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martedì 26 marzo 2013

Cyrus

Regia: Jay Duplass, Mark Duplass
Origine: USA
Anno: 2010
Durata: 91'



La trama (con parole mie): John è un montatore freelance divorziato ormai da sette anni dall'ex compagna Jamie, in procinto di risposarsi con Tim. Depresso e solo, è invitato proprio dalla coppia ad una festa dove conosce Mollie, che da subito mostra interesse sincero ed attrazione per l'uomo.
Ne nasce una storia d'amore che decolla immediatamente, e che John ha intenzione di vivere senza lesinarsi nulla, specie considerando il tempo perduto a commiserarsi dopo la fine del suo matrimonio: quello che il malcapitato non sa, però, è che Mollie ha cresciuto da sola un figlio ormai più che ventenne, Cyrus, che dietro una facciata disponibile e cortese nasconde un carattere infantile, egoista e pronto a battersi per una territorialità che ha al centro proprio la madre.
Nonostante un inizio apparentemente tranquillo, tra i due uomini si scatenerà una vera e propria lotta per le attenzioni - ed il futuro sentimentale - di Mollie.




Nell'ambito del Cinema made in USA, la realtà del Sundance è stata una delle più soddisfacenti e controverse che il Saloon abbia conosciuto nel corso degli anni: accanto a rivelazioni strepitose - Little Miss Sunshine su tutte - sono passate vere e proprie chicche d'autore che seppellire di bottigliate è stato un grandissimo piacere - oltre che un dovere -, che hanno reso il Festival creato da Robert Redford uno dei più stimolanti e rischiosi nel panorama cinematografico mondiale.
Da parecchio tempo, e proprio riferendomi ad esso, sentivo parlare di questo lavoro dei Duplass, peraltro attraverso commenti sicuramente positivi, dunque non potevo lasciare che sfuggisse ancora per molto alle attenzioni del sottoscritto: fortunatamente per casa Ford, occorre da subito ammettere che Cyrus è indiscutibilmente parte del "lato buono" del Sundance style, quello privo di autocompiacimenti o menate da pseudo artisti di sorta e decisamente orientato verso i sentimenti dei protagonisti delle pellicole così come quelli del pubblico, inevitabilmente coinvolto e toccato da lavori che, pur essendo lontani dall'esperienza di chi li guarda, finiscono per coinvolgere quasi fossero racconti di vita di qualche vecchio amico ritrovato con piacere.
Arricchito da un cast in più che discreta forma - non capita tutti i giorni, del resto, di avere a disposizione per una pellicola indipendente John C. Reilly, Marisa Tomei e Jonah Hill nel ruolo di protagonisti - e da uno script dolceamaro in grado di mescolare ironia ed una punta di tristezza che definirei "autunnale", questa riflessione sul rapporto tra genitori e figli e sul valore di una storia quando, superati i quaranta e soli, si finisce per autoconvincersi che non ci sarà più un futuro - sentimentalmente, ma non solo, parlando - appare credibile e sincera, mai persa in inutili autorialismi e concentrata sul suo lato più schietto e pane e salame, nonchè privo di vergogna nell'essere mostrato anche nei suoi lati decisamente più inquietanti - il rapporto tra Mollie e Cyrus non è sicuramente una cosa da prendere a cuor leggero -.
Quella che sarebbe potuta essere, nelle mani ad esempio di uno come Judd Apatow, una commedia assolutamente demenziale e senza dubbio bassa, diviene per i Duplass un'occasione per mostrare tre solitudini che, nel loro incontro - e scontro - trovano lo stimolo perchè le cose assumano una dimensione nuova e le vite prendano una direzione diversa da quelle di losers che paiono avere impresse a fuoco sulla pelle, almeno agli occhi di chi, all'esterno e baciato "dal successo" - la coppia Jamie/Tim - potrà sempre e soltanto guardare dall'alto in basso.
Certo, non staremo parlando della pellicola del secolo, o di un'esperienza destinata a cambiare la vostra vita di spettatori, eppure nel romantico riscoprirsi di John e Mollie, nella lotta senza quartiere tra lo stesso John e Cyrus, nel rapporto che lega il ragazzo alla madre c'è qualcosa di genuino e spontaneo così come di scombinato e disfunzionale, tutto però concentrato nel desiderio di trovare un riscatto che possa in qualche modo dare una dimensione nuova ad una vita vissuta sempre e comunque per sottrazione, alimentata da una tristezza di fondo che soltanto chi pensa di essere destinato ai margini può avvertire.
Un film da non protagonisti, lontano dalle scene madri e girato come fosse una produzione molto, molto low budget, eppure in grado di lasciare il suo segno piccolo piccolo e non sfigurare accanto a pellicole ben più blasonate ma decisamente meno portate al cuore di questa.
Se un giorno vi ritrovaste soli - a casa, o senza lavoro, o in assenza di un/a compagno/a, lontani da tutto - fate appello a tutta la forza possibile e lasciate scorrere dagli occhi al cuore le vicende di questi tre insoliti charachters, perchè oltre il pessimismo, la malinconia ed una certa quale disperazione sotterranea - ma non troppo - potreste trovare la forza di recuperare quello spirito - in tutti i sensi - per ricominciare da capo.
E addirittura scoprire che tutta quella fatica è servita a portarvi in un posto migliore.


