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venerdì 3 novembre 2017

Amityville - The Awakening (Franck Khalfoun, USA, 2017, 85')





La settimana di Halloween dedicata agli horror prosegue nel segno dei sequel, prequel e compagnia danzante, seguendo le orme degli ultimi giorni da queste parti, che hanno visto sfilare il nuovo It, Leatherface ed Annabelle: oggi è la volta di Amityville - The Awakening, nuovo capitolo ispirato ai fatti narrati nel film del settantanove legati alle possessioni demoniache ed affini.
Forte di un cast buono per le nuove generazioni e per le vecchie - da Jennifer Jason Leigh a Bella Thorne, vista di recente anche in The Babysitter ed ormai nota per una clamorosa sequenza del lavoro firmato da McG - così come per il grande e piccolo schermo - molti dei protagonisti provengono dall'ormai interessantissimo e vasto bacino delle serie televisive, come Jennifer Morrison e Cameron Monaghan -, il lavoro di Franck Khalfoun, affrontato senza alcuna aspettativa, per quanto certo non rivoluzionario si è rivelato decisamente migliore dei già citati Leatherface e Annabelle - Creation, se non altro mostrando la volontà di inserire in un contesto piuttosto prevedibile e a conti fatti poco spaventoso - nonchè, come spesso purtroppo accade con gli horror, lacunoso in quanto a logica di narrazione - idee decisamente interessanti come quelle del rapporto tra la madre ed il figlio costretto da due anni in uno stato vegetativo e sui motivi che hanno portato la stessa genitrice a scelte estreme - come l'acquisto della casa in cui sono avvenuti i fatti raccontati nella pellicola originale - e l'applicazione, in una certa misura, del concetto di eutanasia all'interno di una pellicola horror legata alle possessioni che con questo tipo di cose, almeno sulla carta, c'entra più o meno come il Diavolo e l'acqua santa - per l'appunto -.
Non parliamo ovviamente di una pellicola destinata ad entrare nel cuore degli appassionati - tutto è abbastanza scolastico, ed in tutta onestà, mi hanno fatto più paura film peggiori per la qualità, che non questo per l'atmosfera e la tensione che vorrebbe trasmettere -, ma nell'ambito dei titoli buoni per una serata horror con gli amici o la propria dolce metà senza pensieri fa il suo dovere, intrattenendo senza pretendere di assurgere allo status di cult, lasciando che i minuti scorrano senza appesantire la visione, citando metacinematograficamente tutti i capitoli della saga legata alla villa di Long Island e regalando anche un paio di intuizioni niente male - il cerchio a protezione della casa, l'incisione in stile Metallica, la scoperta della stanza segreta -: decisamente più di quanto mi aspettassi prima della visione da Khalfoun, non certo un fenomeno della macchina da presa.
Certo, occorre ammettere che a poche ore dal passaggio sugli schermi del Saloon poco resta se non una sorta di ricordo di aver incrociato il cammino di una versione scialba del filone inaugurato da L'esorcista, ma considerato il volume di merda che purtroppo viene distribuito quando si tratta di film di paura, direi che questo risveglio di Amityville non è il peggio che ci si possa augurare.
Anzi, se mi fanno un prezzo di favore, la casa di tre piani a Long Island me la compro volentieri io.
Tanto, una volta arrivati i Ford, prevedo una fuga dell'entità maligna in meno di mezza giornata.




MrFord




martedì 8 dicembre 2015

Quel fantastico peggior anno della mia vita

Regia: Alfonso Gomez-Rejon
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 105'






La trama (con parole mie): Greg, liceale all'ultimo anno appassionato di Cinema deciso a mantenersi a distanza da qualsiasi gruppo inserito all'interno della complessa geografia scolastica, è fin dall'infanzia amico di Earl, suo coetaneo e quasi vicino, sempre pronto ad imbarcarsi con quest'ultimo nella realizzazione di film parodia dei grandi cult della settima arte.
Quando, spinto dalla madre, è costretto a rapportarsi con la compagna di scuola Rachel, alla quale è stata diagnosticata una forma di leucemia, l'esistenza semisolitaria di Greg cambia: il legame con la ragazza, infatti, scuote il mondo interiore dell'aspirante regista, modificandone aspettative ed atteggiamenti, inducendolo perfino ad entrare a far parte del grande mondo dei tavoli della mensa, ambiente da sempre evitato come la peste.
Quando il peggioramento del suo rendimento comincia a correre di pari passo con quello delle condizioni di salute di Rachel, Greg entra in crisi: come affrontare un dramma sentimentale che non avrebbe mai pensato di poter vivere sulla pelle?










