venerdì 30 giugno 2017

Ray Donovan - Stagione 3 (Showtime, USA, 2015)




La Famiglia, si sa, può essere il più grande dei piaceri e la peggiore delle bestie.
Di certo, è una di quelle cose che nella vita non lascia indifferenti.
Personalmente, non ho avuto o vissuto - e sono contento così - traumi particolari, tra le mura domestiche, e anzi, ho sempre avuto rapporti dal civile all'ottimo con tutti i miei parenti, i miei genitori - per quanto diversi dai loro figli - ci hanno sempre sostenuti per quanto hanno potuto e mio fratello - nonostante approcci alcolici e non che partono da differenti filosofie - è una delle persone che sento più vicine.
Eppure, ho sempre avuto un debole, per le famiglie disfunzionali.
Sarà che tirano fuori il pane e salame, o rendono benissimo l'idea di "tenere i cavalli" che è uno dei miei capisaldi, ma da Little Miss Sunshine ai Gallagher, passando per Altman e, per l'appunto, Ray Donovan, adoro i drammi da famiglia instabile.
Curioso, invece, il fatto che la vicenda dello spigoloso problem solver di origine irlandese sia rimasta ai box per così tanto tempo - e si parla di anni - per poi esplodere scatenando curiosità nel sottoscritto, in Julez e nel Fordino, che ormai comincia ad essere più grandicello ed avvezzo a tutti i personaggi che passano sul piccolo schermo del Saloon, a prescindere da quali siano i suoi preferiti - Dr. House e Frank Gallagher, come ormai è noto -.
Con questa terza stagione, forse quella con le evoluzioni e sviluppi più drammatici fino ad ora, Ray Donovan conferma il suo valore e la consistenza di una proposta che affronta temi scomodi e profondi senza dimenticarsi passaggi o momenti grotteschi ed al limite dello spassoso, tematiche vicine a qualsiasi tipo di pubblico - a prescindere dal tipo di famiglia che avete - ed una qualità complessiva decisamente alta a partire dal lavoro attoriale, che vede Liev Schrieber in costante evoluzione e Jon Voight come sempre mattatore di una proposta che non sarà clamorosa per popolarità ma che, senza dubbio, rappresenta una delle certezze assolute quando si parla di risultato complessivo.
Ray Donovan, infatti, ha carattere da vendere, palle d'acciaio, coraggio ed una carica emotiva notevoli, quasi fosse uno specchio del suo solo apparentemente inavvicinabile, infallibile e tutto d'un pezzo protagonista, portato dai suoi autori al punto di rottura nel corso di queste dodici puntate come mai prima era capitato, alimentando la curiosità del sottoscritto e dei Ford tutti per la stagione quattro e confermando tutto il bene che pensavo di volergli fin dai giri di giostra precedenti.
Dalla drammatica lotta con la mafia armena - e qui occorre stare attenti, The Shield è un monito - ai conflitti interni con Bridget, passando per scomuniche, Donovan che partono e Donovan che arriveranno, non si vive un secondo di pausa e si continua a fare il tifo per Ray, Terry, Bunchy e Darryll, e perfino, ma solo a volte, per quel vecchio figlio di puttana di Mickey, l'unico padre a combattere al già citato Frank Gallagher lo scettro di peggior genitore del piccolo schermo e non solo.
Noi, che siamo senza dubbio in parte irlandesi nel cuore, tifiamo per tutti loro.
E non possiamo fare altro.




MrFord




2 commenti:

  1. Da quel che ricordo (non molto), mi era sembrata una stagione in calo rispetto alla seconda.
    Tra l'altro questo post non è più o meno uguale a quello che avevi già scritto per quella stagione? ;)

    Comunque il buon vecchio Ray l'ho abbandonato all'inizio della quarta, alla lunga troppo noioso, ripetitivo e in una parola sola: fordiano.
    E forse questo l'avevo già scritto nel commento al post sulla season 02. XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le tematiche sono simili, ma ho riletto il post per essere sicuro, e direi di no. Anzi, forse questo mio terzo post è in calo rispetto ai precedenti, ma non la stagione. ;)

      Per il resto, sicuramente è roba troppo fordiana per te! :)

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...