Visualizzazione post con etichetta Seattle. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Seattle. Mostra tutti i post

sabato 21 febbraio 2015

The killing - Stagione 2

Produzione: AMC
Origine: USA/Canada
Anno: 2012
Episodi: 13





La trama (con parole mie): scoperto l'inganno a proposito della foto che poteva essere decisiva rispetto al caso dell'omicidio di Rosie Larsen, la detective Sarah Linden decide di annullare il suo trasferimento in California - e conseguente matrimonio - per concentrarsi sulla verità di un caso che pare coinvolgere le più alte personalità politiche di Seattle.
Ricostruito non senza fatica il legame con il collega Holder, i due, divenuti dei reietti agli occhi del loro dipartimento, si troveranno a lottare su più fronti alla ricerca del colpevole di un omicidio che gli organi di governo, quelli di polizia e non solo paiono voler archiviare il più in fretta possibile, e senza che sia punito chi ne è davvero responsabile.
Riusciranno, dunque, i due detectives a fare fronte alle difficoltà interiori ed esteriori e rivelare cosa è davvero accaduto alla giovanissima Rosie, uccisa nel giorno in cui sperava di cambiare vita?







Esistono serie pronte ad esplodere diventando fin dai loro primi episodi cult di massa, prodotti destinati a sconvolgere il panorama del piccolo schermo come tsunami - Lost, Twin Peaks -, altre destinate a conquistare un episodio dopo l'altro in un'escalation a volte irresistibile - Breaking bad, Spartacus -, ed altre ancora che, per colpa o per destino, finiscono per passare quasi sotto silenzio.
Nonostante la passione degli occupanti di casa Ford per il genere "morti ammazzati", The killing era fuggita ai nostri radar fin dai tempi della sua prima stagione, ed il suo recupero è stato più il frutto della ricerca di qualcosa di nuovo di Julez che non di fortemente voluto: eppure, giunti al termine della seconda stagione, possiamo considerare la creatura di Veena Sud una delle realtà più interessanti che il piccolo schermo possa regalare non soltanto all'interno del genere.
La ricerca della non proprio convenzionale coppia di detectives Linden e Holder - ribattezzato in casa Ford Zio Dario, data la somiglianza con mio fratello - del responsabile della terribile morte della giovanissima Rosie Larsen, che pare correre di pari passo alle elezioni per il sindaco di Seattle - ed essere inquietantemente legato alla stessa -, è un viaggio negli abissi dell'oscurità insita nell'animo umano, un'analisi profonda ed intensa dei rapporti tra genitori e figli ed una più spietata del rapporto tra lupi ed agnelli in pieno stile Il silenzio degli innocenti.
L'escalation dei tredici, tesissimi episodi di questo secondo giro di giostra è da cardiopalma, dall'evoluzione del rapporto tra i due main charachters alle continue rivelazioni e cambi di fronte, e porta l'audience ad una risoluzione del caso che è quanto di più agghiacciante ed amaro si possa immaginare, dal macroscopico delle implicazioni politiche al microscopico di quelle consumate in seno al focolare domestico: ed osservare faccia a faccia come quello della sconvolgente rivelazione dell'ultimo episodio lascia il segno, così come il video che Rosie, ancora ignara del suo destino, gira come saluto alla sua famiglia per un passaggio da brividi in grado di commuovere nel profondo chiunque conosca e provi ogni giorno l'amore che un genitore sente per chi ha messo al mondo.
Passaggi, inoltre, come quello del ricovero forzato di Linden o della cronaca dell'ultima notte di Rosie sono degni dei migliori thriller da grande schermo, ed un ottimo viatico per quelle che saranno le successive due ormai attesissime qui al Saloon stagioni: resta da scoprire cosa attende la stessa Linden e Holder - due personaggi sfaccettati e molto complessi ed umani - così come il neoeletto sindaco Richmond, che alle spalle l'accusa rivelatasi infondata che chiuse la season one ed il dramma di questa two dovrà, di fatto, caricarsi il peso di una città e tutti i segreti di alcuni dei suoi esponenti di maggior spicco per poter andare avanti.
Quello che resta, per ora, è una sorta di senso d'impotenza di fronte alle oscure sfaccettature dell'Uomo, e la consapevolezza che, quando tragedie profonde come quella dei Larsen colpiscono, l'unica soluzione sia quella di stringersi gli uni agli altri ed allargare le spalle.
In fondo, nessuno può essere davvero preparato ad affrontare il Male, neanche i più spietati degli uomini - e donne -: ma avere qualcuno accanto può rivelarsi l'ancora di salvezza che separa una parte e l'altra della barricata.