Ho sempre avuto un debole, per il Sundance.
Per quanto, di fatto, si tratti del Festival più hipster del mondo del Cinema, ho sempre voluto bene alla maggior parte dei prodotti promossi dalla rassegna patrocinata da Robert Redford, che nel corso degli anni è riuscita a regalare al Saloon alcune delle sue più grandi soddisfazioni per quanto riguarda la settima arte alternativa statunitense: Quel fantastico peggior anno della mia vita - terribile adattamento dell'originale Me and Earl and the dying girl - appartiene a tutti gli effetti alla categoria, pur non raggiungendo i livelli di alcune ottime proposte di matrice teen passate su questi schermi di recente come The final girls o Dope - che presto farà capolino al Saloon -, e pare unire il gusto estetico da outsider chic di Wes Anderson alla passione che solo la voglia di riscatto di un'età tra le più complesse della vita può stimolare.
La storia di Greg, Earl e Rachel, sentita al punto giusto per quanto raccontata con il piglio supponente tipico dei teenagers mossi da aspirazioni e passioni vissute con tutto il trasporto possibile, è un ottimo esempio di film di formazione - soprattutto sentimentale - legato da un lato ai temi universali di amore ed amicizia e dall'altro alla sfida rappresentata dal confronto con la propria vulnerabilità ed il dolore, proprio e di chi ci sta accanto ed impariamo ad amare.
E se l'efficace rappresentazione di Greg ed Earl di alcuni tra i cult assoluti della Storia della settima arte - influenzata senza dubbio dal lavoro di Gondry Be kind rewind, superato anche agilmente da Alfonso Gomez Rejon - soddisferà i più accaniti tra i radical, pronti ad applaudire ad uno dei tentativi più riusciti legati all'evoluzione sentimentale dai tempi di Moonrise Kingdom, il percorso emotivo della seconda metà della pellicola ed il "twist" finale legato al destino di Rachel riuscirà a toccare anche il cuore del pubblico più abituato alle grandi storie d'amore ad ampio respiro.
Immagino, comunque, che presunti paladini del Cinema di nicchia come il mio rivale Cannibal Kid finiranno per essere stupiti della promozione - pur se non a pieni voti - guadagnata qui al Saloon da questo titolo, eppure credo che si tratti, a conti fatti, di un prodotto decisamente più pane e salame di quanto non si possa pensare, pronto a mostrare la complessa e selvaggia giungla che è il mondo del liceo e tutte le difficoltà che i ragazzini non propriamente convenzionali come Greg ed Earl sono costretti a qualsiasi latitudine ad affrontare per potersi fare le ossa ed affrontare il futuro: essendo sopravvissuto ad un percorso simile, arrivando ad essere un tipaccio come il loro insegnante tatuato dedito all'uso di droghe, ho sentito molto vicino il viaggio di maturazione soprattutto del protagonista, pronto a combattere fino a stare male il fiume in piena di sentimenti e sensazioni che, in determinate condizioni ed in un preciso momento delle nostre vite, neghiamo di sentire ribollire all'interno, ma che prima o poi, spesso per merito di una ragazza pronta a farci perdere la testa e spezzarci il cuore, romperanno gli argini permettendoci di crescere.





MrFord





"Trouble
oh trouble can't you see
you're eating my heart away
and there's nothing much left of me."
Cat Stevens - "Trouble" - 






giovedì 21 giugno 2012

Project X - Una festa che spacca

Regia: Nima Nourizadeh
Origine: Usa
Anno: 2012
Durata: 88'




La trama (con parole mie): Thomas, Costa e J.B. sono tre amici non particolarmente famosi all'interno del loro liceo. Anzi, diciamo che tendenzialmente nessuno se li caga.
L'occasione del riscatto, per il gruppo, giunge con il diciassettesimo compleanno di Thomas: i genitori di quest'ultimo, infatti, hanno programmato una partenza per festeggiare il loro anniversario nel corso del weekend, lasciando la casa libera e parecchie regole da rispettare.
Costa, sfruttando la sua faccia tosta, da inizio ad un passaparola su una festa epica che si terrà dall'amico, finendo per scatenare un ritrovo di proporzioni bibliche dove alcool, droga, musica e follia domineranno la scena, ovviamente conditi dal desiderio di sesso facile che pervade queste occasioni.
Ora dopo ora, l'evento assumerà le sembianze di una sorta di ribellione al sistema dei giovani partecipanti, e diverrà, che i protagonisti vogliano o no, un punto di partenza per il resto delle loro vite.




