venerdì 18 maggio 2018

Southbound - Autostrada per l'Inferno (Roxanne Benjamin/David Bruckner/Patrick Horvath/Radio Silence, USA, 2015, 89')




Per un appassionato di horror come il sottoscritto resistere al richiamo di recensioni favorevoli di altri fan accaniti ed autorevoli come la Bolla è praticamente impossibile: quando, dunque, essendomelo perso ai tempi dell'uscita, ho letto di Southbound, una sorta di film ad episodi raccordati l'uno all'altro, ho subito colto l'occasione per il tipico recupero da serata di decompressione dei Ford una volta messi a letto gli scatenati Fordini.
Nonostante la stanchezza che, nel corso della visione, ha finito per costringere alla lotta contro il sonno prima questo vecchio cowboy e dunque Julez, devo confermare le buone impressioni a proposito di questa pellicola già lette in rete, pur cosciente del fatto che non si tratterà di un film destinato a diventare un cult del genere: fin dal principio, straniante e scombinato, di Radio Silence, si ha l'impressione di essere di fronte ad un esperimento riuscito, che porta lo spettatore - insieme ai protagonisti - a confrontarsi con il rimorso ed il senso di colpa, senza dubbio elementi cardine dell'intera struttura narrativa, accanto ad inserti sovrannaturali davvero interessanti visivamente.
A seguire Siren, incentrato sulle vicende di una band tutta al femminile soccorsa da una coppia apparentemente normale che, nella migliore tradizione del genere, si rivelerà decisamente lontana dall'idea di normalità: un segmento interessante che punta più sull'inquietudine che non sull'impatto "fisico" del resto della pellicola, che non sarà stato il mio preferito ma senza dubbio porta in dote solide basi.
Bellissimo - e mio personale favorito - il terzo "episodio", The accident, splatterissimo, sanguinosissimo, ironico e cattivo, teso dall'inizio alla fine e senza dubbio l'elemento in grado di far compiere il salto all'intera pellicola: probabilmente sarebbe stato impossibile avere una resa dello stesso tipo su un lungometraggio, ma così com'è, funziona davvero alla grande.
Jailbreak, quarto e penultimo passaggio, risulta inquietante abbastanza per dare corpo ad una sorta di "antologia" degna delle sue colleghe di moda nel corso degli anni ottanta, anch'esso teso e di carattere, segno che l'operazione legata agli angoli bui della Natura umana funziona e riesce a descrivere bene la dimensione più efficace dell'horror, quella che trasforma ciò che abbiamo dentro e vediamo ogni giorno in immagini e situazioni che non fanno altro che cambiarne la forma in modo da risultare più evidenti nella loro inquietudine.
La parte conclusiva, che si riallaccia all'incipit e funge da cornice all'intero blocco di episodi, tra home invasion e ribaltamento delle parti, è perfetta nel descrivere le sensazioni che gli autori si prefiggono di trasmettere al pubblico, e a confermare le solide basi di una delle proposte horror più interessanti passate da queste parti negli ultimi mesi, costruita con pochi fondi ma ugualmente efficace e di pancia, carne e sangue come è giusto che questo tipo di titoli siano.
Dunque, se vi trovaste in una di quelle serate in cui i neuroni chiedono tregua ed il desiderio di qualcosa di brutto, sporco e cattivo si fa sentire, e doveste trovarvi sprovvisti della possibilità di sbronzarvi in giro o fare sesso, quest'autostrada e quest'Inferno farebbero decisamente al caso vostro.



MrFord



 

6 commenti:

  1. Un antologico horror mi compra sempre, questo non è niente male, anche se a spiccare poi è solo uno dei segmenti che lo compone, ma in ogni caso va bene così, basta dire che da qui è cicciato fuori David Bruckner, che con il suo “The Ritual” è diventato subito uno da tenere d’occhio. Cheers!

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    1. Niente male davvero, considerata la qualità media delle proposte di questo genere.
      E concordo, Bruckner può far bene!

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  2. Con mio fratello, di domenica, abbiamo sempre avuto una tradizione: concederci un horror in compagnia. Ora che viviamo distanti, la ricorrenza può accadere soltanto d'estate: questo lo abbiamo visto l'anno scorso, sì. E ricordo che ci aveva divertito e schifato il giusto, pur non amando io gli horror antologici (né i romanzi per racconti). :)

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    1. Una bellissima tradizione, continuatela finchè potete!
      Detto questo, questo film fa davvero il suo.

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  3. Da non fan dei film a episodi, tanto meno horror, tanto meno tutto sommato promossi su White Russian, salto tranquillamente, che i miei neuroni (forse) ce la possono fare anche senza. :)

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    1. Questo invece mi pare proprio un tuo commento tipico ad un mio post! Ahahahaha! ;)

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