MrFord




"I need an easy friend
I do with an ear to lend
I do think you fit this shoe
I do, won't you have a clue?"
Nirvana - "About a girl" - 







sabato 3 gennaio 2015

The killing - Stagione 1

Produzione: AMC
Origine: USA
Anno: 2011
Episodi: 13



La trama (con parole mie): a Seattle la detective Linden, una brutta separazione alle spalle ed un matrimonio che l'attende in California, è all'ultimo giorno di servizio, affiancata dal giovane ed instabile suo sostituto nell'incarico Holder, quando viene chiamata sulla scena di un crimine particolarmente efferato. Il corpo della liceale Rosie Larsen, infatti, è stato ritrovato nel bagagliaio di una macchina sprofondata nel cuore di Echo Park, uno dei rifugi per disperati della città. Al dramma dei genitori e all'inquietudine e agli sconvolgimenti che l'omicidio mette in moto, si aggiunge il desiderio di Linden di non partire senza aver prima risolto il caso: ma quello che poteva apparire come un gioco tra adolescenti finito nel peggiore dei modi rivelerà sfumature sempre più inquietanti, arrivando a coinvolgere perfino uno dei politici più in vista della città, nonchè principale avversario nella corsa per il municipio del sindaco giunto al termine del suo mandato.








Una delle passioni che, nonostante le diversità cinematografiche, ha unito me e Julez fin dai primi tempi della nostra convivenza è stata quella legata al filone "morti ammazzati", che dalle serie tv alla Letteratura, passando per la settima arte, è riuscito quasi sempre a metterci d'accordo: non troppo tempo fa, orfani della consueta visione annuale di Criminal Minds, la signora Ford ha finito per suggerire il recupero di alcuni titoli legati al genere che ci eravamo persi negli ultimi anni.
Se, però, esperimenti come quello di The Forgotten non si sono rivelati particolarmente azzeccati, con il soprendente The Killing - tratto da una serie danese ed adattato, tra gli altri, dal Nic Pizzolato di True Detective - non abbiamo avuto alcun dubbio, giungendo alla fine di questa più che ottima season d'esordio con l'acqua alla gola e l'hype già alle stelle per la seconda.
Con le dovute proporzioni, seguire le indagini dell'interessantissimo duo di detectives protagonisti formato da Linden e Holder - caratterizzati e scritti davvero alla grande - ed osservare le conseguenze devastanti che la morte della giovane Rosie Larsen finisce per esercitare a più livelli dalla sua famiglia ai suoi compagni di scuola, dal suo professore fino alle più alte cariche della politica cittadina costringendo tutte le persone coinvolte a confrontarsi con i propri scheletri nell'armadio ha finito per ricordarmi l'estate del duemiladieci, quando in Croazia accompagnai Julez nel corso della sua prima visione integrale di Twin Peaks: anche in quel caso il brutale omicidio di una ragazza considerata da tutti simbolo di bellezza ed innocenza e di fatto conosciuta davvero da nessuno divenne la scintilla in grado di scatenare un incendio pronto a segnare l'anima della città, senza risparmiare neppure l'agente incaricato di risolvere il mistero.
Linden e Holder, in questo senso, diventano interpreti di una caccia all'uomo pronta a cambiare più volte prospettiva nel corso dei tredici serratissimi episodi di questa prima stagione, finendo per essere tratti in inganno o ispirati nel percorrere la strada verso la soluzione - ? - del caso al pari dello spettatore, conducendolo per mano ad un finale da cardiopalma che lascia per la seconda stagione interrogativi ancora più grandi, di fatto prendendo una via che pare discostarsi, almeno per il momento, dal dolore che ha dilaniato la famiglia Larsen - terribile il confronto tra il padre di Rosie ed il professore sospettato, ed ancor di più l'escalation del rapporto tra i coniugi, separati di fatto dal momento della perdita della figlia -.
Senza dubbio, e considerata l'evoluzione e le energie impiegate dagli investigatori nel corso delle indagini una scelta come quella che chiude l'ultimo episodio potrebbe rivelarsi potenzialmente rischiosa in ottica futura e rispetto allo svolgimento della trama, eppure il prodotto finito funziona alla grande, e la speranza è che possa evolvere nel più convincente dei modi, continuando ad esplorare i dubbi, le luci e le ombre - soprattutto queste ultime - del selvaggio mondo in cui viviamo, e dal quale non potremo mai davvero e fino in fondo proteggere i nostri figli, per quanto ogni giorno ci si sforzi e si speri per il meglio.
E a volte, quando il vaso di Pandora umano viene scoperchiato, non resta che allargare le spalle e cercare di lottare quantomeno per limitare i danni, e non giungere alla fine del giorno quasi soffocati dalla sensazione non tanto di non avercela fatta, quanto di aver in qualche modo contribuito al disastro.
Come la disgraziata combinazione di scelte e coincidenze che hanno portato Rosie in quel bagagliaio, costretta ad una soffocante e lenta agonia.




