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lunedì 18 maggio 2020

White Russian's Bulletin



Prosegue il percorso che, un passo dopo l'altro, dovrebbe portarci oltre questi mesi così "cinematografici" data la loro peculiarità, e con esso appuntamenti con grande e piccolo schermo, recuperi e titoli proposti dai network dello streaming, così come le ormai mitiche Serate Cinema con i Fordini, che a questo giro non vedranno i due titoli passati questa settimana nel Bulletin - Indiana Jones e il mistero del teschio di cristallo e Piccoli brividi - semplicemente perchè entrambi già recensiti da queste parti.
Nel frattempo ci prepariamo ad un progressivo ritorno - si spera - alla normalità, con tutti i cambiamenti che questa prima metà del VentiVenti avrà portato.


MrFord



AFTERMATH - LA VENDETTA (Elliot Lester, UK/USA, 2017, 94')

Aftermath - La vendetta Poster


Pensare a Schwarzy come figura centrale di un film drammatico, per chi, come me, è cresciuto negli anni ottanta, è quasi fantascienza: l'ex Conan e Terminator, nel ruolo del nonno distrutto dal dolore, risulta effettivamente strana anche oggi, nonostante l'Arnold di noi tutti abbia superato bellamente la settantina. Eppure, qualche anno fa, aveva già dato buona prova di essere in grado di reggere il ruolo in Contagious, e si conferma, nonostante i suoi oggettivi limiti, ancora una volta in parte.
Peccato che, per il resto, Aftermath manchi di carattere, e che un progetto di questo genere non sia finito tra le mani di Clint, che considerata la materia avrebbe probabilmente sfornato l'ennesimo filmone: senso di colpa, vendetta, tragedia, il pane quotidiano per l'ex Dirty Harry.
Dietro la macchina da presa, però, troviamo Elliot Lester, e non me ne voglia, la differenza si vede tutta: gli spunti ci sono, ma lo spessore è davvero di un'altra categoria.




WACO (USA, Paramount, 2018)

Waco Poster

A volte, non si sa bene perchè, titoli interessanti e potenzialmente nelle corde di chi li "mette in lista", finiscono nel dimenticatoio senza essere recuperati nei tempi che meriterebbero: Waco è, senza ombra di dubbio, uno di essi, quantomeno per me ed il Saloon.
Uscita negli States quasi due anni fa, ispirato ad una controversa storia vera che ricordavo vagamente, con un ottimo cast - bravissimi sia Michael Shannon che Taylor Kitsch - e figlia di un genere da sempre tra i miei favoriti, Waco è rimasta nel cassetto per oltre un anno prima di essere rispolverata in questa parte iniziale di Fase 2: e per fortuna, direi.
Ricordavo John Erick e Drew Dowdle per alcuni prodotti non perfetti ma con spunti interessanti usciti nel corso degli ultimi anni - No escape, The poughkeepsie tapes -, e devo ammettere che i due sono riusciti a confezionare un prodotto teso, pungente rispetto alla gestione di situazioni critiche da parte delle forze dell'ordine - alcuni passaggi di Waco mi hanno riportato alla mente la scellerata gestione di Genova nel duemilauno - e molto toccante: sapete bene quanto lontano dalla religione sia, eppure nel corso delle sei puntate della miniserie ho provato empatia e comprensione per i Davidiani, criticabili concettualmente per un sacco di cose ma oggettivamente colpevoli, in quella situazione, di aver esercitato i loro diritti ed aver reagito ad un vero e proprio attacco motivato soltanto da decisioni politiche. 
Restano negli occhi, senza alcun dubbio, la chiusura dell'episodio quattro con Koresh/Kitsch che suona la chitarra alla finestra per rispondere alle torture psicologiche dell'FBI e l'ultimo, drammatico episodio che, purtroppo, segna una delle pagine più tristi della storia recente degli States. Notevole.


domenica 17 gennaio 2016

No escape - Colpo di stato

Regia: John Eric Dowdle
Origine: USA
Anno:
2015
Durata:
103'






La trama (con parole mie): Jack Dwyer, esperto di sistemi di lavorazione ed estrazione dell'acqua, vola con moglie e due figlie in un paese del Sud Est asiatico a seguito del suo ingaggio presso una compagnia statunitense che da poco ha assunto il controllo delle risorse locali. 
Nell'albergo che li vede ospiti per la loro iniziale permanenza conoscono il misterioso e guascone Hammond, che pare essere un esperto delle tradizioni locali, ed un uomo con una vita avventurosa alle spalle: tutto pare tranquillo e destinato a veicolare il pur lento ambientamento della famiglia nella nuova realtà, quando ribelli pronti a riprendersi non solo il loro Paese, ma anche le sue risorse, insorgono uccidendo il Capo di stato ed assaltando la città ed in particolare l'hotel dove sanno alloggiano i nuovi dirigenti e responsabili della società che ha assunto Jack.
L'uomo e la sua famiglia, ritrovatisi al centro di un vero e proprio colpo di stato, dovranno dare fondo a tutte le loro energie e superare diversi limiti per poter tentare la fuga oltre il vicino confine vietnamita, contando solo sulle proprie forze ed all'insperato aiuto proprio di Hammond.











