lunedì 31 luglio 2017

Civiltà perduta (James Gray, USA, 2016, 141')




Il concetto di confine e di ignoto ha sempre esercitato un fascino quasi ancestrale, su di me.
Fin da piccolo, dai tempi in cui mi appassionai di astronomia, l'idea della grandezza che la Natura aveva concepito per il mondo e l'universo, così come quella di arrivare, per citare Star Trek, "dove nessun uomo era arrivato prima", hanno acceso scintille in ambito culturale, personale, letterario e cinematografico che hanno alimentato l'amore per moltissime opere, da Capolavori come Apocalypse Now o Aguirre furore di dio a cult indimenticabili come Fitzcarraldo, passando attraverso esperimenti come il recente El abrazo de la serpente.
Forse, come si dice in questi casi, in una vita precedente sono stato un esploratore, o il pensiero di essere il primo a provare il brivido di scoprire un territorio inesplorato ha finito per coinvolgermi ancor più del fatto che dietro questo Civiltà perduta - pessimo adattamento italiano dell'originale The lost city of Z - ci fosse James Gray, regista che non ha avuto la fortuna che avrebbe meritato ma che ho sempre amato fin dagli esordi, e che con titoli come I padroni della notte o Two lovers è da anni tra i favoriti del Saloon.
Quello che mi sono trovato di fronte, in barba alle critiche lette in rete nell'ultimo periodo, è stato un grande film decisamente classico - ed in questo caso, non è un'accezione negativa - in grado di trascinare lo spettatore all'interno di un concetto, un'idea, un'illusione che ha portato alla fama eterna o alla morte molti uomini nel corso dei secoli, girato con uno stile pazzesco e che avrei voluto durasse almeno un'oretta in più, considerata la carne al fuoco messa dal regista e sceneggiatore e nonostante i centoquaranta minuti di pellicola: un film in grado di far respirare la stessa magia di piccole perle come Kon Tiki o dei già citati drammi herzoghiani, in bilico tra la ricostruzione storica, la leggenda, il dramma da focolare domestico e la pellicola selvaggiamente - in tutti i sensi - d'avventura.
L'epopea di Percy Fawcett, dei suoi compagni di spedizione prima e di suo figlio poi - ispirata alla vita reale dell'esploratore britannico - avvince ed affascina principalmente per la determinazione del suo protagonista - interpretato direi ottimamente da un Hunnam insolitamente imbruttito ed invecchiato -, senza dubbio conquistato da un continente allora tutto da esplorare ma ugualmente in grado di approcciare la sua ossessione con una razionalità ed una tranquillità invidiabili anche a fronte di situazioni estreme e pericolose.
Poco importa, poi, se nel corso della visione l'impressione che si ha sia quella di un film pesantemente sforbiciato in fase di post produzione, considerato che il risultato finale finisce per essere ugualmente efficace, rimanendo in equilibrio tra vari generi - horror compreso, in alcune parti - e soprattutto cogliendo in pieno lo spirito indomabile del suo main charachter: Civiltà perduta è un inno non solo al grande Cinema di qualche decennio fa, o alla Letteratura da Cuore di tenebra, ma anche e soprattutto allo spirito inquieto dell'Uomo che, nonostante i suoi limiti e le colpe, gli errori e le mancanze, in alcune circostanze finisce per portare a termine l'impresa più difficile tra tutte, ammettendo i propri limiti e ripartendo dagli stessi per superarli, forte dell'idea di affrontare un eventuale fallimento o la propria fine senza pesi sul cuore.
In fondo, guardare l'ignoto in faccia espone a rischi che soltanto chi ha finito per guardarsi dentro ed accettare se stesso può sperare di affrontare.
E forse, ed è questo il bello del confine, neppure lui.
Almeno per ora.



MrFord



 

6 commenti:

  1. sì, piaciuto molto anche a me. Film dal sapore decisamente classico come i film d'avventura ai quali si ispira. Forse avrei voluto un po' più di esplorazione all'indiana jones, ma va bene così. Hunnam bravissimo ;)

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    1. Capisco cosa intendi, anche se a me è piaciuto molto così, un pò alla Herzog.
      Gran film.

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  2. Ho avuto la prevedibile conferma che mi attendevo: si tratta di una classica fordianata rétro, giunta fuori tempo massimo, ma che avrebbe rotto anche fosse uscita qualche decennio fa. :)
    Potrei recuperarlo giusto perché potrebbe giocarsi senza problemi il titolo di film più noioso dell'anno.

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    1. Mi pare già di avere davanti agli occhi la tua prevedibile recensione. ;)

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  3. E' verissimo: nonostante i 140 minuti di durata si ha la sensazione che il film sia troppo corto per tutta la carne che mette al fuoco... la parte dedicata alla vita in patria è perfino sacrificata in nome (ovviamente) dell'esplorazione. Però le parti girate in Amazzonia sono davvero straordinarie, e qui si vede tutta la mano di un regista con le contro-palle come James Gray, che realizza volutamente una pellicola classica e dal respiro antico, epica e con richiami al grande cinema di genere. Gran bel film, ennesimo tassello di una carriera poco prolifica ma di alto livello di questo regista che non delude davvero (quasi) mai.

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    1. Assolutamente d'accordo su tutto quello che scrivi.
      Gran film fin troppo corto - io sarei stato inchiodato almeno un'altra ora, raccontato ed interpretato benissimo, che conferma il talento di Gray.

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