MrFord




"Baby, I am a survivor
baby, I'm on fire
baby, I'm bout to creep up inside ya
getting high all day, drinking whiskey all night
flipping of the police when them tricks pass by
I'm that fool next door, always late with his rent
I'm that loser on the couch, watching Springer and getting head
dreaming about a better time, better place, better life
looking for that quick fix, and tweeking all night."
(HED) P. E. - "Killing time" -



domenica 17 giugno 2012

88 minuti

Regia: Jon Avnet
Origine: Usa
Anno: 2007
Durata: 108'



La trama (con parole mie): Jack Gramm, psicologo noto in tutti gli States per i suoi studi sui serial killer, è stato con la sua testimonianza determinante per l'incriminazione di Jon Forster, pazzo maniaco omicida condannato a morte.
A dieci anni di distanza, proprio negli ultimi giorni di vita del criminale, Gramm viene minacciato telefonicamente da un individuo misterioso che dichiara di lasciare allo studioso ottantotto minuti di vita, gli stessi che uno squilibrato aveva impiegato per uccidere la sorellina del protagonista decenni prima.
Senza sapere da che parte girarsi e con vittime che cadono per mano di un killer che pare avere lo stesso modus operandi di Forster, di fatto fornendo allo stesso un appiglio per un ricorso alla sentenza, l'uomo dovrà cercare di portare a casa la pelle e, nel frattempo, risolvere il caso.
Peccato che, invece di un serratissimo thriller d'autore, ci si trovi nel pieno di un film da sabato sera su Italia Uno.