MrFord


"I'm gonna clear out my head
I'm gonna get myself straight
I know it's never too late
to make a brand new start."
Paul Weller - "Brand new start" -


lunedì 4 febbraio 2013

Safety not guaranteed

Regia: Colin Trevorrow
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 86'




La trama (con parole mie): Darius, una ragazza chiusa ed introversa che non ha mai superato il trauma della morte della madre, avvenuta quando lei aveva quattordici anni, lavora come stagista al Seattle Magazine, e a seguito di uno strano annuncio viene reclutata con il "collega" Arnau dal giornalista Jeff per un viaggio ad Ocean Road, località balneare dello stato di Washington, per indagare a proposito di un misterioso individuo che afferma di essere in grado di costruire una macchina del tempo e di voler cercare un partner in grado di coprirgli le spalle nel corso di questa singolare missione rispetto alla quale la sicurezza non è garantita.
Una volta giunti sul posto i tre curiosi ed improvvisati investigatori si troveranno ad affrontare in qualche modo se stessi, e lo scombinato Kenneth, autore dell'annuncio, diverrà l'ago della bilancia per le vite di tutti loro.





Safety not guaranteed è finito praticamente per caso sugli schermi di casa Ford, in una giornata particolarmente pesante, una di quelle che non sai come affrontare, perchè pare che ti soffochino fino a quando non ce la fai davvero più, e vorresti soltanto esplodere e liberarti di tutto quello che ti sta schiacciando dentro. Di quelle così pesanti che non sembra basti neppure la felicità, o scrivere, suonare, sbronzarsi o lasciare che una bella scopata ci travolga.
Non un compito facile, dunque, per una pellicola figlia dello stile Sundance che già in condizioni normali avrebbe rischiato di incrociare le bottigliate più toste possibili made in Saloon: e devo ammettere che, nei primi minuti, il dubbio che si sarebbe rivelata un'inutile visione riempitiva per cercare conforto nel Cinema ha solleticato - e non poco - l'anima del sottoscritto.
Tre personaggi al limite del grottesco coinvolti in un road trip che poi, a dirla tutta, proprio un road trip non è, alla ricerca di un quarto che pare più grottesco di tutti loro messi insieme, mossi da motivazioni nelle quali loro per primi paiono non credere, una cornice figlia di quella provincia americana in bilico tra le "homemade pies" da fiaba ed una malinconica atmosfera che potrebbe definire un instant cult o una delusione cocente, attori di fatto poco conosciuti e per nulla garanzia di chissà quale qualità.
E ad un certo punto, entra in scena Kenneth. Il Kenneth di Mark Duplass, uno dei due fratelli responsabili del già buon Cyrus, con tutto un carico di struggimento ed aspettativa che un passo alla volta è riuscito a portare alla mente - e soprattutto al cuore - del vecchio cowboy riferimenti a pellicole amatissime lo scorso anno come Another Earth, Young adult e Ruby Sparks.
Kenneth che cerca un partner per completare una macchina del tempo e rischiare tutto per cambiare le cose, che pare così folle da risultare profondamente vero ed umano, che è alla ricerca di qualcuno che abbia conosciuto il dolore di una perdita ed il peso del senso di colpa, che è sicuro di essere seguito anche quando nessuno pensa che possa essere davvero così, che vanno le cose.
Forse questo strambo "eroe" è un illuso, a pensare che tutto possa funzionare, che ci sarà sempre una scatola di salvataggio in caso di necessità, che si possa tornare indietro animati da un valido motivo e poi trovare il riscatto, quella possibilità che il mondo pare non voglia proprio concedere a chi risulta "strano" agli occhi di chi ripone la sua fiducia soltanto in domande prestampate per un colloquio, o a risultati che paiono più numeri che non materia dell'anima.
Forse tornare indietro è impossibile, e la macchina del tempo di Kenneth non esiste se non nella sua mente, eppure nella piccola Ocean Road pare che la storia possa d'improvviso cambiare, e viaggiare in avanti per ognuno dei suoi protagonisti: il posticcio Jeff tutto ego alla (ri)scoperta di un primo amore bollato come passatempo troppo in fretta, il supernerd Arnau pronto a fare il suo primo passo nel mondo dei grandi, la chiusa ed ostile Darius sulla via per mostrare una femminilità persa con la morte della madre.
La sicurezza non è garantita, perchè la vita fa male, spesso e volentieri.
Kenneth lo sa, perchè non è nuovo agli errori. 
Così come non lo sono i suoi improvvisati compagni d'avventura.
Jeff, Arnau e Darius lo impareranno passo dopo passo, impegnati in una ricerca che pare di quelle improvvisate dei ragazzini prede delle fantasie da Goonies stimolate dalle lunghe ed apparentemente eterne estati di vacanza, magari al mare. Magari proprio ad Ocean Road.
Poi, d'un tratto, si finisce per crescere, e perdere un pezzo alla volta tutta la poesia di quel coraggio assurdo e naif.
E non si può più tornare indietro.
Almeno fino a quando non compare uno come Kenneth, pronto a cambiare le cose.
La sicurezza non è garantita, per gli outsiders. Per "quelli strani" come loro.
Per Kenneth e Darius.
Che, poi, chissà dove andranno davvero a finire.
Ma sapete una cosa? Non importa.
Perchè quello che conta è che avranno compiuto quel passo.
Avranno trovato un nuovo motivo per dare un senso alla loro missione.
Il buon Frank Manila, chiudendo il post dedicato a questo film, lo ha definito "piccolo ma in realtà gigante".
Non poteva trovare parole migliori.


MrFord

"I don't know how to hide,
keep my shadow alive,
it's easy to defend,
the logic of a friend
and I don't know how to tell, is it heaven or hell
that I'll be going to
just as long as i'm there with you."
Badly Drawn Boy - "Logic of a friend" -


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