Con l'estate ormai più che alle porte, pareva quasi d'obbligo un film che rinverdisse i fasti di Una notte da leoni, da qualche anno capostipite assoluto del genere hangover scanzonato e fracassone come stagione impone: la produzione, anche in questo caso, è legata allo stesso Todd Phillips creatore della fortunatissima saga degli addii al celibato più clamorosi della Storia insieme a quello del sottoscritto - prima o poi avrò modo di raccontarne -, e l'approccio del mockumentary - o presunto tale - è sfruttato in modo da accorciare il più possibile le distanze tra il pubblico ed i protagonisti.
La visione della pellicola di Nourizadeh mi aveva indirizzato verso un altro voto ed un altro tipo di post, ma l'interessante punto di vista di Rumple ha cambiato anche le mie carte in tavola in proposito, così, anche rispetto ad uno dei film più a neuroni zero dell'ultimo periodo, mi sono ritrovato perfino a riflettere: volontariamente oppure no, secondo il già citato omonimo del buon Tremotino, lo script e le vicende di Project X divengono, di fatto, una sorta di terrificante ritratto della gioventù attuale, disposta a sacrificare tutto quello che si ritrova ad avere - casa, amicizie, amori, macchine e chi più ne ha più ne metta - in nome di una ribellione che ribellione non è, perchè mossa principalmente dal più basso degli istinti di sopravvivenza negli anni delle scuole superiori - ovvero non essere considerati degli sfigati - e dal più basso degli istinti di sopravvivenza del resto della vita - ovvero il sesso -.
Per quanto, però, l'ipotesi risulti assolutamente valida ed affascinante, non sono riuscito davvero a sentirmi particolarmente turbato dai risvolti "sociali" di questo film: ogni generazione, probabilmente dall'alba dei tempi, ha sempre visto la successiva come una sorta di ammasso di disperati votati al nulla e senza alcuna vera prospettiva o valore - positivo o negativo che fosse -, e probabilmente la nostra non sarà da meno, così come quella dei Thomas e dei Costa.
Il "grido" dei giovani protagonisti è più, a mio avviso, una sorta di affermazione di se stessi esasperata, ovviamente, dal consolidato format hangover-style inaugurato dal già citato Una notte da leoni: pur sforzandomi, non sono riuscito a rimanere sconvolto per la presunta mancanza di profondità dei "ragazzacci" - in realtà molto figli di papà - creatori di questa festa del secolo, che in nome del party selvaggio e della notorietà derivatane paiono disposti a passare sopra a tutto il resto, fedine penali e stabilità economica comprese.
Al contrario, ho avuto la sensazione di aver assistito ad un tentativo di cavalcare l'onda del successo di un certo stile di Cinema cazzaro e sguaiato senza raggiungere neppure livelli altissimi - ma neppure medi, a ben guardare - di tecnica e divertimento: in questo senso il modello di precedenti come SuXbad rimane assolutamente ad un altro livello rispetto allo stile videoclipparo e rumoroso di Nima Nourizadeh, che se si fosse trovato costretto in fase di post produzione a tagliare tutte le sequenze regolate da un montaggio frenetico con la musica pompata al massimo ed il bombardamento di immagini della festa avrebbe visto il suo film ridursi praticamente ad un cortometraggio.
Anche sul fronte risate, nonostante gli sforzi fatti per costruire il personaggio di Costa come una sorta di novello Bluto, i momenti davvero esilaranti scarseggiano, e anche le trovate migliori hanno il sapore del già visto, specie considerate le (dis)avventure cui ci hanno abituato Phillips ed Apatow con i loro seguaci negli ultimi anni: perfino cose decisamente più soft - almeno sulla carta - come Le amiche della sposa sono riuscite a divertirmi in misura maggiore di questo tentativo teen di imitare un genere che, a quanto pare, rende molto meglio quando è legato ad un "lasciarsi andare" del mondo adulto.
O forse, chissà, sto anche io facendo un discorso generazionale simile a quello di cui scrivevo poco sopra.
Certamente una lettura di questo tipo pare strana ed indubbiamente "alta" per quello che è, di fatto, un inno alla devastazione selvaggia da festa ancora più selvaggia, ma non pensate di avere a che fare con una sorta di film miracolato: Project X è davvero molto, molto meno di quello che è davvero.
Perchè si atteggia a nuovo punto di riferimento senza sapere di essere una piccola, piccola parte di qualcosa di infinitamente più grande normalmente noto come Cinema.
Più o meno quello che succede a tutti noi da adolescenti, quando in lotta con il mondo non vorremmo fare altro che radere al suolo ogni cosa e farci notare, anche quando giuriamo di no.
Più o meno quello che succede quando, una volta cresciuti, guardiamo gli adolescenti ridendo del loro dibattersi e liquidandolo con un buffetto sulla spalla ed un atteggiamento da persone vissute.
Generazioni, appunto.
Di Project X ce ne saranno altri.
E non occorrerà rimanere turbati dal fatto che ci sarà qualcuno - chissà, forse uno dei tanti Thomas, o Costa, o J.B. - che potrà considerarlo come l'agghiacciante ritratto di una generazione senza valori.
 Saranno solo invecchiati, e non vedranno più la lotta allo stesso modo.


MrFord


"So let's get a party going (let's get a party going)
now it's time to party and we'll party hard (party hard)
let's get a party going (let's get a party going)
when it's time to party we will always party hard
party hard (party hard, party hard, party hard party hard, party hard, party hard party hard, party hard, party hard...)"
Andrew W. K. - "Party hard" -


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