A volte è proprio strano come un film riesca ad entrare nella nostra vita di spettatori.
Con tutt'altro programma in mente, in casa Ford ci si accingeva a dare inizio alla consueta visione da divano e relax serale quando un canale televisivo - e non accadeva dai tempi di 2012, sul finire dello scorso anno - è riuscito nell'impresa di rapire Julez approfittando di una distrazione del sottoscritto propinandole una consistente dose - ovviamente per lei irresistibile - di morti ammazzati, portando così ad un cambio repentino del programma e alla visione di un film che, tutto sommato, io stesso ho pensato non potesse essere così agghiacciante, considerata la presenza di un mostro sacro come Al Pacino.
Peccato che, per non essere da meno rispetto al suo vecchio rivale Robert De Niro, anche il nostro indomabile ex avvocato del Diavolo abbia deciso di buttarsi nel trash - ricordiamo la sua vittoria agli ultimi Razzie Awards - dando importanza, probabilmente, solo al cachet preoccupandosi poco o nulla della credibilità persa rispetto ai fan della prima - e non solo - ora.
Senza contare il colpevole individuato come se nulla fosse alla prima scena, con la frutta e la torta al cioccolato ancora da mettere sotto i denti ed il whisky e coca ad aspettarmi, sequenza dopo sequenza nella mia mente si è fatta strada l'impressione che l'impianto narrativo - decisamente scarso -, la presenza di Pacino e l'incedere che avrebbe voluto essere tesissimo ed invece pareva quantomeno inverosimile - per usare parole misurate e gentili - ricordassero un'altra ciofeca dura e pura che ebbi la sfortuna di sorbirmi a causa di una recensione qualche anno fa, Sfida senza regole, occasione per la quale i due rivali per eccellenza nonchè simboli della figura dell'attore americano sarebbero tornati a recitare fianco a fianco dopo le esperienze de Il padrino - Parte II e Heat - La sfida.
Inutile dire che, in quell'occasione, la mia reazione fu piuttosto scomposta, e le bottigliate mulinarono a destra e a manca.
Inutile dire che non sono rimasto affatto stupito, date le suddette impressioni, di scoprire che a dirigere 88 minuti era lo stesso Jon Avnet del poco sopra menzionato Sfida senza regole.
Questo perchè entrambe le pellicole riescono nell'intento di svilire il loro genere con una facilità quasi irrisoria, grazie ad uno script al limite del ridicolo e ad un'atmosfera che ricorda le migliori - e non in senso positivo - serate "ad alta tensione" che Mediaset propinava qualche anno fa nel weekend, ben conscia degli ascolti più bassi nelle serate più movimentate per il pubblico.
Devo comunque riconoscere un paio di pregi, a questa discutibile e dimenticabile pellicola: per prima cosa - grazie ai morti ammazzati e all'intrigo da crime story - è riuscita a tenere Julez sveglia con un'efficacia decisamente maggiore della media dei film d'autore che cerco di propinarle, inoltre occorre ammettere che lavori come questi, probabilmente commissionati a mestieranti di poco conto come Avnet, risultano talmente "leggeri" nell'impegno richiesto da non mettere alla prova praticamente alcun genere di spettatore, garantendo di fatto il raggiungimento della fine del film senza colpo ferire, colpi di sonno o colpi scagliati contro il televisore in preda alla rabbia.
Una toccata e fuga che non influisce dunque più di tanto sugli equilibri di uno cinefilo esigente - che la vedrà come una scialba evasione dei neuroni - così come sull'immaginario del pubblico capitato per caso davanti allo schermo - che non avrà mai e poi mai il coraggio di affermare di aver visto un gran bel film, ma che, comunque, risulterà soddisfatto -, e di fatto, oltre a mettere a nudo i limiti di script e regia, non fornisce nient'altro che quello che tanti action movies regalano spesso e volentieri senza porsi alcun limite di decenza.
Certo, una piccola dose di ironia in più non avrebbe guastato, ma è sempre difficile pensare di riuscire ad inserirla all'interno di un contesto "oscuro" come quello della materia sollevata da omicidi e serial killer, specialmente se dietro la macchina da scrivere e da presa non ci sono elementi particolarmente dotati: peccato per Pacino, che inanella il secondo passo falso con lo stesso regista neanche dovesse ad Avnet dei soldi, o l'amicizia con il suddetto inibisse al protagonista di pietre miliari come Carlito's way o Scarface la capacità di distinguere una marchetta in formato televisivo da un potenziale cult.


MrFord


"Per vederci un po' più meglio in fondo al fosso, in fondo al fosso.
Ci saranno camomilla e rosmarino in fondo al fosso.
E cicuta e biancospino ed un fringuello e un pettirosso.
A guardare il mio destino malandrino in fondo al fosso.
Sette denti d'assassino e qualche osso,
da lasciare dove stanno,
stanno bene in fondo al fosso."
Francesco De Gregori - "Fine di un killer" -


 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...