sottoscritto -, collezionista di tutto quello che riporta agli eighties e geek all'ultimo stadio, pronto a raccontare la straordinaria avventura di Wade Watts, diciottenne di un futuro più prossimo che remoto dominato dalla realtà alternativa di OASIS, piattaforma che simula un'esistenza a tutti gli effetti pronta a sostituire una realtà decisamente poco piacevole per i più, e da una gara indetta dal multimilionario James Halliday, inventore della stessa OASIS pronto a lanciare una strepitosa caccia al tesoro affinchè la sua creatura ed il patrimonio accumulato grazie ad essa possano finire nelle mani di un cercatore - ed un giocatore - meritevole ed il più equilibrato possibile.
Ha così inizio una delle avventure più incredibili vissute nel corso della mia esistenza da lettore, un viaggio attraverso scenari ispirati a videogames, serie televisive, fumetti, giochi di ruolo, film e tutto quello che ancora oggi fa sospirare noi "ragazzi degli anni ottanta" per la nostalgia di un periodo unico, magico, sopra le righe quanto mitico praticamente per antonomasia.
La ricerca dei Gunter e la caccia all'Easter Egg di Halliday regala, oltre ad una manciata di personaggi splendidi - Wade, Art3mis, Aech, Shoto e Daito, goonies del virtuale, losers in una realtà che non sa che fare di loro e vincenti assoluti all'interno di OASIS -, ambientazioni dal fantasy al tecnologico estremo, scenari da 1984 ed esaltazione da bambini - nel momento della prima messa in moto del Leopardon con gli AC/DC pompati nell'abitacolo ho avuto un brivido lungo la schiena, neanche fossi salito a bordo di una macchina del tempo, altro che lo spompato Pacific rim! -, senza dimenticare l'importante analisi del rapporto tra la felicità che può dare una simulazione e quella che, pur dopo aver collezionato delusioni e sofferenze, arriva dalla vita vera.
Perchè è questo, il succo di Player one.
Dacci dentro, vivi al massimo i tuoi sogni, ma non dimenticarti che quello che vale sta dall'altra parte dello schermo, e passa attraverso ogni cosa che si possa toccare e della quale fare esperienza sulla pelle, e non solo attraverso la simulazione, e l'immaginazione.
Forse è proprio a questo che ci hanno preparato gli anni ottanta, e forse è proprio questo che omaggia questo libro meraviglioso.
Dunque infilatevi jeans e maglietta, inforcate i Rayban, inserite una cassetta nello stereo della vostra DeLorean, preferibilmente 2112 dei Rush, e volate verso l'orizzonte: l'importante è che sappiate bene dove atterrare una volta svegli.

MrFord

"We've taken care of everything
the words you hear, the songs you sing
the pictures that give pleasure to your eyes.
It's one for all and all for one
we work together, common sons
never need to wonder how or why."
Rush - "The temples of Syrinx" - 



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