Ancora una volta in questo giorno speciale, dedico il post a mio figlio, Alessandro Leone, che oggi diventa un piccolo uomo di tre anni.
Sei la cosa più importante della mia vita, e come accade in questo film, non c'è nulla che non farei per proteggerti.


Il buon John Erick Dowdle dev'essere un tipo strano: nel corso della sua carriera ha spaziato da schifezze atomiche come Devil a mockumentary decisamente interessanti ed inquietanti come The Poughkeepsie Tapes, passando attraverso esperimenti affascinanti pur se non completamente riusciti come Necropolis - La città dei morti.
Onestamente, non mi sarei mai aspettato di trovarlo al timone di un'operazione di budget e richiamo senza dubbio superiori ai suoi precedenti lavori, un survival urbano di stampo action legato a due figure che, nonostante alcuni trascorsi, continuo a non vedere come riferimenti del genere come Owen Wilson e Pierce Brosnan: devo dire, però, che, con tutti i suoi limiti, questo No escape è riuscito ad intrattenermi e divertirmi discretamente, soprattutto nella sua prima metà, letteralmente volata e davvero ottima nel mostrare il terrore ed i tentativi di tirarsi fuori dalla merda di persone normali finite nel mezzo di una situazione decisamente oltre i limiti.
L'idea, poi, di sfruttare una famiglia e non un singolo individuo o una coppia riesce a tirare fuori il meglio da una situazione che prevede la lotta per la sopravvivenza mettendo sempre e comunque - come è giusto e sacrosanto che sia - prima quella dei propri figli: sequenze come il lancio da un tetto all'altro delle bambine, o le corse disperate per riunirsi allo scoppio della rivolta sono di grande effetto, e contribuiscono, soprattutto nella fetta di pubblico che sta vivendo l'esperienza genitoriale, ad alimentare l'empatia per i protagonisti e la disperata battaglia combattuta dagli stessi in modo da arrivare tutti sani e salvi - ed insieme - alla salvezza.
Certo, nonostante buoni spunti, comunque, No escape non va preso come chissà quale filmone, quanto più come un divertissement per famiglie - senza intendere, con questo, nulla di edulcorato - che con il passare dei minuti perde più di un colpo in quanto a logica - ed al panico delle prime sequenze, o alla tensione che comunicano, si passa all'inesorabile presa di coscienza di essere di fronte ad un prodotto a stelle e strisce pensato per la grande distribuzione, dunque pronto ad essere sopra le righe quel tanto che basta per risultare fin troppo, soprattutto nella parte conclusiva - ma che intrattiene e scorre rapidamente e senza colpo ferire, di fatto rappresentando un'alternativa neppure troppo malvagia e più fruibile dai non fan del genere all'action ordinaria - anche se, lo ammetto, avrei adorato vedere uno Sly o uno Schwarzenegger nel ruolo di Hammond, pronti a sgominare certo molto meglio di Pierce Brosnan l'intero esercito degli insorti da soli e senza aiuti -.
Ad ogni modo, se siete genitori, non potrà che farvi bene e stimolare istinti e riflessioni lasciarvi trasportare da questa seppur improbabile epopea, quasi una versione di grana grossa e positiva di quello che è stato mostrato qualche mese fa da Forza maggiore, pronto a toccare, a latitudini e con effetti diversi, nervi scoperti come quello legato all'istinto di sopravvivenza che ognuno di noi conserva e che, in un modo o nell'altro, viene influenzato nel momento in cui non siamo più soli a dover fare fronte al pericolo, ma accanto a qualcuno che amiamo.
Come e, si spera, più di quanto non potremo mai amare noi stessi.





