martedì 21 novembre 2017

Mindhunter - Stagione 1 (Netflix, USA, 2017)




Ho sempre ritenuto affascinanti le figure ora classificate come serial killers: in fondo, uno dei misteri più difficili da portare alla luce è riferito senza dubbio alla complessità ed alla profondità - anche oscura - della Natura umana, ed il fatto che alcuni tra noi, nel corso quantomeno dell'ultimo secolo e mezzo - ma ci sono molte prove che il fenomeno è legato all'Uomo fin dai tempi delle prime grandi civiltà -, abbia manifestato apertamente atteggiamenti predatori neanche fosse il più selvaggio degli animali anche in casi in cui il quoziente intellettivo era molto alto rende l'intera questione decisamente interessante.
Ricordo anche quando passai da letture legate a questo campo da "grande distribuzione" a Mindhunter, autobiografia che l'ex agente speciale della sezione Analisi comportamentale dell'FBI John Douglas realizzò collaborando con lo scrittore Mark Olshaker, ad oggi ancora uno dei miei libri preferiti: per la prima volta, infatti, scoprii come aveva vissuto il faccia a faccia con molti serial killers noti anche grazie a Cinema e televisione qualcuno che era stato un pioniere dello studio dei loro comportamenti, e cercavo di capire come ci si sarebbe sentiti a trovarsi di fronte a Edmund Kemper, Charles Manson, Figlio di Sam e via discorrendo: che effetto può fare, del resto, guardare negli occhi qualcuno che ha tolto deliberatamente la vita ad una "preda", e che lo ha fatto in modi che tu non potresti neppure immaginare?
Al Cinema l'atmosfera incredibile di quel libro era stata tradotta da Michael Mann con Manhunter e Jonathan Demme con Il silenzio degli innocenti - ancor più che da Fincher, coinvolto in questo progetto, con il suo Se7en -, ma sul piccolo schermo, malgrado alcuni ottimi prodotti, non mi era mai capitato di avvertire quella sotterranea tensione, la sensazione che mescola disagio, terrore e curiosità, i brividi che alcuni uomini ed alcune situazioni possono mettere anche a chi è abituato, per mestiere, a conoscere il peggio del nostro mondo, o quantomeno alcuni lati di quello stesso peggio, almeno fino a questo Mindhunter.
Ispirato al già citato testo firmato da John Douglas - anche consulente -, questo silenzioso e sotto le righe crime può tranquillamente essere considerato, da un appassionato di questa materia come il sottoscritto ma anche di Cinema più in generale come una delle chicche più interessanti di un anno che ha presentato senza ombra di dubbio più novità e proposte interessanti sul piccolo schermo che sul grande, segno evidente che i tempi sono cambiati e che la rivoluzione iniziata con Lost poco più di dieci anni fa è una realtà ormai consolidata.
Sfruttando due protagonisti sulla carta agli antipodi - il giovane, ambizioso, intuitivo Ford ed il roccioso, spigoloso e più maturo Tench, che paiono la versione crime di Cannibal e del sottoscritto - spalleggiati dal un personaggio femminile ancora poco definito - ma credo ci sarà tempo di scoprire anche la Dottoressa Carr di Anna Torv - assistiamo ad una vera e propria discesa negli inferi della mente criminale che prende il suo tempo, muove un passo alla volta, fa riflettere - l'episodio dedicato alla situazione del preside della scuola elementare che solletica i piedi ai bambini invece che punirli per i comportamenti non adeguati - e culmina in un season finale che rievoca uno dei passaggi fondamentali del romanzo dal quale quest'opera è stata tratta - il concetto del "ognuno ha il suo sasso" - e chiude con un confronto da tensione alle stelle tra Ford ed Edmund Kemper, che fu uno dei pilastri del progetto di profiling di Douglas - il primo ad ammettere il legame molto forte che si creò con il serial killer delle studentesse californiane, uno degli assassini con il quoziente intellettivo più alto mai registrati, al contrario di altri palesemente quasi disprezzati come i già citati Manson e Figlio di Sam - ed aumenta a dismisura curiosità e hype per la seconda e già annunciata stagione.
Del resto, l'abisso che ci portiamo dentro ha profondità che non abbiamo ancora neppure immaginato.
E se il risultato sono prodotti come questo, sono pronto a continuare l'esplorazione.




MrFord




8 commenti:

  1. Il tema dei serial killer mi interessa sempre (sono strano lo so) e questo approccio alla “Zodiac” mi è piaciuto molto, spero arrivi presto la seconda stagione, perché il finale mi ha lasciato troppo in sospeso. In ogni caso ci voleva una serie così era ora! Cheers

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    1. Concordo in pieno.
      Atmosfera stile Zodiac ed ottimo prodotto.
      Siamo tutti in attesa della season two.

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  2. Da amante del crime, ho trovato tante pecche in questa serie, che parla di situazioni e meccanismi fin troppo conosciute e che non mi ha sorpreso nemmeno nel finale. Di sicuro ci sarò per la prossima stagione, sperando in uno scatto, in un vero colpo di scena.

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    1. Da amante del crime, ti consiglio il romanzo che l'ha ispirata, anche se difficilissimo da trovare.
      Personalmente, l'ho trovata davvero ottima.

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  3. Sei sempre stato affascinato dai serial killers, forse perché sei uno di loro? :D

    In questa serie comunque il più affascinato da loro sembra essere il (relativamente) giovane e cannibale Ford... ok, uno che si chiama Ford non può essere cannibale!

    Considerando che i fan del libro in genere sono molto critici nei confronti degli adattamenti, direi che tu sei stato buono. A me, da semplice spettatore, è sembrata una grande serie, che evita action e sangue, in favore di un approccio più psicologico e sottile al tema.

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    1. Una grande serie ispirata da un grandissimo libro, non c'è che dire. Strano più che altro che metta d'accordo il cannibale Ford ed il fordiano Tench. ;)

      Detto questo, fossi stato un serial killer a quest'ora tu non saresti qui a commentare. Ahahahahahah!

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  4. ahiahiahi forduccio, la rivoluzione per le serie tv moderne non l'ha fatta Lost, ma Twin Peaks, che è chiamata la madre di tutte le serie tv moderne, senza Twin Peaks, non ci sarebbe stato Lost, che ha avuto parecchie ispirazioni dall'opera di Lynch e Frost, certo Lost come serie tv è grandiosa, ma diamo pane al pane e vino al vino

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    1. Twin Peaks è una delle tre serie più importanti di sempre, insieme a Lost e Breaking Bad: quando in questo caso citavo la creatura di J. J., lo facevo perchè dopo Twin Peaks non ci furono oggettivamente altri titoli pronti a rivoluzionare il piccolo schermo, mentre con Lost è nata la contaminazione del Cinema alla tv.

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