MrFord





"Victim of your drives
personification of insanity
no escape
no escape
you can't control the instincts inside
never, there is no escape."
Kreator - "No escape" - 






sabato 25 aprile 2015

The Poughkeepsie Tapes

Regia: John Eric Dowdle
Origine: USA
Anno: 2007
Durata:
86'





La trama (con parole mie): a Poughkeepsie, cittadina a Sud dello Stato di New York, in una casa in affitto viene scoperta la macabra collezione di uno dei più terriili e feroci serial killers che abbiano mai operato negli Stati Uniti.
Quello che le Forze dell'ordine analizzano, infatti, è la personale videoteca di un assassino dedito a documentare ogni suo atto, dalla prima volta al terrificante piano che lo vede plagiare, dalla mente al corpo, una delle sue vittime: ma chi potrà mai essere, questo psicopatico in grado di mostrare profili e caratteri diversi ad ogni suo omicidio?
Il sospetto principale, arrestato e condannato, sarà davvero chi tutti sperano possa essere?
O questo "uomo nero" continuerà a viaggiare per le strade, innalzando le statistiche di sequestri ed uccisioni in una o nell'altra area metropolitana?








Se qualche mese fa mi avessero detto che non solo avrei finito per divertirmi con Necropolis - La città dei morti, nonostante i suoi limiti, e che proprio a seguito di quella visione sarei andato a recuperare questo The Poughkeepsie Tapes firmato sempre da John Eric Dowdle e prodotto dal fratello di quest'ultimo, sarei stato quantomeno incredulo, nonostante, di fatto, il mockumentary rappresenti uno dei guilty pleasures di genere più apprezzati, al Saloon, e nel corso degli anni mi abbia riservato soddisfazioni uniche come The troll hunter, Lake Mungo ed Europa Report.
Non solo, comunque, questo recupero si è rivelato un successo, ma ho finito per considerare The Poughkeepsie Tapes superiore al successivo e già citato Necropolis, non perfetto ma in grado comunque di inquietare ed affascinare soprattutto gli appassionati di thriller e morti ammazzati come noi Ford, regalando al pubblico un serial killer tra i più terrificanti che la settima arte abbia portato sullo schermo dai tempi dell'intramontabile Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti.
L'idea di ricostruire l'operato dello psicopatico attraverso il ritrovamento delle videocassette dallo stesso girate a partire dalla prima uccisione alternando le immagini "di repertorio" - ottimo l'effetto nastro conferito alla documentazione del maniaco omicida - con il parere di esperti dell'FBI e della Scientifica funziona, per quanto finisca per essere poco sfruttata soprattutto rispetto alla sua parte "tecnica", quando nella seconda metà del film il focus della narrazione si sposta sul ritrovamento della superstite schiavizzata dal mostro per anni e sul tentativo delle forze dell'ordine di catturarlo.
Senza dubbio il lavoro di Dowdle, all'apparenza amatoriale quanto basta per poter rientrare anche esteticamente in alcuni termini del mockumentary, non è esente da difetti, e rappresenta più il primo esperimento di un regista che non il lavoro della sua maturità, eppure avvince dal primo all'ultimo minuto, e a prescindere dalla violenza mostrata - mai compiaciuta o in qualche modo disturbante come fu per l'immondo A serbian film - conduce lo spettatore a domandarsi fino a quali abissi ci si possa spingere quando si parla dell'oscurità dell'animo umano: l'operato di questo misterioso omicida seriale, culminato con il rapporto terrificante con la sua schiava che chiude con i brividi la visione, per quanto atroce ed incredibile possa apparire, in realtà non si discosta dalle gesta di altri documentati serial killers, da Albert Fish - che sul punto di essere giustiziato parlò della sedia elettrica come dell'occasione di provare un'emozione che non aveva mai potuto testare sulla pelle prima - a Gacy o Dahmer, in grado di commettere atti che, se raccontati, finiscono per apparire più come il frutto dell'immaginazione di uno scrittore dell'orrore, piuttosto che cronaca nera.
In questo senso, The Poughkeepsie Tapes rende molto bene questo inquietante aspetto del predatore pronto a mietere le proprie vittime seguendo i propri istinti, e che, nel caso di assassini dall'alto quoziente intellettivo ed un'elevata capacità di controllo, impara dalla propria esperienza affinando le tecniche di caccia ed occultamento delle proprie vittime finendo per ingaggiare una vera e propria sfida con le forze dell'ordine.
Probabilmente, comunque, un prodotto di questo genere o i registri delle vittime degli assassini seriali passati alla storia, non riusciranno mai a definire completamente i confini dell'oscurità che alberga nel nostro cuore di Uomini, e che in alcuni casi - fortunatamente non così numerosi - finisce per fagocitare tutto quello che può, dentro e fuori, e dalla quale non è possibile fare ritorno, o sperare di trovare una via d'uscita.




MrFord




"I know I may be young, but I've got feelings too.
and I need to do what I feel like doing.
so let me go and just listen."
Britney Spears - "I'm a slave 4U" - 





mercoledì 25 marzo 2015

Necropolis - La città dei morti

Regia: John Erick Dowdle
Origine: USA 
Anno: 2014
Durata:
93'





La trama (con parole mie): Scarlett, giovane archeologa americana figlia di uno studioso ed appassionato di alchimia morto suicida in circostanze misteriose scopre in Iran quella che potrebbe essere la chiave per portare a termine il lavoro del padre, una serie di indicazioni cifrate che indicherebbero il luogo di sepoltura della famigerata Pietra Filosofale, sogno proibito degli studiosi ed appassionati di alchimia di tutto il mondo.
Le tracce portano alle catacombe di Parigi, e dunque Scarlett, assemblata una squadra di amici esperti di archeologia e di ragazzi del luogo abituati ad escursioni ed esplorazioni delle catacombe stesse si avventura in quello che potrebbe diventare un vero e proprio viaggio all'Inferno.








Il da poco trascorso duemilaquattordici non sarà ricordato certo come uno degli anni più interessanti del genere horror, che ha navigato in acque decisamente agitate qui al Saloon, fatta eccezione per una manciata di pellicole - ovviamente non distribuite in Italia - che hanno finito per sobbarcarsi il peso delle aspettative che un fan di vecchia data come il sottoscritto finisce per avere anche senza volerlo.
Tra i titoli, al contrario, distributi anche qui nella Terra dei cachi, avevo finito per evitare questo Necropolis nonostante il mockumentary sia un guilty pleasure decisamente irresistibile, per il sottoscritto, temendo una porcata di proporzioni bibliche che sarebbe inevitabilmente finita ad infarcire le fila della già combattutissima decina dedicata al peggio della scorsa stagione: ripescato quasi per caso, però, il lavoro di John Erik Dowdle si è rivelato, a conti fatti, un divertissement neppure troppo malvagio, forse non perfetto in fase di scrittura e costruzione dei personaggi, perso nella parte finale, eppure a suo modo funzionale, in grado di regalare un'ora e mezza di intrattenimento senza sconfinare nella schifezza o entrare nel radar delle bottigliate.
L'idea dell'esplorazione delle catacombe di Parigi - che visitai in parte anni fa, davvero affascinanti - alla ricerca della Pietra Filosofale - un mito assoluto per i cultori di esoterismo - ed il cocktail prodotto mescolando l'Inferno dantesco a quello che ognuno di noi si porta dentro - interessante, e forse l'idea migliore dell'intera pellicola, l'effettiva interpretazione del potente artefatto - risultano quantomeno non banali - anche se, occorre ammetterlo, ormai trovo difficile spaventarmi davvero per un horror -, ed ho apprezzato anche i richiami evidenti a titoli di culto come The descent così come l'impressione - questa personale - che questo prodotto possa essere associato al nostrano e decisamente tosto Radice quadrata di tre, che prima o poi ho intenzione di ripescare.
In un certo senso, si potrebbe addirittura pensare che un prodotto assolutamente d'intrattenimento e senza pretese come questo sia riuscito dove Onirica, film autoriale e tecnicamente su un altro pianeta rispetto a questo, aveva clamorosamente fallito, riuscendo, seppur senza rimanere di fatto impresso nella memoria, a portare a casa la pagnotta.
Se ci trovassimo ancora nel pieno degli anni settanta o ottanta e l'horror fosse nel suo momento migliore, allora con ogni probabilità Necropolis scomparirebbe - un pò come se confrontato con cose davvero toste come Lake Mungo - di fronte a proposte decisamente superiori, ma allo stato attuale, finisce per non sfigurare nonostante non si tratti, di fatto, di nulla di nuovo o di davvero potente.
Come se non bastasse, a posteriori, mi sono trovato quasi a pentirmi di non aver dato prima una possibilità all'opera di Dowdle, e ho trovato alcune critiche rivolte allo stesso assolutamente eccessive, specie in un momento storico in cui in sala, alla voce horror, troviamo schifezzine incapaci di spaventare perfino la più pusillanime tra le ragazzine come Ouija.
E l'idea di un panorama di quel genere è un Inferno decisamente peggiore di quello labirintico che offre questo viaggio nelle viscere di Parigi, della Terra e di noi stessi.




MrFord



"Down in a hole and I don't know if I can be saved
see my heart I decorate it like a grave
well you don't understand who they
thought I was supposed to be
look at me now I'm a man
who won't let himself be."
Alice in chains - "Down in a hole" -





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